• Non ci sono risultati.

ta in perfetta unità le due nature di dio e uomo e Maria, umanamente la

madre, ha partorito il bambino divino nella realtà storica in una data determi- nata della storia di questo mondo terreno»: Teologia politica II. La leggenda

della liquidazione di ogni teologia politica, qui nella tr. it. a c. di A. Caracciolo,

Milano, Giuffrè, 1992, 57 (orig. Politische Theologie II. Die Legende von der

Erledigung jeder Politischen Theologie, 1970).

2 Ivi, 88. 3 Ibid.

dell’espansione europea, resta uno dei suoi autori di riferimen- to.4 Questi interrogativi si ritrovano comunque, alla lettera, al

cuore della sistematica sull’autorità spirituale della Chiesa ela- borata dalla teologia controversistica cattolica, dei gesuiti so- prattutto, nell’età della lotta confessionale, al punto che la ri- vendicazione della suprema istanza ermeneutica giunge a fon- dare ogni altra rivendicazione di potere universale del papato dell’epoca.

Del resto, buona parte della costellazione concettuale in cui si articola la riflessione giuridica e politica di Schmitt – il rapporto fra sovranità e decisione, il personalismo giuridico, il principio della rappresentazione, il nodo della legittimità, il rilievo del momento interpretativo – sembra rispecchiare niti- damente il profilo teorico e dottrinale della Chiesa della Con- troriforma.

È stato osservato che «la teologia politica pone il problema dei rapporti tra la dimensione del ‘politico’ e la Veritas tra- scendente».5 Si potrebbe aggiungere che la domanda di verità

4 C. Schmitt, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello «jus publicum

Europaeum, qui nella tr. it. a c. di E. Castrucci, Milano, Adelphi, 1991, 104 ss.

(orig. Der Nomos der Erde im Völkerrecht des Jus Publicum Europaeum, 1950), che riprende id., Francisco de Vitoria und die Geschichte seines Ruhmes, «Die neue Ordnung», 3/4 (1949), 289-313. Schmitt si fonda sulle relectiones

De Indis e De iure belli del teologo spagnolo. Per una bibliografia aggiorna-

ta e comprensiva delle opere di Schmitt e delle loro traduzioni rinvio a A. de Benoist, Carl Schmitt. Bibliographie seiner Schriften und Korrespondenzen, Berlin, Akademie, 2003.

5 E. Castrucci, Teologia politica e dottrina dello Stato. Note sull’attualità del

decisionisimo giuridico, in Cristianesimo secolarizzazione e diritto moderno, a c.

di L. Lombardi Vallauri – G. Dilcher, Baden-Baden – Milano, Nomos-Giuffrè, 1981, 731-54, 731; M. Nicoletti, Il problema della «teologia politica» nel Nove-

cento. Filosofia politica e critica teologica, in Teologia politica, Atti del conve-

gno, Trento, maggio 1989, a c. di L. Sartori – M. Nicoletti, Bologna, EDB, 1991, 17-67, 27. Di «isomorfia tra le due sfere, politica e metafisica» scrive Geminello Preterossi, Carl Schmitt e la tradizione moderna, Roma-Bari, Laterza, 1996, 186. Sul tema v. anche C. Galli, Genealogia della politica. Carl Schmitt e

(cioè a dire: la domanda che consegue al dileguarsi di una veri- tà autoevidente) è lo spartiacque oltre il quale prende a fluire la politica moderna, e che lo sforzo di comporre una risposta a tale domanda è il télos che mobilita i teorici della Chiesa cin- que-seicentesca; finché, dopo Hobbes, sulle macerie del secolo della guerra confessionale europea, resta la consapevolezza dell’impossibilità di ogni risposta, e in tale prospettiva, nella sua costante ricerca di un polo veritativo percepibile, seppure in controluce, si muove anche Schmitt – uomo della nuova guerra confessionale che, come egli stesso scrive di Donoso Cortés, si combatte «fra il cattolicesimo ed il socialismo ateo».6

In un caso come nell’altro l’esito è quello di una «metafisica del potere» proiettata asintoticamente su una fonte ultima del- la legittimità, una teologia politica che di fatto potrebbe fare a meno dell’idea di Dio.7

2. Esiste tuttavia una seconda ragione per l’esercizio che mi accingo ad accennare, ed è una ragione metodologica.

Da almeno un trentennio quello della secolarizzazione è uno dei temi più esplorati dalla sociologia, dalla filosofia poli- tica, dalla storia moderna e più ancora contemporanea. Un tema reso urgente oggi da un riemergere della dimensione pubblica del religioso che pareva impensabile sino ad anni recenti, nonché da una dilagante crisi di legittimità dello Stato

6 Teologia politica. Quattro capitoli sulla dottrina della sovranità, in Le categorie

del ‘politico’, a c. di G. Miglio – P. Schiera, Bologna, il Mulino, 1972, 27-86, 79

(orig. Politische Theologie. Vier Kapitel zur Lehre der Souveranität, 1922).

