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7. RISULTATI e DISCUSSIONE »

7.2 Risultati relativi ad ogni periodo »

7.2.7 Periodo “7” – Età moderna »

ETA’ MODERNA

Dal XVI sec. → 7 campioni

(non vi sono camp. Arch. per questo periodo) [Camp. Seq. 36 – 42] prof. da -70 cm fino a -10 cm

Concentrazione, stato di conservazione, conte

La concentrazione in media è pari a 1565 p/g e varia da un minimo di 815 p/g nel camp. Seq. 37 ad un massimo di 2544 p/g nel camp. Seq. 40.

Lo stato di conservazione è generalmente mediocre, con qualche caso di granuli ben conservati.

Sono stati contati in totale 4048 granuli pollinici, in media 578 per camp., 21 spore di pteridofite e 8 Concentricystes.

Flora pollinica

La lista floristica pollinica include 144 taxa, di cui 50 appartenenti a specie legnose e 94 a specie erbacee. I taxa di pteridofite identificati sono 2.

In media i taxa identificati per ogni campione sono 59, con un minimo in Seq. 40 (16 taxa di specie legnose e 32 taxa di specie erbacee, per un totale di 48 taxa) ed un massimo in Seq. 38 (22 taxa di specie legnose e 50 taxa di specie erbacee, per un totale di 72 taxa).

La flora risulta, nel complesso, più ricca rispetto alla fase precedente.

L’indice IRF aumenta e ha un valore in media pari a 25%, da un minimo di 21% in Seq. 40 ad un massimo di 31% in Seq. 38.

Principali caratteri degli spettri pollinici

Gli spettri pollinici dei 7 campp. nel complesso risultano nel complesso abbastanza simili, pur con lievi differenze. Le erbacee si mantengono sempre pari o maggiori del 90%, segno che ci troviamo davanti a un paesaggio che per tutto il periodo moderno risulta ampiamente deforestato.

1. Copertura forestale e composizione dei boschi (A+ar + L)

La copertura forestale in media è pari al 7,7 % e il suo valore varia da un minimo di 5,9% (Seq. 36) ad un massimo di 9% (Seq. 38). Le Latifoglie decidue predominano sulle Conifere (in media 4% contro 1%). Gli unici taxa arborei che si avvicinano o toccano l’1% sono Quercus decidua – querce decidue (in media 1%), Olea europea – olivo (in media 0,9%), Corylus avellana – nocciolo (0,7%), Pinus indiff. – pino indiff. (0,7%) e Quercus cf. ilex – cf. leccio (0,5%).

2. Erbacee (E)

Le erbacee rappresentano in media il 92%, con valori che oscillano da 89,9% in Seq. 42 a 93,7% in Seq. 36. Sono rappresentate per la maggior parte da Composite (54% - 12 taxa), Graminee (24 % - 6 taxa), Crucifere (2,5% - 4 taxa) e Chenopodiacee (2% - 4 taxa).

3. Piante di ambienti umidi (IG + ig + el + id)

Le piante di ambienti umidi aumentano e hanno un valore medio pari al 3%. Comprendono legnose quali ontano comune e indiff., pioppi e salici. Tra le erbacee

troviamo elofite Alisma cf. plantago-aquatica – mestolaccia cf. comune, Butomus

umbellatus – giunco fiorito, Phragmites australis – cannuccia di palude e Sagittaria –

sagittaria, tra le idrofite Lemna – lenticchia d’acqua, Myriophyllum – millefoglio d’acqua, Nymphaea alba tipo – ninfea comune tipo; infine, tra le igrofile Carex – carice,

Centaurium cf. erytraea – centauro cf. maggiore, Ciperacee indiff., Cyperus – zigolo, Thalictrum cf. flavum – pigamo cf. giallo e Typha angustifolia tipo – lisca a foglie

strette tipo.

4. Indicatori antropici

Gli indicatori antropici totali hanno un valore medio del 9,5%, con valori che oscillano da un minimo di 7,3% fino a un massimo di 10,9%.

4.1 Coltivate/coltivabili

Complessivamente in media sono pari al 5% e, quindi, calano rispetto al periodo precedente (6,5%). Comprendono le seguenti sub-categorie:

1) Legnose da frutto/ornamentali (in media 3%) – Comprendono cappero, castagno, cedro, luppolo comune, nocciolo, noce, olivo e vite. Le percentuali di questi taxa, tranne olivo e nocciolo, si mantengono sotto l’1%.

2) Cereali (in media 0,8%) – Cala il loro valore rispetto al periodo precedente, ma si mantiene la varietà rappresentata da avena/grano gruppo, orzo gruppo, grano, segale e altri cereali indiff.. Il dato più significativo è la presenza di Zea mays – granoturco, marker che segna un terminus post quem per i sedimenti a partire dalla profondità di – 70 cm (Seq. 36). Questo dato verrà discusso oltre.

