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PERIODI CORRISPONDENTI ALL’ASTENSIONE FACOLTATIVA

Si ritiene utile ribadire che la facoltà di riscatto può avvenire limitatamente ad un massimo di cinque annualità (60 mesi) e solo in corrispondenza di periodi che non risultino già coperti da altra tipologia di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto) nelle varie gestioni pensionistiche, nelle quali gli interessati siano titolari di conto assicurativo.

La verifica del requisito richiesto dall’art. 35, comma 5, del D.Lgs. n. 151/2001 (5 anni di contribuzione effettiva) per esercitare la facoltà di riscatto dei periodi in esame deve avvenire sulla base degli stessi criteri applicati nei casi di accredito figurativo dei periodi corrispondenti all’astensione obbligatoria, secondo le indicazioni di cui alla circolare n. 102/2002, ed ai punti 1 e 3 della presente circolare.

Da ultimo si precisa che l’accredito figurativo dei periodi corrispondenti all’astensione obbligatoria ed il riscatto dei periodi corrispondenti all’astensione facoltativa per maternità possono essere richiesti anche dai superstiti, ovviamente a condizione che il dante causa potesse far valere i requisiti di legge.

96 I.N.P.S.

Trattamento di cig ordinaria. Imprese indotto auto. Ulteriori chiarimenti. (Messaggio INPS 9 aprile 2003, n. 284).

Come è noto l’art. 9 della legge 27.12.2002, n.289 ha previsto che fino al 31.12.2003 alle imprese industriali che svolgono attività produttiva di forniture o sub forniture di componenti di supporto o di servizio a favore di imprese operanti nel settore automobilistico il trattamento di cig ordinaria può essere concesso per un periodo non superiore a 24 mesi consecutivi ovvero per più periodi non consecutivi la durata complessiva dei quali non superi i 24 mesi in un triennio (v.

tit. 12, pag. 40 di “Informazioni per le Industrie” n. 2/2003).

La Direzione Centrale dell’Inps con messaggi n. 228 del 18 marzo 2003 e 256 del 25 marzo 2003 aveva fornito indicazioni per quanto riguarda l’ampliamento dei limiti temporali e l’individuazione delle imprese indotto auto (v. tit. 86, pag. 319 di

“Informazioni per le Industrie” n. 13/2003)

L’Inps con messaggio n. 284 del 9 aprile 2003 - il cui testo si riporta in appresso - ha fornito alcune interpretazioni in merito ai precedenti due messaggi.

Lo stesso Istituto ha, inoltre, espresso riserva di ulteriori chiarimenti in relazione ad eventuali precisazioni che verranno fornite da parte del Ministero del Lavoro.

Messaggio INPS 9 aprile 2003, n. 284.

OGGETTO: Art. 41 della Legge Finanziaria n. 289/03. Disposizioni in materia di integrazioni salariali.

In merito alla interpretazione del testo del messaggio n. 2003/005/256 del 25.3.03 sono state sollevate alcune perplessità da Organizzazioni datoriali e da alcune Sedi.

Si forniscono, pertanto, i chiarimenti che di seguito si riportano:

Pur se le concessioni alle quali è applicabile l’ampliamento dei limiti temporali stabiliti dalla norma in esame sono quelle che vengono emanate tra l’1.1.03 ed il 31.12.03 deve comunque tenersi conto del periodo oggetto di richiesta della C.I.G. la cui data iniziale vada a ricadere nell’arco temporale 1.1.03-31.12.03.

Ovviamente le autorizzazioni inerenti periodi la cui data iniziale sia al limite il 31.12.03 potranno essere di fatto decise anche nel 2004.

Per quanto attiene le modalità di conteggio dei limiti temporali sono applicabili allo stato i criteri tuttora seguiti per la C.I.G.O. in base alla legge n. 164/75, come pure i criteri che presiedono alla formulazione della singola domanda di C.I.G.O.

(3 mesi ogni volta, prorogabili fino a un massimo di 24 mesi consecutivi ovvero per più periodi non consecutivi 24 mesi in un triennio).

Si fa riserva, comunque, di ulteriori chiarimenti circa il conteggio dei limiti temporali considerata l’eccezionalità dell’intervento in esame.

97 LAVORATORI EXTRACOMUNITARI

Regolarizzazione. Cessazione del rapporto di lavoro originario prima della conclusione della procedura. Instaurabilità di un rapporto con un nuovo datore di lavoro. (Circolare Mininterno 3 aprile 2003, n. 2; Circolare Minlavoro 8 aprile 2003, n.

13).

