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LA POESIA DI GUERRA DEI REDUC

La produzione poetica, e più in generale letteraria, degli anni della Grande Guerra non si riduce certo a una semplicistica quanto inesatta opposizione tra testi composti dal fronte, che rivelerebbero, con modalità diverse, la vita in trincea, in prima linea, e quelli nati nell'arrière, attraverso i quali, raccontando la guerra da una prospettiva totalmente faziosa, si cercava di mantenere viva la convinzione nei cittadini, a cui questi testi erano indirizzati, che la partecipazione al conflitto fosse un fatto necessario. Sarebbe errato ridurre a questa antitesi la poésie de guerre; non si deve cioè credere che dalle retrovie sorse unicamente una produzione propagandistica. Un esempio fra tutti è La guerre au Luxembourg, composta una volta che Cendrars tornò alla vita civile, quando cioè si trovava in città. Il poeta, di cui abbiamo già studiato le ragioni che lo spinsero a (ri)provare a scrivere sulla guerra dall'arrière, non fu certo l'unico a comporre una volta spogliatosi per sempre dell'uniforme. I motivi alla base di una scrittura successiva alla propria esperienza al fronte possono essere disparati. In questo capitolo analizzeremo le opere di due poeti, Jean Cocteau e Philippe Soupault, che si dedicarono alla composizione dei loro testi, tutt'altro che filo-bellici, soltanto una volta rientrati dalla prima linea, quando la loro presenza sul campo di battaglia fu definitivamente conclusa. Ciò che ci ha spinto a soffermarci su questi due autori e a riunirli nello stesso capitolo è stato il rilevamento di quanto, in entrambi i casi, il fatto di ritrovarsi nell'arrière si dimostri determinante per la creazione poetica, sebbene con modalità diametralmente opposte: se per il primo, infatti, la distanza delle retrovie dal conflitto costituisce una premessa indispensabile per l'attività poetica sulla guerra, per il secondo la scrittura nasce invece come reazione a questo luogo, così, colpevolmente, distante dallo scontro.

IL BISOGNO DI “AVOIR DU RECUL” PER FARE POESIA: JEAN COCTEAU

Nel settembre 1914, ad un mese dalla dichiarazione di guerra della Francia, Jean Cocteau,

classe 1909, è dichiarato non arruolabile nell'Armée française per motivi di salute. Egli però

si rifiuta di restare inattivo durante la guerra e parte volontario al fianco della Croce Rossa per prestare soccorso ai feriti276. Una simile scelta non può non ricordarci quella di Paul

276Cfr. M. Decaudin, Chronologie in J. Cocteau, Œuvres poétiques complètes, sous la direction de M. Décaudin,

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Éluard. Inoltre, ad accomunare i due autori non è solo la volontà di prendere parte al conflitto ma anche la loro posizione nei confronti della guerra: dalla lettura dei testi di Cocteau, cui ci dedicheremo a breve, noteremo una posizione tutt'altro che filo-bellica. Anch'egli quindi, non fu assillato da un fanatismo patriottico, né fu mosso dall'odio verso i Boches277.

Ad ogni modo, sebbene questi punti in comune avvicinino i due autori, essi restano comunque lontani per quanto riguarda i risultati poetici. In particolare tra Éluard e Cocteau esiste una differenza essenziale: i tempi e le modalità di produzione poetica. Se infatti Éluard, come abbiamo visto, si distingue per un'urgenza di scrittura e diffusione dei testi, tanto che per ogni anno in guerra produce e pubblica una raccolta poetica, stessa cosa non vale assolutamente per Cocteau. Per dimostrarlo basta riportare le informazioni riguardo le due opere su cui ci soffermeremo: Le Cap de Bonne-Espérance, scritto tra il 1915 e il 1917 e pubblicato nel 1918, e Discours du Grand Sommeil (1916-1918), cui l'autore si è dedicato dal 1916 fino al 1925, anno della sua pubblicazione. Vediamo quindi che i tempi di preparazione e produzione di Cocteau sono molto più lunghi ma soprattutto, poiché l'esperienza al fronte del poeta termina il 29 luglio 1916, che nessuno dei due testi è stato interamente composto né tanto meno pubblicato mentre si trovava in prima linea. Dunque Cocteau non scrive, o almeno non porta a termine le sue opere, mentre è volontario con la Croce Rossa.

