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Malte è seduto nella Bibliothèque nationale. «Io sto seduto e leggo un poeta»,1 dice dapprima. Poi ritorna sulle sue parole, le ripensa, e precisa:

«Io ho un poeta».2 Perché un poeta non è qualcosa che si è, ma qualcosa

che si ha, come un corpo, come una memoria, come una vita. Il creatore non compone versi sulla vita, la fa, fa le cose. Quindi protesta e chiede – quasi si rivolgesse a tutti i lettori della sala che tuttavia non possono sentire i suoi pensieri:

non sapete che cosa sia un poeta? Verlaine… Nulla? Nessun ricordo? No. Non lo avete individuato fra coloro che avete conosciuto? Distinzioni non ne fate, lo so. Ma è un altro poeta quello che io leggo, un altro che non abita a Parigi, uno completamente diverso. Uno che ha una casa silenziosa sui monti.3

Questo abitatore dei monti «è il poeta che io sarei voluto diventare» – 4

dice Malte. Perché proprio quel poeta?

Perché sa molto delle fanciulle, e anch’io avrei saputo molto di loro. Sa di

fanciulle che sono vissute cent’anni fa; non importa più nulla che siano morte, poiché egli sa tutto. Ed è questo l’importante. Egli pronuncia i loro nomi, i nomi lievi, scritti a caratteri lunghi e slanciati, a volute, del tempo antico, e i nomi divenuti adulti delle loro amiche più anziane, in cui risuona già un po’ di destino, un po’ di delusione e di morte. Forse, in un cassetto del suo scrittoio di mogano giacciono le loro lettere sbiadite e i fogli sparsi dei loro diari, in cui ricorrono compleanni, gite estive, compleanni. O può darsi che nel cassettone panciuto in fondo alla sua camera da letto ci sia un cassetto in cui si conservano

1 Die Aufzeichnungen, I, p. 52: «Ich sitze und lese einen Dichter». 2 Ibid.: «Ich habe einen Dichter».

3 Die Aufzeichnungen, I, p. 58: «Ihr wißt nicht, was das ist, ein Dichter? – Ver- laine... Nichts? Keine Erinnerung? Nein. Ihr habt ihn nicht unterschieden unter denen, die ihr kanntet? Unterschiede macht ihr keine, ich weiß. Aber es ist ein anderer Dichter, den ich lese, einer, der nicht in Paris wohnt, ein ganz anderer. Einer, der ein stilles Haus hat im Gebirge».

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i loro abiti di primavera; abiti bianchi, che furono indossati per la prima volta a Pasqua, abiti di tulle a pois, che erano destinati all’estate, ma che non s’aspet- tava l’estate per indossare.5

Avrebbe voluto, Malte, essere un poeta che vive in una casa eredita- ta, da cui ascoltare, attraverso il giardino, le prime cince che cantano e l’orologio del villaggio risuonare da lontano: «starsene seduti a guardare una calda striscia di sole pomeridiano e sapere molte cose di fanciulle

scomparse ed essere un poeta (und vieles von vergangenen Mädchen zu wissen und ein Dicther zu sein)».6

Perché «sapere molte cose delle fanciulle» significa, per Malte, essere poeta. Ma in quel momento in cui ripensa a tutte le giovani del passato, Malte incontra una nostalgia profondissima e si scontra con un’impossibi- lità: si trova a dire di sé ciò che le ragazze moderne, al museo, si trovano a dire di se stesse contemplando gli arazzi della Dame à la licorne – le ragaz- ze riflettono se non sarebbe stato loro possibile rimanere, se non sarebbe stato possibile per loro restare fedeli al Ritmo e proteggerlo; Malte, l’esule Malte, il nobile decaduto, girovago, che ha perso per sempre le sue origini e la sua terra, esclama amaro: «E pensare che anch’io sarei potuto divenire un poeta così (Und zu denken, daß ich auch so ein Dicther geworden wäre), se avessi potuto abitare in qualche luogo, in qualsiasi luogo del mondo, in una delle tante case di campagna, chiuse, di cui nessuno si cura».7

La modernità è come una faglia nella memoria che disperde il filo della vita, il lavoro immemoriale dell’amore tessuto dalle donne.

