• Non ci sono risultati.

I poteri sostitutivi “ordinari” nella legislazione statale e regionale

1. I poteri sostitutivi “ordinari”: un quadro generale. 1.1 Il fondamento costituzionale dei poteri sostitutivi “ordinari” dello Stato e delle Regioni nella sentenza n. 43 del 27 gennaio 2004; 1.2 Potere sostitutivo straordinario ed ordinario dopo la sentenza n. 43 del 2004;; 2. I poteri sostitutivi, diversi da quelli dell’art. 120, comma 2, Cost., esercitati dallo Stato nei confronti delle Regioni dopo la riforma del Titolo V, Parte II, Cost.; 2.1 I poteri sostitutivi ordinari dello Stato nelle materie di potestà esclusiva cui all’art. 117, comma 2, Cost.; 2.2 I fondamento costituzionale dei poteri sostitutivi prima e dopo la riforma del Titolo V, Parte II, Cost.: un confronto 2.3. I poteri sostitutivi ordinari dello Stato nelle materie di cui all’art. 117, commi 3 e 4, Cost.: due ipotesi.; 3. I poteri sostitutivi delle Regioni nei confronti degli Enti locali; 3.1. I controlli sostitutivi prima della riforma del Titolo V, Parte II, Cost.; 3.2. I poteri sostitutivi delle Regioni nei confronti degli Enti locali dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 43 del 2004 e la giurisprudenza successiva; 3.3. L’ambito di applicabilità dei poteri sostitutivi regionali; 3.4. La disciplina dei poteri sostitutivi nei nuovi Statuti regionali; 4. Conclusioni.

1. I poteri sostitutivi “ordinari”: un quadro generale.

1.1 Il fondamento costituzionale dei poteri sostitutivi “ordinari” dello Stato e delle Regioni nella sentenza n. 43 del 27 gennaio 2004

Dopo la riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, lo Stato ha proposto numerosi ricorsi innanzi alla Corte costituzionale avverso leggi regionali che hanno previsto e disciplinato poteri sostitutivi delle Regioni nei confronti degli Enti locali, lamentando il contrasto con gli artt. 114, comma 2, 117 e 120, comma 2, Cost.. Tali ricorsi erano finalizzati, in definitiva, ad accertare che il potere sostitutivo nei confronti di tutti gli Enti territoriali fosse stato riservato in via esclusiva al Governo dall’art. 120, Cost., con la conseguente inammissibilità di ulteriori poteri sostitutivi in capo alle Regioni o ad altri Enti locali.

Nei ricorsi in questione, la difesa dello Stato insisteva sul fatto che la sostanziale continuità testuale tra due periodi dell’unitario secondo comma dell’art. 120, comma 2, Cost., le solenni disposizioni dell’art. 114, primo e secondo comma, Cost., l’attribuzione della competenza esclusiva allo Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. p), in materia di funzioni fondamentali degli Enti locali, ed infine la cogente esigenza di una disciplina unitaria delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi, fin dal momento della individuazione dell’organo che delibera l’intervento sostitutivo, erano tutti elementi concludenti nel senso che il riferimento alla legge di procedure, contenuto nella norma costituzionale, dovesse intendersi rivolto esclusivamente alla legge statale.

Secondo la difesa dello Stato, l’art. 120, comma 2, Cost. non poteva essere interpretato come norma di chiusura rispetto alle disposizioni legislative ed amministrative che disciplinano gli obblighi inadempiuti. La norma assegna allo Stato la disciplina del potere sostitutivo, bilanciando tale “riserva” con l’obbligo di rispettare i principi di sussidiarietà e di leale cooperazione, affinché lo stesso sia esercitato non in chiave sanzionatoria, ma di “sostegno solidale e di ausilio”.

Le Regioni insistevano, invece, affinché la Corte costituzionale si pronunciasse a favore della legittimità dei poteri sostitutivi diversi da quelli di cui all’art. 120, comma 2, Cost.. Questa conclusione si imponeva in quanto le Regioni rivendicavano la competenza a dettare la disciplina delle funzioni amministrative nelle materie di loro competenza e, conseguentemente, a prevedere interventi sostitutivi nei casi in cui i

soggetti cui esse prescrivevano di compiere determinate attività si astenessero dal provvedere. Diversamente, l’inerzia degli Enti locali ai quali erano allocate le funzioni amministrative avrebbe impedito l’attuazione delle scelte politiche compiute nell’esercizio delle competenze ad esse costituzionalmente attribuite1.

La Corte costituzionale definì la questione in senso favorevole alla ammissibilità dei poteri sostitutivi diversi da quelli dell’art. 120, comma 2, Cost. nella sentenza n. 43 del 20042, cui seguirono una serie di pronunce dal contenuto sostanzialmente ripetitivo della sentenza capofila3.