Durante la lettura delle sue due opere cercheremo di indagare le ragioni di questa lentezza produttiva di Cocteau oltre, ovviamente, a individuare, come sempre, le modalità con cui l'autore fa poesia sulla guerra, le immagini che utilizza, la sua posizione e idea riguardo al conflitto mondiale. Cominciamo allora analizzando Le Cap de Bonne-Espérance278.

Le Cap de Bonne-Espérance. Tra guerre e amitié

Inizialmente lo scopo del poema voleva essere quello di celebrare Roland Garros, aviatore francese che nel 1913 si rese protagonista della prima traversata mediterranea, e la sua amicizia con l'autore, tanto che egli stesso definisce l'opera «poème de notre amitié» (CBE, p. 5). Ben presto però a questo progetto si aggiunse il desiderio di raccontare anche la guerra

277Bisogna sottolineare come queste due affermazioni, così come quelle che seguiranno riguardo la posizione

del poeta nei confronti della guerra o del nemico tedesco, siano valide solo in relazione ai testi da noi presi in esame. Non si può infatti omettere che anche Cocteau produsse testi poetici di circostanza e di stampo patriottico che apparvero sulla rivista «Mot» e che per toni e contenuti ricordano i Poëmes de guerre di Claudel. Cfr. G. Orlandi Cerenza, Lo spazio epico nella poesia d’avanguardia (1914 – 1920), Napoli, Edizioni Scientifiche italiane, 2000, p. 145. In particolare, frutto degli anni di guerra saranno anche Le Potomak e i disegni de Les Eugènes de la guerre, di cui ci occuperemo in seguito.

278Ogni citazione tratta da Le Cap de Bonne-Espérance, d'ora in poi abbreviato CBE., si riferisce all'edizione :

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in corso279.L'esaltazione delle doti, dell'eroismo del pilota doveva dunque ora combinarsi

con la narrazione della tempesta che in quegli anni si stava abbattendo sul Vecchio Continente. Guerra e amicizia sembrano facilmente conciliabili nel momento in cui anche la vita di Garros si intreccia con l'evento bellico. In particolare, sono due i momenti più segnanti e di maggior contatto tra il pilota e il conflitto. Il primo avvenne nell'aprile 1915, quando, costretto a un atterraggio di emergenza in Belgio, l'aviatore venne fatto prigioniero dai tedeschi. Proprio a questo evento fa riferimento la dedica iniziale del poema:

[…] le poème est dédié à Roland Garros

prisonnier à Cüstrin en Allemagne.

(CBE., p. 9)

Fortunatamente Garros riuscì a scappare, tornò in Francia per poi ripartire a combattere. Questo avvenimento, con la sua eroica e grandiosa conclusione, non fece altro che aumentare la fama del pilota, motivando ancora di più il bisogno di un'opera a lui dedicata.

Tuttavia il secondo incontro ravvicinato tra Garros e il conflitto ebbe un epilogo ben differente: proprio nel momento in cui Le Cap veniva messo «sous presse l'agence Havas annonce que Garros est tombé mortellement blessé dans les lignes ennemies» (CBE, p. 5). Scosso da questa notizia, Cocteau scrive in apertura del poema: «Adieu Roland. Je ne soupçonnais pas […] que ce poème de notre amitié allait devenir, en pleine victoire, l'hommage de ma douleur» (CBE, p. 5). In seguito a questo triste evento dunque il poeta vede il proprio testo trasformarsi, diventando, indipendentemente dalla sua volontà e dai suoi progetti, un poema del lutto.

Fin qui il tema della guerra non appare nel poème come contenuto a sé, bensì come un fatto collegato alla vita del protagonista che condiziona tanto questa quanto i piani dell'autore. Inoltre, l'assenza della guerra come motivo a sé stante ci sembra confermata anche dal titolo dell'opera, Le Cap de Bonne-Espérance, che infatti non allude in alcun modo allo scontro280.

Sembrerebbe quindi che il bisogno di aggiungere il conflitto mondiale nel testo sia dettato semplicemente dal fatto che questo venga a intrecciarsi significativamente con la vita di Garros e dunque apparirebbe solo in connessione con questo.

In realtà, prima del canto che apre il poème, intitolato Dédicace, troviamo un testo in prosa, più precisamente un documento del consiglio di guerra di Parigi, datato 29 settembre 1916,

279Cfr. P. Caizergues, Notice in J. Cocteau, Œuvres poétiques complètes, cit., p. 1556.

