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La proprietà sociale nel Perù: l'economia politica del predominio

6. Pianificazione partecipatoria

La pianificazione partecipatoria è incoraggiata dalla legislazione sulla pro-prietà sociale, però entro l'ambito dei programmi di sviluppo nazionale e regionale elaborati dall'INP (che dipende dal Presidente peruviano), dalle sue emanazioni regionali e dagli uffici pianificatori settoriali, presso vari Ministeri. Non è stato esplicitamente provveduto a inserire rappresentanti dei lavoratori non-SPS, o della popolazione non lavoratrice nel processo di pianificazione partecipatoria. Entro una EPS commissioni specializzate a livello di reparto sono consulenti della Commissione Direttiva e dell'amministrazione, per elabo-rare i programmi annui e quelli di più ampia portata. Le Unità Regionali debbono elaborare programmi di sviluppo a termine medio e lungo, cercando di armonizzare le informazioni che le imprese loro membri sono obbligate a fornire. Questi programmi vanno trasmessi al FONAPS affinché le risorse finanziarie siano programmate, e una copia dev'essere mandata all'INP. L'As-semblea del SPS deve « coordinare e concentrare » l'azione delle Unità Regio-nali e le loro rispettive imprese, valutare lo sviluppo del SPS e delle Unità Regionali, e formulare politiche per lo sviluppo futuro del settore. Appoggio amministrativo e tecnico deve essere fornito all'Assemblea del CONAPS.

Mentre nella legge sono realmente presenti i germi di un sistema pianifica-tore participatorio, il potere di approvare tutti gli investimenti, controllando così in ultima analisi lo sviluppo del SPS, spetta ancora ai Ministeri del Governo

centrale, guidati dall'INP. Il sistema pianificatore partecipatorio del SPS ha un ruolo più consultivo, benché le sue proposte possano avere un reale peso politico se il SPS diventa una parte importante dell'economia totale. Il FONAPS, che può venir efficacemente controllato dai rappresentanti operai del SPS, può svolgere un ruolo cruciale nel finanziamento dei progetti d'investimento, appro-vati dal sistema pianificatore partecipatorio nonché dai Ministeri competenti. Il CONAPS può fungere da segretariato del sistema pianificatore participa-torio, ma il vero controllo del CONAPS sta nello Stato.

7. Limitazioni del ruolo del mercato.

Il ruolo del mercato è moderato tramite l'intervento degli organi statali e di quelli del nuovo settore, quanto alle decisioni sugli investimenti del SPS, ma la legge lascia una libertà relativa alle forze di mercato nel decidere in materia di produzione, una volta autorizzato l'investimento. D'altra parte,

entro lo SPS, le decisioni delle imprese e delle Unità Regionali, appropriata-mente secondate in caso di necessità dagli organi superiori del settore, possono permettere lo sviluppo di un sistema pianificato di trasferimento dei prezzi, ed anche l'eventuale funzionamento del SPS come gigantesco conglomerato, demo-craticamente controllato, con diminuzione della dipendenza dal mercato. I controlli governativi sui prezzi sono già largamente applicati nel Perù per molti beni di consumo indispensabili, e per input industriali. La legislazione sulla

proprietà sociale esige che le imprese del settore pongano in comune le infor-mazioni economiche, finanziarie e tecnologiche entro il SPS. Tutto sommato la legge permette un sistema di produzione di merci di uso comune soggetto a controlli statali ed un ruolo potenzialmente più grande per la pianificazione partecipatoria dei prezzi, della produzione e degli investimenti.

8. Libertà di occupazione

La libertà di occupazione è garantita; il lavoratore può lasciare l'azienda quando vuole (salvo preavviso ragionevole), per cercare un'altra azienda o isti-tuto che accetti l'opera sua in base a un contratto di associazione. Parimenti una EPS può licenziare un lavoratore, ma solo mediante un voto di maggioranza

del-l'Assemblea Generale, su proposta della Commissione direttiva, per una serie di ragioni elencate nel Decreto Legge 20598. Il lavoratore licenziato può ricor-rere in appello contro il licenziamento presso l'Unità Regionale competente. I lavoratori temporanei delle EPS hanno tutti i diritti e gli obblighi dei lavora-tori permanenti, salvo la possibilità di occupare incarichi elettivi presso le

imprese in cui lavorano. Tutti i lavoratori hanno diritto a ricevere periodica-mente informazioni sull'attività dell'azienda presso cui lavorano ed a prendere

