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Pot de fer: Scop.Ti, tè e tisane recuperate

Il titolo di questo capitolo chiama in causa l’espressione popolare francese «c’est le pot de terre contre le pot de fer», che in italiano tradurremmo richiamando lo scontro impari e dall’epilogo inatteso tra Davide e Golia. In questo gioco delle parti, il pastorello fedele al re Saul rappresenta le lavoratrici e i lavoratori della fabbrica di confezionamento di tè e tisane Fra.Lib, a trenta chilometri da Marsiglia, mentre il gigante filisteo è la multinazionale anglo-olandese Unilever, determinata a delocalizzare la produzione dalla Provenza all’est d’Europa. In queste pagine si intende ricostruire quali strategie di lotta politica e di riorganizzazione produttiva e del lavoro – quali “fionde”, per tornare alla metafora biblica – abbiano permesso agli operai in lotta di riattivare la produzione e la distribuzione di bevande calde, preservando così il loro posto di lavoro.

La zona industriale Pic de Bertagne, alla periferia del piccolo centro abitato di Gémenos, fa parte della cosiddetta Zone d’Activité del dipartimento Bouches-du-Rhône, nel sud della Francia: 25700 ettari di estensione, pari al 5% dell’intero dipartimento, nei quali sono insediate 24000 imprese (46% delle attività lavorative del territorio) per un totale di circa 265000 impiegati.118 La storia della fabbrica recuperata Scop.Ti comincia

118 I dati sono reperibili sul sito dell’INSEE – Institut National de la Statistique et des études

économiques; la voce Démographie des entreprises et des établissements è aggiornata al 2015; gli stessi dati vengono riportati, a scopo commerciale, sul sito http://www.zonesactivites13.com/; una

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nel 1896 a Marsiglia, quando i due fratelli Petrus e Lazare Digonnet fondano la loro impresa d’importazione e vendita di tè Etablissement Digonnet situata in boulevard Camille Flammarion, a circa 16 chilometri dal porto. Sul sito internet delcamp.co.uk, che raccoglie e rivende a collezionisti fatture e ricevute risalenti all’inizio del secolo scorso, è stato fortunatamente possibile recuperare due fatture datate 1902 e 1904 che attestano la presenza di un gruppo di imprese formato dall’unione tra la capo-fila, la

Maison Ranque & Lambert e la Ancienne Maison A. Pouyagut, specializzate

nell’importazione diretta di tè dalla Cina e da Ceylon.119 È importante notare che dal documento apprendiamo l’esistenza di un sito produttivo anche a Le Havre, che sarà molto importante in questa dissertazione, perché sarà investito per primo dalla chiusura per delocalizzazione, alla fine degli anni Novanta.

Nel 1927 la Digonnet diventa Societé de Thé Eléphant. In un catalogo pubblicitario del 1929, anch’esso reperito in rete con una ricerca su siti specializzati nella conservazione e rivendita di documenti storici, possiamo visionare il marchio con l’elefante in rosso, attorno ad esso delle brevi descrizioni, tradotte in quattro lingue, delle specialità di tè confezionate e un annuncio di lavoro per agenti commerciali, da

cartina tematica della distribuzione delle aree industriali si può trovare all’indirizzo

http://ccimp.dynmap.com/newza/docs/ZACAPAE2015.jpg

119 I documenti citati si possono visionare, non senza qualche difficoltà dovuta ai marcatori digitali

inseriti sulle fotografie per impedirne la riproduzione, ai seguenti indirizzi:

https://www.delcampe.co.uk/it/collezionismo/fatture-documenti-commerciali/francia/1900- 1949/marseille-p-l-digonnet-cie-thes-en-gros-the-cafe-moka-pouyagut-ranque-lambert-facture-1904- 358564961.html#tab-description; https://www.delcampe.net/it/collezionismo/fatture-documenti- commerciali/francia-1900-1949/marseille-ranque-lambert-ancienne-maison-pouyagut-thes-de-chine- et-ceylan-facture-1902-445131162.html

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impiegare nei paesi d’importazione.120 Non si è riusciti a trovare dati certi sui volumi di merci importate e sul numero di lavoratori impiegati nell’azienda e benché l’immagine pubblicitaria sia pur sempre frutto di una strategia di convincimento, quanto meno l’impresa si auto-rappresenta come «la plus grande marque de France» e sottolinea l’esistenza dell’ufficio di Asnières, preposto alla gestione dei soli affari circoscritti all’area parigina.

