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La percezione del segnale luminoso nei frutti e nelle piante

Dopo 4 desaturazioni si forma il pigmento rosso licopene, mentre prima si formano fitofluene (incolore), ζ-carotene (giallo) e

1.4.2. La percezione del segnale luminoso nei frutti e nelle piante

La necessità della luce per la sopravvivenza delle piante non è solamente legata alla capacità dei vegetali di convertire l’energia radiante in energia metabolica, ma è legata anche ad una serie di eventi metabolici che sono possibili solo in presenza di luce. Tutte le piante rispondono allo stesso modo al variare della lunghezza del giorno e della notte e all’alternanza delle stagioni. La luce è sicuramente il più comune tra i fattori ambientali che agiscono da stimolatori sulle piante determinando cambiamenti morfo- fisiologici quali il fototropismo ovvero la crescita simmetrica di un organismo in direzione della sorgente luminosa, la fototassi, caratterizzata dal movimento di organelli regolato dalla luce, il fotoperiodismo, ovvero la risposta delle piante alle diverse ore di giorno e di notte e la fotomorfogenesi, caratterizzata da cambiamenti morfo-fisiologici, conseguenza della variazione delle caratteristiche della luce.

Le variabili principali che descrivono le proprietà della luce sono la lunghezza d’onda, la densità del flusso fotonico e la sua durata; queste variabili vengono percepite in modo differente dalle piante, tramite fotorecettori specifici in grado di distinguerle mediante strategie biochimiche. Le piante infatti sono in grado di calibrare il tempo, valutando la lunghezza del giorno e della notte, distinguere i colori tramite fotorecettori e quantificare l’intensità luminosa rispondendo in maniera differente alle basse o alle alte intensità di flusso fotonico.

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Tali meccanismi di risposta sono mediati da specifici sensori all’interno della struttura cellulare denominati fotorecettori quali, i fitocromi, i criptocromi e le fototropine, tutti polipeptidi contenenti una porzione non proteica diversa e sensibili a differenti lunghezze d’onda. In particolare i fitocromi hanno come porzione non proteica un gruppo tetrapirrolico e sono sensibili alla luce rossa e rosso lontana, i criptocromi sono caratterizzati da una proteina ed una flavina come gruppo cromoforo ed assorbono la luce blu /UVA ed infine le fototropine hanno come parte non proteica solamente una flavina ed assorbono nella stessa lunghezza d’onda dei criptocromi.

1.4.3.

I fotorecettori

1.4.3.1. I fitocromi

Il fitocromo è una cromoproteina, un dimero proteico localizzato nel citoplasma e composto da due polipeptidi identici, ognuno dei quali è lungo 125 kDa; ogni monomero consiste in una apoproteina alla quale è legato covalentemente un cromoforo tetrapirrolico lineare in grado di assorbire la luce a livello di una cisteina nella regione N-terminale (Ulijasz A.T., Vierstra R.D., 2011).

Il fitocromo si presenta in due forme isomeriche denominate Pr (Phytochrome red) e Pfr (Phytochrome far red) (Figura 11).

Fig. 11 Struttura del cromoforo nelle due forme isomeriche denominate Pr (Phytochrome red) e Pfr (Phytochrome far red)

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La forma Pr assorbe fortemente ad una lunghezza d’onda di 660 nm, mentre la forma Pfr ha un massimo a 730 nm (Figura 12). Queste due forme sono foto convertibili, i fitocromi, normalmente presenti nel citoplasma, a seguito di illuminazione con luce rossa (massimo a 660 nm) si attivano e passano dalla forma Pr alla forma Pfr, si autofosforilano e migrano nel nucleo dove, interagendo con un complesso network di altri componenti proteiche, determinano la trascrizione di un vario set di geni (Fankhauser C., Chen M., 2008).

L’attivazione dei fitocromi è reversibile; infatti l’illuminazione con la luce rosso lontana (massimo a 730 nm) riporta la conversione dalla forma attiva Pfr alla forma inattiva Pr. Le due forme sono presenti simultaneamente nella pianta in un rapporto di equilibrio che è in funzione delle caratteristiche della luce che colpisce la pianta. Poiché la luce solare contiene più luce rossa che luce rossa lontana, quando una pianta è esposta alla luce solare si ha un aumento di Pfr, mentre durante la notte si ha l’opposto con una diminuzione di Pfr ed un aumento di Pr.

