New media challenge to 2.0 education by Federica Lautizi
2. Politiche programmatiche – in Italia e in Unione Europea
Medium e Medialità – 1 (2020)
comuni e pregiudizi, “che derivano soprattutto da una concezione apocalittica della massmedialità ancora imperante negli ambienti scolastici che ha posto gli insegnanti sulla difensiva nei confronti delle nuove tecnologie informatiche” (Tanoni, 2010, pp. 201-202).
2. Politiche programmatiche – in Italia e in Unione Europea
Negli ultimi tempi, tuttavia, si sono registrati importanti progressi relativi all’introduzione dell’innovazione a scuola. Basti ricordare l’avvio del Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (PSTD) negli anni 1997-2000, che ha portato l’informatica a scuola, favorendo la realizzazione di un programma di diffusione della multimedialità, in grado di incidere sulla struttura profonda dei processi di insegnamento e di apprendimento. Nel 2008 con l’“Azione LIM” è iniziata la capillare introduzione delle Lavagne Interattive Multimediali nella didattica in classe. Nel 2016 ha preso avvio il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), volto a favorire l’innovazione digitale, a partire dalle risorse dei Fondi Strutturali Europei (PON Istruzione 2014-2020) e dai fondi della legge 107/2015 (La Buona Scuola). Il Piano parte da un’idea rinnovata di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e non unicamente luogo fisico, e come piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita.
Per questo servirà – e qui vi è l’investimento culturale e umano più grande – che tutto il personale scolastico, non solo i docenti, si metta in gioco, e sia sostenuto, per abbracciare le necessarie sfide dell’innovazione: sfide metodologico-didattiche, per i docenti, e sfide organizzative, per i dirigenti scolastici e il personale amministrativo.
La mission della scuola nei confronti dell’innovazione tecnologica deve collegarsi alla nozione di competenza digitale (Computer Literacy) formulata dal Parlamento e dal Consiglio dell’Unione Europea (Tanoni, 2010, p. 213). L’impianto in base al quale si dovrebbe operare nel settore delle TIC fa riferimento a tre indicatori: tecnologico, cognitivo ed etico. La Computer Literacy, in sintesi, richiede una molteplicità di performance in cui sono comprese “non solo il possesso di abilità procedurali, ma anche componenti più complesse, come la capacità di comunicazione, di problem solving, di analisi dei dati e uso dei sistemi simbolici e anche la capacità di argomentazione, il miglioramento delle proprie abilità di apprendimento ed altre simili competenze che attualmente si reputano basilari per l’inserimento nel mondo del lavoro” (Calvani, 2007, p. 43). Giova ricordare che la competenza digitale, in quanto soggetta a continui cambiamenti, è un concetto in evoluzione, che va adattato di volta in volta al mutare dei contesti informativi e alle varie strumentazioni.
Da piattaforma di solo accesso del Web 1.0, si è passati col tempo, infatti, ad un ambiente più partecipativo ed interattivo, con interfaccia funzionale alla cooperazione e collaborazione tra
Medium e Medialità – 1 (2020)
utenti del Web 2.0. Sul piano concreto si è maggiormente sviluppato l’aspetto della relazionalità e dell’interoperabilità sociale.
Questa rivoluzione del Web ha prodotto influenze notevoli sulle modalità di apprendimento dei discenti. La conoscenza è un processo che partendo dall’informazione vi aggiunge un plusvalore prodotto dalle pratiche cognitive del soggetto che apprende, oggi immerso in un diluvio informativo che rende tutto più critico e complesso.
Dagli anni Novanta alla dimensione individuale del sapere si è aggiunta, con il costruzionismo, quella sociale e collettiva. Lévy (1997) l’ha definita conoscenza “distribuita” e “diffusa”, de Kerckhove (1993) “intelligenza connettiva”. Diventa quindi fondamentale selezionare l’informazione e collocarla in un orizzonte di senso.
L’utilizzo consapevole delle informazioni comporta lo sviluppo di particolari competenze e abilità. È indispensabile incoraggiare un pensiero critico, capace di destrutturare e ristrutturare le informazioni, un “pensiero abdutivo, a metà strada tra l’induttivo e il deduttivo, adatto a gestire la contingenza, l’incertezza e l’imprevedibilità delle situazioni comunicative per poterne governare i processi e gli esiti” (Tanoni, 2010, pp. 221-222).