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in cui è riportato l'interrogatorio di un soldato accusato di diserzione. Questa pagina crea non poche difficoltà di interpretazione ma è anche altamente significativa. Certo, in primo luogo non possiamo non notarne l'estraneità rispetto all'opera sia da un punto di vista stilistico, in quanto del tutto antitetico al contesto lirico, sia tematico, dato che l'articolo ha per protagonista «Le territorial Compagnon» (CBE., p. 8),un soldato qualunque di 43 anni che nessuno, nemmeno l'autore, conosce e che non ha alcuna relazione con Garros. Tuttavia una simile apertura del testo, o meglio introduzione al testo, dato che ancora l'opera vera e propria non è cominciata, svolge varie funzioni. Primariamente, permette di collocare e collegare il poema al momento storico contemporaneo, dunque al conflitto. Inoltre introduce il tema dello scontro, che quindi appare ancora prima di quello del pilota e che risulta totalmente autonomo dalla parabola di Roland, dato che al centro del rapporto del Consiglio di Guerra vi è un soldato qualunque. Oltre a ciò, la generalità e indefinitezza di questo uomo sembra suggerirci un'apertura, un ampliamento di orizzonte nell'opera da parte dell'autore: è alla storia collettiva e generale, non solo a quella personale e specifica di Garros, all'intera condizione umana in guerra e non solo al pilota eroe, che Cocteau fa riferimento. Infine, riteniamo che questa pagina del Cap costituisca un vero e proprio atto di denuncia della guerra, della sua crudeltà e insensatezza. Infatti «il verbale rivela l'agghiacciante mancanza di umanità della realtà bellica: un contadino che si ripresenta al fronte dopo essersi allontanato semplicemente per svolgere un lavoro […] nel proprio campo in abbandono – per il quale gli era stata negata l'autorizzazione – sarà condannato dal consiglio di guerra281»

per diserzione. Emerge dunque, fin dall'inizio del Cap, la posizione dell'autore rispetto all'evento bellico.

Comunque, una volta stabilito che la guerre è un tema presente e del tutto autonomo e indipendente, possiamo notare come vi sia un'immagine centrale ed essenziale nel poema che mette in relazione Garros e la guerra, intesa tanto come esperienza personale del pilota quanto come vicenda umana e globale: si tratta dell'avion, simbolo della modernità per eccellenza, strumento che permise a Garros di acquisire la sua fama e mezzo essenziale nelle dinamiche della guerra di posizione282 . Nel poema di Cocteau emerge con chiarezza il

fascino che subisce il poeta nei confronti di questo «oiseau mécanique [qui] arrache les hommes à la boue sanglante comme à la lourdeur trop quotidienne283». In questa frase di

281G. Orlandi Cerenza, Lo spazio epico nella poesia d'avanguardia (1914-1920), cit. p. 130.

282 Cfr. S. Audoin-Rouzeau, Aerei e carri in S. Audoin-Rouzeau, J-J. Becker (a cura di), La prima Guerra

mondiale (Vol. 1), cit., p. 254.

283G. Pestureau, Le Cap de Bonne-Espérance: audace, hélice et jazz in P. Caizergues (a cura di), Jean Cocteau

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Pesterau ci sono alcune parole che catturano la nostra attenzione e sulle quali vogliamo soffermarci: «boue sanglante» e «lourdeur […] quotidienne». Partiamo da quest'ultima. Secondo il poeta l'uomo è sottomesso, condannato a quella che egli chiama «loi de pesanteur284 » che lo rende un «prisonnier», un «forçat géologique» (CBE., p. 25).

Imprigionato e intrappolato sulla terra, egli vorrebbe elevarsi ma ogni suo sforzo, ogni «Tentative d'évasion» è destinato a fallire. A questa pesanteur viene però a opporsi l'idea di leggerezza e libertà comunemente associata all'attività del volo. Così Garros, il miglior pilota del suo tempo, colui che si è elevato da terra e ha percorso chilometri in aria, sembra poter offrire una via di fuga agli uomini, ma anche questa possibilità si rivelerà illusoria e vana. Infatti, anche il celebre aviatore non potrà sfuggire al suo destino di «prisonnier», termine che nei suoi confronti è particolarmente significativo, e se anche per un'altra volta sembra riuscire nuovamente a liberarsi, la terra l'avrà comunque sempre vinta285 . Garros allora

diviene l'Icaro moderno, emblema della condizione umana che tanto vorrebbe elevarsi dal suolo ma la cui prigionia terrena glielo impedisce286.

