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Persona e soggetto nel diritto contemporaneo: la costituzione, il codice civile, il codice penale

2 Teorie e scuole

3. Sul concetto di persona in situazioni istituzionali e social

3.2 Persona e soggetto nel diritto contemporaneo: la costituzione, il codice civile, il codice penale

Nel percorso di storicizzazione, iniziato da lontano, le esperienze novecentesche più recenti, legate alla distruzione bellica, hanno portato anche in Italia nel secondo dopo-guerra, ad una nuova rinascita della centralità della persona. Questa appare evidente nello sforzo della Costituente, che tiene insieme diverse componenti emerse dai Comitati di Lotta Nazionale contro il nazi-fascismo, fino alla definizione del testo oggi vigente nella Repubblica Italiana. Con la approvazione della Costituzione, si concretizzò l’obiettivo di far convivere il nuovo valore della solidarietà sociale con le libertà civili e politiche. Compito non semplice considerando la diversità tra le posizioni della tradizione liberale e cattolica e quelle di matrice marxista.

A fondamento di quel compromesso c’è stato nella Costituzione il riconoscimento del primato della persona umana, definito con l’uguale riconoscimento dei diritti sociali, civili e politici (art.3).

La soggettività è diritto inviolabile riconosciuto e garantito all'uomo nella Carta Costituzionale (art. 2)12. La qualità di uomo si presenta come condizione imprescindibile affinché l'ordinamento possa assegnare la qualifica di soggetto di diritto: l'appartenenza al genere umano costituisce requisito necessario e al tempo stesso sufficiente ai fini del conferimento della soggettività e non sono ammesse distinzioni di sorta tra individuo e individuo (art. 31). Perciò la capacità soggettiva non può essere eliminata per alcun motivo, neanche di natura politica (art. 22). Si riattribuisce cosí una propria utilità alla nozione di capacità giuridica generale e si respingono le letture riduttive dell'art. 1 Codice Civile. Si pone la personalità in una posizione di priorità rispetto alla capacità giuridica. Infatti, in base alla Costituzione (art. 22), non soltanto non è lecito confondere la capacità con la personalità (che della persona è l'aspetto dinamico, garantito nel suo pieno e libero svolgimento), ma si delinea l'impossibilità di riconoscere alla persona la titolarità astratta e potenziale senza l'effettiva attuazione dei valori dei quali è portatore. Il

12 Costituzione della Repubblica Italiana (introduzione di T.De Mauro e nota storica di L.Villari)

diritto di voto, per fare un esempio, non è un’astrazione ma è un qualcosa che si esercita, la cui omissione ha infatti delle conseguenze per le quali è prevista una sanzione. Si afferma quindi il primato della persona, con il principio di uguaglianza non formale, con l’attribuzione di un ruolo attivo allo Stato, quello di garantire questo principio con l’istituzione di servizi per la tutela dei diritti dei cittadini.

A questo punto, appare utile una riflessione sui principi giuridici posti dalla nostra Costituzione a difesa della persona, nella prospettiva della responsabilità del servizio sociale, in quanto servizio pubblico e dell’assistente sociale, quali attori del complicato sistema di difesa dei diritti, delle persone in particolare di quelle che hanno condizioni/situazioni di fragilità. Tema significativo del dibattito sulla post modernità, dove il mescolamento, di risorse/scelte private e pubbliche, nella gestione dei servizi sociali, le iniziative di movimenti organizzati di autotutela (advocacy) e di iniziativa degli utenti dei servizi e dei loro carer familiari, mettono in discussione consolidate convinzioni sulle prestazioni d’aiuto professionale.

Sembra utile, quindi (con un obiettivo solo esemplificativo), far riferimento ad alcune delle disposizioni normative che assumono, in questo contesto, appunto, il carattere di una possibile indicazione per un’azione orientata e riflessiva del servizio sociale. Tale esemplificazione vale, in particolare, per le situazioni soggettive personali, quelle personalissime, ossia esistenziali, quando titolarità e realizzazione coincidono con l’esistenza stessa del valore (cioè la persona) e quindi non è configurabile la distinzione tra momento della titolarità (capacità giuridica) e momento dell’esercizio (capacità di agire). Ricordiamo che quest’ultima è ritenuta nel nostro ordinamento una capacità relativa, come nel caso dell’incapacità, per cui si fa una distinzione tra tipi di incapacità: dei minori, degli interdetti giudiziali, degli interdetti legali. Di conseguenza le azioni compiute da detti “incapaci” ci consentono di parlare della relatività della capacità giuridica. La relatività opera non solo nel senso del limite, poiché anche è possibile una capacità negoziale, una processuale, una penale, una politica, etc., ma anche nel senso della possibilità. Infatti, la capacità di agire, al contrario della capacità giuridica, è misurabile in termini quantitativi, considerato che fra gli

estremi dell'incapacità totale e della piena capacità si collocano numerose tappe intermedie: capacità parziale, limitata, semipiena e altre ancora.

E’ in questo ambito che in epoca relativamente recente, con la riforma introdotta dalla legge del 9/01/2004, n° 6, che ha determinato un nuovo comma 1 dell’art. 404 del c.c, è stato introdotto l’importante istituto dell’Amministratore di sostegno, destinato a garantire la capacità d’agire anche in situazioni di limitazione personale. La capacità di agire, infatti, è l’espressione del potere della persona di gestire come meglio crede i propri interessi, sia di natura patrimoniale sia personale, senza andare incontro al rischio di vederli annullare, come accade invece a coloro che hanno una limitazione delle capacità personali. Rispetto ai due

istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, che pure rimangono

nell’ordinamento, l’amministrazione di sostegno è destinata a salvaguardare la capacità di agire, limitandosi ad intervenire solo nel segmento di difficoltà delle persone, nel rispetto dell’autonomia e dell’autodeterminazione. L’Amministratore di sostegno agisce all’interno di una chiara definizione del proprio compito. Il legislatore ha infatti posto l’accento sugli aspetti esistenziali, sulla dimensione relazionale, sui bisogni e sulle aspirazioni della persona non autonoma, denominata nella normativa “beneficiario dell’amministrazione di sostegno”, che il precedente sistema di tutela aveva trascurato. Inoltre, con il chiaro intendimento di coinvolgimento dei “mondi vitali” nell’azione di sostegno, il legislatore ha disposto che l’operatore del servizio sociale o sanitario, che ha la cura della persona, non ne possa essere l’Amministratore di Sostegno.