5 Die Aufzeichnungen, I, pp. 58-59: «denn er weiß von den Mädchen so viel, und ich hätte auch viel von ihnen gewußt. Er weiß von Mädchen, die vor hundert Jahren gelebt haben; es tut nichts mehr, daß sie tot sind, denn er weiß alles. Und das ist die Hauptsache. Er spricht ihre Namen aus, diese leisen, schlankgeschrie- benen Namen mit den altmodischen Schleifen in den langen Buchstaben und die erwachsenen Namen ihrer älteren Freundinnen, in denen schon ein klein wenig Schicksal mitklingt, ein klein wenig Enttäuschung und Tod. Vielleicht liegen in einem Fach seines Mahagonischreibtisches ihre verblichenen Briefe und die gelösten Blätter ihrer Tagebücher, in denen Geburtstage stehen, Sommerpartien, Geburtstage. Oder es kann sein, daß es in der bauchigen Kommode im Hinter- grunde seines Schlafzimmers eine Schublade giebt, in der ihre Frühjahrskleider aufgehoben sind; weiße Kleider, die um Ostern zum erstenmal angezogen wur- den, Kleider aus getupftem Tüll, die eigentlich in den Sommer gehören, den man nicht erwarten konnte» (c.vi miei).

6 Ibid.

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È così che Malte esplode in un inno alle Fanciulle della sua Terra,

Mädchen in meiner Heimat, perché ritrovino le voci e i nomi antichi:

Fanciulle della mia terra! Che la più bella tra di voi, un pomeriggio d’estate, trovi nella biblioteca oscurata il piccolo libro che Jean de Tournes ha stampato nel 1556.8 Che porti con sé il volume fresco, liscio, nel frutteto ronzante o

dall’altra parte, vicino al phlox, che nel profumo troppo zuccherato ha un fondo di pura dolcezza. Che lo trovi presto. Nei giorni in cui i suoi occhi incomin- ciano a fermarsi su di lei, ma la sua bocca, più bambina, è ancora capace di mordere dei grossi bocconi da una mela e riempirsi tutta.9

È un appello in cui disperazione e speranza si mescolano: Malte im- magina che la fanciulla più bella della sua terra riscopra, finalmente, i versi d’una delle tante maestre d’amore – le Amanti – sepolte dall’oblìo e ne goda leggendoli in un angolo del giardino, tra i frutti che crescono e scandiscono il ritmo della natura. Riaffiorerà allora alla memoria (an- ziché Orfeo – è immediato osservarlo), die Dichterin, «colei a cui tutti pensavano quando dicevano: la poetessa» – 10 la Maestra delle Fanciul-

le, l’Antenata, Saffo. Con lei ritorneranno i nomi dell’amore: Attide, Anattoria, Gyrinnò.11

Un uomo si metterà in ascolto: un uomo più vecchio, magari un vicino di casa delle giovinette, uno che ha viaggiato a lungo in gioventù12 e che

ha ormai la nomea di stravagante (der in seiner Jugend gereist ist und

längst als Sonderling gilt).13 Uno che sa: che conosce Saffo. Uno che,

per amore delle fanciulle, potrebbe rispolverare le sue vecchie traduzioni

8 È l’edizione dell’opera poetica di Louise Labbé.

9 Die Aufzeichnungen, II, p. 156: «Mädchen in meiner Heimat. Daß die schön- ste von euch im Sommer an einem Nachmittag in der verdunkelten Bibliothek sich das kleine Buch fände, das Jan des Tournes 1556 gedruckt hat. Daß sie den kühlenden, glatten Band mitnähme hinaus in den summenden Obstgarten oder hinüber zum Phlox, in dessen übersüßtem Duft ein Bodensatz schierer Süßigkeit steht. Daß sie es früh fände. In den Tagen, da ihre Augen anfangen, auf sich zu halten, während der jüngere Mund noch imstande ist, viel zu große Stücke von einem Apfel abzubeißen und voll zu sein».

