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IL «POETA PIÙ CHIARO AL MONDO»

Nel documento LA LIRICA DEL '900 CLASSE V (pagine 50-67)

Umberto Saba nacque a Trieste il 9 marzo 1883 Il cognome Saba è uno pseudonimo che assunse nel 1911, infatti il cognome del padre è Poli L’unione dei genitori durò pochissimo e

IL «POETA PIÙ CHIARO AL MONDO»

La poetica di Saba è semplice e chiara come la sua poesia. Egli riteneva che l’unica cosa che devono fare i poeti è la «poesia onesta», schietta, sincera, per questo il suo linguaggio trae spunto dal lessico quotidiano.

I suoi temi ripropongono aspetti della vita di ogni giorno, anche i più umili e dimessi (luoghi, persone, paesaggi, animali, avvenimenti, Trieste con le sue strade, partite di calcio) ma lo fa con tanto commossa e calda simpatia, da sentirsi parte integrante di essi. La sua poesia è un colloquio aperto e cordiale con il lettore.

Egli riprende dalla tradizione le forme metriche: nonostante il sapore antico, la sua poesia è nuova e moderna, interprete efficace del dramma esistenziale dell’uomo contemporaneo.

Saba attribuisce alla poesia una funzione psicologica e sociale: aiutare l’uomo a ritrovare la propria identità e la propria integrità, ridandogli anche la possibilità di partecipare armoniosamente alla vita sociale. Mentre d’Annunzio affermava la figura del poeta-vate, dispensatore di verità e superiore all’uomo comune, Saba ritiene che il poeta ha il dovere di essere onesto e può esserlo realmente con il lettore solo iniziando da se stesso e cioè cercando nel proprio io le verità più nascoste e intime. Quindi la poesia onesta nasce dall’eros, dal principio freudiano del piacere. Il poeta deve registrare fedelmente la verità nascosta e profonda di tutti gli esseri. Mentre d’Annunzio voleva distinguersi dagli altri uomini in senso superomistico, Saba vuole sentire uomo fra gli uomini aspirando a vivere la vita di tutti, a essere come gli uomini di tutti i giorni. La sua è una poesia narrativa che indaga i meccanismi profondi della psiche.

IL CANZONIERE

A una prima lettura Il Canzoniere di Saba si presenta arretrato e facile, per rivelarsi una lettura attenta, tra le più moderne e originali del panorama europeo novecentesco, oltre che tra le più complesse e difficili.

Il Canzoniere raccoglie la produzione poetica di Saba. Sono 437 testi scritti tra il 1900 e

1954. La scelta del titolo mostra la volontà del poeta di riconnettersi alla tradizione lirica italiana, che ha come capostipite il Canzoniere di Petrarca; vi è anche l’intenzione di dare carattere unitario, a partire dal titolo, alla propria opera.

TEMI

- Scissione dell’io: si origina dall’opposto carattere dei genitori del poeta, che

costituiscono ai suoi occhi esempi e modelli inconciliabili. A ciò si aggiunge anche la scissione segnata dall’allontanamento dalla balia con la quale visse i primi tre anni della sua vita e la figura della madre, donne molto diverse che definisce l’una madre di gioia, l’altra madre mesta. Il Canzoniere si configura come un tentativo di portare luce su questo tema, di vincere le ragioni oscure e dolorose che hanno suscitato la scissione interiore del soggetto, ricongiungere le due parti della personalità e celebrare nella poesia il successo del riscatto. Il periodo che coincide con la terapia psicoanalitica

- Infanzia: la scissione ha le sue radici nell’infanzia. L’infanzia non è rievocata come tempo felice e trascorso troppo in fretta ma quale momento di incubazione di nevrosi e sorgente di infelicità. Saba è il primo poeta post-freudiano dell’infanzia, cioè il primo che tenga conto nella trattazione del tema delle scoperte compiute dalla psicoanalisi, valorizzando il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza non solo in senso affettivo ma anche e soprattutto quale sorgente di conoscenza per i meccanismi profondi dell’io. Il tema dell’infanzia è necessario e doloroso, e Saba lo affronta per cercare di rubare al suo scrigno quella verità che darebbe all’uomo adulto la serenità.

