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Da Pomigliano al contratto collettivo di gruppo, passando da Melfi e Mirafiori da Melfi e Mirafiori

Confermato l’impegno dell’azienda all’investimento su Pomigliano, l’attenzione mediatica sullo stabilimento Giambattista Vico comincia a sce-mare. La strategia comunicativa della Fiom tende sempre più a inquadrare la vicenda di Pomigliano come l’inizio di un processo che mette a rischio i di-ritti dei cittadini e l’intera stabilità democratica del Paese.

Il 14 luglio 2010 la Fiat effettua tre licenziamenti a Melfi, due dei quali ri-guardano delegati Fiom. Il giorno stesso la Fiom inoltra una Lettera aperta a

Sergio Marchionne (63). La lettera è impostata come una risposta diretta a quella

inviata dall’amministratore italo-canadese ai dipendenti pochi giorni prima e presenta un tono parimenti inusuale.

Anche noi, come ha tenuto a precisare Lei in un passaggio sulla sua vita personale, siamo donne e uomini che hanno vissuto direttamente o indi-rettamente l’immigrazione e vivono oggi esperienze che permettono di conoscere bene la realtà del lavoro, il mondo, il tempo in cui viviamo e operiamo. Ovviamente le angolazioni con cui si vedono e si interpretano gli eventi non possono che essere diversi per ovvie ragioni di vissuto per-sonale, tipologia di lavoro e percorso di vita, ma in premessa non posso-no che essere entrambe valide.

Anche la critica del metodo è esterna al frame dei diritti, sempre utilizzato dalla Fiom fino a quel momento:

Purtroppo constatiamo che il “conto” di queste mancate politiche viene sempre pagato dai lavoratori. Ed per questo, che pur apprezzando gli in-vestimenti previsti dal piano industriale, non comprendiamo come e per-ché solo i lavoratori debbano pagarne la realizzazione, con governo e po-litica che al massimo fanno i tifosi per i propri fini.

E ancora:

(63) In www.fiomtorino.it.

Non si tratta di contrapporre lavoratori e imprenditori, ma di prendere atto delle differenti condizioni e delle diverse responsabilità collaborando per il futuro con condivisione e non per coercizione.

La lettera si conclude quindi con un invito al reciproco riconoscimento: Non sarà certo con i licenziamenti di lavoratori e delegati della Fiom-Cgil o di altri sindacati che questo avverrà. Per questo la invitiamo a venire in mezzo a noi per confrontarci e approfondire i temi trattati, senza filtri e finzioni comunicative.

Lo stile e la struttura argomentativa della lettera divergono molto dal mes-saggio che invece Landini consegna a Fiat e a Confindustria con una intervi-sta rilasciata il giorno stesso a Rosaria Amato de la Repubblica (64). L’obiettivo del segretario rimane quello di portare la questione oltre i confini aziendali. Si legge infatti che i licenziamenti dimostrerebbero il passaggio della Fiat «dal ricatto alla rappresaglia e alle intimidazioni ai lavoratori». Esiste quindi il rischio di «una strada pericolosa per il paese», in quanto «molte imprese stanno cercando di disdettare gli accordi e di licenziare chi non è d’accordo». D’altro canto Landini sostiene però anche la peculiarità del caso Fiat. Qui, secondo il segretario, il management sta perpetrando «una gestione autorita-ria che non va da nessuna parte […]. Non è un caso che cose di questa na-tura non stanno succedendo altrove, la Fiom contratta giornalmente in mi-gliaia di imprese». Landini invita quindi Confindustria a far rispettare ai suoi associati i contratti e le leggi, in particolare, nel caso in questione, ritirando i licenziamenti.

Al progetto Fiat manca però ancora un terzo tassello del quale i sindacati firmatari vengono a conoscenza il giorno seguente, il 15 luglio, quando l’azienda conferma separatamente ai sindacati che la newco di Pomigliano o-pererà fuori dal sistema confindustriale e quindi non applicherà il contratto nazionale dei metalmeccanici. Verrà anzi disdettato anche il contratto azien-dale firmato nel 1971. Bisognerà quindi definire un nuovo contratto collet-tivo specifico di gruppo, sotto il quale saranno rappresentati in azienda solo i sindacati firmatari, secondo quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori. Le disdette verranno inviate a fine luglio.

Questa volta la notizia arriva ai media solo il 24 luglio, con un articolo sem-pre a firma di Roberto Mania (65). L’azienda convoca i sindacati a Torino per

(64) R.AMATO, Landini (Fiom): “Siamo alla rappresaglia. La Fiat rispetti la legge e i contratti”, in la Repubblica, 14 luglio 2010.