7 La teologia politica di Schmitt «è la concezione generale della fondazione

ultima della legittimità politica. La teoria della legittimazione è vista qui come forma di sapere scientifico avente ad oggetto il rapporto ultimo esistente tra ‘politico’ e Veritas. È ‘metafisica del potere’ in senso forte»: Castrucci, Teologia

politica e dottrina dello Stato, cit., 737, dove l’autore introduce questo quarto

senso della teologia politica accanto a quelli di teologia che giustifica il potere politico (come in Eusebio di Cesarea), teologia applicata al potere politico e dispositivo concettuale della trasformazione del teologico in politico.

e delle grandi istituzioni sovranazionali.8 Fra le diverse catego-

rie impiegate per concettualizzare l’evoluzione della realtà contemporanea, quella che probabilmente denuncia i limiti più chiari è proprio quella di secolarizzazione, in particolare da un punto di vista storiografico: «La secolarizzazione è stata finora soprattutto constatata e postulata, ma quasi per nulla analizzata storicamente».9

In altri termini, se della secolarizzazione vediamo gli effetti e i limiti – al punto di non essere spesso in grado di distingue- re gli uni dagli altri – ancora resta molto da fare sul piano dell’accertamento scientifico dei percorsi della sua genesi sto- rica. Se la secolarizzazione è il filo d’Arianna della modernità occidentale, è allora all’interno dell’universo dei concetti, dei discorsi e delle pratiche dell’età moderna che dobbiamo cercare le tracce di un processo che, in quanto tale, si sostanzia di un ‘prima’ e di un ‘dopo’, vale a dire dei termini di un mutamento.

Mutamento nel senso di trasformazione? Questa, come no- to, è la proposta di Carl Schmitt. Che come tale può essere raccolta o meno. La più radicale alternativa a questo modello, è altrettanto noto, è quella di Hans Blumenberg, che in luogo di una trasformazione individua la presenza di un meccanismo di sostituzione dei fenomeni, e all’idea di genealogia delle for- me di linguaggio e di pensiero preferisce l’idea di analogia

8 A titolo di riferimento v., fra gli altri, G. Filoramo, Le vie del sacro. Modernità e

religione, Torino, Einaudi, 1994, e id., Che cos’è la religione. Temi metodi pro- blemi, Torino, Einaudi, 2004; G. Marramao, Potere e secolarizzazione. Le catego- rie del tempo, Roma, Editori Riuniti, 1983; E.W. Böckenförde, Diritto e secola- rizzazione. Dallo Stato moderno all’Europa unita, saggi raccolti da G. Preterossi,

Roma, Laterza, 2007.

9 «Säkularisierung ist bisher vor allem konstatiert und postuliert, kaum aber

historisch untersucht worden»: M. Pohlig, Luhmanns Mond. Ist Säkularisierung

ein historisches Prozess?, «Vorgänge. Zeitschrift für Bürgerrechte und

Gesellschaftspolitik», 173 (2006), 30-39, 30, cui rimando per un inquadra- mento del problema in una prospettiva di ricerca storica.

come cifra peculiare di una modernità che fonda da se stessa le proprie categorie.10

Naturalmente un saggio in corpore vili può essere tentato anche facendo capo a questa diversa interpretazione: quella che propongo, del resto, non può essere nemmeno considerata una possibile indicazione di ricerca, bensì un’ipotesi sull’even- tuale fattibilità di una tale indicazione.

Ovviamente occorre essere consapevoli di non muoversi nel vuoto. La lettura schmittiana della nascita dello Stato come processo di neutralizzazione delle opposte verità religiose, e della natura artificiale della fondazione dell’autorità nella mo- dernità politica è una lettura forte che – direttamente o indi- rettamente – ha influito in modo duraturo sui paradigmi sto- riografici in uso, e non c’è dubbio che oggi essa sia ampiamen- te in discussione.

Le ricerche che convergono nel concetto di confessionaliz- zazione come cifra di lungo periodo dell’evolversi della statua- lità, o l’accento posto dalla Verfassungsgeschichte sulle spinte centrifughe e i contropoteri attivi negli Stati d’Antico regime, o ancora le analisi che mettono in luce il perdurare di modalità informali di gestione e trasmissione del potere in un quadro di efficacia amministrativa rendono oggi difficile accettare sic et

simpliciter la prospettiva di una aggregazione dello Stato entro

lo spazio compreso fra gli assi cartesiani della terzietà e dell’impersonalità.11

10 La legittimità dell’età moderna, tr. it. Genova, Marietti, 1992 (orig. Die

Legitimität der Neuzeit, 19742, I ed. 1966), soprattutto 98 ss., in risposta alle

annotazioni di Schmitt a margine della prima edizione dell’opera in Teologia

politica II, cit., Postfazione, 89-103.

