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3. MATERIALI E METOD

4.5 Potenziale cancerogeno di TiO 2 NP

Il potenziale cancerogeno è stato analizzato attraverso il test di trasformazione morfologica (CTA), che prevede un singolo tempo di esposizione di 7 ore. Le concentrazioni saggiate sono di 1 , e 4 μg/cm2, a cui sono stati affiancati il controllo positivo (C+, 3 μg/ml Metilcolantrene) e il controllo negativo (C-, cellule non trattate).

Come mostrato in Figura 20, tutte le TiO2 NP hanno indotto trasformazione morfologica, che è stata valutata mediante il calcolo della frequenza di trasformazione. Le TiO2 NP non rivestite hanno indotto formazione di foci tipo-III a tutte le concentrazioni, ma solo a 40 µg/cm2 (Tf = 3,06±0,34%) presentano valori statisticamente significativi (p<0,05) rispetto a C-, con un incremento di 1,65 volte. TiO2 NP silicate mostrano valori significativi (p<0,01 e p<0,001) a tutte le concentrazioni, tra cui 10 e 20 µg/cm2 mostrano un più alto numero di foci di tipo-III (rispettivamente 3,87±0,03% e 3,68±0,19%) con un rispettivo incremento rispetto al C- di 2.09 e 1.99 volte.

Per quanto riguarda TiO2 NP rivestite con sodio citrato, tranne 1 μg/cm2, tutte le concentrazioni mostrano significatività (p< , 1); a 4 μg/cm2 l’incremento di foci è di 5,36 volte maggiore rispetto al controllo non trattato. Inoltre, l’analisi di regressione mostra un andamento lineare (p= 0,01; r= 0,96) della curva. Infine, anche il materiale di riferimento P25 mostra significatività per tutte le concentrazioni (p<0,01 e p< , 1). L’analisi di regressione lineare non ha mostrato un andamento dose-dipendente per TiO2 NP non rivestite, silicate e P25.

Figura 20: Saggio di trasformazione morfologica in cellule Balb/3T3 esposte a TiO2 NP. Tutte le NP mostrano una frequenza di trasformazione superiore al C- a tutte le concentrazioni, tranne che per TiO2 NP pristine e silicate. L’andamento è dose-dipendente soltanto nel caso delle TiO2 NP

silicate. Il controllo positivo (3 μg/ml Metilcolantrene) ha indotto 81, 4% di trasformazione cellulare. Analisi statistica eseguita mediante one-way ANOVA applicando la correzione di Bonferroni per confronti multipli: * p<0.05; ** p<0.01; *** p<0.001.

5. DISCUSSIONE

Questo lavoro di tesi si colloca all’interno di un progetto europeo, SANOWORK, la cui finalità è quella di mitigare l’eventuale tossicità di alcuni nanomateriali, tra cui il biossido di titanio (TiO2 NP), attraverso la loro funzionalizzazione. In particolar modo la rimediazione delle TiO2 NP è stata realizzata mediante rivestimento di biossido di silicio e sodio citrato. Gli esperimenti oggetto di questo studio sono stati effettuati su colture di Balb/3T3 esposte, oltre che alle due TiO2 NP funzionalizzate, anche a nanoparticelle di biossido di titanio senza rivestimento, nella forma cristallina anatasio, di dimensione di 83.54 nm in acqua deionizzata, e a TiO2 NP Aeroxide® P25. La linea cellulare Balb/3T3 è stata scelta in quanto è uno dei tre modelli, oltre alle cellule embrionali di criceto siriano (SHE) e ai fibroblasti murini C3H10T1/2, ad essere impiegato per lo studio del potenziale cancerogeno di sostanze chimiche in vitro, attraverso il saggio di trasformazione cellulare (CTA).

