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LA POESIA E IL RICORDO: LOUIS ARAGON 40 ANNI DOPO

Nei testi poetici degli anni successivi al conflitto mondiale si registra una lenta ma inarrestabile diminuzione della presenza del tema della guerra: se già nelle analisi precedenti avevamo rimarcato come, a partire dal 1917, questo motivo cominciasse ad apparire in modo sempre meno diretto, non venendo neanche nominato all'interno delle opere423, è negli anni

20 che il fenomeno raggiunse il suo apice. La nascita e la diffusione dei movimenti di avanguardia, pensiamo in particolare alle esperienze del Dadaismo e del successivo Surrealismo, ebbero un ruolo decisivo in questo processo. Gli obiettivi di queste correnti consistevano nella «disqualification radicale des valeurs, des mœurs et des discours424», in

breve si voleva attuare un «grand travail destructif […]. Balayer, Nettoyer...425». All'interno

di questo programma il ricordo degli anni della guerra, la volontà di testimoniare non trovava spazio alcuno. È però significativo che tra i principali sostenitori delle due correnti si trovino anche alcuni dei poeti più giovani che abbiamo precedentemente studiato, come Éluard e Soupault. La guerra dunque, realtà che dadaisti e surrealisti avevano conosciuto in giovanissima età e che, in modo più o meno diretto avevano raccontato nelle loro prime poesie, ora viene fatta precipitare in un totale oblio, rifiutata in modo netto, taciuta. In effetti, anni dopo, Louis Aragon riassumerà quell'atteggiamento che anch'egli condivise durante l'entre-deux-guerres con queste parole: «Ne pas même nommer la guerre426 ». Un simile

silenzio, in realtà, è molto eloquente in quanto lascia trapelare motivi che vanno ben al di là dell'adesione a un programma poetico-letterario, rivelando debolezze concernenti la sfera psicologica: in breve, sosteniamo che questo mutismo «relève aussi du traumatisme, pas seulement une prise de position.427».

È innegabile che tutti i poeti che avevano partecipato prima al conflitto mondiale e dopo aderito al Dadaismo e Surrealismo furono intimamente segnati e provati dall'esperienza

423Cfr. S. Delesalle, La guerre, la poésie, cit., p. 179.

424O. Barbarant, Le dire indirect : Aragon, «Classe 17» et après in J-N. Corvisier, R. Vignest (a cura di), La

Grande Guerre des écrivains : études, cit., p. 248.

425L. Aragon, Bulletin du dadaïsme in J-L. Loubet del Bayle, Des écrivains et les désillusions du progrès in J

N. Corvisier, R. Vignest (a cura di), La Grande Guerre des écrivains : études, cit., p. 569.

426L. Aragon, Pour expliquer ce que j'étais in O. Barbarant, Le dire indirect. Aragon, «Classe 17» et après, cit.,

p. 247.

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bellica. Tra i giovani finora analizzati però, almeno durante gli anni di guerra, la scrittura poetica su questo argomento non era stata compromessa, anzi. Vi è invece un giovane ex soldato per cui il racconto in versi della propria esperienza al fronte risultò impossibile per molti anni, ancor prima della sua adesione alle varie correnti dell'entre-deux guerres: si tratta di Louis Aragon.

Classe 17, studente al primo anno di medicina, egli venne incorporato nel giugno 1917 e,

dopo un corso a Val-de-Grâce, fu nominato nell'aprile del '18 médecin auxiliaire428. A giugno

venne inviato al fronte. Nonostante il suo ingresso piuttosto tardivo nella realtà bellica, a pochi mesi dalla conclusione del conflitto, non bisogna credere che il giovane Aragon si sia trovato ad affrontare un momento più facile dello scontro, tutt'altro: gli ultimi combattimenti cui egli prese parte (sulle Haut-de-Meuse a giugno, l'offensiva dell'armata Mangin tra luglio e agosto e, infine, al Chemin des Dames in settembre) non furono affatto meno violenti di quelli dei primi anni429.