Con la circolare n. 2 del 3 aprile 2003, il cui testo si riporta qui di seguito, il Ministero dell’Interno ha confermato la possibilità, per i lavoratori non comunitari interessati da procedura di regolarizzazione ai sensi della legge n. 222/2002, di instaurare un successivo rapporto con un nuovo datore di lavoro, qualora, nelle more del perfezionamento della procedura, fosse cessato il rapporto di lavoro che aveva originato la presentazione della relativa istanza.

All’uopo, è necessario che i datori di lavoro comunichino per iscritto alla Prefettura competente l’intendimento di costituire un nuovo rapporto di lavoro, indicando il numero della cedola dell’assicurata postale relativa alla istanza originariamente presentata a favore del lavoratore.

Le Prefetture dovranno istituire, nell’ambito dello Sportello polifunzionale previsto dalla normativa, una postazione

“dedicata”, per esaminare con priorità le nuove istanze, richiedendo, altresì, al Centro Servizi delle Poste Italiane la trasmissione delle domande originarie, qualora non ancora pervenute alla Prefettura.

Accertata la sussistenza dei requisiti per l’accoglimento della prima istanza, lo Sportello convocherà il nuovo datore di lavoro, assieme al lavoratore straniero, per la stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato ed il rilascio del relativo permesso di soggiorno.

Si ricorda che, ai sensi della legge n. 222/2002, è possibile l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ovvero a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno.

Con circolare n. 13, dell’8 aprile 2003, il cui testo si riporta qui di seguito, il Ministero del Lavoro ha, a sua volta, fornito alcune precisazioni sulla questione, chiarendo, in particolare, l’impossibilità di dar corso, nelle more della procedura di regolarizzazione, al rapporto di lavoro, la cui instaurazione potrà quindi avvenire soltanto all’atto della stipula del contratto di soggiorno per lavoro.

La circolare del Ministero dell’Interno precisa che le nuove direttive intendono venire incontro “alle obiettive esigenze dei lavoratori stranieri licenziati o comunque rimasti senza lavoro”. È quindi sempre possibile l’instaurazione dei nuovi rapporti, a prescindere dalla causale che ha determinato la cessazione del rapporto originario.

Circolare Mininterno 3 aprile 2003, n. 2.

Oggetto: Emersione lavoro irregolare di extracomunitari. Cessazione dell’originario rapporto di lavoro prima della conclusione della procedura di regolarizzazione. Instaurazione nuovo rapporto di lavoro

Come già noto alle Ss.Ll. risulta che molti extracomunitari in attesa di regolarizzazione, per i quali si è interrotto il rapporto di lavoro originario prima della conclusione della procedura di regolarizzazione, hanno l’opportunità di instaurare nuovi rapporti lavorativi con un diverso datore di lavoro, disponibile ad assumere i suddetti stranieri, sopperendo in tal modo allo stato di disoccupazione creatosi. Allo scopo, quindi, di evitare che si instaurino di fatto rapporti di lavoro irregolari, secondo procedure non previste dalla normativa vigente, nonché per venire incontro alle obiettive esigenze dei lavoratori stranieri licenziati o comunque rimasti senza lavoro - spesso facile preda della criminalità - d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è ritenuto di stabilire specifiche modalità procedurali da applicare alle fattispecie in esame, onde agevolare i relativi adempimenti. A tal fine, le Ss.Ll. predisporranno - nell’ambito dello sportello polifunzionale - una apposita postazione dedicata, presso la quale trattare le pratiche in parola, secondo la seguente procedura: 1. il nuovo datore di lavoro, che intende assumere lo straniero in via di regolarizzazione, dovrà darne comunicazione scritta alla Prefettura competente, indicando il numero della cedola dell’assicurata postale relativa alla istanza presentata a suo tempo a favore dello stesso straniero; 2. la suddetta pratica di regolarizzazione dovrà essere prioritariamente esaminata, richiedendone la trasmissione al Centro Servizi delle Poste Italiane nel caso in cui non sia ancora pervenuta in Prefettura; in particolare, dovrà essere accertata la sussistenza, o meno, dei requisiti richiesti per il suo accoglimento; 3. accertata la sussistenza dei predetti requisiti, dovrà procedersi alla convocazione del nuovo datore di lavoro assieme al lavoratore straniero, affinché possa essere stipulato il nuovo contratto di soggiorno per lavoro e rilasciato il relativo permesso di soggiorno - della durata di un anno - presso la postazione dedicata.