10 Die Aufzeichnungen, II, p. 159: «Die […] alle meinten, wenn sie sagten: die Dichterin». Dichterin è hapax nelle Aufzeichnungen.

11 Die Aufzeichnungen, II, p. 156: «Und wenn dann die Zeit der bewegteren Freun- dschaften kommt, Mädchen, daß es euer Geheimnis wäre, einander Dika zu rufen und Anaktoria, Gyrinno und Atthis».

12 Die Aufzeichnungen, II, p. 156. 13 Ibid.

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della grande poetessa. E così, forse, «riaccendersi per il suo lavoro»:14 il

“viaggiatore stravagante” è infatti un poeta in attesa di creare; un poeta, in ozio, da molto tempo in attesa dell’incontro che lo convinca a creare. E le ragazze, che gli chiedono delle sue versioni di Saffo, non solo lo confortano, ma lo risvegliano:

Egli deve ammettere che da molto tempo non ci ha più pensato [alle tradu- zioni] e di ciò che è fatto, assicura, non vale la pena di stare a parlare. Eppure, di fronte a queste amiche innocenti, è contento quando gli fanno pressione perché dica una strofa […]. Vengono per lui belle sere, quasi di giovinezza, sere d’autunno, per esempio, che molta parte di notte, piena di silenzio, hanno dinnanzi a sé. Allora, nel suo studio c’è luce fino a tardi. […] Mai fu così certo

dell’antichità. Quasi vorrebbe ridere delle generazioni che l’hanno pianta come

uno spettacolo perduto nel quale si sarebbero volentieri esibite. Per un attimo egli coglie il significato dinamico di quella prima unità del mondo, che fu quasi nuova e contemporanea sintesi di ogni lavoro umano.15

Le fanciulle infondono un imprevisto coraggio nel viaggiatore-poeta. Tanto che Malte auspica: «forse lo convincerete a raccontare (Vielleicht

überredet ihr ihn zu erzählen)».16 Erzählen: raccontare? È l’antica e pri-

maria funzione della poesia: rammemorare – ciò che fa l’epica. Mne-

mosyne, Memoria, è la madre delle Muse.17 Ma rammemorare che cosa?

Una storia? Non solo, e non soprattutto. La missione che le fanciulle ispirano al viaggiatore-poeta, chiamato da Malte der Sinnende, è rievo- care quel movimento stesso della mente nel quale la poesia nasce: der

14 Die Aufzeichnungen, II, p. 157: «Über dem allen erwärmt er sich wieder für seine Arbeit».

15 Die Aufzeichnungen, II, pp. 157-158: «Er muß zugeben, daß er lange nicht mehr daran gedacht hat, und was da ist, versichert er, sei nicht der Rede wert. Aber nun freut es ihn doch, vor diesen arglosen Freundinnen, wenn sie sehr drängen, eine Strophe zu sagen. […] Es kommen schöne, fast jugendliche Abende für ihn, Herbstabende zum Beispiel, die sehr viel stille Nacht vor sich haben. In seinem Kabinett ist dann lange Licht. […] Nie war er der Antike so gewiß. Fast möchte er der Generationen lächeln, die sie beweint haben wie ein verlorenes Schauspiel, in dem sie gerne aufgetreten wären. Nun begreift er momentan die dynamische Bedeutung jener frühen Welteinheit, die etwas wie ein neues, glei- chzeitiges Aufnehmen aller menschlichen Arbeit war» (c.vo mio). Sul rapporto tra Rilke e l’antico, rimando ai lavori ancora fondamentali di Ernst Zinn, Rilke und die Antike, in «Antike und Abendland», 3, 1948, pp. 201-250 e di Wer- ner Kohlschmidt, Rilke und die Antike, in Id. Rilke- Interpretationen, Lahr, M. Schauenburg, 1948, pp. 37-78.