In seguito alla guerra, anch'egli dunque entrò tra le fila dei movimenti d'avanguardia e, come i suoi compagni, per volontà, come egli sostenne, o impossibilità, come invece riteniamo noi, tentò di eliminare dalla propria mente e dal proprio lavoro l'esperienza dei mesi in cui aveva vestito l'uniforme. In realtà, la presenza ossessiva di alcuni elementi all'interno della sua intera produzione letteraria, come ad esempio quella del fango, prova, come vedremo attraverso altri elementi dei suoi componimenti, che la guerra fu una costante e un peso, seppur sotterraneo, nel suo lavoro430. Tuttavia, fu soltanto molti anni dopo, superata anche

la dura prova della Seconda guerra mondiale, che egli lascerà riemergere e darà voce volontariamente ed esplicitamente ai ricordi collegati a quel momento della propria vita. L'opera più palese a tal proposito è Le Roman inachevé, del 1956: si tratta della biografia della propria vita, in cui Aragon rievoca anche i momenti più drammatici e traumatici, tra cui la Grande Guerra431.

Tuttavia, esistono alcune poesie giovanili, un breve ciclo di sei testi contenuti nella sua prima

428P. Daix, Aragon une vie à changer, Paris, Seuil, 1975, p. 60.

429Cfr. O. Barbarant, Le dire indirect. Aragon, «Classe 17» et après, cit., p. 248. 430Cfr. Ibid., p. 259.

431 Cfr. D. Bougnoux, C. Narjoux, Cécile Narjoux et Daniel Bougnoux commentent Le Roman inachevé

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raccolta poetica, Feu de joie432 , pubblicata agli inizi del 1920433 , scritti durante o

immediatamente dopo la sua mobilitazione, quindi precedenti al suo ingresso nelle correnti de l'entre-deux-guerres, in cui l'autore tratta della guerra, seppur in modo totalmente differente dai testi degli altri autori fin qui affrontati.

In questo capitolo ci proponiamo di analizzare in che modo l'autore, nel 1920 prima e nel 1956 dopo, descrive la guerra: cosa cambia nel riportare i fatti, su quali aspetti, a distanza di quasi 40 anni, decide di soffermarsi o, al contrario, di tacere. In particolare il nostro interesse si focalizzerà sulle modalità e le differenze che si trovano nel racconto, presente in entrambe le opere, in cui egli parla di un episodio vissuto al fronte a Couvrelles-sur-Marne il 6 agosto 1918 e che fu, forse, il più traumatico e segnante della sua esperienza militare.

La guerra nascosta in Feu de joie

All'interno della raccolta che segna il debutto poetico di Aragon è possibile isolare «une sorte de cycle microscopique434» che, dal poema intitolato Secousse a Le Délire du fantassin, ha

per tema la vita militare del poeta. Tuttavia nelle poesie che formano questo “ciclo bellico”, il termine “guerre”, in realtà, non appare mai e solo una volta incontriamo le parole “mort” e “sang”. Si tratta di lacune significative per componimenti che dovrebbero trattare del conflitto mondiale. Non possiamo però dimenticare che una situazione simile era presente anche nel Devoir di Paul Éluard, oltre al fatto che, nella poesia di quegli anni, il conflitto diventava sempre più «innommable435», come avevamo già notato con Soupault. Ma se nei

due autori precedenti, nonostante queste omissioni significative, la presenza e centralità della guerra era comunque ben chiara, la stessa cosa non si può affermare per i testi di Aragon. Qui risulta difficilmente percepibile o individuabile: all'interno di tutti e sei i testi la vita militare è raccontata «de façon détournée436». È solo attraverso un secondo grado di lettura

dei versi e la rilevazione di alcuni indizi, volutamente lasciati dall'autore, che è possibile cogliere la realtà che si cela dietro alle immagini, apparentemente positive e sognanti, che Aragon propone. In generale possiamo affermare che «Dans Feu de joie […] s'éveille, discret,

432Ogni citazione tratta da Feu de joie, d’ora in poi abbreviato FdJ, si riferisce all’edizione: L. Aragon, Œuvres

poétiques complètes I, sous la direction d’Olivier Barbarant, Paris, «Bibliothèque de la Pléiade», Gallimard, 2007.

433Cfr. O. Barbarant, Notice in L. Aragon, Œuvres poétiques complètes I, cit., p. 1170. 434O. Barbarant, Aragon : la mémoire et l'excès, Seyssel, Champ Vallom, 1997, p. 53. 435S. Delesalle, La guerre, la poésie, cit., p. 179.