Per valutare gli effetti citotossici è stato utilizzato il test di efficienza di formazione delle colonie (CFE), affiancato dalla versione implementata cytome del test del micronucleo. Lo studio della genotossicità è stato effettuato, oltre che attraverso il test del micronucleo, anche eseguendo il test della cometa, mentre il potenziale cancerogeno è stato, appunto, studiato in vitro attraverso il saggio di trasformazione morfologica (CTA).

I dati ottenuti dal saggio di CFE, eseguito per i tempi di esposizione di 24 - 48 - 72 ore a concentrazioni comprese tra 1.25 e 80 µg/cm2, indicano che tutte le NP inducono un effetto citotossico moderato, sebbene vi sia un effetto maggiormente significativo per il materiale di riferimento P25 e per TiO2 NP rivestite con sodio citrato. Tali dati sono avvalorati dagli effetti citostatici analizzati attraverso CBPI e RI e dagli indici apoptotico e necrotico, dove si visualizza un effetto citostatico consistente per entrambe le NP.

In letteratura si ritrovano studi effettuati con vari test colorimetrici per saggiare gli effetti citotossici di TiO2 NP di diverse forme cristalline. Per quanto

riguarda gli effetti di TiO2 NP anatasio, i risultati sono diversificati. Ad esempio, una miscela 79% anatasio e 21% rutilo di TiO2 NP con diametro medio pari a 43,8 nm ha indotto danni modesti su cellule epiteliali polmonari umane A549 (Ekstrand-Hammarström et al., 2012; Moschini et al., 2013), ma una riduzione significativa della crescita (≥ 5 %) di cellule umane immortalizzate di epitelio bronchiale BEAS-2B (Ursini et al., 2014). TiO2 NP di 50 nm diminuiscono il potenziale clonogenico di cellule epidermiche A431 (Shukla et al., 2011), così come TiO2 NP di 65 nm in fibroblasti murini di tipo NIH/3T3 (Karunakaran et al., 2013) e TiO2 NP di 14 nm e P25 (25 nm) in SHE (Guichard et al., 2012).

Una possibile variabilità nei risultati può derivare dalla capacità delle NP di interferire con i test colorimetrici utilizzati per lo studio della citotossicità (WST-1, Neutral Red o MTT) in quanto si possono generare artefatti e falsi positivi in seguito ad opacizzazione del mezzo di coltura, generata da NP residue che possono così interferire con le letture dell’assorbanza (Kroll et al., 2012; Guadagnini et al., 2013; Lupu and Popescu, 2013). A tal proposito, il test non colorimetrico di efficienza di formazione delle colonie (CFE) si presenta come una valida alternativa ai test sopraccitati, fornendo dati più attendibili.

Un’altra possibile fonte di variabilità è, ovviamente, data dalle diverse dimensioni delle NP che vengono testate, da cui dipendono la diffusione attraverso la membrana e la interazione cellulare. NP di piccole dimensioni possiedono un’area di superficie più ampia che conferisce una maggiore tendenza delle stesse ad agglomerare nel mezzo di coltura (Horie et al., 2010; Alluni et al., 2012). Gli agglomerati di TiO2 NP sono anche maggiormente internalizzati nelle cellule, causando effetti citotossici in fibroblasti polmonari di criceto cinese V79 (Hamzeh et al., 2012), in cellule di feocromocitoma PC12 (Liu et al., 2010) e in BEAS-2B, con agglomerati in regioni peri-nucleari (Park et al., 2008). Sebbene gli aggregati di NP di piccole dimensioni siano favoriti nella internalizzazione, ad influire su quest’ultimo processo vi è anche il tipo di linea cellulare presa in esame (Lankoff et al., 1 ). L’analisi di internalizzazione delle TiO2 NP da noi utilizzate, eseguita con la collaborazione del centro JRC di Ispra

(Varese) ha indicato una presenza omogenea delle TiO2 NP sia all’esterno sia all’interno delle cellule, dove si ha una distribuzione delle NP tra vescicole endocitotiche e lisosomi.