- Tema erotico: la diversità tra la madre e la balia influenza la trattazione del tema erotico. Le donne possono assomigliare alla madre, esercitando sulla coscienza del poeta il ricatto del senso di colpa, oppure alla balia favorendo contatti spensierati e regressivi. Le prime sono donne madri, le seconde donne fanciulle. La moglie Lina può, nei momenti migliori, apparire madre affettuosa e accogliente, ma ogni suo turbamento riconduce al’atteggiamento materno e ai sensi di colpa infantili. Saba considera i poeti sacerdoti di eros cioè cantori della profonda verità elementare che unifica tutti i viventi: la pulsione sessuale, la libido freudiana che Saba indica come brama. La brama è il veicolo per mezzo del quale può avvenire il contatto con altre forme di vita e con diverse

- Identità personale: Saba amò sempre riconoscersi nella vita del popolo. Si spiegano quindi l’entusiasmo giovanile per la vita militare e l’attenzione alle manifestazioni

A mia moglie

Tu sei come una giovane, / una bianca pollastra. / Le si arruffano al vento / le piume, il collo china / per bere, e in terra raspa; / ma, nell'andare, ha il lento / tuo passo di regina,/ ed incede sull'erba / pettoruta e superba. / È migliore del maschio. / È come sono tutte / le femmine di tutti / i sereni animali / che avvicinano a Dio. / Così se l'occhio, se il giudizio mio / non m'inganna, fra queste hai le tue uguali, / e in nessun'altra donna./ Quando la sera assonna / le gallinelle, / mettono voci che ricordan quelle, / dolcissime, onde a volte dei tuoi mali, / ti quereli, e non sai / che la tua voce ha la soave e triste / musica dei pollai. /

Tu sei come una gravida / giovenca; / libera ancora e senza / gravezza, anzi festosa; / che, se la lisci, il collo / volge, ove tinge un rosa / tenero la sua carne. / Se l'incontri e muggire / l'odi, tanto è quel suono / lamentoso, che l'erba / strappi, per farle un dono. / È così che il mio dono / t'offro quando sei triste. /

Tu sei come una lunga / cagna, che sempre tanta / dolcezza ha negli occhi, / e ferocia nel cuore. / Ai tuoi piedi una santa / sembra, che d'un fervore / indomabile arda, / e così ti riguarda / come il suo Dio e Signore. / Quando in casa o per via / segue, a chi solo tenti / avvicinarsi, i denti / candidissimi scopre. / Ed il suo amore soffre / di gelosia.

Tu sei come la pavida / coniglia. Entro l'angusta / gabbia ritta al vederti / s'alza, / e verso te gli orecchi / alti protende e fermi; / che la crusca e i radicchi / tu le porti, di cui / priva in sé si rannicchia, / cerca gli angoli bui. / Chi potrebbe quel cibo / ritoglierle? chi il pelo / che si strappa di dosso, / per aggiungerlo al nido / dove poi partorire? / Chi mai farti soffrire? /

Tu sei come la rondine / che torna in primavera. / Ma in autunno riparte; / e tu non hai quest'arte. / Tu questo hai della rondine: / le movenze leggere; / questo che a me, che mi sentiva ed era / vecchio, annunciavi un'altra primavera. /

Tu sei come la provvida / formica. Di lei, quando / escono alla campagna, / parla al bimbo la nonna / che l'accompagna. / E così nella pecchia / ti ritrovo, ed in tutte / le femmine di tutti / i sereni animali / che avvicinano a Dio; / e in nessun'altra donna.

Parafrasi

Tu sei come una giovane bianca pollastra, ti si arruffano i capelli come le piume di una gallina che nel bere china il collo e nel mangiare raspa la terra.

Tuttavia nell’andare hai un lento passo di regina che cammina sull’erba robusta e

superficiale. Ciò è migliore che nel maschio, così come tutte le cose migliori di esso, più intime, più dolci che si avvicinano al divino. Tutto questo è a mio giudizio, poiché

nessuna come te si avvicina alle cose serene della natura, nessuna come te è degna di ritrovarsi nella bianca pollastra e nella gravida giovenca. Quando la sera reca il sonno nei pollai, le gallinelle mettono voci che ricordano le tue dolcissime querele quando ti lamenti un poco dei tuoi mali; nessuno ci aveva sinora fatto udire con tali orecchi la voce serale dei pollai.

Tu sei come una gravida giovenca, materna ma ancora festosa e giovanile, senza la gravità che è consueta a quegli animali. Così come una giovenca se la lisci, volge il collo così come una rosa tinge tenera la sua carne; invece se la incontri e la odi mentre muggisce, quel suono ti è tanto lamentoso che le strappi l’erba di bocca per farle un Tu sei come una cagna dal collo lungo, che ha sempre tanta dolcezza negl’occhi ma ferocia nel cuore. Proprio per questo sembra una santa ai piedi del padrone, una santa nel quale arde un fervore indomabile simile a quello che Dio ha in serbo per te. In casa o per via ti segue e mostra i candidissimi denti a chiunque osi avvicinarti. E’ il suo amore che soffre di gelosia.

