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La politica toscana della monarchia asburgica alla vigilia della guerra del

Thomas Kroll

1Ringrazio prof. Sandro Rogari per la revisione liguistica del mio saggio.

Cfr. S. Romano,Declino e morte dell’ideologia risorgimentale, in: Idem, Finis Italiae, Milano 1993, pp. 1-44.

2G. Pécout, Il lungo risorgimento. la nascita dell’italia contemporanea, Bruno Mondadori, Milano 1999, p. 193.

3Si veda i contributi in: Albero Mario Banti-Paul Ginsborg (a cura di),Storia d’Italia, Annali 22: Il Risorgimento, Einaudi, Torino, 2007 oppure di recente L. Riall, Risorgi- mento. The History of Italy from Napoelon to Nation State, Palgrave Macmillan, London, 2009. Si veda invece gli considerazioni metodologici ancori validi di D. Laven,Austria’s Italian Policy Reconsidered, in: Modern Italy 1,3 (1997), pp. 3-33.

internazionale importa molto per tutte le correnti storiografiche e le loro varianti di costruzione narrativa del Risorgimento. Vale specialmente per il ruolo politico svolto dalla monarchia asburgica nell’Italia risorgi- mentale. Dopo la rivoluzione del 1848-49 l’Austria venne percepito invero come il “nemico politico” quasi assoluto da tutte le correnti del movimento nazionale italiano anche se fra moderati e democratici rima- sero aperti i contrasti intransigenti riguardante la questione della costi- tuzione politica della futura Italia unita4. Il declino della posizione ege-

monica dell’Impero asburgico in Italia costituì infatti una condizione politica irrinunciabile per la formazione dello stato nazionale italiano e in quanto a questo anche per la rivoluzione toscana ossia per l’espulsione della dinastia lorenese dalla Toscana nel 18595. Solo quando l’imperatore

francese Napoleone III tentava di conquistare di nuovo una posizione di egemonia in Italia dopo il 1856 e i grandi poteri, Inghilterra, la Russia e la Prussia rifiutavano di sostenere attivamente la politica legittimista del- l’imperatore Francesco Giuseppe nell’arena della politica internazio- nale, un fondamentale cambiamento della geografia politica dell’Italia preunitaria nel senso nazionale diventò pensabile possibile6. Per l’Austria

inceve gli avvenimenti politici in Toscana e in Italia avevano gravi con- seguenze, sia per la costituzione politica interna, sia per il prestigio del- l’imperatore Francesco Giuseppe e della monarchia d’Asburgo-Lorena7.

Il 1859 equivaleva infatti ad una crisi di legittimazione politica profonda della monarchia asburgica che sboccò in riforme della costituzione e del-

4S. Malfèr, Immagini dell’altro: austriaci e italiani, in: Albero Mario Banti-Paul Ginsborg (a cura di),Storia d’Italia, Annali 22: Il Risorgimento, Einaudi, Torino, 2007, pp. 825-856, p. 851; M. Meriggi,Austriaci e austriacanti, in: Gli Italiani in guerra, vol. I, Utet, Torino, 2008, pp. 226-232, p. 229.

5Angelo Ara, Die Haltung Italiens gegenüber der Hasburgermonarchie, in: Die Habsburgermonarchie, vol. VI, Vienna, 1993, pp. 190-216, p. 194 sgg.

6Per un profilo breve da un punto di vista storiografico di Francesco Giuseppe veda F. Fellner, L’imperatore Francesco Giuseppe, in: Marco Bellabarba (a cura di), Gli imperi dopo l’impero nell’Europa del XIX secolo, Il Mulino, Bologna 2008, pp. 347-359; C.W. Hallberg, Franz Joseph and Napoleon III 1852-1864. A Study of Austro-French Relations, Octagon Books, New York, 1973, pp. 195 sgg.; J.F. McMillan,Napoleon III, Longman, London 1991, pp. 80-92; Z. Ciuffoletti,Stato senza Nazione. Disegni di storia del Risorgimento e del- l’Unità d’Italia, Morano, Napoli 1993, pp. 179 sgg.; P. Hawig, Napoleon III. und Europa – Revision eines Geschichtsbildes: aufgezeigt an der Beurteilung seiner Mittelmeerpolitik, Frankfurt a.M, 1983.