visione della contabilità. Con l'espresso consenso di più del 50% dei lavoratori si può formare un sindacato, ma è necessario che i suoi capi siano gli stessi dell'EPS, presumibilmente la Commissione Direttiva. Sembra che questo prov-vedimento confonda le funzioni di un sindacato con quelle di una azienda, ma dato che l'EPS fornisce molti canali interni per risolvere le vertenze normalmente trattate dai sindacati nelle imprese capitaliste (sia statali che private), la principale funzione del sindacato in una EPS può essere quella di rappresentare l'impresa, nei suoi rapporti con le varie istituzioni del SPS, lo Stato, il settore privato, e nelle organizzazioni internazionali come l'ILO.

Da questa breve analisi della complessa legislazione che sta a fondamento del nuovo SPS, dovrebbe esser chiaro che la natura del SPS stesso potrebbe avvicinarsi a quella di un'economia socialista autogestita — ma ciò sarebbe assicurato soltanto se il settore diventasse dominante nella struttura sociale peruviana. Il potere statale potrebbe allora esser trasferito alle masse popolari o essere preso da esse, e queste potrebbero servirsi dell'apparato statale allo

scopo di dar sviluppo al SPS sotto forma di autogestione socialista. Prima che questo diventi probabile, potrebbe esservi un lungo priodo di transizione, nel quale le attività di uno Stato non controllato dalle masse popolari avrebbero un ruolo critico. Senza violare la lettera della legge, uno Stato peruviano con-trollato da una borghesia statale privata potrebbe servirsi dei suoi poteri per frustrare tale forma di sviluppo socialista. Il SPS potrebb'essere ridotto ad un'appendice del settore capitalista dello Stato, lasciando ai lavoratori poco più della libertà di scegliere il colore in cui far dipingere le loro macchine; o lo sviluppo potrebbe avvenire secondo il modello del capitalismo di gruppo, mutilando i poteri delle Unità regionali e adoperando gli enti a livello nazio-nale del SPS insieme all'apparato statale, in modo da impedire la realizzazione di un settore pianificato partecipatoriamente, con forti poteri quanto ad accu-mulazione sociale, contrapposta all'accuaccu-mulazione di gruppo (al livello dell'im-presa). Oppure il SPS potrebbe semplicemente venir abbandonato ad appassire nella sua prima infanzia, senza mai raggiungere la maturità.

L'economia politica del predominio

Una discussione sulle possibilità che il SPS raggiunga il predominio, deve cominciare con l'analisi della struttura presente della formazione sociale peru-viana, partendo dalla base economica, analisi che supera i fini di questo articolo. Tenterò qui di tracciare soltanto le grandi linee, insistendo sugli aspetti economici e istituzionali che hanno maggiori probabilità di influire sullo sviluppo del SPS.

Ch'io sappia non esistono statistiche ufficiali dell'economia peruviana suddi-vise secondo i tipi di proprietà. Però, per dare una qualche idea delle gran-dezze relative, ho approntato alcuni calcoli approssimativi del valore aggiunto, delle forze di lavoro e della produttività media, secondo i tipi di relazione di proprietà che caratterizzano tali settori nell'anno in cui venne promulgata la proprietà sociale, il 1974 (si veda la Tabella 2). I computi, che sono basati su dati incompleti e spesso inconsistenti — comprese le relazioni della Banca Mondiale e documenti governativi inediti — implicano da parte mia delle

valutazioni basate su mie impressioni, e perciò dovrebbero considerarsi indica-tivi soltanto di ordini di grandezza approssimaindica-tivi. Ho identificato tre settori principali (statale, « associativo », privato), ciascuno diviso in due sotto-settori.

Tabella 2. Valutazione delle proporzioni di valore aggiunto (reddito nazionale lordo), forza lavoro e tasso di produttività a seconda del tipo di proprietà, Perù, 1974

(3) Tasso di (1) Percento del (2) Percento della Produttività '

Tipo di Proprietà Valore Aggiunto Forza Lavoro =(l)/(2>

Stato 15 13 1.15

Amministrazione pubblica e Difesa 9 10 0.90 Impresa 6 3 2.00 Settore associativo 8 20 0.40 Cooperative di produzione11 6 4 1.50 Comunità di contadini' 2 16 0.13 Settore privato 77 67 .115 Riformato 24 5 4.80 Non riformato" 53 62 0.85

Fonte: Valutazione molto approssimativa dell'autore sulla base di dati incompleti. Note:

• Produttività media per l'economia •— 1.00.

b Unità di produzione SAIS e CAP (escluse le comunità contadine loro membri).

e Le comunità contadine variano fortemente quanto alla misura di collettivizzazione delle attività di produzione. In molti casi sarebbe meglio includerle nei settore privato.