Ora, se la condanna dell'uomo alla loi de pesanteur è già di per sé drammatica e dolorosa, la guerra non fa che contribuire ad aggravarla. Pensiamo a quelle masse di uomini che negli anni in cui il poeta compone il Cap si ritrovarono intrappolati nelle trincee, vere e proprie carceri del suolo, che spesso diventavano vere e proprie tombe. Così, dalla “semplice” boue, gli uomini del 1914 si trovano a vivere in una «boue sanglante», immagine terribile ma che perfettamente rappresenta, a nostro avviso, la condizione di questi soldati. In questa nuova orribile situazione, potersi staccare da terra diviene un sogno ancor più agognato e, di nuovo, l'aereo, inteso qui come vero e proprio mezzo bellico, sembra offrire questa possibilità: il combattimento nei cieli, grazie alla sua «veduta aerea», permette una «esperienza percettiva alternativa a quella dei combattenti di terra esposta alla perdita di orientamento e di identità nel labirinto delle trincee287» e diviene il sogno di molti. Ma la terra riesce a richiamare a sé

anche queste enormi macchine, ne è un esempio Garros. Non solo: questo strumento della modernità, potenziale via di fuga per gli uomini, in guerra può ritorcersi proprio contro di essi, divenendo mezzo di morte e distruzione, come vedremo a breve nel canto intitolato «Géorgiques funèbres», in cui il tema della guerra è centrale e appare senza alcun riferimento al pilota.

284P. Caizergues, Notice, cit., p. 1561.

285Ricordiamo le parole, già citate, del poeta alla notizia della morte dell'amico, «Je ne soupçonnais pas à quel

point la terre saurait te reprendre» (CBE., p.5), che sottolineano proprio la vittoria della terra sull'aviatore.

286Cfr. P. Caizergues, Notice, cit., p. 1561. 287S. Audoin-Rouzeau, Aerei e carri, cit., p. 254.

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La guerra di Cocteau in Géorgiques funèbres

Questo canto è interamente dedicato al racconto di alcuni momenti piuttosto celebri della prima guerra mondiale cui Cocteau assistette personalmente: la battaglia della Marne, spesso indicata come «l'ultima battaglia classica sul fronte occidentale288 », e il bombardamento

della città di Reims. Si tratta di eventi importantissimi, che hanno segnato il popolo francese e che ebbero luogo nel settembre 1914, dunque a inizio guerra.

Per prima cosa è interessante sottolineare come in questa parte dell'opera si affermi con decisione un je poétique, probabilmente quello di Cocteau. Vogliamo rimarcare questo fatto perché nei canti che precedono «Géorgiques funèbres» si rileva un'«oscillazione allocutoria tra il je e il tu, tra Garros e il poeta289» che qui viene meno, a favore del dominio dell'io:

moi Jean j'ai vu Reims détruite et de loin elle fumait

comme une torche (CBE., p. 38)

L'uso in contemporanea, nel primo verso, del pronome tonico, del nome proprio (quello dell'autore) e poi del pronome personale, evidenzia l'insistenza del poeta nel sottolineare la centralità dell'io, di cui parlavamo sopra. Inoltre il verbo voir consente di definire come “veritiero” ciò che racconterà. Il je e il verbo sensitivo rendono Cocteau testimone attendibile di ciò che qui riferisce: per questo enfatizza la sua diretta e personale partecipazione agli eventi. Che un tale atteggiamento si verifichi proprio nel canto in cui si riportano fatti storici relativi al conflitto è molto significativo riguardo al tipo di approccio che, secondo il poeta, questo tema richiede.

Subito dopo segue la descrizione della città, o meglio di ciò che resta dopo quel terribile 20 settembre. Le parole scelte dal poeta sono talmente chiare e dirette che ognuno di noi può avere davanti agli occhi le immagini di quel luogo: Cocteau ci presenta la guerra per quella che è, quella che lui ha visto, senza indugiare a raccontarne la portata distruttiva.

Da una visione generale e panoramica, «de loin», il poeta passa poi a descrivere dettagli, singoli elementi della città, come ad esempio una casa:

une maison rémoise tonne hésite

et s'ouvre elle montre

288S. Audion-Rouzeau e G. Krumeich, Le battaglie della Grande Guerra in S. Audion-Rouzeau e J-J. Becker,

La prima guerra mondiale (Vol. 1), cit., p. 431.

