base della preesistenza in Dio di tutti i principi delle realtà create –, è interessante notare che per
Egidio essa ha consentito a coloro che l‟hanno sostenuta di „avvicinarsi‟ soltanto alla verità, in
quanto essa non tiene conto del fatto che la conoscenza del particolare dipende in ultima
206 Anche Proclo (distaccandosi da Plotino) non ammette che vi siano idee dei singolari (come anche della
materia prima, delle parti dei corpi, del male e degli accidenti): cf. P. KALLIGAS, Forms of Individuals in Plotinus: A Re-Examination, in «Phronesis» 42 (1997), p. 206-227; cf. PROCLUS DIADOCHUS, In Parmenidem, ed. V. Cousin, Paris 1864 (rist. an. Hildesheim 1961), p. 822-832 (testo greco); In Parmenidem, translata a Guillelmo de Moerbecca, ed. C. Steel, Leuven University Press - Brill, Leuven - Leiden 1982 (Ancient and medieval Philosophy, De Wulf - Mansion Centre - Series 1,3), p. 162-170.
207 Sulla materia come principio di individuazione, cf. II de quolibet, q. 4, p. 53, 57-58 («in separatis non est
nisi unum individuum tantum in una specie, cum plurificatio individuorum in eadem specie sit per materiam»). In particolare, comunque, Giacomo ritiene che la materia sia causa unitatis numeralis in senso sostanziale, laddove la quantitas dimensiva lo è in senso accidentale (cf. I de quolibet, q. 21, p. 227, 136-161); la forma, poi, è causa dell‟unitatà numerica «ratione perfectionis et totalitais […]. Quia perfectio et actus est in composito per formam» (ibid., p. 228,170-175). Tale posizione può essere considerata «a compromise position» (M. PICKAVÉ, The Controversy over the Principle of Individuation in Quodlibeta [1277-ca. 1320] cit., p. 55).
208
Cf. ARISTOTELES, De generatione animalium V, 1, 778 a 30.
209 D. 36, II princ., q. 3, ad 5. Cf. THOMAS DE AQUINO, S. th. I, q. 15 a. 3 ad 4.
210 V. BOLAND, Ideas in God cit., p. 226. Cf. M. D. JORDAN, The Intelligibility of the World and the Divine
156
istanza dall‟essere attuale e non dalla materia
211. Il Romano ritiene, d‟altro canto, che, anche
nel caso in cui si affermino l‟eternità del mondo e il carattere increato della materia, non per
questo bisognerebbe ritenere che Dio non conosca i singolari
212. L‟argomento di Egidio
rimanda alla consequenzialità tra essere, natura e operare: l‟azione di una qualunque realtà
dipende, infatti, dalla sua natura e alla diversità di natura deve corrispondere una diversità di
operazioni
213. Nel caso di Dio, occorre tener conto del fatto che Egli è l‟Ipsum esse e la Sua
natura (che non è distante dall‟essere) è il Suo stesso essere, poiché in Lui vi è ogni nozione
dell‟essere: Dio, infatti, conosce tutte le cose che sono in quanto è causa di tutto ciò che è,
così che la relazione dell‟intelletto divino con l‟esterno è una relazione creatrice e non solo di
tipo conoscitivo. Giacché l‟intelletto divino non ha bisogno di realtà esterne per essere
attualizzato, Dio potrà conoscere le cose anche particolarmente, per il fatto che il loro
progredire nell‟essere non aggiunge nulla alla Sua scienza, in quanto, come insegna Dionigi,
Egli è per tutti causa dell’essere
214.
211 Cf. AEGIDIUS ROMANUS, In I Sententiarum d. 36, I princ., q. 1, co, f. 185vb N («Sic dicentes autem licet
inter ceteros magis ad ueritatem appropinquantes, non tamen in assignando causam dicti rationem per se assignant. Nam, ut habitum est, particularia non cognoscuntur particulariter nisi ut determinantur per actuale esse; quantumcumque igitur Deus producat materiam et formam uel Deus non cognoscet res particulariter, uel oportet eas determinari per actuale esse, ut particulariter cognoscantur et ita ex progressu rerum in esse aliquid accrescet diuine scientie. Et quod dicunt philosophos negasse cognitionem particularium a Deo, quia negauerunt Deum producere materiam et formam, plane apparet esse falsum, quia non dixerunt philosophi materiam ingenitam, quia non haberet principium productiuum, sed quia caruit durationis initio»). È il caso di ricordare che proprio Egidio avrebbe sviluppato una dottrina dell‟esse existentiae come una res che si unisce accidentalmente all‟essenza composta di materia e forma, dotandola di attualità di esistenza.
212 Cf. ibid., NO. A questa prima obiezione, Egidio aggiunge che è frivolum l‟argomento secondo cui Dio,
producendo tutte le realtà particolari mediante le cause seconde, ignora i singolari.
213 Cf. ibid., d. 38, II princ., q. 1, co., f. 202vb PQ. 214
Sganciando la conoscenza divina dall‟essere attuale delle cose, Egidio spinge lo statuto delle idee ben oltre la loro esemplarità: ciò che può essere immaginato ha un‟idea ed è pertanto in qualche modo. Sf., ad esempio, ibid., d. 36, II princ., q. 4, ad 1, f. 189rb G: «(…) licet hircoceruus et chimera non sint entia in rerum natura, non tamen de ratione eorum est priuatio entis, et ideo imaginabilia sunt et ideam habent. Vel dicendum aliter et melius quod licet non sint entia quantum ad sui totalitatem, sunt tamen entia quantum ad suas partes». Ciò vale anche per il male: in tal modo l‟idea si distacca dalla sola „preesistenza causale‟, diventando il semplice immaginabile. Giacomo, come Tommaso, non si spinge fino a questo punto, essendo le idee, propriamente parlando, gli esemplari di ciò che è producibile, anche se non lo è di fatto. Per Tommaso, ad esempio, il riferimento al termine hircocervus comporta la possibilità di conoscere il significato del nome che è composto di due nomi: ma dell‟ircocervo non è possibile conoscere l‟essenza, proprio poiché «nihil est tale in rerum natura» (THOMAS DE AQUINO, Expositio Posteriorum Analyticorum, lib. 2 l. 6 n. 2, in ID., In libros Posteriorum Analyticorum expositio, in ID., Opera omnia, iussu impensaque Leonis XIII P. M. edita, cura et studio fratrum praedicatorum, I, Ex Typographia Polyglotta S. C. de Propaganda Fide, Romae 1882, p. 347a). Analoga la posizione di Enrico di Gand, che considera l‟hircocervus o il tragelaphus come concetti puramente nominali, res a reor reris, indifferenti all‟essere (tanto essentiae, quanto existentiae) e al non-essere (cf. HENRICUS DE GANDAVO, Summa [Quaestiones ordinariae], a. 24, q. 3, co., Iodocus Badius, Parisiis 1520, f. 138v O: «„Quid est‟ enim precognitio est nuda et simpliciter cognitio et intellectus confusus eius quod significatur per nomen, nihil in significato nominis determinando, neque quod sit eius quod est ens in rerum natura neque quod sit non ens, sed solum quod de se sit conceptus aliquis: et res non a ratitudine, sed a reor reris dicta, que ex sua intentione non determinat aliquod esse essentie uel existentie, neque non esse, sed se habet per indifferentiam ad id quod purum nihil est, ut Hircoceruus uel Tragelaphus, et quod est essentia et natura aliqua»).
157