Il cyberspazio e la nascita della web commnunity hanno segnato questa svolta epocale. L’interattività uomo-macchina, su cui si basava il modello trasmissivo della conoscenza e dell’informazione fino a metà degli anni Novanta ha ceduto il posto all’interazione tra differenti individui (Tanoni, 2010, p. 222). Pensare di continuare a utilizzare a scuola una didattica passiva e trasmissiva vuol dire disconoscere l’esperienza che gli alunni vivono nell’extrascuola e ignorare i loro modi di apprendere e di avere accesso alle informazioni. La scuola deve necessariamente collegarsi alla cultura odierna ed essere rispettosa degli stili cognitivi degli alunni. Pertanto è indispensabile trovare il giusto equilibrio tra il modello formativo tradizionale legato alla lezione frontale e quello digitale, da realizzare attraverso l’ausilio delle nuove tecnologie.
Nell’ottica del life long learning, vanno valorizzate strategie didattiche legate ai contesti di apprendimento informali, come il problem solving2 o il cooperative learning3. Ciò comporta anche un ripensamento degli ambienti di apprendimento: l’aula va adattata all’apprendimento cooperativo e bisognerebbe passare dalla tradizionale disposizione a file, ad una che favorisca il lavoro di gruppo e la dimensione sociale dell’apprendimento.
2 Il problem solving è una competenza complessa che si sviluppa con una metodologia collaborativa opportunamente organizzata, che contiene alcuni passaggi chiave identificabili nel porre gli alunni in una situazione problematica, rendere loro accessibili le informazioni necessarie, accompagnare verso l’identificazione di ipotesi e la loro trasformazione in azioni, infine verificare l’efficacia della soluzione ed eventualmente, attraverso la diagnosi dell’errore, ripartire ciclicamente dal punto (Redazione, 2017). 3 Il Cooperative Learning costituisce una specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso. Gli studenti lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare reciprocamente il proprio apprendimento (Povia, 2020).
Medium e Medialità – 1 (2020)
L’esigenza di introdurre le nuove tecnologie nei contesti formativi è stata più volte sottolineata dall’Unione Europea. La Commissione Europea dal 2007 ha emanato una serie di comunicazioni, raccomandazioni e direttive, aventi lo scopo di promuovere lo sviluppo della competenza mediatica.
L’Europa riconosce l’importanza alla media education, (educazione ai media), intesa come processo attraverso il quale si accede alla media literacy (alfabetizzazione mediatica) e che rende la persona media literate (alfabetizzata dal punto di vista mediatico). Intendendo con media literacy la “capacità di accedere ai media, di comprendere e valutare criticamente diversi aspetti dei media e dei loro contenuti e di creare comunicazioni in una varietà di contesti” (Commissione delle Comunità Europee, 2007), l’alfabetizzazione mediatica rappresenta una componente irrinunciabile dei programmi politici nazionali europei nei settori dei media e delle comunicazioni. Tali azioni dovrebbero riguardare, secondo la Comunicazione del 2007, tutti i media, e dovrebbero essere portate avanti su vari livelli, per permettere infine al media literate di:
- sentirsi in grado di utilizzare senza problemi tutti i media esistenti, dai giornali alle comunità virtuali;
- utilizzare attivamente i media, facendo ricorso, fra l’altro, alla televisione interattiva, ai motori di ricerca Internet o alla partecipazione alle comunità virtuali, e la capacità di sfruttare meglio il potenziale dei media per quanto riguarda gli spettacoli, l’accesso alla cultura, il dialogo interculturale, l’apprendimento e le applicazioni quotidiane (come le biblioteche, i podcast); - accostarsi criticamente ai media in termini sia di qualità che di veridicità dei contenuti (valutazione critica delle informazioni, confronto costruttivo con la pubblicità nei vari media, utilizzo ragionato dei motori di ricerca);
- utilizzare creativamente i media;
- comprendere l’economia dei media e la differenza tra pluralismo e proprietà dei media;
- essere consapevoli dei problemi di copyright, essenziali per una “cultura della legalità”, specie per le generazioni più giovani nella loro duplice veste di consumatori e produttori di contenuti. Con la Raccomandazione del 20 agosto 2009, la Commissione Europea ha ribadito l’importanza dell’inclusione della media literacy all’interno dei piani di studio obbligatori, raccomandando agli Stati Membri di:
- sviluppare e attuare iniziative di co-regolamentazione e promuovere iniziative di autoregolamentazione;
Medium e Medialità – 1 (2020)
- avviare un dibattito sull’inclusione dell’alfabetizzazione mediatica nel curriculum scolastico della scuola dell’obbligo e nell'offerta di competenze chiave per l’apprendimento permanente;
- intensificare gli sforzi volti a migliorare la consapevolezza e la conoscenza del patrimonio audiovisivo nazionale ed europeo tramite campagne di sensibilizzazione nazionali rivolte ai cittadini, anche attraverso l’organizzazione de corsi di formazione e giornate di informazione rivolte soprattutto a giovani, genitori e insegnanti.