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un cadre un lit une console (CBE., p. 39)

In questo caso la disposizione tipografica risulta particolarmente eloquente, significativa: la spaccatura, la lacerazione che subiscono le pareti dell'abitazione, a seguito dello scoppio di una bomba, viene presentata anche visivamente tramite la scissione che subiscono le parole, che si dispongono a destra e sinistra, lasciando nel mezzo un vuoto, uno spazio che rievoca quello che, probabilmente, si è aperto tra le mura della maison. Siamo, a nostro avviso, di fronte a una testimonianza di quel «souci de “donner à voir”290 » che caratterizza il poeta.

Inevitabilmente poi l'autore non può non descrivere la cattedrale, emblema di quel bombardamento:

la cathédrale

un golgotha de guipure îlot fumeux je regarde son visage vitriolé

(CBE., p. 39)

Per prima cosa sottolineiamo la comparsa, di nuovo, del je seguito questa volta non dal verbo

voir ma regarder. In entrambi i casi ci troviamo comunque di fronte a un verbo relativo

all'ambito sensoriale della vista. È evidente che questo voler rimarcare la sua presenza in quel luogo, il fatto di aver personalmente assistito a queste distruzioni mira a conferire al discorso poetico il valore di testimonianza.

Riflettiamo ora sulle immagini utilizzate per descrivere la cattedrale. La chiesa è presentata inizialmente come un luogo (un «golgotha», un «îlot») per poi essere personificata, dato che il poeta guarda «son visage» distrutto. A questa immagine di devastazione si collega quella del Golgota, che sottolinea la sacralità del luogo. Il legame tra l'edificio umanizzato, in fiamme, e il luogo della via crucis e della morte di Cristo evidenzia l'enormità della sofferenza, del dolore che è in corso ma, a nostro avviso, può anche essere letto come un'accusa ai tedeschi, rei di un vero e proprio sacrilegio, poiché hanno colpito la casa di Dio. In effetti, l'intera opinione pubblica francese rimase fortemente scossa da questo evento che venne interpretato come la prova che «les Allemands s'en prenaient directement à Dieu291».

La chiesa inoltre, così come l'intera città, è descritta avvolta dal fumo delle fiamme dovute

290H. de Jacquelot, Le Potomak, le trait et la lettre, l’image et l’écriture in P. Caizergues (a cura di), Jean

Cocteau aujourd’hui: actes du colloque de Montpellier, cit., p. 73.

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alle esplosioni. L'immagine del fuoco distruttore è dunque dominante nella rappresentazione del bombardamento.

Particolarmente interessante per noi è poi la modalità con cui Cocteau descrive lo sgancio delle bombe:

haut haut les séraphins crachent la mélinite ciel de Septembre

les avions règlent le tir

(CBE., p. 39)

L'immagine del pilota come angelo moderno non è una novità di Cocteau292 . Tuttavia,

sorprende che sia utilizzata per rappresentare il bombardamento proprio della cattedrale, stupisce leggere che i serafini sputano, verbo che sottintende non poco disprezzo, la «mélinite», ovvero l'esplosivo con sui si caricavano gli obus293. In questo modo queste figure

divengono tutt'altro che angeliche e beate. Inoltre sembrano caricarsi di una contraddizione interna, che riguarda cioè la loro stessa essenza: queste creature dovrebbero agire per conto di Dio e intervenire in aiuto degli uomini suoi figli. Nell'immagine che ci offre Cocteau invece questi distruggono la casa della divinità, oltre che gli uomini. Tuttavia, riteniamo, poiché gli angeli non sono altro che simboli degli aerei, che questa contraddizione il poeta la indirizzi a questi mezzi. L'avion dovrebbe essere utilizzato per salvare e non distruggere

l'homme, per strapparlo dalla terra e non tumularlo. Questa critica dell'autore può essere

estesa all'intera scienza e tecnologia che in questi anni si mise a disposizione non del bene comune ma della causa bellica294.

L'altro evento significativo cui assistette il poeta e che trova spazio nel canto, la battaglia della Marne, viene così introdotto:

et l'époque des semailles étant venue

le général des géorgiques […]

assis étoilé d'or il dirige le jeu

(CBE., p. 40)

Il richiamo a «l'époque des semailles», dunque a un momento preciso dell'attività agricola,

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