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l'art de la “déviation” aragonienne437» e, nel caso, specifico delle poesie sulla guerra, è come

se il poeta per riuscire a rappresentare, a riportare poeticamente quanto visto, avesse bisogno di trasformare la realtà terribile del fronte: egli, a nostro avviso, stravolge il dato oggettivo per creare, (re)inventare il mondo infuocato e sconvolto, che sarebbe altrimenti indicibile. La metamorfosi del dato veritiero è possibile solo attraverso l'esercizio poetico e, infatti, Barbarant sottolinea come la scrittura nasca «en réaction contre la vie du front438». La realtà,

da cui la poesia trae origine, risulta talmente spaventosa e inenarrabile da venire soppressa in toto e così, nei versi resta solo un mondo visionario, fatto di «feinte joie439», in cui però

l'aspetto fictionnel è evidente.

Ad esempio di questo procedimento, prendiamo la poesia Éclairage à perte de vue, la seconda in ordine di apparizione all'interno del “ciclo bellico”. Potremmo interpretare il titolo come un'allusione alla vastità dell'illuminazione che producono nel cielo les fusées. Tuttavia, nel momento in cui ci dedichiamo alla lettura del testo, una simile interpretazione appare totalmente errata. Sembra anzi che una qualsiasi decifrazione del testo sia impossibile:

Je tiens ce nuage or et mauve au bout d'un jonc l'ombrelle ou l'oiselle ou la fleur

La chevelure descend des cendres du soleil se décolore entre mes doigts

(FdJ., p. 9)

Il poeta, il Je, si descrive nell'atto di tenere in mano una nuvola e, visti i colori che la caratterizzano, la scena sembra svolgersi probabilmente al tramonto. A questo primo verso, piuttosto surreale, segue un elenco di oggetti indicanti cose diverse tra loro, senza alcun collegamento apparente, se non forse sonoro (ombrelle, oiselle), e separati dalla congiunzione «ou»: «l'ombrelle ou l'oiselle ou la fleur». Probabilmente si tratta di apposizioni al termine «nuage». In ogni caso, la guerra ci pare del tutto assente. Segue poi la menzione di una chevelure. Riteniamo che il poeta impieghi questo termine nella sua accezione astronomica di «longue traînée lumineuse qui s'étale autour du noyau d'une comète440». Un simile senso, oltre a collegarsi e giustificare l'éclairage del titolo, sarebbe

437M. Host, La grâce éparse ou le poète Aragon, de Feu de joie à La Grande Gaîté, «Faites entrer l’infini»,

2012, (54), p. 57.

438O. Barbarant, Notice de Feu de joie in L. Aragon, Œuvres poétiques complètes I, cit., p. 1192. 439Cfr. Ibid.

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motivato dal moto discendente che la caratterizza: la chevelure, infatti, «descend des cendres du soleil». In questo verso vi è un gioco sonoro molto significativo: «descend» si ripete nel

des e nella prima sillaba di cendre e, al contempo, «des cendres», all'orale, risulta omofono

di “descendre”, l'infinito del verbo che si trova nel verso. In questo modo, a nostro avviso, il poeta sottolinea il movimento verso il basso di questa luce. Una simile insistenza sulla discesa della «chevelure» ci insospettisce, portandoci a credere che questa sia in realtà metafora de la fusée: alla salita dell'arma, cui corrispondeva un vasto e affascinante «éclairage» del cielo, seguiva una terribile discesa, preludio di morte. Il fatto che Aragon di seguito dichiari che «Le jour est gorge-de-pigeon» (FdJ., p. 9) sarebbe un'ulteriore conferma dell'interpretazione che abbiamo proposto di questa immagine: il colore così particolare, tra il grigio e il rosa, del giorno sarebbe una conseguenza dell'esplosione in cielo del razzo. Il poeta sta dunque raccontando, in maniera del tutto straniata e rovesciata, il momento di uno scontro in cui viene lanciata une fusée nel cielo e, in particolare, si sofferma sugli istanti più pericolosi, quando cioè quel fascio di luce diviene calante, dirigendosi verso gli uomini al suolo. Ma la scrittura permette lo stravolgimento di quell'evento, concede al poeta di difendersi: «Vite un miroir Participé-je à ce mirage / Si le parasol change en paradis le sol»

(FdJ., p. 9). Il «parasol» permetterebbe di trasformare l'inferno dell'impatto della fusée col suolo in «paradis»441 . Aragon è consapevole del carattere fittizio e illusorio di questa

alterazione, e lo lascia trasparire attraverso l'uso del sostantivo «mirage»: si tratta di un vero e proprio sogno a occhi aperti, di un'allucinazione, una «illusion442».