Pur nella considerazione che la descritta procedura comporterà un maggiore carico di lavoro degli sportelli polifunzionali, si confida nella consueta collaborazione delle Ss.Ll. in modo che si possa venire incontro, alle esigenze sia dei nuovi datori di lavoro che dei lavoratori stranieri che hanno perso il posto di lavoro nelle more della procedura di regolarizzazione, i quali potranno così definire il nuovo rapporto lavorativo con modalità procedurali agevolate.

Circolare Minlavoro 8 aprile 2003, n. 13.

Oggetto: precisazioni concernenti la circolare del Ministero dell’Interno n. 2 del 3.4.2003. Emersione lavoro irregolare di extracomunitari. Cessazione dell’originario rapporto di lavoro prima della conclusione della procedura di regolarizzazione. Instaurazione nuovo rapporto di lavoro.

La circolare in oggetto, definita d’intesa tra questa Amministrazione e il Ministero dell’Interno, ha lo scopo di evitare che si instaurino di fatto rapporti di lavoro irregolari, secondo procedure non previste dalla normativa vigente in materia di immigrazione. Ciò con particolare riguardo alla situazione di quei cittadini extracomunitari, in attesa di regolarizzazione, per i quali si è interrotto nel frattempo il rapporto di lavoro originario prima della conclusione della procedura di regolarizzazione e che hanno l’opportunità di instaurare un nuovo rapporto di lavoro con un diverso datore di lavoro.

In tal senso si precisa quanto segue. Il datore di lavoro che intende assumere il cittadino extracomunitario di cui sopra deve darne comunicazione scritta alla Prefettura secondo le modalità indicate nella circolare in oggetto e rimanere in attesa

della convocazione da parte della Prefettura medesima; attesa che secondo la circolare stessa è ridotta in tempi molto ristretti, giacché è previsto un esame prioritario mediante una postazione di lavoro dedicata. Nelle more della conclusione della procedura di regolarizzazione, il rapporto di lavoro non potrà pertanto avere corso, potendosi instaurare soltanto all’atto della stipula del contratto di soggiorno per lavoro.

98 LAVORO INTERINALE

Sentenza di Cassazione 27 febbraio 2003, n. 3020.

Con sentenza 27 febbraio 2003, n. 3020, la Corte di Cassazione, risolvendo una questione in materia di lavoro interinale, ha enunciato alcuni principi la cui fondatezza giuridica, secondo Confindustria, suscita qualche perplessità.

Il tema affrontato riguarda l’ipotesi di non coincidenza fra il termine finale apposto al contratto di prestazione di lavoro temporaneo (cfr. art. 3, comma 1, lettera a, legge n. 196/1997), e quello apposto al contratto di fornitura di lavoro temporaneo (cfr. art. 1, comma 1, legge cit.).

Si tratta, in sostanza, di stabilire a quale dei due differenti termini occorra aver riguardo ai fini dell’applicazione della norma sanzionatoria di cui all’art. 10, comma 3, legge cit., secondo cui, se la prestazione lavorativa continua oltre il decimo giorno successivo alla scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il lavoratore si considera assunto a tempo indeterminato dall’impresa utilizzatrice a partire dalla scadenza del termine stesso.

Va osservato che, a norma di legge, lo specifico problema non dovrebbe porsi, in quanto l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 196/1997 prescrive che, quando l’impresa fornitrice assume il lavoratore a tempo determinato, la relativa durata coincide con quella della prestazione lavorativa presso l’impresa utilizzatrice.

Nel caso di specie, tuttavia, una discordanza fra i due termini si era effettivamente verificata: infatti, dovendosi provvedere alla sostituzione di un lavoratore assente (ipotesi prevista dall’art. 1, comma 2, lettera c, legge cit.), al contratto per prestazione di lavoro temporaneo (intercorrente fra lavoratore e impresa fornitrice) era stato apposto un termine individuato con una data precisa; invece, nel contratto di fornitura (intercorrente fra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice) il termine era stato fissato, indirettamente, in relazione al rientro in servizio del lavoratore assente: rientro avvenuto in data posteriore di oltre un mese rispetto a quella indicata nel primo contratto.

Da qui la pretesa del lavoratore di conversione del rapporto di lavoro temporaneo in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in applicazione del citato art. 10, comma 3, della legge n. 196/1997.

Il giudice d’appello, in riforma della decisione di primo grado, riteneva che la suddetta conversione fosse operante non già nei confronti dell’impresa utilizzatrice, bensì nei confronti dell’impresa fornitrice, perché il termine superato era proprio quello apposto al contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, stipulato fra l’impresa stessa e il lavoratore, e tale contratto era comunque da ritenersi privo di effetti nei confronti dell’impresa utilizzatrice (considerata come soggetto terzo), in conformità al principio generale secondo cui il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge (art. 1372 cod. civ.).