7L. Höbelt, Franz Joseph I. Der Kaiser und sein Reich. Eine politische Geschichte, Böhlau Verlag Wien, Vienna 2009, pp. 35-36; H. Rumpler,Österreichische Geschichte 1804-1914. Eine Chance für Mitteleuropa. Bürgerliche Emanzipation und Staatsverfall in der Habsburgermonarchie, Ueberreuter, Vienna, 1997, pp. 369-372.

l’amministrazione centrale austriaca dopo il 18608. La presenza del-

l’Austria in Italia, vale a dire, era stato considerato di essenziale impor- tanza per il mantenimento dell’ordine del 1815 e per tutti i cosìdetti diritti legittimi del sovrano austriaco9. Diritti comunque che costitui-

vano la base della autocoscienza monarchica dell’imperatore ed anche della rappresentazione pubbblica e simbolica del suo regime di carattere neoassolutista10. Questa concezione del ruolo dell’Italia nel sistema impe-

riale asburgico è vera per l’“Austria italiana”, cioè per il regno lom- bardo-veneto, ma anche per il ducato di Modena e pure per la Toscana, la quale dal settecento in poi aveva rappresentato una specie di stato satellite modello della dinastia asburgica in Italia11. Dato questa storia del-

l’egemonia austriaca in Italia era ovvio per i contemporanei che la Toscana doveva svolgere un ruolo cruciale nella crisi internazionale del 59, anche se chissà esagerava lo storico e diplomatico prussiano Alfred von Reumont, un conoscitore tedesco del granducato e amico di Gino Capponi, quando scrisse nel 1877 che gli avvenimenti in Toscana erano altrettanto importanti per l’Austria che la guerra combattutta in Lom- bardia12. Ma ancora Franco Valsecchi sottolineava in un modo abba-

stanza simile che alla vigilia della guerra del 1859 la Toscana aveva “una posizione strategica e politica di primo ordine” per il mantenimento del sistema egemonico dell’Austria in Italia13.

II.La struttura del sistema egemonico dell’Autria in Italia nell’epoca del Risorgimento La politica toscana dell’Austria e la fitta rete delle relazioni interna- zionali, della quale faceva parte il granducato, rappresentavano comun- que non soltanto una specie di “retroscena” del Risorgimento nell’Italia centrale, ma piuttosto un fattore decisivo del processo politico che alla

8A. Sked, Der Fall des Hauses Habsburg, Komet, Berlin 1993, p. 228.

9Cfr. A. Wandruszka,Kaiser Franz Joseph als Herrscher und Mensch, in: Das Zeitalter Kai- ser Franz Josephs, vol. I, No Landesmuseums, Vienna, 1984, pp. 17-23.

10Cfr. da un punto si vista metodologico: Laurence Cole - Daniel L Unowsky (a cura di),The Limits of Loyalty. Imperial Symbolis, Popular Allegiances and the State Patriotism in the Late Habsburg Monarchy, New York, 2007.

11A. Wandruszka, Österreich und Italien im 18. Jahrhundert, Verlag für Geschichte und Politik, Vienna,1963, pp. 84 sgg.

12A. von Reumont, Geschichte Toskana’s, vol. III, Gotha, 1877, p. 573.

13F. Valsecchi, Toscana ed Austria nel 1859 nei documenti diplomatici austriaci, in: Archi- vio Storico Italiano XCIV (1936), pp. 37-66, p. 37.

fine sboccò – nonostante tutte le contingenze storiche e l’esistenza della possibilità del verificarsi di soluzioni politiche alternative fino all’ultimo momento – nell’unità italiana del 1859/61 e nella unione della Toscana al nuovo Regno sotto lo scettro di Vittorio Emanuele14. In ogni caso

bisogna prendere seriamente in considerazione il carattere “europeo” ovvero “trasnazionale” della politica nell’Italia risorgimentale15. La posi-

zione egemonica della monarchia asburgica in Italia era però molto particolare e complessa dal punto di vista politico e geografico, e forse non è completamente corretto parlare di contesto “internazionale” quando si impegnano ad analizzare da un canto il ruolo svolto dall’Au- stria nella rivoluzione toscana del 1859 e da un altro canto l’impatto che ebbe la politica toscana nel centro di decisione a Vienna. Per questo motivo vengono delineate in seguito le conture della struttura politica del sistema egemonico dell’Austria in Italia e il ruolo svolta dalla Toscana in questo contesto, prima di analizzare la concreta intricata politica toscana dell’Austria nel 1859.