Questo procedimento consistente nel capovolgimento della realtà viene utilizzato dal poeta in tutti gli altri testi ma ci pare particolarmente evidente in Parti-pris e Couplet de l'amant

d'opéra. In entrambi i componimenti Aragon sembra descrivere tutt'altro che la propria

esperienza al fronte: tuttavia, appaiono elementi, parole, che suggeriscono il carattere fittizio, surreale di quanto raccontato, lasciando intravedere l'elemento reale da cui queste visioni, questi mirages sono nati. Prendiamo ad esempio alcuni versi di Parti-pris:

Je danse au milieu des miracles Mille soleils peints sur le sol Mille amis Mille yeux ou monocles m'illuminent de leurs regards Pleurs du pétrole sur la route

441Rileviamo anche qui un gioco sonoro tra «paradis» e «parasol» che sembra mettere in risalto il legame, il

rapporto esistente tra i due elementi anche sul piano acustico.

168 Sang perdu depuis les hangars (FdJ., p. 9)

Il poeta si descrive nel corso di una danza mentre «Mille amis» con i loro occhi lo ammirano e lo illuminano. Tuttavia non passa certo inosservato il fatto che egli dichiari di ballare «au milieu des miracles», termine, quest'ultimo, che rinvia a un fatto straordinario, «en dehors du cours naturel des choses443», e che ci ricorda il «mirage» cui egli aveva assistito nel testo

precedente. Il richiamo, la rievocazione tra «miracles» e «mirage» esiste anche a livello acustico, attraverso la ripetizione del fonema [mi] all'inizio di entrambi i sostantivi. In realtà tale suono riecheggia insistentemente all'interno dell'intera strofa (mille, milieu,

m'illuminent): in quattro versi si ripete sei volte.

La descrizione del movimento del poeta viene improvvisamente interrotta dalla comparsa all'interno del poème della realtà moderna, urbana. Aragon descrive ora, ex abrupto, un evento, piuttosto banale: un'auto perde benzina lungo tutta la sua strada. Ciò che colpisce sono invece il lessico e i paragoni scelti e impiegati dall'autore per riportare un simile e irrilevante fatto. Le macchie di carburante sull'asfalto sono dette «Pleurs» e addirittura sono paragonate a del «Sang perdu». Se una simile scelta terminologica può apparire tanto esagerata quanto inappropriata è, in realtà, tutt'altro che casuale: il poeta vuole indirizzarci sulla lettura da dare ai versi precedenti. I mille soli infatti non sono altro, a nostro avviso, che obus; il poeta non danza bensì corre da una parte all'altra della trincea, del luogo in cui si sta svolgendo uno scontro, saltando e cercando di evitare di essere colpito, per prestare soccorso a quei «Mille yeux» che lo cercano.

Il fatto che Aragon descriva questi momenti così concitati e terribili come un ballo affascinante e la perdita di gasolio di un'auto con termini che risultano più appropriati per la prima situazione, ci porta a concludere che, sicuramente, nel giovane médecin vi è un vero e proprio blocco, tanto psicologico quanto poetico, per cui la rievocazione di certi momenti deve essere totalmente ricreata, reinventata in chiave positiva. È la presenza all'interno del testo di elementi che sembrano stridere, per violenza e impatto, con quella scena, a suggerire l'interpretazione corretta da dare.

È lo stesso Aragon in realtà a rendere manifesto il meccanismo sotterraneo delle sue poesie “di guerra” e lo fa, tutt'altro che fortuitamente, in alcuni versi di Secousse, poema inaugurale

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di questo ciclo, su cui ritorneremo più avanti. Per il momento ci interessa segnalare alcune frasi in cui il poeta dichiara che:

Je donne un nom meilleur aux merveilles du jour J'invente à nouveau le vent tape-joue

Le monde à bas je le bâtis plus beau (FdJ., p.8)

Il poeta qui esplicita quell'opera di trasformazione della realtà finora analizzato. Come un nuovo Adamo, il «donne un nom meilleur aux merveilles du jour». In particolare però ci interessa che Aragon dichiari «J'invente à nouveau […] / Le monde à bas je le bâtis plus beau». Il poeta utilizza qui un verbo che finora non avevamo mai incontrato: inventer. Egli dunque inventa, ricostruisce, in modo migliore e più bello, quanto vede. Siamo nettamente agli antipodi delle volontà di avvalorare come “testimonianza” il proprio lavoro, che invece avevamo incontrato in molti altri poeti: il racconto veritiero per il giovane Aragon è impossibile.