" Calcolato come residuo. Comprende tutte le attività private al di fuori dei settori riformati di manifattura, pesca, miniere e telecomunicazioni, come anche i disoccupati.

Cominciando col settore statale, il Governo centrale (amministrazione pub-blica e difesa) ha consumato il 9% del valore aggiunto ed impiegato il 10% delle forze di lavoro. La produttività relativamente bassa di questo settore (soltanto il 90% della media nazionale) probabilmente riflette il fatto che vi sono stati compresi gli insegnanti, pagati poco, ed i militari di leva. Le imprese di Stato hanno prodotto soltanto il 6% del valore aggiunto, impiegando soltanto il 3%della forza lavoro; questo le pone al secondo posto della produttività (il doppio della media nazionale), dopo il settore privato riformato.

La cifra del valore aggiunto per il settore statale nel suo insieme (soltanto il 15% del totale) sottovaluta molto l'influenza del Governo sull'economia, in quanto non riflette né il controllo esercitato potenzialmente sui settori privato

e associativo dalle aziende commerciali dello Stato con diritto di monopolio sulle importazioni ed esportazioni di materie prime essenziali e input intermedi, né quello implicito nel controllo statale del sistema bancario, delle importazioni ed esportazioni in generale, dei prezzi dei prodotti agricoli chiave e degli input industriali, degli investimenti. Ma questa cifra mette in evidenza il fatto che le imprese governative producono soltanto una piccola parte del valore aggiunto ed impiegano una parte ancora minore della forza lavoro. Inoltre, la

produ-zione delle imprese di Stato più importanti è essenzialmente quella delle materie prime basilari (per esempio il rame ed altri minerali da parte del CENTROMIN PERÙ, già Cerro de Pasco Corporation) o input intermedi

(come ferro e acciaio del SIDERPERU, prodotti del petrolio del PETROPERU e farina di pesce del PESCAPERU). La produzione dei beni di consumo è prevalentemente concentrata nei settori privati, che sono relativamente liberi di influire sulla natura delia domanda mediante la pubblicità, e di produrre quel che dà maggior profitto, data la presente, molto ineguale, distribuzione dei

redditi.16 La natura estremamente dinamica del settore statale trova la sua

migliore espressione nella sua quota elevata (il 48% circa nel 1974) nella formazione del capitale peruviano lordo fisso, che era del 41% nel 1973 e del 34% nel 1969, secondo fonti della Banca Mondiale. Parte di tale attività d'investimenti sta in imprese miste con capitali stranieri e / o peruviani privati. Queste imprese miste nei miei calcoli sono state comprese nel settore delle imprese di Stato.

Il settore « associativo » è composto di cooperative di produzione, comprese le « unità di produzione » centrali del SAIS, ma escluse le comunità contadine loro membri, che partecipano alla distribuzione delle loro eccedenze ma non

contribuiscono alle attività produttive del SAIS,17 e le comunità contadine

ove il 16% delle forze di lavoro operano sotto accordi istituzionali, che in alcuni casi si avvicinano alla produzione collettiva, ma più spesso sono note-volmente al disotto di questo traguardo. Alcune di queste comunità hanno ricevuto terre direttamente, in base alla riforma agraria, altre appartengono al SAIS e perciò ne condividono le eccedenze. Le cooperative di produzione sono virtualmente inesistenti fuori del settore agricolo e le cooperative di servizi (alloggi, associazioni mutue di risparmio, trasporti) sono comprese nel settore residuale pienamente privato, poiché le relazioni interne di produzione sono essenzialmente capitalistiche.

Io calcolo che il settore associativo totale abbia prodotto l'8% del va1ore aggiunto, ma abbia occupato il 20% della forza lavoro. Però la produttività è stata 11 volte più alta nelle cooperative di produzione che non nelle comunità contadine, e ciò corrisponde al fatto che il settore cooperativo ha di gran lunga le migliori terre del Perù e trae beneficio da un uso assai più intensivo dei capitale. I membri delle comunità contadine formano, insieme ad un numero approssimativamente eguale di minifundistas, compresi nel settore privato non

riformato (forse il 10% della forza lavoro totale), il 40% della distribuzione dei redditi, vivendo sui margini della sussistenza.