Una tale impresa deve certamente partire dal fatto, che la Toscana durante tutto il primo Ottocento e specialmente dopo il 1849 aveva una posizione politica completamente subalterna nei riguardi dell’Impero asburgico16. Dal punto di vista politico dell’Impero a Vienna la Toscana,

come regione periferica del sistema egemonico della monarchia asbur- gica in Italia, doveva adempire prima di tutto al compito di sostenere il predominio imperiale in Italia17. In questo senso veniva ovviamente

strumentalizzato il vincolo dinastico tra Vienna e Firenze18. I granduchi

14Cfr. R. Paolo Coppini,Il Granducato di Toscana dagli “anni francesi” all’Unità, Utet, Torino, 1993, pp. 416 sgg.; A. Salvestrini,I moderati toscani e la classe dirigente italiana (1859-1876), Olschki, Firenze 1965 e T. Kroll, La rivolta del patriziato. Liberalismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento, Olschki, Firenze 2005, pp. 393-422.

15Rilevante in questo contesto da un punto di vista metodologico: C.A. Bayly-Eugenio F. Biagini (a cura di),Giuseppe Mazzini and the globalisation of democratic nationalism 1830- 1920, Oxford University Press, Oxford 2008. Ma si veda ancora F. Valsecchi, La storio- grafia austro-germanica sul 1859 e l’interpretazione del Risorgimento come avvenimento europeo, in: Rassegna storica del Risorgimento (1936), pp. 1164-1169.

16Cfr. W. A. Jenks,Francis Joseph and the Italians 1849-1859, University of Virginia Press, Charlottesville, 1978, pp. 1-11; G. Paolini, Nel sistema di Metternich: Il Granduicato di Toscana e congressi di Lubiana e Verona (1821-1822), in: Rassegna storica del Risorgimento (2000), pp. 583-508.

17Si veda in questo contesto le considerazioni di Luca Mannori, Alla periferia del- l’Impero. Egemonia austriaca e immagini dello spazio nazionale nell’Italia del primo Risorgimento (1815-1835), in: Marco Bellabarba et al (a cura di),Gli imperi dopo l’impero nell’Europa del XIX secolo, Il Mulino, Bologna, 2008, pp. 309-346.

– da secondogeniti della casa d’Asburgo-Lorena – facevano parte di una comunità morale della loro dinastia che era caratterizzata da regole di comportamento sociale assolutamente obbligatorie non soltanto nella sfera privata ma anche nell’arena politica: nella loro funzione di arci- duchi asburgici i principi toscani (come i duchi di Modena e Parma) non si potevano – e certamente non intendevano a – sottrarrsi a quel sistema clientelare e di parentala alla cui cima si trovò l’imperatore a Vienna. Non c’era ombra di dubbio per nessun membro della casa asburgica che Francesco Giuseppe era il capo di famiglia con il diritto di prescrivere le scelte politiche fondamentali della dinastia19. Inoltre

l’imperatore può essere considerato altresì il “patrono politico” degli principi degli stati italiani conservatori che facevano parte della sfera d’influenza dell’Austria, anche se non erano membri della casa asbur- gica oppure erano solamente collegati ad essa attraverso legami matri- moniali (come vale ad esempio per il Re delle due Sicilie negli anni Cinquanta)20.