Ad avviso del giudice d’appello, l’impresa utilizzatrice non poteva quindi subire effetti sanzionatori che trovassero origine nel contenuto del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, al quale era estranea, e della cui regolamentazione era inconsapevole.

Con tale sentenza, la Cassazione ha tuttavia disatteso l’impostazione accolta in sede di appello, osservando che la struttura trilaterale della fattispecie “lavoro interinale” comporta un inscindibile collegamento fra i distinti negozi che concorrono a realizzarla e una reciproca integrazione fra gli interessi dei soggetti coinvolti nell’operazione.

In particolare - sostiene la Corte - il ruolo dell’impresa utilizzatrice è quello di mera gestione produttiva, secondo le sue esigenze, delle energie lavorative messe a sua disposizione dall’impresa fornitrice, la quale, in veste di datore di lavoro, esercita la gestione normativa del rapporto in atto col lavoratore temporaneo. Ed è proprio nel contratto stipulato con l’impresa fornitrice (vale a dire il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo) che il lavoratore interinale rinviene le regole disciplinanti il rapporto, fra cui l’elemento essenziale costituito dalla relativa durata, “titolo esclusivo per la certezza della programmazione della sua vita lavorativa”.

Il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, inserendosi in un contesto complesso ma funzionalmente unitario, coinvolge tutti i soggetti inclusa l’impresa utilizzatrice che hanno partecipato al procedimento negoziale. Cosicché -argomenta la sentenza - l’impresa utilizzatrice, anche in ottemperanza ai princìpi di correttezza e buona fede, non potrà addurre la propria inconsapevolezza delle pattuizioni racchiuse nel contratto stesso, essendo, anzi, tenuta a verificarne i contenuti (fra cui la durata del termine) prima di adibire il lavoratore alle mansioni previste dal contratto di fornitura.

Per conseguenza, secondo la Corte, il termine dal cui superamento discende la sanzione di cui all’art. 10, comma 3, della legge n. 196/1997, è quello inerente al contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, anche quando, come nella specie, il termine stesso abbia una scadenza diversa rispetto al termine dedotto nel contratto di fornitura.

Ma proprio l’anomalia della fattispecie (infatti, come accennato, i due termini dovrebbero essere uguali) suggerisce l’obiezione che può muoversi alla sentenza.

Nessuna disposizione della legge n. 196/1997 prevede che l’impresa utilizzatrice venga legalmente a conoscenza, mediante forme di comunicazione o informazione, della durata del termine apposto al contratto per prestazioni di lavoro temporaneo. Ed anzi, l’incolpevole affidamento dell’impresa utilizzatrice sulla identica durata dei suddetti termini può ricavarsi proprio dalle regole di correttezza e buona fede che presiedono al comportamento delle parti, ove si tenga presente che la suddetta identità è prevista per legge e dovrebbe quindi essere garantita senza necessità di controllo.

D’altro canto, occorre considerare che l’impresa utilizzatrice impiega le prestazioni di lavoro temporaneo in vista del conseguimento dei propri risultati produttivi, ai quali è funzionalmente e giuridicamente collegato il termine apposto al contratto di fornitura. Ed appare perciò incongruo che l’impresa utilizzatrice subisca le gravose conseguenze previste dall’art. 10, comma 3, della legge n. 196/1997 solo perché le prestazioni di lavoro, pur non esorbitando dai limiti temporali esplicitati nel contratto di fornitura, si sono protratte per più di dieci giorni oltre il termine apposto al contratto concluso fra il lavoratore e l’impresa fornitrice.

Tenuto conto della notevole entità della “sanzione”, è consigliabile, tuttavia, che le imprese utilizzatrici, per ragioni di evidente convenienza pratica, provvedano - sulla scorta delle indicazioni derivanti dalla sentenza - ad accertare con la massima attenzione la durata del termine inserito nel contratto per prestazioni di lavoro temporaneo.

99 PREVENZIONE INFORTUNI E SICUREZZA SUL LAVORO

Istituzione del registro nazionale dei casi di mesotelioma asbesto. (D.P.C.M. 10 dicembre 2002, n. 308).

Come noto l’art. 36 del D.Lgs. n. 277 del 15 agosto 1991 prevedeva, nell’ambito di acquisizione delle informazioni e dello scambio dei dati, la tenuta, presso l’ISPESL, di un registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma asbesto correlati, nonché le modalità di trasmissione delle documentazioni cliniche.