In alcuni resoconti sindacali, che affronteremo diffusamente più avanti nel capitolo, viene più volte ricordato che l’Eléphant è l’unica impresa impegnata nel confezionamento di tè e tisane (e con una semplice ricerca sull’annuario delle imprese francesi si può verificare la veridicità dell’affermazione),121 infatti la difesa di un marchio così noto sarà centrale, seppure vana, nella lotta per la salvaguardia del sito produttivo e di un’idea di made in France da tutelare in quanto patrimonio tecnologico e di savoir faire: «le thé de l’Eléphant doit continuer à vivre en Provence», «une marque à défendre pour qu’elle reste en France», «l’Eléphant vivra!».122 In questo senso, si potrebbe azzardare un paragone con la campagna mediatica, tutta incentrata sul tema della tradizione e dei simboli da preservare, che si è scatenata a metà dello scorso anno

120 https://www.delcampe.net/it/collezionismo/non-classificati-2/1931-thes-de-lelephant-anc-ets-lazare-

digonnet-a-marseille-appareils-a-cafe-francexpress-c-m-ventura-paris-479927262.html

121 L’elenco delle imprese francesi che si occupano di confezionamento per il settore agro-alimentare è

disponibile sul sito dell’editore leader nella creazione di banche dati aziendali Kompass: https://fr.kompass.com/a/conditionnement-du-the/0395005/

122 Quelle riportate sono solo alcune delle formule che più ricorrono nella struttura del discorso pubblico

dei lavoratori e delle lavoratrici, nonché dei comunicati della Confédération Générale du Travail (CGT). Comité d’entreprise Fra.Lib/Gémenos, Propositions des elus CGT et de Comité d’Entreprise pour le devéloppement del’activité et de l’emploi à Fra.Lib-Gémenos, 3 gennaio 2011.

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quando la Nestlé ha avviato un programma di sviluppo volto a potenziare il sito di San Sisto (PG) dove vengono prodotti i celebri Baci Perugina (acquisito dalla multinazionale nel 1988 come ramo d’azienda del gruppo Buitoni)123 e a dismettere le altrettanto famose caramelle Rossana, terzo marchio di caramelle in Italia.124

L’Eléphant è di Unilever

Tra il 1977 e il 1979 la multinazionale Unilever rileva il marchio Eléphant e la produzione di tè viene trasferita alla filiale Fra.Lib – Française d’Alimentation et

Boissons, di cui fa parte anche Lipton. Il periodo che va dall’acquisizione alla fine degli

anni Ottanta è caratterizzato da un’attenzione particolare alla differenziazione della produzione, moltiplicando le varietà di aromatizzazione degli infusi (gamme fruitée) e perfezionando le tecniche di impacchettamento delle infusioni. Vengono infatti messi a punto i cosiddetti sacchetti pyramide, realizzati in materiale plastico PET che conferisce un aspetto lucido e una consistenza al tatto piuttosto accattivante per i consumatori. La

123 http://www.nestle.it/chisiamo/nestle_in_italia

124 La vicenda delle caramelle Rossana può accostarsi al caso-studio francese in questione per la

chiamata in causa dell’elemento affettivo a sostegno del moto di indignazione che ha attraversato quei consumatori fidelizzati a un prodotto-simbolo di diverse generazioni, ma non certo per l’esito finale. In una nota che la Nestlé rilascia nel marzo 2016 si legge che il piano implica, per il segmento delle caramelle che non rientrano più nel portafoglio di prodotti strategici del gruppo (hanno una quota di mercato inferiore al 2%), «la ricerca di soluzioni idonee alla valorizzazione del marchio, anche esplorando l’eventuale interesse di operatori specializzati del settore». Infatti a giugno dello stesso anno il marchio Rossana viene comprato dalla Fida di Asti, dei fratelli Balconi.

http://www.corriere.it/economia/16_giugno_08/caramelle-rossana-tornano-essere-italiane-d2e198ae- 2d62-11e6-9ed7-029647940570.shtml

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CGT sottolinea che nel 1988 i due siti produttivi di Marsiglia e Le Havre contano 286 lavoratori e producono 1.580 miliardi di sacchetti all’anno, pari a 5.525 milioni di sacchetti all’anno per ogni operaio.125