3) Ortive/aromatiche/medicamentose (in media 1,6%) – Il loro valore si abbassa leggermente rispetto alla fase precedente. Comprendono Apium cf. graveolens – sedano,

Artemisia absinthium – assenzio maggiore, Asparagus – asparago, Beta - bietola

(presente in tutti i campp.), Daucus cf. carota – cf. carota, Lactuca sativa tipo – lattuga tipo e Spinacia oleracea – spinacio.

4.2 Indicatori antropici spontanei (As)

Gli Indicatori antropici spontanei hanno un valore medio pari al 4% con valori che variano da 2,5% (Seq. 42 – top della Sequenza) fino a 6,4% (Seq. 37 – verso i livelli inferiori della Sequenza). Potrebbe essere indicato un trend verso una maggior cura del sito con l’eliminazione di quelle che sono normalmente considerate dal punto di vista

antropico delle “erbacce”. Si tratta di Anthemis tipo – camomilla tipo, Cardus e Cirsium – cardo, Carlina – carlina, Centaurea cyanus tipo – fiordaliso vero tipo, Chenopodium – farinello (presente in tutti i campp.), Convolvolus arvensis – vilucchio comune, Papaver

rhoeas tipo – papavero comune tipo, Plantago lanceolata – lingua di cane (presente in

tutti i campp.), Polygonum aviculare tipo – poligono centinodia tipo, ecc.

5. Indicatori di prati e pascoli (P)

Gli Indicatori di prati e pascoli hanno un valore medio pari al 73%, da un minimo di 63% (Seq. 38) fino a un massimo di 82% (Seq.40).

Appartengono a questa categoria, come per i periodi precedenti, taxa delle Cicorioidee, delle Graminee e di alcune Leguminose buone foraggere, fra cui Trifolium tipo – trifoglio tipo e Vicia tipo – veccia tipo.

6. Paesaggio vegetale

Il paesaggio vegetale delineato dagli spettri è un paesaggio quasi totalmente deforestato, in cui sopravvivono pochi lecci, querce decidue, olivi, pini e noccioli.

E’ un ambiente dominato da prati e da pascoli, in cui l’azione di modifica umana sul paesaggio è evidente, testimoniata dall’indice IMAV pari in media a 197%, tra i valori più alti dopo la II Fase medievale.

Il dato più significativo è rappresentato dal ritrovamento di alcuni granuli di Zea mays – granoturco, marker cronologico per l’età moderna. Si tratta, infatti, di una Graminea dal granulo ben riconoscibile per le elevate dimensioni (più di 80 μm), arrivata in Europa solo dopo la scoperta dell’America.

In America centrale il mais era ampiamente coltivato e conosciuto fin dall’epoca precolombiana. Fu introdotto in Europa nella prima metà del XVI secolo (Pignatti 1982) o già negli ultimi anni del XV sec., poiché è attestato in Veneto dal 1495 (Marchesini et

al. 2001). La sua coltivazione iniziò in Spagna (in Andalusia ad opera degli agricoltori

arabi rimasti nel paese) e in Portogallo, mentre nel resto del continente europeo fu inizialmente considerato una una curiosità botanica.

La sua prima diffusione come coltura grazie alle condizioni climatiche favorevoli si ebbe nelle regioni balcaniche nel 1600 (www.agraria.org).

Nel ‘700 si può dire che fosse diffuso anche in Italia, soprattutto quella del nord (Pignatti 1982), poiché solo le regioni nord-orientali presentano una pluviometria abba- stanza favorevole alla sua coltivazione spesso senza l’ausilio dell’irrigazione artificiale (www.agraria.org).

Questa pianta col tempo assunse grande importanza e divenne un alimento base dell’ alimentazione della popolazione contadina (non possiamo non citare la polenta), ma causò altresì il diffondersi della pellagra, malattia legata alla mancanza di una dieta variata, poiché il mais, a differenza del Triticum - grano, non contiene vitamine B.

Attualmente le regioni italiane maggiormente produttrici di granoturco sono il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e il Friuli (circa il 66% del mais prodotto in Italia). Il mais risulta essere poco coltivato nell'Italia meridionale e praticamente assente nelle Isole (www.agraria.org).

Per la Sequenza est si può affermare, quindi, in assenza di evidenze archeologiche, che i sedimenti depositatisi al limite est dello scavo, a partire da -70 cm, siano di età moderna.

MICROCARBONI

I microcarboni hanno una concentrazione media pari a 18 m/g e il suo valore varia da un minimo di 0 m/g (in Seq. 37 non sono state identificate particelle di dimensione > 250 μm) fino a un massimo di 35 m/g (Seq.42). Nell’età moderna i microcarboni hanno la concentrazione più bassa registrata fra tutti i campioni. Questo potrebbe indicare l’assenza di pratiche frequenti legate all’utilizzo del fuoco nel sito.