(65) R.MANIA, Verso una newco per Pomigliano e un nuovo contratto nazionale auto, in la Repubblica, 24 luglio 2010.

il 28 luglio per dare comunicazione ufficiale della disdetta degli accordi vi-genti e del contratto nazionale.

La reazione dei sindacati, pur espressa con toni diversi, è sostanzialmente unitaria. Fiom parla del «più grave attacco ai diritti dei lavoratori dal 1945 a oggi». Per Landini «è in atto il tentativo di cancellare e superare il contratto nazionale, il diritto alla contrattazione collettiva in fabbrica […] una scelta grave e non motivata da problemi di produttività». Anche Fim Cisl e Uilm, pur avendo firmato l’accordo di Pomigliano e avendo accettato la creazione di una newco, si oppongono alla disdetta del contratto nazionale (66).

Il 28 luglio, presso la Regione Piemonte, si svolge quindi l’incontro pro-grammato, alla presenza del Ministro del lavoro Maurizio Sacconi, Mar-chionne e tutte le organizzazioni sindacali. Durante l’incontro, presidiato dalle televisioni e dalla stampa, Marchionne pronuncia un discorso con il quale ribadisce la propria delusione per la rappresentazione mediatica della vicenda, a suo parere fuorviante (67). Il contenuto ripropone gli stessi mes-saggi già da lui inviati in precedenza:

Abbiamo passato gli ultimi tre mesi, da quando la Fiat ha annunciato i contenuti e gli obiettivi di Fabbrica Italia, tra scioperi, cortei, commenti e dichiarazioni da ogni parte.

E temo che potremo andare avanti all’infinito in questo modo.

Non voglio usare il tempo che abbiamo questa mattina per alimentare un dibattito che è già così ricco di esperti ed opinionisti.

Le parole, per quanto interessanti, non servono a lavorare e a produrre. Per questo vorrei essere estremamente chiaro e diretto con voi oggi. C’è solo una cosa su cui è necessario pronunciarsi.

Ed è decidere se vogliamo aggiornare il nostro modo di produrre oppure rimanere tagliati fuori dalle regole della competizione internazionale. […].

Non servono fiumi di parole per questo.

Ci sono solo due parole che, al punto in cui siamo, richiedono di essere pronunciate.

Una è “sì”, l’altra è “no”.

Marchionne poi denuncia la politicizzazione della questione Fiat e tenta di smarcarsene:

Siamo l’unica impresa che ha deciso di investire in questo paese in modo strutturale.

(66) Fiat, nuova società per Pomigliano, in Corriere della Sera, 27 luglio 2010.

(67) L’intervento integrale di Marchionne con Governo e sindacati sul futuro di Fiat, in Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2010.

La sola cosa che abbiamo chiesto è di avere più affidabilità e più normali-tà in fabbrica.

Da qualcuno ci siamo sentiti rispondere che stiamo ricattando i lavorato-ri, violando la legge o addirittura la Costituzione.

Non voglio più commentare assurdità del genere.

Se questo è un gioco politico, la Fiat non può e non vuole farne parte. Noi non stiamo agendo come soggetto politico e non abbiamo nessuna intenzione di farci coinvolgere.

Anche le risposte che arrivano dal fronte sindacale costituiscono una replica di quanto affermato fino a quel momento e completano il quadro dello stal-lo del confronto.

Landini punta a sua volta a smarcare chiaramente la sua organizzazione dalla dicotomia proposta da Marchionne (68): «È […] necessario superare la di-stinzione ipotizzata da alcuni secondo cui ci sarebbe chi vuole gli investi-menti e chi no». Dichiara poi il segretario Fiom:

Abbiamo detto che, a partire dal rispetto del Contratto nazionale e delle leggi vigenti, era possibile affrontare il problema della produttività. Ma nessuno ci ha mai risposto. In tante aziende abbiamo fatto accordi in grado di garantire un miglior utilizzo degli impianti. Alla Fiat chiediamo dunque di riaprire il confronto e la trattativa sindacale sul futuro di tutti gli impianti, a partire da quello di Pomigliano.

La Fiom non è disposta a lasciar passare l’idea che, per investire in Italia, si debbano fare delle deroghe rispetto ai diritti sanciti da leggi e contratti. Ancora più grave sarebbe se questa vicenda andasse a intaccare l’intero sistema della contrattazione nazionale di categoria.