Unilever e il piano di delocalizzazioni: il caso Le Havre

Nel 1997 lo stabilimento normanno viene chiuso da Unilever nel solco di un processo di ristrutturazione aziendale, cominciato con il raggruppamento delle sedi sociali delle filiali francesi di Unilever a Rueil-Malmaison e lo spostamento della produzione in Belgio. Si tratta di un’operazione che mira «à préserver la compétitivité de l'entreprise» trasformando Gémenos nell’unico polo europeo del gruppo per quanto riguarda tè aromatizzati e tisane.126 Assistiamo a un processo di concentrazione industriale che viene spiegato dalla multinazionale come una strategia volta a migliorare la posizione dell’azienda sul mercato, ma che reca in sé i primi cenni di quello che sarà un progressivo processo di chiusure di stabilimenti e di trasferimenti della produzione in paesi dove la casa-madre può godere di regimi fiscali agevolati o di manodopera a un costo inferiore rispetto al paese in cui prima produceva. L’esodo riguarda 52 operai e le loro famiglie su 250 lavoratori impiegati, mentre per coloro che non accetteranno il trasferimento Unilever comunica un piano di «réindustrialisation

125 Propositions des elus CGT et de Comité d’Entreprise, cit, p. 1. 126 D. Aubin, Fralib annonce la fermeture, Les Echos.fr, 24 febbraio 1997

https://www.lesechos.fr/24/02/1997/LesEchos/17342-095-ECH_fralib-annonce-la-fermeture-de-son- usine-du-havre.htm

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pour favoriser la création d'emplois de substitution».127 Luc, 58 anni, originario proprio di Le Havre, è il primo lavoratore della nuova cooperativa Scop.Ti da cui vengo accompagnata, ancor prima di entrare nel vivo della storia della riappropriazione del sito di Gémenos, al centro di questa ricerca. Luc ha lavorato in Fra.Lib per diciotto anni, tre come addetto al controllo qualità e i restanti quindici li ha trascorsi in magazzino, incarico che ha ricoperto anche dopo il trasferimento e che ha mantenuto non senza perplessità, anche nella nuova cooperativa.

«La lutte à Le Havre a été différente, je n’ai pas vraiment lutté parce que l’objectif était l’indemnisation. Nous avons reçu 70.000 francs nets. Après huit moins entre la fermeture de l’usine et les nouvelles provenantes de la mairie qui accordait le déplacement des ouvriers sans hésitation, se déplacer à Gémenos a été plus ou moins un choix obligé. Quand nous avons appris de la fermeture de l’usine de Gémenos la peur de vivre de nouveau la perte du travail a été forte, mais je n’ai pas trouvé immédiatement la force de soutenir le projet de la coopérative, parce que je me demandait “comment on peut gérer cette surface, t’as vu c’est immense?!” Maintenant je vois les difficultés, mais aussi que nous sommes en train de nous soutenir. J’espère que le mécanisme de mise en retraite/fin de la caisse complémentaire et engagements que nous nous sommes imaginé porte à la croissance de la coopérative et des opportunités de travail sur le territoire. Unilever a appauvri jusque trop de nos vies»

Nel 1999 Unilever France promuove la fusione dei marchi e dei portafogli di Astra Calvé (burri e margarine Fruit d'Or, Effi, Planta Fin, olio d’oliva Puget, formaggi Boursin et Boursault, prodotti gastronomici Bénédicta)128 e Fra.Lib (tè Lipton, infusi Eléphant, bevande Lipton Ice Tea e Liptonic, minestre Ryco Minute Soup Soit).

127 Ibidem.

128 Astra Calvé dans un cyclone de réstructuration, L’Humanité, 26 giugno 1997

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Un’operazione che, sfruttando la riduzione del costo unitario dei prodotti che si verifica al crescere della quantità della produzione e della dimensione dell’impresa dopo la fusione, punta soprattutto a una rinegoziazione del prezzo delle materie prime e al miglioramento degli strumenti informatici di gestione logistica e di marketing.129 Nel 2001 Astra Fra.Lib viene fusa con Amora Maille, impresa francese specializzata nella distribuzione di condimenti rilevata da Unilever nel 1999,130 e Bestfoods, impresa americana celebre per l’omonima maionese, acquisita da Unilever nel 2000. Da questa fusione nasce Unilever Bestfoods

«qui regroupe désormais plus de 3500 personnes et surtout trois cultures d’entreprise différentes. Pour environ 1,5 miliards d’euros de chiffre d’affairs net en 2001».131

Frederick Taylor alla Fra.Lib. La direzione Llovera

Attraverso le testimonianze raccolte durante il periodo di ricerca, ma senza informazioni provenienti dai canali ufficiali di Unilever, non è stato possibile ricostruire con precisione l’andamento della produzione e gli elementi principali di organizzazione aziendale che caratterizzano la storia dell’impresa fino all’inizio della lotta per la