16 Die Aufzeichnungen, II, p. 156. 17 Esiodo, Teogonia, v. 55.

Il poeta e le fanciulle 47

Sinnende è il poeta, il Pensoso, appunto – colui che rivolge il pensiero

dentro di sé,18 il Meditante, the musing man.19 E tuttavia come ripercorre-

re il pensiero in cui nasce la parola poetica? È possibile? O si tratta solo d’un fantasma dell’origine?

Il viaggiatore-poeta stravagante, il Pensieroso, der Sinnende, guarda una mela e capisce che la mela matura è come la sua vita:20 «d’un tratto prende

conoscenza di quel cuore deciso che fu pronto a eseguire l’amore fino alla fine».21 Non lo soprende più che nell’«Amante oltrefutura» (in dieser übe-

raus künftigen Liebenden) si sia vista «solo la dismisura e non una nuova

unità di misura di amore e dolore» (man [...] nur das Übermaß sah, nicht

die neue Maßeinheit von Liebe und Herzleid).22

Il Pensieroso si alza e va alla finestra per vedere le stelle.

Non si inganna su di sé. Sa che questo movimento (Bewegung) lo colma, perché tra le fanciulle del vicinato c’è quella che gli fa le domande. Egli ha desideri (Wünsche) (non per sé, no, ma per lei); per lei comprende, in un’ora notturna che trascorre, l’esigenza (Anspruch) dell’amore.23

In quel momento egli comprende come fu che il cuore della Dichterin sia diventato Natura (wurde ihr Herz zur Natur),24 come esso abbia sapu-

to farsi crescita, gestazione e lavoro infiniti del vivente. E intuisce altresì, per contrasto, il limite più grande del poeta: la pretesa d’essere più chiaro della natura, der Dichter deutlicher ist als die Natur – è ciò che accadde a Goethe, incapace di accogliere il grido di Bettina.25 Così avviene quan-

do il pensare del poeta non è più un rivolgere nella mente, sinnen,26 un

18 E, significaticamente, non der Denker, il pensatore, che piuttosto rimanda alla funzione conoscitiva del pensare. Cfr. Die Aufzeichnungen, II, p. 161.

19 Questa una delle possibili traduzioni in inglese di der Sinnende, senz’altro la più poeticamente allusiva.

20 Die Aufzeichnungen, II, p. 159.

21 Die Aufzeichnungen, II, p. 160: «Er kennt auf einmal dieses entschlossene Herz, das bereit war, die ganze Liebe zu leisten bis ans Ende».

22 Ibid.

23 Die Aufzeichnungen, II, p. 161. 24 Die Aufzeichnungen, II, p. 162.

25 Per il rapporto Bettina-Goethe, cfr. Die Aufzeichnungen, II, pp. 109-110: «Aber veilleicht wird es sich einmal zeigen, das hier die Grenze seiner Größe war». 26 Un’eco forte di questa posizione rilkiana (mediata con quella hölderliniana)

si trova, come è noto, in Der Weg zur Sprache, di Martin Heidegger. Senza assumere in alcun modo la prospettiva heideggeriana (che piega in direzioni del tutto diverse il discorso dei poeti), ci limitiamo a ricordare il debito del filosofo. Per il rapporto tra denken, sinnen e Dichtung, cfr. Der Weg zur Sprache [1959],

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ripercorrere l’esperienza, ma si limita a una forma del conoscere ormai svuotata: quando il pensare del poeta non regge più il peso dell’amore, quando rescinde il dialogo con la Musa.

in Id. Unterwegs zur Sprache, Stuttgart, Klett-Cotta, 200313, pp. 239-268, in

part. p. 267 (trad. it. In cammino verso il linguaggio, a c. di Alberto Caracciolo, Milano, Mursia, 1973). Per il saggio dedicato espressamente da Martin Heideg- ger a Rilke, cfr. Wozu Dichter? [1946], in Holzwege, Gesamtausgabe V, 1977, pp. 269-320 (trad. it. a c. di Vincenzo Cicero, Holzwege. Sentieri erranti nella selva, Milano, Bompiani, 2002).

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