Per Bonanni, invece, «la Cisl dice a Marchionne che la risposta è sì, senza se e senza ma». Farina aggiunge che «il progetto della Fiat di investire 20 mi-liardi di euro è un miracolo» e «l’incontro è positivo, perché si viene a sapere che Mirafiori avrà una disponibilità di prodotti che satureranno gli impianti». Il segretario generale della Fim ribadisce però che non è necessaria la disdet-ta del contratto nazionale da parte di Fiat (69).

Il fastidio di Marchionne per l’esposizione mediatica delle vicende che ruo-tano attorno a Fiat si acuisce ulteriormente quando il 9 agosto il Tribunale di Melfi accoglie il ricorso della Fiom contro i licenziamenti dei tre operai,

(68) Si veda il comunicato stampa Fiom-Cgil, 28 luglio 2010, Fiat. Landini (Fiom): “All’Azienda chiediamo di riaprire il confronto e la trattativa sindacale sul futuro di tutti gli impianti”. (69) Si veda il video FIAT: La CISL dice sì agli investimenti senza se e senza ma, in Labor TV, 28 luglio 2010.

ordinandone la reintegrazione (70). Intervenendo al Meeting di Rimini pochi giorni prima, il 26 luglio, Marchionne parla anche di quest’ultima vicenda (71). L’impostazione del discorso che egli rivolge ai giovani presenti al meeting ha uno stile narrativo molto simile a quello della lettera indirizzata agli operai Fiat del 9 luglio. È l’uomo Marchionne che parla, un uomo la cui storia lo costringe e commentare gli eventi di cronaca che riguardano Melfi:

Gli eventi delle ultime 48 ore mi hanno costretto a modificare radical-mente il tenore del mio discorso, portandolo ad un livello molto più lo-cale.

[…].

Quello che posso fare per contribuire all’incontro di oggi è condividere con voi le mie esperienze, quelle che ho maturato, prima da ragazzo e poi da uomo, incluse quelle che ho vissuto come amministratore delega-to della Fiat.

Venendo quindi alla cronaca, dopo 23 pagine di discorso, Marchionne chia-risce la posizione di Fiat:

La Fiat ha rispettato la legge e ha dato pieno seguito al primo provvedi-mento provvisorio della Magistratura.

Pur mantenendo legittime riserve nel merito, abbiamo reinserito i lavora-tori nell’organico dell’azienda, assicurando loro l’accesso allo stabilimen-to e il pieno esercizio dei diritti sindacali.

Ora siamo in attesa del secondo giudizio previsto dal nostro ordinamento. Ci auguriamo che sia meno condizionato dall’enfasi mediatica, che ha in parte travisato la realtà dei fatti, come possono testimoniare altri lavora-tori presenti la notte in cui è stata bloccata la produzione in modo illecito. I concetti contestati della responsabilità e della fiducia tornano quindi pre-potentemente al centro del confronto tra Fiat e Fiom:

Nel frattempo, però, quello che è importante riconoscere è la necessità di garantire le condizioni minime di un rapporto di fiducia, sul quale si basa qualsiasi tipo di relazione.

Ho sentito parlare molto di dignità e di diritti in questa vicenda.

Ma la dignità e i diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone.

Sono valori che vanno difesi e riconosciuti a tutti.

(70) Sentenza reperibile in https://goo.gl/BYOS9m.

(71) Saper scegliere la strada, intervento dell’amministratore delegato della Fiat Sergio Mar-chionne, Meeting per l’amicizia fra i popoli – XXXI Edizione, Rimini, 22-28 agosto 2010, dispo-nibile in Boll. ADAPT, 2010, n. 29.

La responsabilità che abbiamo è anche quella di tutelare la dignità della nostra impresa e il diritto al lavoro di tutte le altre persone.

Di sicuro, accuse che considero pretestuose di una parte del sindacato non aiutano a mantenere un clima sereno, una condizione assolutamente necessaria per sviluppare gli ambiziosi programmi di cui ci stiamo facen-do carico.

Marchionne contesta poi direttamente la rappresentazione dell’azienda for-mulata da Fiom:

“Fabbrica Italia” è un grande progetto, perché nasce da nobili intenzioni. Per questo abbiamo il dovere di proteggerlo.

Non siamo interessati ad andare in televisione a sbandierare le nostre ra-gioni, come altri hanno fatto.

Non intendiamo farci coinvolgere in teatrini o telenovele per giustificare un progetto di valore e di qualità.

Non vogliamo che tutto quello che abbiamo costruito finora sia macchia-to da argomentazioni pretestuose o da giochi politici, che non c’entrano nulla con la volontà di fare qualcosa di buono.