L’imperatore si aspettava ubbidienza e lealtà, mentre lui stesso garan- tiva a suoi parenti e alle sue “creature” la sicurezza delle sue posizioni di potere nei loro stati. Vale specialmente per le fasi di crisi politica – ad esempio la rivoluzione del 1830-31 – quando il sostegno della forza poli- tica e spesso militare di Vienna era indispensabile per stabilire la bilancia del potere in favore delle case regnanti21. Che questa relazione di tipo

clienterale politico rimaneva sempre precaria e che funzionava spesso solo con perturbazioni, l’imperatore doveva accorgersi nella rivoluzione del 1848-49 quando Leopoldo II – dal punto di vista di Vienna – aveva fatto patto con “il campo nemico” durante la prima guerra d’indipen- denza, cioè con il movimento nazionale e il Regno di Sardegna22. Questo

atteggiamento del principe toscano costituiva certamente il motivo deci- sivo per il quale l’imperatore ed il suo ministro degli esteri come i rap- presentanti diplomatici a Firenze mettevano sempre di nuovo in rilievo che Leopoldo non era soltanto il sovrano dello stato toscano, ma in primo luogo un arciduca asburgico che doveva quasi di natura adempire

19Si veda ad esempio:Franz Joseph I. in seinen Briefen, a cura di Otto Ernst, Vienna, 1924, pp. 98-99.

20Cfr. Jenks, Francis Joseph, pp. 144 sgg.; F. Engel-Janosi,Österreich und der Untergang des Königreichs Neapel, in: Historische Zeitschrift 194 (1962), pp. 62-84.

21Laven, Austria’s Italian Policy, pp. 8 sgg.

22Cfr. G. Cipriani,Gli antistatutaristi nella Toscana del 1848, in: Sandro Rogari (a cura di), Dal 1848 al 1948: Dagli statuti alla costituzione repubblicana, Edizioni Polistampa, Firenze, 2010, pp. 111-126, pp. 112 sgg.

alla specifica responsabilità di tipo dinastico e cioè rispettare il dovere di lealtà verso il sovrano viennese23.

Per garantire un tale indirizzo della politica toscana l’imperatore si serviva di una rete di persone che dovevano erscitare influsso su Leo- poldo, per esempio del rapprasentante austriaco a Firenze, ma anche dei ministri filoaustriaci del granduca, in primo luogo di Giovanni Baldas- seroni che era molto stimato a Vienna24. Servirsi dell’entourage legitti-

mista di Leopoldo sembrava necessario, perché il sovrano toscana non era disposto a adempire sempre ai rituali di devozione verso l’imperatore nemmeno negli anni dell’occupazione austriaca in toscana richiesta da Leopoldo stesso nel 184925. Infatti Vienna tentava di controllare il mondo

dei simboli politici in Toscana in modo quasi micropolitico, ad esempio la scelta dell’uniforma (austriaca o no) del granduca oppure la misura della pompa per la festa dell’anniversario dell’imperatore a Palazzo Pitti26. Nonostante il granduca non poteva ignorare l’obbligo di presen-

tarsi come membro della casa asbugica, non voleva compromettersi in Toscana mostrandosi pubblicamente troppo “austriaco” e provocare in questa maniera la popolazione del granducato che era – anche secondo l’opinione del rappresentante austriaco a Firenze – nella sua maggio- ranza ormai di sentimento antiaustriaco27. Ma Leopoldo inoltre non

doveva accentuare troppo la sua volontà autonomista perché in questo modo rischiava di perdere la benevolenza del capo della sua casa28. Alla

fin fine il vincolo dinastico e di parentale era molto forte e reggeva alle tensioni politiche. Anche se Francesco Giuseppe non perdonò mai Leo- poldo II personalmente l’agire politico di lui durante la rivoluzione del 1859 e lo costrinse ad abdicare dopo la pace preliminare di Villafranca del 11 luglio 1859, l’imperatore si dimostrò leale verso la dinastia lore- nese in Toscana sottolineando durante i primi anni Sessanta che pure era

23Von Hügel a Buol-Schauenstein,Florenz, den 7. April 1859, in: Angelo Filipuzzi (a cura di),Le relazioni diplomatiche fra l’Austria e il Granducato di Toscana, Istituto storico per l’età moderna e contemporanea, vol. V, Roma, 1969, p. 488.

24R. Mori, Introduzione, in: Giovanni Baldasseroni, Memorie 1833-1859, Le Monnier, Firenze 1859, pp. V-XXV.