Tu sei come la timida e paurosa coniglia, che ,quando non le viene recato ciò che gli attende, si rannicchia nella sua angusta gabbia cercando angoli bui. Chi potrebbe mai far soffrire una coniglia, così pavida e mansueta? Chi potrebbe far soffrire te così simile a lei?

Tu sei come la rondine che ritorna in primavera ma che riparte in autunno. Tu non hai nient’altro che la stessa arte. Questo hai in comune alla rondine, le movenze leggere; e questo che ancora che a me, che mi sentivo vecchio nell’animo, annunciasti col tuo arrivo una nuova primavera.

Tu sei come la formica laboriosa. Di lei parla la nonna al bimbo che l’accompagna, quando escono a fare una passeggiata in campagna. Ora dunque ritrovo tutto ciò che è del tuo amore nell’ape e in tutti le femmine degli animali sereni che si avvicinano al divino e in nessun altra donna.

Commento

Il testo è un vero elogio alla moglie Lina realizzato attraverso termini di paragone inconsueti: animali a cui non si è soliti riferire la figura di una donna amata e che in genere non rientrano nel linguaggio della lirica amorosa. Saba con la poesia vuole anche celebrare la superiorità del genere femminile e la sua maggiore vicinanza alla natura, mettendone in evidenza la grande energia vitale e la prorompente fisicità. Il tono della poesia riflette la predilezione di Saba per il lessico quotidiano e semplice e quindi per le forme in grado di evocare in modo immediato immagini, suoni e stati d'animo. Non c'è ironia alcuna, da parte di Saba, quando rispecchia la moglie nell'esistenza di modesti animali come la pollastra, la mucca, la cagna o la coniglia. Insomma Saba non vuole assolutamente mancare di rispetto alla moglie e alla donna in genere, ma lodarle con una concezione del femminile non proprio "moderna". Saba, parlando della moglie, descrive le maggiori virtù della donna: ne sottolinea la protettività materna (v25), la dolcezza che si unisce alla gelosia aggressiva (v41), l'eleganza delle movenze come nella rondine (v69), la fedeltà laboriosa come quella della formica (v77).

Goal

Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela

la faccia, a non veder l’amara luce. Il compagno in ginocchio che l’induce con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi. La folla - unita ebbrezza - par trabocchi nel campo. Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli.

Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere

- l’altro - è rimasto. Ma non la sua anima, con la persona vi è rimasta sola.

La sua gioia si fa una capriola, si fa baci che manda di lontano.

Parafrasi

Il portiere caduto nell’inutile tentativo di difendere la porta, rimane a terra sconfitto e nasconde la faccia a terra per la rabbia e l’umiliazione, quasi per non vedere la luce che illumina una scena per lui dolorosa.

Un compagno in ginocchio al suo fianco lo incita, con parole e con gesti, a rialzarsi e scopre che i suoi occhi sono pieni di lacrime.

Il pubblico, unito nell’esultanza, sembra che si riversi nel campo. I giocatori della squadra vincitrice si accalcano intorno all’autore del goal.

Pochi momenti sono belli come questi, agli uomini che sono come “consumati” dalle passioni dell’odio e dell’amore.

L’altro portiere è rimasto presso la rete inviolata. Ma la sua anima partecipa alla gioia dei compagni.

Per la gioia fa una capriola, manda da lontano dei baci. Della festa, egli dice, anch’io ne faccio parte.

Commento

Goal è una delle 5 poesie che sviluppano il tema del gioco del calcio e che Saba ha

dedicato alle imprese della squadra di calcio cittadina, la "Triestina". La poesia descrive il momento culminante della partita, quello che segue al momento cruciale del goal che determina il successo di una squadra e la sconfitta dell’altra.

Nella prima strofa viene descritta, l’emozione negativa della squadra e del portiere sconfitti, dopo aver subito un gol. Il tono è molto malinconico, poiché descrive l’amara realtà dei portieri quando subiscono un goal.

Nella seconda strofa, invece, viene descritta l’incontenibile gioia di quelli che hanno appena segnato il goal del vantaggio: i giocatori si stringono tutti insieme, mentre sugli spalti il pubblico è in delirio. Vengono sottolineati la solidarietà e la fratellanza che uniscono giocatori e pubblico nel momento clou della partita.