Anche i dati riguardanti la capacità delle TiO2 NP di indurre formazione di micronuclei (MN) sono discordanti in letteratura. In questo studio è stato osservato un aumento modesto della frequenza di MN, dopo trattamenti di 48 ore, in presenza di concentrazioni comprese tra 10 e 40 µg/cm2 per tutte le NP, sebbene un effetto significativo si osservi per la concentrazione maggiore di TiO2 NP rivestite con sodio citrato. Questa moderata induzione della formazione di MN è stata osservata in cellule SHE esposte a TiO2 NP di 14 e 160 nm (Guichard et al., 2012) e in A549 esposte a TiO2 NP di 12 e 142 nm (Jugan et al., 2012). Tuttavia, sono anche riportate evidenze che dimostrano la capacità genotossica di TiO2 NP P25 (86% anatasio e 14% rutilo) in cellule di epatocarcinoma umano HepG2 (Prasad et al., 2014) e in linfociti di sangue periferico (Kang et al., 2008), così come in cellule linfoblastoidi umane esposte a TiO2 NP con diametro <100nm (Wang et al., 2007). Dunque, la formazione di MN risulta correlata alla dimensione della NP; ad esempio, è stata osservata un’aumentata frequenza di MN dopo esposizione di cellule SHE a TiO2 NP di 20 nm, ma non a TiO2 NP di 200 nm, (Rahman et al., 2002) e in BEAS-2B esposte a TiO2 NP di 10 e 200 nm, ma non a TiO2 NP >200 nm (Gurr et al., 2005).

I dati di genotossicità ottenuti con il test della cometa mostrano una moderata frammentazione del DNA in Balb/3T3, tuttavia per nessuna delle concentrazioni e nessuno dei tipi di TiO2 NP si sono osservati danni statisticamente significativi. In letteratura sono riportati risultati simili. Non inducono danno al DNA TiO2 NP ≥ nm in BEAS-2B (Gurr et al., 2005), TiO2 NP <100 nm in fibroblasti umani diploidi di polmone (Bhattacharya et al., 2009) e TiO2 NP (<25 nm) in cellule umane di mucosa nasale (Hackenber et al., 2010). In cellule umane di carcinoma embrionale del testicolo (NT2) esposte a diverse concentrazioni di TiO2 NP (21 nm) si ha un danno al DNA ma, comunque, basso e non significativo (Asare et al., 2012). A questi dati su TiO2 NP pristine si

contrappongono, però, studi che ne sottolineano il potenziale genotossico in quanto inducono danno al DNA TiO2 NP di 10 e 20 nm in BEAS-2B (Gurr et al., 2005), TiO2 NP (<25 nm) in cellule HepG2 (Petkovic et al., 2011), TiO2 NP di 63 nm (Karlsson et al., 2008) e TiO2 NP P25 (Jugan et al., 2011) in A549.

Bisogna evidenziare il fatto che diverse caratteristiche di superficie delle NP possono causare interferenza con il test della cometa, in seguito alla permanenza all’interno della cellula delle NP dopo il trattamento. Infatti, possono essere osservate nella “testa” della cometa (Stone et al., 2009; Karlsson, 2010), dove potrebbero determinare una riduzione della intensità della fluorescenza, interferendo con la valutazione del danno da parte del software. Falsi positivi potrebbero essere ottenuti in seguito a rotture addizionali al DNA indotte dalla persistenza di NP nel corso dell’allestimento dei preparati per l’osservazione delle comete, però, ad ora, non vi sono evidenze sperimentali (Magdolenova et al., 2012).