I settori privati presi insieme rappresentano il 77% del valore aggiunto ed il 67% della forza lavoro, ma la produttività era oltre 5 volte più elevata nel settore privato riformato (il più alto di tutti i 6 sottosettori identificati, con una media di 4,8 volte la media nazionale), che comprende le parti più moderne dell'industria manifatturiera privata, le miniere e la pesca. 1 settori privati dominano la produzione di beni e servizi di consumo diretto, benché

soggetti a controllo governativo crescente, e buona parte della loro attrezza-tura produttiva moderna, specialmente nell'industria privata riformata, si occupa della produzione di beni destinati al consumo privato (non necessario), da parte della borghesia e degli strati di reddito medio. In quale misura, è oggetto importante di future ricerche. La massima parte dell'industria pubbli-citaria fomenta questo tipo di consumo. Tanto questa pubblicità quanto

l'effetto dimostrativo dei consumi di lusso, sono forze importanti, che operano contro un aumento del tasso di risparmio. In breve, creano un appetito per beni e servizi non necessari al benessere fondamentale della popolazione. Mentre settori privilegiati continuano a consumare tali beni e servizi, ed i mass

media continuano a propagandarne la desiderabilità, sarà difficile per il regime

peruviano di promuovere l'austerità richiesta per accrescere il tasso di accumu-lazione. Si aggiunga che buona parte del settore delle imprese di Stato sem-plicemente fornisce gli input intermedi e il capitale di beni per le manifatture private, direttamente, o indirettamente provvedendo valuta estera che viene poi usata per le importazioni dai settori privati. Di nuovo, la determinazione delle grandezze reali è un campo importante di ricerche.

Entro questa economia prevalentemente capitalista (termine applicabile ai settori delle imprese di Stato e privati, dei quali il settore associativo deve oggi venir considerato un'appendice, malgrado il suo potenziale di trasforma-zione più grande) il nuovo SPS deve venir alimentato do un apparato statale centrale, che finora è servito a mettere in atto relazioni di produzione capita-listiche e ad assicurarne la riproduzione.

Una tendenza pericolosa che ha agito sull'economia peruviana, è stata la netta diminuzione nel risparmio nazionale lordo, caduto costantemente dal 17% del valore aggiunto nel 1970, fino ad una percentuale calcolata dell'8,3% nel 1975. Nello stesso periodo gli investimenti lordi all'interno sono saliti dal 12,9% ad un calcolato 19,6%, accompagnato da deficit massicci nella contabilità nel 1974 e nel 1975. Questi deficit sono stati finanziati prevalentemente da forti aumenti netti di prestiti esteri importanti verso il settore statale, completati da nuovi investimenti esteri diretti, concentrati sui settori minerario e petroli-fero. Elevare la bassa quota nazionale del risparmio è assolutamente essenziale

ulte-riormente la crescita e l'autonomia future dell'economia peruviana, e per assicurarsi nuove risorse dall'estero, anche ove ne sia prevista la disponibilità. Come si potrà fare ciò e come il processo di accumulazione sarà guidato, sono i quesiti più importanti dell'economia politica peruviana, e chiaramente sono decisivi nei confronti dello sviluppo del nascente SPS.

Il fatto che il Governo peruviano insista sempre più sul SPS dev'essere considerato un effetto della diminuzione del tasso del risparmio e degli investi-menti nazionali, ed anche un tentativo di sviluppare una forma di organizza-zione economica conciliabile con la posiorganizza-zione ideologica del Governo. Il SPS fu concepito per permettere un tasso rapido di accumulazione dei capitali, pur incoraggiando una partecipazione dei lavoratori assai più grande di quanto sembrerebbe fattibile nelle imprese di Stato o realizzabile nei settori privati. Ma fare del SPS la leva principale dello sviluppo economico peruviano, implxa deviare la massima parte delle nuove risorse da investire, togliendole da altri settori, per creare nuovi EPS da zero, e / o trasformare in EPS un gran numero di altre imprese.