Il ragionamento seguito dal Giudice delle leggi non appare sempre del tutto lineare, e può essere utile ripercorrerne i principali passaggi argomentativi.

I poteri sostitutivi, che determinano l’intervento di un Ente in luogo di un altro ente ordinariamente competente, nei casi in cui questo non eserciti le funzioni amministrative di cui è titolare, incidono sull’autonomia del destinatario della sostituzione, e per questo necessitano di trovare un fondamento costituzionale esplicito o implicito.

Per la verità, questo era un problema che si era posto già prima della riforma costituzionale del 2001, in relazione alle cd. funzioni amministrative proprie delle Regioni ex art. 118, comma 1, Cost. vt.4: in un sistema basato sulla separazione delle

1

Nella memoria difensiva della Regione Toscana (ricorso n. 63 del 2002 presentato dallo Stato avverso la l.r. n. 29 del 26 luglio 2002), questa ha sostenuto inoltre che, se si dovesse accogliere la tesi del Governo, che esclude il potere sostitutivo in capo alla Regione, quest’ultima dovrebbe segnalare, ex art. 120, comma 2, Cost., i casi in cui gli Enti locali sono inadempienti rispetto alle previsioni della legge regionale, e il Governo dovrebbe valutare la sussistenza dei presupposti dell’art. 120 medesimo. Conseguenza, questa, giudicata paradossale e contrastante con l’autonomia costituzionalmente garantita delle Regioni, dal momento che verrebbe affidata al Governo la decisione discrezionale e politica di perseguire o meno gli obiettivi fissati delle leggi regionali mediante lo strumento del potere sostitutivo.

2

La sentenza definisce il ricorso proposto dallo Stato nei confronti del Veneto avente ad oggetto l’art. 91, comma 8, della l.r. n. 33 del 4 novembre 2002, che attribuiva alla Regione il potere di sostituirsi al Comune attraverso la nomina di un commissario ad acta, per il caso in cui questo non abbia provveduto, entro un termine di dodici mesi, alla modifica degli strumenti urbanistici, secondo le indicazioni fornite dalla legge.

Per un commento si vedano: Groppi T., Nota alla sentenza n. 43 del 2004, in www.forumcostituzionale.it; Merloni F., Una definitiva conferma della legittimità dei poteri sostitutivi

regionali, in www.forumcostituzionale.it; Forlenza O., Nello svolgimento dell’attività di supplenza dubbi

sui rapporti tra Stato e Regioni, 2004, 6, p. 74 ss.; Peruzzini M., In tema di poteri sostitutivi ex art. 120 della Costituzione, in Nuove autonomie, 2005, 3, p. 395 ss.; Cameli R., Poteri sostitutivi del Governo ed autonomia costituzionale degli enti territoriali (in margine all’art. 120 Cost.), in Giur. Cost., 2004, V, p.

3389 ss.; Fontana G., I poteri sostitutivi delle Regioni tra inevitabili forzature ed evitabili incoerenze, in

Giur. Cost., 2004, I, p. 609 ss.; Martin A., Capacci P., Il potere sostitutivo dopo la modifica del Titolo V della Costituzione (brevi note a margine della sentenza della Corte costituzionale 27 gennaio 2004, n. 43), in Il diritto della Regione, 2004, 3-4, p. 393 ss.; Belletti M., Potere sostitutivo “straordinario” ed ordinario” dopo la sentenza n. 43 del 2004, in

http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/dibattiti/riforma/belletti.html; Dickmann R., La Corte

riconosce la legittimità dei poteri sostitutivi regionali (osservazioni a Corte cost., 27 gennaio 2004, n. 43), in www.federalismi.it, 2004, 4.

3

Si tratta delle sentenze n. 69, 70, 71, 72, 73 e 74 del 2 marzo 2004, le cui motivazioni riprendono in gran parte quella della sentenza n. 43 del 27 gennaio 2004.

4

Per quanto riguarda le funzioni amministrative cd. delegate ex art. 118, comma 2, Cost. vt., la previsione dei poteri sostitutivi non aveva dato luogo a particolari problemi teorici, poiché si riteneva che rientrasse nei poteri del soggetto che aveva conferito la delega la possibilità di intervenire sul delegato, per il caso in cui questo non avesse esercitato la funzione amministrativa oggetto di delega. La giustificazione risiedeva nel fatto che il delegato non esercitava una competenza originaria, attribuitagli direttamente da una norma costituzionale, ma esercita piuttosto una competenza derivata, disposta da una

competenze legislative ed amministrative tra Stato e Regioni, e sul cd. principio del parallelismo (in base al quale le Regioni esercitavano poteri amministrativi nelle stesse materie in cui erano titolari di poteri legislativi), occorreva un fondamento costituzionale specifico per giustificare l’allocazione in capo allo Stato di poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni, in quanto essi si risolvevano in altrettanti casi di interferenza nell’esercizio funzioni amministrative proprie regionali, in deroga alle norme costituzionali che garantivano il carattere esclusivo di tali attribuzioni5. Tale

legge statale che, sulla base di una valutazione di politica organizzativa, aveva devoluto ad esso la competenza.