I meccanismi di genotossicità delle NP non sono ancora ben compresi, seppur sia riconosciuto un meccanismo di danno primario indiretto, derivato dalla induzione NP-dipendente delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) (Magdolenova et al., 14). Un ruolo importante nell’induzione di ROS è dato dalla chimica di superficie delle stesse NP (Thevenot et al., 2008). Shukla e collaboratori (2011) suggeriscono come la formazione di ROS indotta dalle NP determini un incremento della perossidazione lipidica e del danno mitocondriale, inducendo simultaneamente la formazione di rotture a singolo e doppio filamento al DNA in maniera indiretta. Inoltre, TiO2 NP inducono una serie di risposte biologiche, come riduzione dei livelli di glutatione, generazione di ROS ed espressione di geni attivanti/inducenti il processo di apoptosi (Meena et al., 2012; Shukla et al., 2013).

Poiché il biossido di titanio è stato riconosciuto e classificato nel 2010 come possibile cancerogeno per l’uomo (gruppo B - IARC), abbiamo ritenuto interessante saggiare in vitro il potenziale cancerogeno delle TiO2 NP nel nostro sistema sperimentale. È stato pertanto condotto il test di trasformazione cellulare

(CTA), con il quale tutte le NP hanno mostrato la capacità di indurre formazione di foci di tipo III rispetto al controllo non trattato, sebbene vi sia un effetto maggiore in Balb/3T3 esposte a TiO2 NP rivestite con citrato e P25.

Il test di trasformazione cellulare viene utilizzato in alternativa agli esperimenti in vivo a lungo termine; non è molto diffuso in quanto non risulta di facile esecuzione, relativamente alla differenziazione delle varie tipologie di foci, ed è ancora in corso di pre-validazione sulle cellule Balb/3T3 (Tanaka et al., 2012). In letteratura quindi non sono ad oggi presenti studi sul potenziale cancerogeno delle TiO2 NP testate attraverso CTA. Tuttavia, attraverso il saggio di formazione delle colonie su soft-agar, è riportata la loro capacità di trasformazione in cellule embrionali umane di rene (HEK293) e NIH/3T3 esposte a TiO2 NP per 3 settimane (Demir et al., 2015). Studi in vivo riportano induzione di tumori a livello di cellule alveolari in ratti (Heinrich et al., 1995; Pott e Roller, 2005). È stata identificata inoltre insorgenza di iperplasia di cellule squamose e di ghiandole sebacee, accompagnata a papilloma delle cellule squamose e cheratoacantoma in cellule di derma murino (Furukawa et al., 2011).

Huang (2009) ipotizza che gli eventi genotossici conseguenti all'esposizione di TiO2 NP giochino un ruolo importante nell'indurre mutagenesi e trasformazione cellulare. Le lesioni a doppio filamento del DNA possono, dopo la replicazione, subire ricombinazione e produrre riarrangiamenti della stessa molecola, causando perdita di materiale genetico e mutazioni, così come anche la deregolazione dei pathway di proliferazione cellulare può favorire la trasformazione cellulare, guidando la cellula verso l'instabilità cromosomica e inducendo una situazione di aneuploidia, caratteristica principale delle cellule tumorali.

Un aspetto interessante da sottolineare riguarda i tempi che intercorrono tra la fine del trattamento con le NP e la valutazione del potenziale effetto tossico della NP stessa nei diversi test. Infatti, gli effetti genotossici vengono valutati immediatamente dopo la rimozione del trattamento delle NP (48 ore), mentre la citotossicità, valutata con il saggio CFE, prevede una esposizione acuta alle NP di 24 - 48 - 72 ore, successivamente alle quali le cellule vengono lasciate fino ad 8

giorni dalla semina in coltura, per permettere la formazione delle colonie. Per il saggio di CTA l’esposizione è di 7 ore e, allo stesso modo, le cellule vengono mantenute in coltura dopo il trattamento, sebbene per un tempo più lungo (4 settimane). Viene così permesso al trattamento acuto di mostrare gli effetti a più lungo termine. Dai risultati di questi due test emerge che tutte le NP testate inducono effetti significativi, mentre per i saggi di genotossicità ciò si ha solo in presenza di NP rivestite con citrato e P25. Questo suggerisce che determinati effetti tossici delle NP in colture cellulari sono rilevabili sia immediatamente dopo l’esposizione, sia in seguito alla rimozione del trattamento, dopo la quale gli specifici effetti delle NP hanno bisogno di tempo per manifestarsi.