Poiché la creazione di imprese del tutto nuove è un processo piuttosto lento, anche nelle condizioni più favorevoli, ricorrere alla trasformazione è ovviamente il modo più rapido di raggiungere il predominio del SPS. Ma il regime peruviano odierno è impegnato a conservare il « pluralismo

econo-mico » e le norme della legislazione sulla proprietà sociale in materia di conversione delle imprese a proprietà non sociale riflettono questo punto di vista, ponendo condizioni severe. Le imprese da convertirsi debbono essere in buone condizioni economiche e finanziarie, la conversione dev'essere appro-vata dal CONAPS, ed una maggioranza di due terzi dei proprietari, azionisti

o soci deve trovarsi d'accordo.19 Quest'ultima condizione parrebbe precludere

la massima parte delle trasformazioni di imprese del settore privato, anche se in quelle riformate la comunità lavoratrice favorisse la trasformazione (si ricordi che le azioni delle imprese appartenenti alla comunità lavoratrice non possono superare il 50%). Si prevede che la prima condizione impedirebbe la penetrazione nel settore di imprese fallite e inefficienti, che hanno poca probabi-lità di dare un contributo all'accumulazione sociale, ma potrebbe anche agire da

deterrente per i lavoratori che cerchino di spezzare la resistenza delle rispettive imprese mediante scioperi ed altre azioni, come mezzi di premere sui proprie-tari affinché accettino la conversione. Entro l'odierno assetto giuridico, v'è una possibilità: che mentre la proprietà delle comunità di lavoratori procede in direzione di un interesse nel controllo di imprese del settore privato (cosa che potrebbe avvenire molto al disotto della proprietà del 50% delle azioni presso

alcune imprese), i capitalisti privati, temendo che il valore delle loro azioni crolli in avvenire, potrebbero essere d'accordo per la trasformazione, accettando certi-ficati di partecipazione in cambio delle loro azioni. Le azioni della comunità lavoratrice diventerebbero allora parte del « fondo sociale » della nuova EPS,

trattate solo come eccedenze reinvestite, e l'impresa emetterebbe socio-bonos che verrebbero acquistati da un intermediario finanziario, il quale a sua volta emetterebbe certificati di partecipazione di valore corrispondente a favore degli ex azionisti.

Forti pressioni da parte dei lavoratori del settore privato riformato potreb-bero portare a una modifica della politica governativa verso la conversione, come è stabilita nella legislazione sulla proprietà sociale. Ma fino al

dicem-bre 1975 non vi è stato nessun movimento significativo in questa direziona, salvo che da parte dei lavoratori di poche imprese virtualmente fallite. Questo si può in parte spiegare col fatto che i lavoratori non capiscono ancora la complicata legislazione sulla proprietà sociale ed hanno avuto poche occasioni di impararlo dai lavoratori di EPS già stabilite. D'altra parte i lavoratori del settore privato riformato possono gradire poco l'idea che, se avvenisse la conversione, le trattative circa i salari avverrebbero in ultima analisi con il CONAPS, dominato dal Governo Inoltre questi lavoratori si trovano già in discrete condizioni, a confronto della massa della popolazione peruviana, dato che in massima parte si situano nel quarto superiore della distribuzione dei

redditi.20. E, diversamente dai lavoratori del SPS, i quali hanno diritto a

certificati di quiescenza soltanto dopo 20 anni di lavoro nel SPS o in casi di invalidità totale, i lavoratori del settore privato riformato vengono accumu-lando ricchezza individualizzabile. Essi infatti, lasciando l'azienda, ricevono metà del valore della loro quota di azioni dell'impresa possedute dalla

comu-nità lavoratrice, se la comucomu-nità non ha ancora raggiunto il 50% della proprietà — e la somma intera se l'ha raggiunto. Nelle imprese capital-intensive questo può rappresentare un buon pagamento in contanti — sufficiente perché il lavoratore, in qualche caso, possa iniziare una piccola attività in proprio.

Tuttavia i vari difetti della legislazione sulle comunità lavoratrici, il modo con cui i capitalisti, in molti casi, hanno evitato di osservare sia la lettera sia lo spirito di detta legislazione, e la distribuzione estremamente disuguale degli utili fra le aziende hanno prodotto notevole malcontento fra i lavoratori del settore privato riformato, e potrebbero indurli ad insistere per la trasformazione delle loro aziende in EPS. Ma leggi ulteriori (promesse da lungo tempo)

potreb-bero eliminare molte delle scappatoie cui ricorrono i capitalisti per frustrare i progressi delle comunità lavoratrici. Queste ed altre possibili modifiche potreb-bero accelerare l'accesso dei lavoratori del settore privato alla proprietà e agli utili delle loro imprese, rendendo più difficile di creare una pressione dei

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