Il potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni in relazione all’esercizio di funzioni amministrative delegate è stato previsto quale principio generale dall’art. 2, comma 3, lett. f) della legge n. 400 del 23 agosto 1988, che ha stabilito che “sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei

Ministri […] le proposte che il Ministro competente formula per disporre il compimento degli atti in sostituzione dell’amministrazione regionale, in caso di persistente inattività degli organi nell’esercizio delle funzioni delegate, qualora tali attività comportino adempimenti da svolgersi entro i termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi”. La norma riprende pressoché

integralmente il disposto dell’art. 2 della legge n. 382 del 22 luglio 1975 (“Norme sull’ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione”), che ha dettato la prima disciplina organica delle deleghe tra Stato e Regioni. L’art. 2 stabiliva che “In caso di persistente inattività degli

organi regionali nell'esercizio delle funzioni delegate, qualora le attività relative alle materie delegate comportino adempimenti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, dispone il compimento degli atti relativi in sostituzione dell'amministrazione regionale”.

5

Successivamente, i poteri sostitutivi furono introdotti anche in relazione alle funzioni cd. proprie ex art. 118, comma 1, Cost. vt., determinando non pochi dubbi di legittimità costituzionale, puntualmente evidenziati dalla dottrina. Tali dubbi furono definitivamente respinti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 177 del 18 febbraio 1988 e dalla giurisprudenza costituzionale successiva, che evidenziò il carattere strumentale dei poteri sostitutivi rispetto all'esecuzione o all'adempimento di obblighi ovvero rispetto all'attuazione di indirizzi o di criteri operativi, i quali fossero basati su interessi tutelati costituzionalmente come limiti all'autonomia regionale. La Corte stabilì che, in questi casi, potessero riscontrarsi interessi in grado di permettere allo Stato, quando ricorressero le necessarie condizioni di forma e di sostanza per un intervento sostitutivo, di superare eccezionalmente la separazione di competenza tra lo Stato stesso e le Regioni stabilita dalla Costituzione (o dagli Statuti speciali) nelle materie attribuite all'autonomia regionale (o provinciale). Nella sentenza in commento, vennero richiamate implicitamente le ipotesi, individuate nella precedente giurisprudenza, alle quali era possibile agganciare l’esercizio di poteri sostitutivi: la tutela di valori costituzionali primari (l’ambiente, la salute, ecc.), la funzione di indirizzo e coordinamento, gli obblighi internazionali e comunitari.

Nella sentenza n. 177 del 1988, la Corte costituzionale individuò quali presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi statali nei confronti delle Regioni: la riserva di legge; il collegamento con posizioni di controllo o di vigilanza, per cui i poteri sostitutivi possono esser esercitati dallo Stato soltanto in relazione ad attività regionali sostanzialmente prive di discrezionalità "nell'an" (anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo), ora perché sottoposte per legge (o norme equiparate) a termini perentori, ora per la natura degli atti da compiere, nel senso che la loro omissione risulterebbe tale da mettere in serio pericolo l'esercizio di funzioni fondamentali ovvero il perseguimento di interessi essenziali che sono affidati alla responsabilità finale dello Stato; la titolarità in capo ad un'autorità di governo, nello specifico senso di cui all'art. 92 Cost., dal momento che questo è il piano costituzionalmente individuato per l'adozione di indirizzi o di direttive verso l'amministrazione regionale e per la vigilanza e il controllo nei confronti dell'attuazione regionale dei principi o dei vincoli legittimamente disposti a livello nazionale; la previsione di garanzie, sostanziali e procedurali, rispondenti ai valori fondamentali cui la Costituzione informa i rapporti Stato – Regioni e, specialmente, al principio della "leale cooperazione". Nella giurisprudenza successiva, la Corte costituzionale individuò quali ulteriori presupposti la temporaneità della misura sostitutiva (ordinanza n. 1000 del 27 ottobre 1988), il rispetto del principio di proporzionalità, l’invio della diffida ad adempiere (sentenza n. 416 del 1995).