In attuazione di quanto sopra si rende noto che la G.U. n. 31 del 7 febbraio 2003 ha pubblicato il D.P.C.M. 10 dicembre 2002, n. 308 concernente il regolamento per la determinazione del modello e delle modalità di tenuta del registro di cui sopra.

Qui di seguito si riporta il testo del citato provvedimento omettendo i relativi allegati.

D.P.C.M. 10 dicembre 2002, n. 308.

Regolamento per la determinazione del modello e delle modalità di tenuta del registro dei casi di mesotelioma asbesto correlati ai sensi dell’articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 277 del 1991.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI su proposta del

MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

e del

MINISTRO DELLA SALUTE

Visto l’articolo 36, comma 3 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il quale prevede, per la tutela dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione all’amianto durante il lavoro, la determinazione del modello e delle modalità di tenuta del registro dei casi di mesotelioma asbesto-correlati, nonché le modalità di trasmissione della documentazione clinica all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro da parte degli organi del Servizio sanitario nazionale e degli Istituti previdenziali assicurativi pubblici e privati;

Visto l’articolo 17, commi 3 e 4 della legge 23 agosto 1988, n.400;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 21 maggio 1998;

Sentito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;

Sentito il parere dell’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 29 maggio 2000;

Sulla proposta dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute;

Adotta

il seguente regolamento:

Art. 1.

Registro nazionale dei casi di mesotelioma asbesto-correlati

1. È istituito presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) il registro nazionale dei casi di mesotelioma asbesto-correlati. L’ISPESL è autorizzato alla raccolta ed al trattamento dei dati ai sensi dell’articolo 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, così come modificato dall’articolo 5 del decreto legislativo 11 maggio 1999,n.135.

2. Nel registro è raccolta l’informazione relativa ai casi di mesotelioma della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo, diagnosticati in Italia, con lo scopo di:

a) stimare l’incidenza dei casi di mesotelioma in Italia;

b) raccogliere informazioni sulla pregressa esposizione ad amianto dei casi registrati;

c) contribuire alla valutazione degli effetti, dell’avvenuto uso industriale, dell’amianto ed al riconoscimento delle fonti di contaminazione;

d) promuovere progetti di ricerca per la valutazione dell’associazione tra casi di mesotelioma ed esposizione ad amianto.

Art. 2.

Centri operativi regionali

1. Presso ogni regione, gli assessorati alla sanità individuano i Centri operativi regionali, di seguito denominati COR, e nominano il funzionario responsabile della rilevazione dei casi di mesotelioma e dell’accertamento della pregressa esposizione ad amianto, nonché, su proposta di questo, il soggetto vicario nei casi di vacanza, assenza o impedimento del primo.

2. Ai fini della individuazione dei COR, gli assessorati alla sanità tengono conto, ove istituite, delle strutture già operanti nella regione e nelle province autonome quali: osservatori epidemiologici regionali o altri servizi epidemiologici, archivi locali di mesoteliomi, registri tumori di popolazione.

3. Entro centottanta giorni dalla data di emanazione del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano comunicano all’ISPESL i dati identificativi e le modalità operative dei COR.

4. La rilevazione di cui al comma 1 comprende i casi di cui al precedente articolo 1, diagnosticati a partire dal 1° gennaio 2000.

Art. 3

Compiti dei Centri operativi regionali 1. I COR provvedono:

a) alla raccolta ed archiviazione delle informazioni su tutti i casi di mesotelioma della pleura, del peritoneo e della tunica vaginale del testicolo, sulla base delle informazioni di cui al comma 4;

b) alla definizione dei casi dal punto di vista diagnostico;

c) alle verifiche di qualità delle diagnosi pervenute;

d) alla ricerca ed integrazione dell’informazione sulla pregressa esposizione all’amianto dei casi identificati;

e) al controllo periodico del flusso informativo dei casi di mesotelioma, anche al fine di valutarne la completezza;

f) all’invio all’ISPESL, mediante la scheda di notifica di cui all’allegato 1, delle informazioni relative alla diagnosi ed alle valutazioni dell’esposizione con salvaguardia delle previsioni normative di cui alla legge n. 675 del 1996 e del decreto legislativo n. 135 del 1999.

2. I COR provvedono all’assolvimento dei compiti di cui al precedente comma 1, in conformità a standards definiti e periodicamente aggiornati dall’ISPESL, anche con la collaborazione dei COR, attraverso la elaborazione delle apposite linee

2. I COR provvedono all’assolvimento dei compiti di cui al precedente comma 1, in conformità a standards definiti e periodicamente aggiornati dall’ISPESL, anche con la collaborazione dei COR, attraverso la elaborazione delle apposite linee

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