25S. Camerani, Leopoldo II e l’intervento austriaco in Toscana, in: Archivio Storico Ita- liano 112 (1949), pp. 54-88.

26F. Jenks, Francis Joseph, University Press of Virginia, Charlottesville, 1978. pp. 85-87 e pp. 95 sgg.

27Cfr. per esempio il rapporto Von Hügel a Schwarzenberg,Florenz, den 3. Februar 1852, in: Angelo Filipuzzi,Le relazioni diplomatiche fra l’Austria e il Granducato di Toscana, vol. III, Istituto storico per l’età moderna e contemporanea, Roma, 1968, 294.

in grado di cedere una provincia, però mai un principato sovrano della casa d’Asburgo29.

Una relazione politico-dinastica di questo tipo non legava soltanto l’imperatore e granduca, ma anche Francesco Giuseppe e altri monarchi della penisola che costituivano nel loro insieme (tranne il re piemontese, ma incluso il papa) un sistema solidale filoaustriaco e conservatore. Anche se erano falliti il tentativo di costituire una Lega italiana conser- vatore all’inizio degli anni Cinqanta e il progetto di un’Unione doganale degli stati italiani dopo il 1857, perché i principi diffidarono del carattere istituzionale e perciò troppo obbligatorio delle federazioni progettate e Cavour negò del tutto l’utilità economica dell’impresa, i principi con- servatori attribuirono grande valore alla solidarietà monarchica in Ita- lia30. Nel senso di una affirmazione della coesione di quel gruppo dei

monarchi conservatori e filoaustriaci si dovrebbe interpretare il viaggio di Leopoldo II a Napoli nel gennaio 1859 (sentimenti personali e reli- giosi a parte), criticato da tutte le parti31. Si può dubitare se quel viaggio

era davvero opportuno o politicamente razionale alla vigilia di una guerra, ma forse appunto in una situazione di crisi internazionale in vista bisognava dimostrare simbolicamente la forza del sistema solidale delle monarchie filoaustriache. Il sistema egemonico austriaco poggiava comunque su un reticolo complesso di relazioni clientelari e di paren- tela, forti e precarie nello stesso momento. La precarietà di questo sistema spiega – almeno in parte – anche gli atteggimenti politicamente ambigui sia dell’imperatore sia del granduca nella primavera del 1859.

Un’altro pilastro dell’egemonia austriaca era il sistema militare. Il Granducato poteva essere raggiunto facilmente dalle truppe austria- che, concentrate nel Lombardo-Veneto, attraverso il corridoio del ducato di Modena o di quello di Parma32. Il granduca lorenese poteva contare

sulla protezione militare dell’Austria, anche se un’intervento poteva recare un danno grave all’autonomia toscana e al prestigio della dinastia. Non è sorprendente che la presenza militare dell’Austria in Italia veniva interpretata in modo molto diverso dai contemporanei: mentre negli

29F. Ray Bridge, Österreich(-Ungarn) unter den Großmächten, in: Die Habsburgermo- narchie 1848-1918, vol. VI,1, Vienna 1989, pp. 196-373, p. 223; Blaas, p. 159.

30F. Jenks, Francis Joseph, p. 95. Si veda inoltre R. Moscati, Austria, Napoli e gli Stati con- servatori italiani, 1849-1852, Società di storia patria, Napoli 1942; H. Benedikt, Kaiserad- ler über dem Apennin. Die Österreicher in Italien 1700 bis 1866, Vienna, 1964, p. 197.

31Il governo in famiglia. Le memorie del granduca Leopoldo II di Lorena (1824-1859), a cura di Franz Pesendorfer, Sansoni, Firenze, 1987, pp. 513 sgg.

occhi del granduca la presenza militare era una specie di garanzia quasi materiale della sua posizione e della sua politica neoassolutista negli anni cinquanta, per i moderati e i democratici toscani – come dimostra per esempio il famoso opuscolo «Austria e Toscana» – rappresentava una specie di blocco tirranico dell’unificazione italiana, specialmente dopo le campagne militari del 1848/49 e negli anni dopo l’occupazione austriaca della Toscana33. Per l’Austria infine le forze armate dislocate in

