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1.3: I CAMBIAMENTI CLIMATICI NEL VIGNETO LA RIDUZIONE DEI GAS SERRA, UNA POSSIBILE STRATEGIA DI ADATTAMENTO.

1.3.3 LE POTENZIALITA’ DEL VIGNETO PER RIDURRE LE EMISSIONI DI GAS SERRA

Una volta compresi gli effetti che un clima mutevole può provocare sul vigneto, serve valutare una possibile soluzione applicabile al fine di garantire la sostenibilità dell’attività vitivinicola in tutto il mondo. Come già indicato, questa ricetta può rinvenire da uno degli effetti negativi sull’ambiente che si possono ottenere in seguito a qualsiasi attività economico-produttiva, ossia l’inquinamento atmosferico. La teoria più diffusa e confermata tra gli esperti internazionali indica la correlazione diretta tra i cambiamenti climatici e l’incremento di gas serra nell’aria, provocata dalle emissioni d’industrie, trasporti, servizi e attività agricole. Questo è dimostrato dall’aumento esagerato nell’ultimo secolo delle concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica, segno che lo sviluppo economico lascia la sua impronta ambientale. L’incremento dei gas serra nell’aria dal 1970 a oggi è del 70%64. Cosa può fare quindi il settore vitivinicolo mondiale?

La risposta c’è ed è localizzata soprattutto nei Paesi del nuovo mondo del vino. Gli esperti in materia capiscono come il settore vitivinicolo contribuisca a emettere gas serra nell’aria, sia con le lavorazioni in vigneto che prevedano l’uso di sostanze inquinanti per combattere le varie malattie, sia con l’attività di cantina e tutte le pratiche a essa collegate. Tuttavia il settore agricolo non è tra i più impattanti sotto questo profilo perché detiene un importante vantaggio. I terreni sono, infatti, grandi serbatoi che contengono al loro interno grosse quantità d’anidride carbonica. Nel processo fisico d’irradiazione solare, parte dei gas serra sono trattenuti dal suolo. Numerosi elementi spesso apparentemente insignificanti come piccole radici, fogliame, resti vegetali o animali si decompongono naturalmente e rilasciano così microrganismi utili che sono di conseguenza racchiusi nell’humus sottostante. La vegetazione è dunque un elemento fondamentale cui puntare al fine di togliere anidride carbonica dall’aria e intrappolarla nel terreno, evitando così il surriscaldamento globale. Questa teoria è da tempo compresa a livello internazionale per quanto riguarda le capacità di boschi e foreste, tuttavia è recente la sua applicazione al sistema vigneto.

L’incremento della quantità d’anidride carbonica sequestrata in questo caso passa attraverso la viticoltura sostenibile. Solo grazie all’aumento e alla diffusione di pratiche enologiche ecologicamente valide si può incrementare il livello di gas serra racchiusi nel terreno. Questo è il passaggio fondamentale. Gli esperti internazionali capiscono come una buona viticoltura può essere !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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lo strumento giusto per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Tutti gli operatori del settore sono così chiamati a fare la loro parte, non solo con l’obiettivo di dare un futuro alle loro attività, ma anche con il fine di mitigare quei mutamenti che probabilmente incideranno in futuro sulla società complessiva, attraverso effetti negativi per qualsiasi pratica lavorativa. La natura affida quindi al settore agricolo generale la responsabilità sociale di farsi carico nel suo piccolo di questi cambiamenti obbligati, il sequestro di gas serra nella terra è la soluzione. In tempi recenti si è stimato l’impatto di un’agricoltura “tradizionale”: essa contribuisce al 25% del rilascio complessivo annuo d’anidride carbonica, al 50% per quanto riguarda il metano e al 75% per il protossido di azoto65. Segnali piuttosto forti che indicano il ruolo importante che l’agricoltura, e in questo caso il

vigneto, ha per far fronte ai cambiamenti globali.

Il suolo è così una risorsa fondamentale per l’assorbimento di carbonio. Quest’ultimo dipende dal clima e dal tipo di coltura presente: un vigneto è in grado di intrappolare ad esempio circa tre tonnellate di carbonio l’anno per ettaro coltivato66. Più sostenibili sono però le pratiche adottate tra le viti, più incrementa questo livello ed è così maggiore il contributo positivo offerto all’ambiente. Comportamenti un tempo legati alle pratiche agricole intensive non conducono sicuramente a buoni risultati in tal senso, bensì a notevoli perdite di carbonio sequestrato. Serve, dunque, meno degrado del suolo e minor perdita di biodiversità e sostanza organica. Lo sforzo passa quindi attraverso comportamenti che sappiano ridurre le emissioni di gas serra, incrementando la capacità di sequestro dei suoli, applicando energie di tipo rinnovabile meno impattanti sull’ambiente.