I diversi tipi funzionalizzazione delle NP vengono concepiti sia per determinare una miglior resa per gli utilizzi a cui sono destinate sia per attenuare la tossicità del materiale pristino. Nel nostro studio i rivestimenti utilizzati sono composti da biossido di silicio (SiO2) e trisodio citrato. La letteratura evidenzia come SiO2 NP non abbiano indotto citotossicità in macrofagi alveolari e macrofagi di sangue periferico (Cho et al., 2013) e nemmeno in Balb/3T3 (Uboldi et al. 2012). È però provato che la dimensione delle NP di SiO2 NP è direttamente implicata nella induzione della citotossicità (Lin et al., 2006; Napierska et al., 2009; Yang et al., 2010). Inoltre, sebbene in cellule linfoblastoidi umane le SiO2 NP (<100 nm) non abbiano indotto danno ossidativo al DNA, risultano positive alla formazione di MN (Wang et al., 2007). Il trisodio di citrato viene spesso adottato come agente riducente, in quanto in grado di migliorare la repulsione elettrostatica (El Badawy et al., 2011) e favorire la dispersione delle NP in soluzione. Non vi sono studi riguardanti TiO2 NP funzionalizzate con citrato, tuttavia, in nanoparticelle di oro rivestite con citrato si è osservata una maggiore aggregazione e, contrariamente a quanto ipotizzato, una localizzazione delle NP in vescicole nel citoplasma e in posizione peri-nucleare, con conseguente induzione di danni a livello del DNA (Fraga et al., 2013).

Secondo quanto emerso dai nostri esperimenti, relativamente alla linea cellulare Balb/3T3, la presenza del rivestimento non sembrerebbe attenuare la

tossicità intrinseca del materiale pristino; anzi, in particolar modo il rivestimento di citrato sembra indurre rispetto al materiale pristino dei maggiori effetti citotossici (diminuzione del potenziale clonogenico ed aumento degli indici di apoptosi e di necrosi) e genotossici (incremento frequenza MN alla dose più alta), insieme ad una elevata capacità trasformante (formazione di un maggior numero di foci di tipo-III).

6. CONCLUSIONI

I risultati ottenuti in questo lavoro di tesi indicano che nanoparticelle di titanio, sia pristine che rimediate, presentano potenziale cancerogeno e sono in grado di indurre sia effetti citotossici sia genotossici in Balb/3T3. Tuttavia, mentre la formazione di foci e l’induzione del danno cellulare vengono indotti in maniera significativa da parte di tutte le nanoparticelle, il danno al DNA è osservabile solo in seguito ai trattamenti con nanoparticelle di biossido di titanio rivestite con sodio citrato e con il materiale di riferimento P25.

Attraverso l’utilizzo di diversi test sono stati stimati i possibili effetti tossici indotti dalle nanoparticelle, andando ad esaminare differenti endpoint di tossicità. La presenza in letteratura di risultati discordanti riguardo agli effetti tossici delle nanoparticelle in generale, ed in particolare di quelle da noi utilizzate, evidenzia la necessità di realizzare un’analisi approfondita riguardo al ruolo delle diverse variabili coinvolte per ogni esperimento, quali la linea cellulare impiegata e, conseguentemente, il mezzo di coltura richiesto, la natura degli endpoint analizzati nell’ambito dei vari saggi utilizzati e i tempi di esposizione ad essi annessi. Questo ci induce a ritenere che sia indispensabile l’impiego coordinato di una serie di saggi in vitro, tra loro complementari, per descrivere al meglio l’impatto dei materiali nanoparticellati, e delle loro intrinseche caratteristiche chimico-fisiche, nei confronti del materiale biologico.

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