129 Astra-Fralib, la nouvelle societé «deux en un» de Unilever, LSA Commerce et Consommation, 29

giugno 2000 https://www.lsa-conso.fr/astra-fralib-la-nouvelle-societe-deux-en-un-de-unilever,54510

130 Unilever reprend le «joyau» Amora Maille, LSA Commerce et Consommation, 2 dicembre 1999

https://www.lsa-conso.fr/unilever-reprend-le-joyau-amora-maille

131 I. Gutierrez, Unilever Bestfoods France sur les traces de Mondrian, E-Marketing.fr, 1 giugno 2002

http://www.e-marketing.fr/Marketing-Magazine/Article/Unilever-Bestfoods-France-sur-les-traces-de- Mondrian-9594-1.htm

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salvaguardia della fabbrica. Tuttavia il cambio di vertice della direzione generale, avviato nel 2007 e proseguito fino al 2010, viene concepito come un passaggio centrale nella riorganizzazione del lavoro e viene ricordato amaramente da diversi lavoratori. Frédéric Veglio, 35 anni, operaio semplice assunto in Fra.Lib dal 2006, sintetizza così l’arrivo di Angel Llovera:

«Il a introduit le chronométrage des opérations accomplies par les ouvriers en chaîne. Les nouveaux temps de travail imposés par la nouvelle direction ont compromis la qualité de quelques travaux, comme par exemple le contrôle des sachets de thé et le conditionnement des boîtes. Il y avait aussi différents épisodes d’échange de fonction, par exemple de mécanicien- technique à simple ouvrier, qu'ils ont grevé sur les travaux, car les ouvriers ne sont pas tenus à savoir utiliser tous les outillages, et aussi sur la poste de maintenance. Le projet a enfin été l’augmentation de la vitesse de la production en diminuant le numéro de gens compétents à gérer les outillages»

Essere fralibiens: il lavoratore recuperato e il racconto di sé

In risposta a quella che viene descritta come una «déshumanisation de l’usine à travers surcharge et souffrance», l’8 marzo 2010 viene indetto uno sciopero che ferma la produzione per nove settimane, al quale partecipa l’80% dei 182 lavoratori impiegati, malgrado una prima minaccia di delocalizzazione, lanciata più come spauracchio per tentare di fermare la mobilitazione che comeprospettiva concreta. Lo sciopero si conclude con alcune importanti vittorie: l’assunzione a tempo indeterminato di tre lavoratori assunti con contratti interinali, il ritorno di tre operai de-mansionati al ruolo

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di tecnici-meccanici, l’1,6% di aumento sui salari e 6 euro in più al mese di contributi previdenziali.132

In merito a questo lungo blocco della produzione, è stato interessante fermarsi a parlare con alcuni commercianti della frazione di Aubagne e con alcuni commessi dei supermercati dove vengono distribuiti i prodotti della nuova cooperativa. Queste brevi interlocuzioni sono state discretamente efficaci per comprendere almeno in parte quale fosse la reputazione dei lavoratori della Fra.Lib ancor prima della lotta contro la delocalizzazione. Infatti, l’immagine dei fralibiens come facinorosi, «les fauteurs de troubles», è ricorrente, accompagnata spesse volte da attestazioni di stima, altre volte da commenti meno solidali. Questi ultimi sembrano essere motivati da una presunta condizione di privilegio che per alcuni abitanti della cittadina dovrebbe essere motivo di conciliazione, non di conflitto con la direzione d’azienda. Qualcuno parla di salari già molto alti (ma non vengono quantificati precisamente), altri di famiglie facoltose alle spalle senza le quali non sarebbe stato possibile sostenere i lunghi mesi di lotta, altri di automobili molto costose che entrano e escono dalla fabbrica, segno evidente di condizioni economiche agiate, che non si capisce come mai si vorrebbero migliorate. Quelle raccolte sono battute di perfetti sconosciuti della durata massima di mezzo minuto, il tempo della restituzione di uno scontrino o di un passaggio tra gli scaffali di MonoPrix; ciononostante c’è un episodio a cui ho assistito che si riconnette in maniera interessante a queste valutazioni ostili. Il primo giorno di interviste arrivo alla fabbrica