Possiamo dunque concludere che, in Feu de joie, la guerra appaia come criptata, mascherata444 poiché «l'écrivain, plus violenté par l'atrocité des combats qu'il ne voulut dans

sa première jeunesse le reconnaître, a de la sorte élaboré […] un biais lyrique, un dire indirect445».

Tuttavia, crediamo che le descrizioni positive di momenti drammatici non siano solamente il risultato di un processo di straniamento per rendere il racconto possibile. Siamo infatti convinti che, in Aragon, l'orrore e il trauma della guerra coesistano con una taciuta e colpevole fascinazione per questa, anche durante i momenti più terribili446. L'immagine della

danza tra un obus e l'altro, l'assimilazione della fusée descendante alla chevelure d'une

comète testimoniano, a nostro avviso, sotterraneamente dell'esistenza di un'emozione

positiva, di un'eccitazione in Aragon di fronte al «joyeux péril» (Parti-pris, FdJ., p. 9), tutt'altro che insolita tra gli uomini al fronte, si pensi ad Apollinaire e Cendrars.

Se le sei poesie ruotano attorno all'esperienza militare di Aragon è ovvio che «[ces poésies] se rattach[ent] [...] à l'autobiographie447». Tuttavia anche questa, come il tema della guerra,

è «placée sous le signe de l'équivoque», celata e confusa da quell'«immense travail d'aveu et

444Cfr. O. Barbarant, Notice de Feu de joie, cit., p. 1180.

445O. Barbarant, Le dire indirect. Aragon, « Classe 17 » et après, cit., p. 250.

446Cfr. G. D. Mole, L'Horreur de la guerre, l'extase de la guerre: la Poésie française des soldats-poètes, 1914

– 1918, cit., p. 48.

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de travestissement de soi-même448» che, d'ora in poi, caratterizzerà l'intera opera del poeta.

Il testo in cui è possibile vedere, il più chiaramente possibile, come il motivo dell'autobiografia, al pari di quello della guerra, sia nascosto, reso di difficile individuazione ma, al contempo, sia percepibile, è Vie de Jean-Baptiste A*. Già il titolo suggerisce che sarà qui questione di riportare la vita di un uomo ma l'aspetto prettamente autobiografico sembra assente: il soggetto non è Louis Aragon, bensì uno sconosciuto Jean-Baptiste, il cui cognome è stato omesso. In realtà è proprio la censura del cognome, che sappiamo cominciare non a caso con la “A”, che ci porta a credere che, dietro questa figura misteriosa, si celi in verità l'autore. La conferma la dà il poeta stesso che, nel 1968, così spiega questo camuffamento: «A., bien sûr signifiant Aragon. […]. Ceci dit, le prénom Jean-Baptiste est […] celui d'un arrière-arrière-grand-oncle de ma grand'mère449».

In questo testo quindi, sotto falso nome, Aragon ripercorre le tappe più significative della sua ancora breve esistenza:

[...]

ROSA la rose et ce goût d'encre ô mon enfance

Calculez Cosα en fonction de tg α 2

Ma jeunesse Apéro qu'à peine ont aperçu les glaces d'un café lasses de tant de mouches Jeunesse et je n'ai pas baisé toutes les bouches Le premier arrivé au fond du corridor

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 MORT

Une ombre au milieu du soleil dort c'est l'œil

(FdJ., p. 10)

In questi versi il poeta rievoca la propria infanzia, i suoi studi. Le varie fasi della vita sono presentate attraverso elementi che risultano totalmente estranei e antitetici all'ambito poetico: numeri, funzioni trigonometriche, la prima declinazione latina. Simili comparse all'interno del componimento poetico rispondono al gusto di Aragon per la pratica del collage, che se da una parte rinvia alle precedenti sperimentazioni dei cubisti dall'altra lo proietta già verso

448Ibid.

171 i lavori dadaisti450.

La biografia di Jean-Baptiste-Louis si conclude tragicamente: la fase della giovinezza è precocemente interrotta dallo scoppio della guerra. Il poeta afferma di non aver baciato «toutes les bouches», di non aver cioè fatto in tempo ad avere le avventure, di fare le esperienze tipiche di quell'età. Il sentimento di rimpianto per ciò che si è perso è evidente. Meno lampante, è, a nostro avviso, il riferimento nel testo alla guerra, la responsabile della fine prematura della «Jeunesse» di Aragon. La presenza del conflitto è, secondo noi, suggerita dal sostantivo «mort», volutamente scritto in maiuscolo. La serie di numeri, un

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