In definitiva, prima della riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, la giurisprudenza della Corte costituzionale descrisse il potere sostitutivo come un potere straordinario, nel senso che esso

fondamento costituzionale fu individuato dalla giurisprudenza costituzionale nel cd. interesse nazionale, combinato all’esigenza di assicurare piena tutela a valori costituzionali di primario rilievo, anche al di là del riparto di competenze fissato dagli artt. 117 e 118 Cost.

Per quanto riguardava invece gli Enti locali, questi erano titolari delle funzioni amministrative attribuite dallo Stato nelle materie di competenza delle Regioni ex art. 128 Cost., e delle funzioni amministrative delegate ad essi dalle Regioni ex art. 118, comma 3, Cost. In parallelo, lo Stato era titolare del potere sostitutivo in relazione alle funzioni amministrative attribuite ex art. 128 Cost., che si giustificava con l’esistenza di poteri di vigilanza e di controllo nei confronti degli Enti locali6. Le Regioni erano invece titolari di poteri sostitutivi in relazione alle funzioni delegate ex art. 118, comma 3, Cost., che trovava il suo fondamento nell’esistenza di un rapporto di delega tra la prima e i secondi.

Dopo la riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, il sistema costituzionale si rinnova. Sul piano legislativo, lo Stato è titolare della potestà legislativa esclusiva nelle materie enumerate dall’art. 117, comma 2, Cost., mentre le Regioni sono titolari di potestà legislativa concorrente nelle materie di cui all’art. 117, comma 3, e residuale nelle materie di cui all’art. 117, comma 4, Cost.. Le novità più rilevanti sono però sul piano amministrativo7: la Costituzione abbandona il principio del parallelismo quale criterio rigido di allocazione delle funzioni amministrative in favore di un criterio flessibile, basato sul principio di sussidiarietà, temperato da quelli di adeguatezza e di differenziazione.

Il risultato più evidente prodotto dalla riforma è quello di spezzare la corrispondenza che esisteva tra la titolarità dei poteri legislativi e la titolarità dei poteri amministrativi, che ora intraprendono percorsi diversi8. Mentre i poteri legislativi continuano a seguire la ripartizione per materie, quelli amministrativi sono ripartiti in base ai predetti principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.

consentiva allo Stato di intervenire in ambiti (le funzioni amministrative trasferite alle Regioni ex art. 118, comma 1, Cost.) che sarebbero stati ad esso preclusi, fondando tale intervento sul presupposto dell’esistenza di un interesse nazionale.

6

Si vedano comunque le precisazioni effettuate nei paragrafi successivi.

7

Si vedano: Bin R., Il nodo delle funzioni amministrative, in www.associazionedeicostituzionaisti.it; Sorace D., La disciplina generale dell’azione amministrativa

dopo la riforma del Titolo V della Costituzione. Prime considerazioni, in Le Regioni, 2002, 4, p. 757 ss.;

Bin R., La funzione amministrativa nel Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2002, 2-3, p. 365 ss.; Falcon G., Funzioni amministrative ed Enti locali nei nuovi artt. 118 e 117 della Costituzione, in Le

Regioni, 2002, 2-3, p. 382 ss.; Marini F.S., Il nuovo Titolo V: l’epilogo delle garanzie costituzionali sull’allocazione delle funzioni amministrative, in Le Regioni, 2002, 2-3, p. 399 ss.; Follieri E., Le funzioni amministrative nel nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, in Le Regioni, 2003, 2-3, p.

438 ss.; Urbani P., L’allocazione delle funzioni amministrative secondo il Titolo V della Cost., in Le

Regioni, 2003, 2-3, p. 459 ss.; Fracchia F., Le funzioni amministrative nel nuovo art. 118 della Costituzione, in Il diritto della Regione, 2003, 2-3, p. 239 ss.; Bifulco R., Le Regioni e la lotta per l’amministrazione, in Le Istituzioni del Federalismo, 2003, 3-4, p. 515 ss.; Celotto A., Sarandrea A., Le funzioni amministrative, in Groppi T., Olivetti M., La Repubblica delle autonomie, Torino, 2003, p. 177

ss.; Sciullo G., Il federalismo amministrativo e l’attribuzione di funzioni, in www.federalismi.it, 2005, 11; Martines T., Ruggeri A., Salazar C., Lineamenti di diritto regionale, Milano, 2005, p. 215 ss.

8

Sul punto si veda quanto scritto da Falcon G., “il baricentro dell’art. 118 Cost., e il suo vero

aspetto innovativo, è l’eliminazione di qualunque titolarità costituzionale (statale o regionale) a priori di funzioni amministrative e la codificazione costituzionale di quel nucleo di principi che nel testo sono espressi con le parole sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”, in Funzioni amministrative ed Enti locali nei nuovi artt. 118 e 117 della Costituzione, in Le Regioni, 2002, 2-3, p. 393 ss.

Documenti correlati