Nella terza e ultima strofa viene descritta la realtà del portiere della squadra che ha segnato: lui è dall’altra parte del campo, da solo, però molto contento, esultante anche lui. E pensa che anche lui fa parte della festa.

Amai

Amai trite parole che non uno osava. M’incantò la rima fiore amore,

la più antica e difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l’abbandona. Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco.

Parafrasi

Amai parole consunte e convenzionali, che nessun poeta osava più utilizzare. Mi piacque particolarmente

la rima "fiore amore",

la più antica e difficile del mondo.

Amai la verità che si trova in fondo all’animo umano, quasi un sogno dimenticato, che [tuttavia] il dolore riscopre essere amica. Il cuore timorosamente

le si accosta, ma una volta scoperta non l’abbandona più. Amo te che mi ascolti e amo la mia poesia,

Commento

La poesia può essere considerata il manifesto poetico di Saba; l'autore, prendendo esplicitamente parola in prima persona nella quartina di apertura, spiega in maniera consapevole il fine delle sue scelte poetiche. Le "trite parole” (e cioè già utilizzate da molti, nel corso della tradizione poetica italiana) sono sia una scelta di stile che di

contenuto: la rima "fiore | amore" è la più banale cui si possa pensare, e per questo la

più difficile da personalizzare e rendere originale. Ed è proprio questa la sfida di Saba, che reagisce contro la continua ricerca di nuove tecniche espressive, affermando come la vera scommessa sia quella di avvalersi della tradizione per esprimere concetti e verità nuove.

La verità ("che giace al fondo", v. 5) è secondo l'autore il fine ultimo della poesia, unico mezzo di cui l'uomo può avvalersi per scoprire i più reconditi segreti del cuore umano. E proprio questa verità deve essere espressa dal poeta nel modo più semplice e immediato possibile.

Nell'ultima strofa - un distico - Saba compie il passaggio dal passato remoto “amai”, che caratterizza la prima parte del componimento, al presente “amo”, creando un senso di

continuità e di coerenza. Si così rivolge al lettore, e gli esprime ammirazione e stima

Mio padre è stato per me “l’assassino”

Mio padre è stato per me "l'assassino"; fino ai vent'anni che l'ho conosciuto. Allora ho visto ch'egli era un bambino, e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto. Aveva in volto il mio sguardo azzurrino, un sorriso, in miseria, dolce e astuto. Andò sempre pel mondo pellegrino; più d'una donna l'ha amato e pasciuto. Egli era gaio e leggero; mia madre tutti sentiva della vita i pesi.

Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre": ed io più tardi in me stesso lo intesi:

Parafrasi

Mio padre è stato per me l’assassino,

fino ai vent’anni, quando l’ho conosciuto. Allora ho capito che lui era come un bambino, e che ho preso da lui ciò che di bello ho.

Aveva gli stessi miei occhi azzurri,

anche in povertà lui sorrideva, con un sorriso dolce e accattivante. Andò sempre per il mondo come un pellegrino;

più di una donna lo ha amato e mantenuto. Egli era sempre allegro e senza problemi;

mia madre, al contrario, subiva tutti i pesi della vita. Lui le sfuggì e se ne andò da lei.

“Non somigliare - mi rimproverava lei – a tuo padre”: e io più tardi nel tempo lo capii:

Commento

Questo, è uno dei rari componimenti in cui il poeta Saba parla del padre. Nel sonetto viene sottolineato il contrasto tra leggerezza paterna e pesantezza materna, attuando un rovesciamento del ruolo maschile con quello femminile: infatti per l’autore la madre ricopriva il ruolo dell’autorità inflessibile e della punizione (per solito attributo del padre) e il padre il ruolo della trasgressione, della fuga e del piacere. Mentre la madre sentiva tutti i pesi della vita, il padre è definito come un bambino, «dolce e astuto, gaio e leggero»; curioso e capace di stupirsi: tutto quanto si avvicina al «dono» della poesia proviene all’autore dal padre stesso. A causa del suo comportamento trasgressivo, dell’abbandono della famiglia, dei molti viaggi e delle tante donne avute, la moglie si riferiva al marito con l’appellativo di «assassino» e incitava l’autore a non diventare come il padre (in tal modo veniva delineato un modello pedagogico negativo). Infine «eran due razze in antica tenzone» spiega la conflittualità nel rapporto tra madre e padre, ulteriormente complicato dalla diversa appartenenza religiosa: la madre ebraica e il padre cristiano. E quella conflittualità il poeta la rivive in prima persona, tra le due anime che convivono dentro di sé.

Nel documento LA LIRICA DEL '900 CLASSE V (pagine 50-67)

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