Fig. 12 Spettri di assorbimento delle forme Pr (linea blu) e Pfr (linea verde) del fitocromo

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1.4.3.2. I criptocromi

Le risposte mediate dal criptocromo possono essere studiare tramite lo spettro di azione che mostra un massimo di assorbimento nella regione del blu (circa 450 nm) con spalle a lunghezze d’onda leggermente superiori (480 nm) e nella regione dell’UV-A (380 nm).

Fra le varie risposte alla luce blu/UV-A vi è l’inibizione dell’allungamento dell’ipocotile. Tale risposte sono mediate da una flavoproteina solubile di 75 kDa definita CRY1, il cui gene codificante, hy4, è stato clonato. E’ stato visto che esiste una forte analogia fra la sequenza peptidica del prodotto di tale gene e quella delle fosfoliasi, enzimi che usano l’energia dei fotoni nella regione blu/UV-A per catalizzare la riparazione dei dimeri di pirimidina che si formano per l’esposizione agli UV. La scoperta poi che mutanti per il gene hy4, rispondono alla luce UV-A, fa supporre l’esistenza di recettori specifici per la luce blu/UVA. Il recettore per la luce UV-A è una proteina molto simile a quella del prodotto del gene

hy4 e conterrebbe una pterina come gruppo cromoforo, proprio

come riscontrato nella classe delle fosfoliasi che rispondono alla luce UVA. Sulla base di queste prove si suppone che il prodotto del gene hy4 sia il criptocromo. Recenti studi su molte piante hanno portato alla conclusione che le piante contengono più di un criptocromo; per esempio il pomodoro ha tre criptocromi CRY1a, CRY1b, CRY2 (Perrotta G. et al., 2000; Ninu L. et al., 1999). Si è visto come il criptocromo abbia in particolare una significativa similarità con la classe 1CDP delle fosfoliasi; infatti la regione N- terminale dei criptcromi CRY1 e CRY2 di Arabidopsis presenta un 30% di similarità con la fosfoliasi di E.coli; inoltre è stato visto come il CRY1 sia localizzato nel citosol mentre il CRY2 sia localizzato nel nucleo.

I criptocromi svolgono numerose funzioni nelle piante; il CRY1 sotto luce blu ha un forte effetto per quel che riguarda la crescita dell’ipocotile, inoltre sono legati nella regolazione dell’espressione dei geni quali quelli della fotosintesi e quelli coinvolti nella sintesi delle antocianine e dei flavonoidi.

1.4.3.3. Fototropina

Tutto quello che sappiamo sui fotorecettori fototropici lo dobbiamo allo studio di Arabidopsis thaliana, i cui mutanti Non-Phototropic

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Hypocotil (NPH) mostravano una crescita alterata a basse intensità

di luce blu. E’stata osservata la mancanza di attività delle proteine associate alla membrana plasmatica, che si fosforilavano dopo irradiazione con luce blu; infatti esiste una forte correlazione tra il fototropismo e una fosforilazione mediata dalla luce blu di una proteina di 120 kDa associata alle membrane plasmatiche. La proteina, denominata NPH1, codifica per un recettore fototropico che si autofosforila in risposta alla luce blu (Liscum E. et al., 1995). Recenti studi hanno evidenziato come il locus NPH1 codifichi per una serina/treonina chinasi che contiene due domini terminali, caratteristici delle proteine che mediano risposte dipendenti dalla luce, dall’ossigeno e dal voltaggio (domini LOV), denominati LOV1 e LOV2.

La struttura del recettore è caratterizzata dai due domini LOV1 e LOV2, che sono legati ad un flavin mononucleotide (FMN), che a sua volta è legato alla porzione C-terminale di una α-elica del residuo della serina /treonina chinasi (Harper SM. Et al., 2004).

1.4.4.

Percezione e trasduzione della radiazione

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