Italia avevano la funzione di garantire l’ordine costituito nel 1815 e comunque di ribattere ogni pericolo di una campagna militare degli francesi nella valle padana. Ma forse prima di tutto le truppe comman- date da Radetzky costituivano uno strumento efficace per combattere il partito rivoluzionario in tutta l’Italia, ossia nelle parole di un diplomatico austriaco “una garanzia per la repressione forte e immediata”34. Anche se

l’influenza politica dell’Austria in Toscana era mediata e la diplomazia austriaca presentava la Toscana come “stato indipendente e sovrano”, Vienna trattava il Granducato in realtà sempre come un paese satellite o almeno semidipendente il cui principe doveva seguire gli ordini del capo della casa asburgica35.

Questo sistema funzionava abbastanza bene nell’era neoassolutista di von Schwarzenberg, anche se la rivoluzione del 1849/49 aveva cambiato fondamentalmente la vita politica in Italia. Alla fine degli anni Cinquanta però l’egemonia austriaca si dimostrava molto meno stabile in quanto ave- vano creduto l’imperatore e il suo entourage. In fondo Francesco Giu- seppe sottovalutava notevolmente la vera portata delle aspirazioni e del bisogno strutturale di autonomia del governo granducale, che doveva fare i conti con il movimento nazionale e la sua dinamica. Si tratta di un calcolo politico fatalmente sbagliato dall’imperatore come risultò alla fine degli anni Cinquanta36. I meccanismi con i quali l’Austria aveva eser-

citato l’influenza nell’arena politica toscana non adempirono più bene le loro funzioni. Nella primavera del 1859 – con la guerra in vista – la situa- zione diventò ancora più complicata, perché le regole del gioco e gli

33Cfr. L. Lotti,Il ’48-’49 e il decennio di preparazione, in: Clementina Rotondi (a cura di),I Lorena in Toscana, Olschki, Firenze 1989, pp. 201-212, p. 208. A proposito si veda anche A. Zobi,Memorie economico-politiche o sia de’ danni arrecati dall’Austria alla Toscana dal 1737 al 1859, Grazzini- Giannini, Firenze, 1860.

34Von Hügel an Buol Schauenstein, Florence, le 25 Janvier 1859, in: Le relazioni diplomatiche fra l’Austria e il Granducato di Toscana, vol. V, p. 473.

35Buol-Schauenstein a von Hügel,Vienne, le 28 Mars 1859, in: Le relazioni diploma- tiche fra l’Austria e il Granducato di Toscana, vol. V, p. 473.

spazi di manovra delle forze politiche cambiarono velocemente. I moderati si affermarono di nuovo come attori politici influenti (anche se ancora molto cauti). Nella percezione poco differenziata di Vienna loro costituirono insieme ai democratici il partito revoluzionario tout court che veniva guidato dal ministro plenipotenziario piemontese a Firenze37.

Nientedimeno il granduca e il suo governo rimanevano un fattore politico di grande rilievo: dal gennaio 1859 in poi Baldasseroni e il ministro degli esteri Ottavio Lenzoni dovevano agire in una situazione molto complessa, parlavano con tutti, venivano incontro a tutti, trattavano molto, ma con- cedevano poco o niente. I diplomatici del Piemonte e della Francia cer- cavano di metterli sotto pressione38. Lo stesso tentava l’Austria indicando

vigorosamente alla validità del trattato del giugno 1815. Un’attore molto importante in questo contesto era il ministro austriaco a Firenze, il barone Carl Alexander von Hügel, che mandò i suoi dispacci a Vienna e riceveva continuamente ordini dal ministro degli esteri Graf Karl Buol-Schauen- stein a Vienna. Von Hügel spesso parlava di persona con il granduca assumendo la funzione dell’intermediario della volontà dell’imperatore e rappresentandolo come patrono di famiglia39. Per evitare la ripetizione

dello “scandolo del 1848”, rivendicava inoltre una politica estera filoau- striaca che adempiva alle regole del sistema clientelare politico in vigore40.

Ma nella primavera del 59 ne riuscì sempre di meno, perché bastava che si spargesse una voce e il granduca e Lenzoni cambiassero la direzione politica. Aspettative e promesse si deformavano in un continuo processo

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