132 Rétour sur un an de bataille, Tout est à nous! – Hébdomadaire du NPA, 29 settembre 2011

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con i comodi mezzi pubblici gratuiti che servono tutta la zona industriale, mentre al ritorno vengo accompagnata alla mia residenza da Frédéric, il secondo operaio intervistato, che guida una Renault 307 1.6 di recente immatricolazione. Appena arrivati di fronte al veicolo comincia la excusatio non petita: la macchina può permettersela solo in virtù del finanziamento in 24 mesi a interessi zero; dopo tanto tempo sacrificato nella lotta in fabbrica è tollerabile togliersi uno sfizio, che non si pensi che lui sia ricco! Qualcosa di simile mi è stato detto da un’addetta all’accettazione clienti, impegnata a raccontare a un avventore quanto le fosse costata la vacanza in Normandia appena conclusa; non appena si è accorta che stavo prestando una vaga attenzione a quel discorso, più per cortesia che per reale interesse, si è affrettata a sottolineare che quella vacanza era stata il risultato dei sacrifici del marito più che il frutto del suo salario percepito, come a segnalarne la scarsità. Due scene forse di poco conto, ma interessanti per comprendere un certo atteggiamento di minimizzazione dei risultati economici della nuova impresa cooperativa, che evidentemente permettono ai lavoratori di condurre una vita dignitosa e di organizzare un determinato tipo di tempo libero, di fronte a chi sta provando a studiarne la storia. Se nel caso della Ri-Maflow si poteva segnalare una certa reticenza da parte degli operai a parlare di salari e piani industriali (e una conseguente polarizzazione delle interviste sul discorso politico attorno alla riappropriazione della fabbrica) a causa di difficoltà concrete di ripresa produttiva, in questo caso sembra che la poca disponibilità a affrontare l’argomento dipenda proprio da un relativo successo della neonata cooperativa, come se si volesse celare la redditività dell’operazione di recupero per far sì che si continui a parlare di Scop.Ti

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come di una fabbrica recuperata e non di una “semplice” cooperativa di produzione. Nonostante questa digressione ci allontani un poco dal racconto diacronico della lotta dell’ex Fra.Lib, è importante soffermarsi ancora un momento sulla specificità del discorso pubblico costruito da questi lavoratori e su come questo venga recepito dai lavoratori delle altre fabbriche recuperate con cui Scop.Ti intrattiene rapporti di solidarietà politica e di distribuzione dei prodotti. Gli incontri internazionali tra lavoratori di fabbriche recuperate sono luoghi privilegiati per osservare quale tipo di dialogo si instauri tra esperienze così differenti, accomunate tutte da due riferimenti storici ai quali tutte affermano di ispirarsi, non tanto dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro in senso stretto, quanto per il portato di riflessione politica che sono state capaci di sviluppare: la Comune di Parigi e le empresas

recuperadas argentine. Il tema del successo dell’impresa è centrale, ma la sua

interpretazione subisce una polarizzazione a seconda della fabbrica recuperata a cui ci si riferisce. Se a parlare sono i lavoratori Ri-Maflow o Vio.Me (la fabbrica di Salonicco che prima del fallimento produceva materiali da costruzione, ora riconvertita dagli operai alla produzione di detergenti e saponi ecologici) o Ozgur Kazova (fabbrica di tessuti di Istanbul, fallita e recuperata nel 2014 dagli operai e da attivisti del movimento Occupy Gezi Park), la categoria di successo è spesse volte relativa all’impatto sociale e politico sulla città di appartenenza; se parlano lavoratori Scop.Ti è più facile che si parli di successo in termini di capacità della cooperativa di stare sul mercato. Una diversità che si articola in maniera peculiare: se nei gruppi di lavoro degli Euromediterranean

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fabbrica recuperata che continua a produrre per il mercato, detiene un certo grado di autorevolezza solo per quel che riguarda quell’argomento; in fondo, cosa ne può sapere un operaio Scop.Ti delle difficoltà di chi si è ritrovato senza macchinari e di chi ha scelto di ritagliarsi uno spazio diverso da quello della grande distribuzione? Allo stesso modo, gli operai Scop.Ti vivono questa sorta di incomunicabilità nei confronti dei lavoratori delle altre fabbriche perché ogni giorno si confrontano con la doppia natura, produttiva e politica, del loro percorso di riappropriazione. Una difficoltà di intesa che, come stiamo via via ripercorrendo, si riflette nelle interviste raccolte, tutte imperniate sugli argomenti ritenuti più spendibili a livello pubblico, a seconda della circostanza specifica.

L’annuncio della chiusura, l’organizzazione della lotta sindacale

Riprendendo lo svolgersi della vicenda Fra.Lib in successione cronologica, il 28

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