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Le possibilità per i cittadini di origine straniera, tra espulsione e irregolarità

III CAPITOLO – Fuori dal carcere: esercizi pratici di libertà condizionata

MESSA ALLA PROVA

3.4 Le possibilità per i cittadini di origine straniera, tra espulsione e irregolarità

Le misure alternative al carcere quali la semilibertà, l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e il lavoro all’esterno presuppongono relazioni sociali, un’occupazione (e quindi un regolare permesso di soggiorno), un domicilio, con qualche eccezione nella normativa che aiutava fiscalmente le imprese che assumono detenuti in corso di esecuzione della pena – anche stranieri – per i quali, per il tempo del contratto, si deroga alla regolarità della permanenza sul territorio. In ogni caso, anche percorsi rieducativi ad esito positivo non salvano dall’esito scontato dell’espulsione.

Questa realtà impone la necessità di ripensare il senso e le forme di attuazione del principio costituzionale che vuole una pena rieducativa, capace di reinserire nel circuito sociale. Ci si deve porre la domanda se sia possibile ipotizzare la rieducazione di chi verrà espulso e quali forme differenziate di trattamento si possono utilizzare; nelle parole della direttrice del carcere di Bologna è riflesso il problema degli stranieri e del loro reinserimento:

“C'è da dire anche questo, che tutti coloro i quali avevano la possibilità, non solo di ottenere la liberazione anticipata speciali cioè di essere proprio scarcerati, ma anche coloro che avevano le caratteristiche, le condizioni per poter ottenere le misure alternative stanno uscendo, quindi qui oramai rimangono quelli che invece in qualche modo non hanno più

delle condizioni favorevoli all'esterno, quindi molti stranieri. Da un lato quindi è più

facile lavorare per certi aspetti, dall'altro invece ci troviamo delle persone per le quali l'unica prospettiva è quella del carcere, cioè di farsi tutta quanta la pena senza usufruire di percorsi alternativi.” (grassetto mio)

Gli stranieri sono quindi considerati a tutti gli effetti come coloro che hanno pochissime possibilità di attivare percorsi alternativi in esterno o di reinserimento nel tessuto sociale, anche perché spesso privi di legami se non quelli generati per realizzare attività criminali.

La debolezza insita nella categoria degli stranieri detenuti è peggiorata da una serie di fattori che li getta su strade senza prospettive. Un primo fattore è di tipo legislativo: ai cittadini extracomunitari che hanno riportato condanna penale ai sensi dell’art. 5 del TU sull'immigrazione non può essere concesso o rinnovato il permesso di soggiorno e, di conseguenza, viene loro negata l’opportunità di trovare un lavoro in regola.

L’art.16 comma 5 T.U. immigrazione prevede che gli stranieri non appartenenti all’Unione europea condannati in via definitiva per un numero rilevante di reati (con l’eccezione di quelli più gravi) debbano essere espulsi quando mancano due anni al fine pena.

In questa situazione, è sempre più raro svolgere all’interno del carcere azioni positive o propositive finalizzate ad un futuro reinserimento sociale per gli stranieri: le attività si rivelano essere soluzioni tampone finalizzate a far calare la tensione all’interno, e l’eventuale formazione professionale rivolta agli stessi si risolve in un’attività senza sbocchi futuri per il fatto che i corsi sono finalizzati alla qualificazione di persone che verranno inserite nel mercato del lavoro italiano una volta scontata la loro pena, e il più delle volte i detenuti stranieri sono destinati ad essere espulsi o comunque a non poter restare sul territorio in maniera regolare. Per gli stranieri non espellibili, allo stato attuale non esiste uno sdoppiamento dei percorsi trattamentali che li prepari ad un

inserimento stabile in Italia.

Mancano reali politiche trattamentali dedicate agli stranieri, finalizzate al reinserimento sociale in Italia o nel loro paese di origine; non è neanche prevista alcuna concessione né rinnovo automatico del permesso di soggiorno per coloro che abbiano seguito positivamente un percorso educativo. La sistematica prospettiva di essere espulso impedisce sicuramente alla pena di avere qualsiasi effetto "rieducativo-reinseritivo" e crea un’evidente disparità di trattamento tra cittadini stranieri extracomunitari e cittadini italiani, ma soprattutto snatura il carcere, che da luogo in cui è praticato un intervento sociale di tipo educativo si trasforma in vera e propria "area di parcheggio". Per i detenuti stranieri il carcere finisce per essere mero contenimento, mera neutralizzazione ma ad altissimo effetto criminogeno: una volta ributtati nell’iniziale contesto di marginalità e di povertà, senza aspettative e senza appoggio, si ritrovano ad avere come unico punto di riferimento i conoscenti e i compagni con cui erano soliti delinquere prima del carcere, e ritornano a frequentare i classici luoghi di aggregazione (case abbandonate, giardini, luoghi degradati e contesti sociali che favoriscono la devianza). Peraltro, l’inefficacia del sistema espulsivo, determina la permanenza nell’area criminale di soggetti deboli facilmente assoldabili dalla criminalità, per essere esposti a nuovi arresti e alla degenerazione della loro capacità di inserimento legale nella società italiana, ma anche nella società di origine.

Un'alternativa è pensare a dei percorsi di reinserimento nel paese d'origine. Questa soluzione trova davanti diversi ostacoli: innanzitutto non è sempre possibile identificare la persona straniera e di conseguenza anche il paese di provenienza. Dall'altra parte gli stessi paesi, tramite Consolati e Ambasciate, si dimostrano poco disponibili, adducendo appunto come motivazione la non affidabilità rispetto all'identità della persona.

In secondo luogo molti detenuti stranieri fanno resistenza per non tornare indietro

accompagnati da sconfitta totale del progetto migratorio che li aveva portati in Italia. Negli ultimi anni, l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) ha attivato programmi di Ritorno Volontario Assistito (RVA)63 in particolare per stranieri in condizione

di irregolarità, per supportare attraverso servizi di consulenza, formazione e supporto psicologico il rientro presso il paese d'origine per avviare attività micro-imprenditoriali. Questo potrebbe essere un percorso alternativo che andrebbe costruito durante il periodo di detenzione in collaborazione tra educatori ed operatori dei programmi RVA, oltre che ovviamente con la persona detenuta.

In ogni caso, a prescindere da ciò che viene attivato all'interno del carcere, la questione si pone soprattutto in termini di prevenzione, ovvero di come evitare l'ingresso in carcere di così tanti stranieri, ma questo è un tema molto più ampio, per il quale sarebbe necessario modificare la normativa tutta sull'immigrazione, in particolare sulle modalità di ingresso e permanenza sul territorio italiano, modalità così complesse e inapplicabili nella realtà che costringono all'illegalità e spesso di conseguenza alla criminalità moltissimi degli stranieri che arrivano in Italia, in un circolo vizioso al momento inarrestabile.

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Maggiori informazioni sul sito dell'OIM: http://www.italy.iom.int/index.php? option=com_content&task=view&id=72&Itemid=61