Un buon esempio da questo punto di vista è offerto dalla coltivazione biologica, che sarà opportunamente discussa parlando dell’azienda Perlage nella seconda parte dell’elaborato. E’ un’ottima strategia di lavorazione che riduce gli interventi negativi sul suolo, puntando su tecniche innovative quali l’imboschimento e l’inerbimento67. Secondo questa filosofia tutto ciò che si fa deve riflettere l’importanza dell’ambiente per la nostra esistenza; l’agricoltura biologica permette di sequestrare fino a sei volte in più di carbonio rispetto ai metodi convenzionali68. Purtroppo, in particolare in Italia, questa metodologia è ancora poco applicata nell’attività vitivinicola, forse e probabilmente perché si fa fatica a dimostrare innanzi all’opinione pubblica il beneficio in termini numerici cui essa può condurre. Ogni anno molti finanziamenti internazionali sono destinati a ridurre le emissioni di gas serra, tuttavia pochi di questi arrivano al settore agricolo.

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Il punto focale è proprio questo: gli esperti in materia capiscono l’importanza che il vigneto può avere nel sequestro di anidride carbonica, ma difficilmente riescono a dimostrarlo in termini numerici. L’opinione pubblica fa le sue valutazioni sulla base di dati concreti, se non se ne dispone, difficilmente si può convincerla a valorizzare tale tesi. Ecco dunque che la risposta a questa problematica passa attraverso un metodo d’analisi d’autovalutazione, teso a comprendere quale sia l’impatto che ciascuna fase della filiera vitivinicola apporta all’ambiente. Si deve innanzitutto condurre le singole imprese a pensare in termini ecologici, incrementando la loro responsabilità etica innanzi alla società. Per fare questo è importante pensare a degli strumenti con i quali ciascun’azienda misura da sé l’impatto ambientale, le sue esternalità negative. Solo così ogni imprenditore si rende conto direttamente dove sta sbagliando e può correggere i suoi comportamenti negligenti. In questo modo d’altro lato, si favorisce anche l’adozione di pratiche di viticoltura sostenibile, magari diffondendole da parte degli organismi preposti attraverso incontri comunicativi sulle varie possibilità applicabili.

È chiaro che, lì dove vi è già una filosofia ambientale diffusa come in California, il metodo di autovalutazione proposto sia molto più diffondibile69, grazie soprattutto alla presenza di una certificazione di sostenibilità ambientale condivisa tra i viticoltori. Tuttavia se questa base non c’è, bisogna svilupparla e il metodo di valutazione dei singoli impatti nella filiera può essere uno strumento utile a tale scopo. Quanto avviene in California è l’ideale. Quanto si propone nell’elaborato cerca di sviluppare un percorso utile a raggiungere tale modello. Nel settore vitivinicolo italiano mancano spesso entrambi gli elementi, coscienza ambientale da un lato (manifestabile magari attraverso una certificazione di viticoltura sostenibile) e percorso di autovalutazione ecologica dall’altro (protocolli tesi a misurare l’impatto ambientale lungo la filiera). La strada proposta favorisce la seconda opzione, nella consapevolezza però che anche una buona certificazione di viticoltura sostenibile sarebbe auspicabile.

Anticipando brevemente quanto esiste oggi in tal senso in Italia, nell’area del Prosecco in particolare, si cerca ora di individuare un possibile filone metodologico al quale attenersi nell’analisi successiva, al fine di proporre una soluzione al problema finora esposto. Nel Bel Paese, allo stato attuale, la condizione di sostenibilità ambientale in viticoltura non è così particolarmente considerata. Il problema del cambiamento climatico non corrisponde alle priorità che tale settore agroalimentare si pone. A livello internazionale, come osservato invece, siamo molto più avanti e nei paesi del nuovo mondo del vino la sostenibilità è spesso una filosofia di lavoro dimostrata attraverso l’esercizio di pratiche enologiche adatte e talvolta certificate da enti esterni. L’Italia, !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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come si vedrà opportunamente più avanti, presenta tuttavia dei singoli casi aderenti a questi metodi, in particolare localizzati in specifiche regioni, quali Lombardia ed Umbria ad esempio. Ci sono, infatti, singole o piccoli gruppi d’imprese che privilegiano una filosofia ecologica nel loro operato e adottano eventuali certificazioni ambientali o metodi di autovalutazione, quali ad esempio Ita.Ca.70.

Purtroppo però queste realtà aziendali sono ancora poco diffuse sul territorio nazionale, sintomo di scarsa preoccupazione del settore vitivinicolo nei confronti dei cambiamenti climatici e delle potenzialità di quest’attività per mitigarli attraverso il sequestro di gas serra nel suolo. Manca dunque la sostenibilità ambientale in tale settore agricolo, in particolare nell’area del Prosecco che in seguito sarà analizzata approfonditamente. Ora, quindi, si cerca di valutare qualche metodologia d’applicazione in tal senso, cercando di capire quale sia la via da proporre alla realtà locale trevigiana. Nella seconda parte della tesi si capirà se questo modello sia applicabile e quali elementi siano da sviluppare.