Tutto ciò non aiuterà mai la Fiat a diventare un costruttore forte, in gra-do di competere con i migliori al mongra-do.

Il manager italo-canadese si dedica così a un’apologia della capacità di adat-tamento, citando anche Hegel e Machiavelli.

Da tutte le esperienze che ho fatto nella mia vita, mi sono reso conto che ogni storia di successo si basa sulla capacità di donne e di uomini di as-sumersi la responsabilità e l’impegno di imprimere una svolta culturale a un certo ordine di cose.

Il cambiamento è una delle forze più potenti che abbiamo a disposizione e che possiamo controllare per costruire qualcosa di grande.

L’enfasi mediatica non è destinata però ad attenuarsi e il pretesto per il man-tenimento dei livelli di scontro è offerto dagli stessi sindacati, piuttosto che dalle azioni dell’azienda. Il 9 ottobre, durante una manifestazione nazionale a Piazza del Popolo, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni pronuncia una frase che ottiene ampia risonanza: «Dieci, cento, mille Pomigliano se ci sa-ranno dieci, cento, mille posti di lavoro di cui il paese ha bisogno» (72). Du-rante una successiva manifestazione organizzata dalla Fiom, alla quale parte-cipa anche il segretario generale della Cgil Epifani, gli argomenti della Cisl

vengono contestati richiamando la frase di Bonanni, che dimostrerebbe come il segretario della Cisl sia un “venduto”.

La frase di Bonanni prelude a quanto accadrà nei mesi successivi attorno al-lo stabilimento di Mirafiori, dove si assisterà a una dinamica del confronto quasi identica a quella del negoziato di Pomigliano. Il nuovo accordo per lo stabilimento torinese viene definito tra i mesi di ottobre e di dicembre 2010, contemporaneamente al processo di disdetta del contratto nazionale e men-tre vanno definendosi i dettagli per l’avvio del progetto Fabbrica Italia

Pomi-gliano.

La trattativa effettiva, che include tutti i sindacati, comincia giovedì 2 di-cembre. Il testo proposto da Fiat ipotizza di restare nel sistema del contratto collettivo nazionale, ma inserendovi le clausole del contratto di Pomigliano. La disponibilità di Fiat a firmare tale testo viene però ritirata il 23 dicembre 2010 e la trattativa viene rinviata. Rebaudengo riferisce alle delegazioni sin-dacali che è intenzione dell’azienda costituire una joint venture tra Fiat e Chrysler che non sarà associata a Confindustria. In caso non si raggiunga un accordo su un contratto specifico per lo stabilimento, verrà quindi applicato unitariamente un regolamento aziendale di gestione del personale, consenti-to dalla legge purché i livelli retributivi non siano inferiori a quelli previsti dal contratto nazionale. Come nel caso di Pomigliano, viene quindi convo-cato un referendum per venerdì 14 e sabato 15 gennaio.

Intanto tra martedì 28 e mercoledì 29 dicembre, presso la sede Fiat di Ro-ma, viene definito il nuovo contratto collettivo specifico di primo livello che verrà applicato nella società Fabbrica Italia Pomigliano, la quale, ricordiamo, è già costituita al di fuori del sistema confindustriale. A partire da quel mo-mento vengono quindi avviati anche gli incontri per la stesura del contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) che dovrà essere applicato a tutti gli sta-bilimenti del gruppo Fiat in Italia.

Con questi eventi coincide il secondo picco della copertura mediatica della vicenda.

Figura 17 – Servizi Tg relativi a Fiat, periodo 2010-2012

Fonte: elaborazione su dati Osservatorio di Pavia

Il 14 e il 15 gennaio 2011 5.431 lavoratori votano sull’accordo del 23 di-cembre. Come a Pomigliano, durante le due giornate del referendum i me-dia e i contestatori presime-diano la zona attorno allo stabilimento. La copertura mediatica raggiunge la massima intensità del periodo 2009-2015.

Figura 18 – Servizi Tg relativi a Fiat, periodo 2010-2012

Fonte: elaborazione su dati Osservatorio di Pavia

L’esito è incerto soprattutto perché nei 15 anni precedenti un referendum non ha mai visto la vittoria dei voti favorevoli nello stabilimento di Mirafio-ri. Il “sì” vince però di stretta misura, con il voto determinante degli impie-gati. Tra gli operai i “sì” prevalgono solo di nove unità. Complessivamente sono 2.735 su 5.060, il 54%.

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