11 Sulla confessionalizzazione nell’Europa moderna cfr. Die katholische

Konfessionalisierung. Wissenschaftliches Symposion der Gesellschaft zur Herau- sgabe des Corpus Catholicorum und des Vereins fur Reformationsgeschichte,

Hrsg. W. Reinhard – H. Schilling, München, Aschendorff, 1995; in un’ottica allargata di storia della cultura e delle pratiche sociali Disciplina dell’anima,

Giusto per scendere nei particolari, Martin Heckel nota come, nello spazio del Sacro romano impero dopo la pace di Augusta, il privilegio dello ius reformandi dei principi territo- riali fosse eretto sull’inquadramento giuridico del profondo intreccio fra i diritti dello Stato e i diritti delle confessioni: «La secolarizzazione della forma giuridica non doveva assoluta- mente avere come conseguenza la secolarizzazione del suo contenuto religioso, al contrario doveva impedirla. Il diritto ecclesiastico imperiale costituiva il guscio temporale che ga- rantiva alla dottrina e alla sostanza di entrambe le Chiese [cat- tolica ed evangelica, cui si sarebbe poi aggiunta quella riforma- ta] la protezione».

In altri termini, l’autorità del sovrano nelle materie di fede non era esercitata come protezione dalle confessioni, bensì come protezione delle confessioni: «Alla Germania dell’età confessionale non si adatta proprio la diffusa immagine della secolarizzazione quale circola, in particolare, nella scuola di Carl Schmitt, per la quale lo Stato moderno si fonda nel XVI secolo sulla secolarizzazione del proprio potere, abbandonan- do obiettivi e parametri teologici in favore di una sovranità temporale, ponendosi come terza forza neutrale rispetto alle confessioni in lotta e, di conseguenza, assoggettandole».12

disciplina del corpo e disciplina della società tra medioevo ed età moderna, a c.

di P. Prodi, Bologna, il Mulino, 1994. Sulle persistenze di lungo periodo delle forme prestatuali di vincolo politico P. Prodi, Il sacramento del potere. Il giu-

ramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente, Bologna, il Mulino,

1992. Sulle forme non burocratiche di esercizio del potere La corte di Roma

tra Cinque e Seicento teatro della politica europea, a c. di G. Signorotto – M.A.

Visceglia, Roma, Bulzoni, 1998. Per un’esaustiva panoramica storiografica sulla questione F. Benigno, Ancora lo «Stato moderno» in alcune recenti sintesi

storiografiche, «Storica», 23 (2002), 137-46.

12 «Konfessionalisierung und Säkularisierung bildeten eben keinen Gegensatz,

sondern waren im konfessionellen Zeitalter eng und abrgündig miteinander

verworben. […] Die Säkularisierung der Rechtsform sollte keineswegs die

Säkularisierung des geistlichen Gehaltes nach sich ziehen, sondern sie verhin- dern. Das Reichskirchenrecht war die weltliche Schale, in der das Bekenntnis

Si tratta, naturalmente, di muoversi con cautela all’interno di un modello di interpretazione estremamente potente e affasci- nante, cogliendo forse più suggestioni che letture generali e curando di calibrarle attentamente sul metro della storia poli- tica e religiosa, nella consapevolezza che Schmitt non fu né volle mai essere uno storico.

Si tratta, allo stesso modo, di evitare di compiere l’errore opposto, di sovrapporre uno Schmitt strumento di studio a uno Schmitt oggetto di studio, e cioè di lasciarsi attrarre da singolari parallelismi fra la dimensione storica e ideologica di Schmitt e quella degli autori dell’apologetica cattolica cinque-seicentesca. Le ragioni, seppur a livello intuitivo, non mancherebbero.

Schmitt descrive la genesi concettuale dello Stato moderno nel momento in cui questo muore, nel momento in cui il Be- hemoth, la forza disgregatrice della rivoluzione e della guerra civile, sembra avviato a sferrare il colpo letale al Leviatano. Davanti ai suoi occhi ha il dilagare del politico oltre gli argini della statualità, alimentato dai corpi e dalle fazioni che inocu- lano nella forma-Stato i propri interessi di parte (i partiti, i sindacati, i gruppi religiosi) o ne rifiutano la sovranità