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Quasi tutti gli studi sull'ablazione della FA hanno incluso analisi volte ad individuare eventuali predittori di successo o insuccesso della procedura a lungo termine. A tal proposito è stata condotta nel 2010 una metanalisi che ha messo insieme dati provenienti da 45 studi riguardanti l'ablazione della FA, nella quale vengono analizzate singolarmente le più importanti variabili della popolazione sottoposta ad ablazione (268). Tra queste variabili le più studiate sono l'età, il sesso, la tipologia di FA, la FE%, il diametro atriale sinistro, la durata dell'aritmia e la presenza di cardiopatia strutturale. Tra le caratteristiche più studiate vi è la tipologia di FA (parossistica o non parossistica). La quasi totalità degli studi ha trovato un maggior rischio di recidive per le forme persistenti e permanenti (hazard ratio compreso tra 1,8 e 22). Anche gli studi che non raggiungono una significatività statistica mostrano tuttavia una tendenza uniforme verso queste conclusioni.

Più difficile è valutare l'impatto della FE% sulla probabilità di recidiva post-ablazione. La maggior parte degli studi non ha arruolato pazienti con FE<40% pertanto è difficile ponderare il peso statistico di questa variabile in modo significativo. Tuttavia 5 studi tra quelli inclusi nella metanalisi ha mostrato una correlazione significativa tra bassa FE% e probabilità di recidiva.

Molti studi hanno poi valutato il diametro dell'atrio sinistro quale predittore di recidiva. Solo 4 studi su 20 hanno però dimostrato una correlazione significativa tra diametro atriale e probabilità di recidiva. Anche qui va ricordato tuttavia la mancanza di

sufficiente eterogeneità in letteratura, avendo la maggior parte dei lavori coinvolto solo pazienti con diametro atriale sinistro < 60 mm.

Una correlazione statisticamente significativa è stata trovata anche per la presenza di cardiopatia strutturale, per l'età e per l'ipertensione. Non sono emerse invece differenze di outcome correlate al sesso del paziente.

Più recentemente sono stati eseguiti studi mirati all'individuazione di anomalie qualitative e funzionali del miocardio atriale e del loro possibile ruolo quali markers precoci di progressione della FA. Particolare importanza viene attualmente riservata allo studio della fibrosi atriale, considerata il fenomeno più rilevante che contraddistingue il rimodellamento atriale elettrico e meccanico e che determina la progressione dell'aritmia verso forme persistenti e pertanto meno responsive al trattamento ablativo. L'ipotesi di molti ricercatori è quella che la quantificazione della fibrosi atriale possa predire la probabilità di recidive e pertanto venir utilizzata nella selezione del paziente da sottoporre ad ablazione. I sistemi proposti per studiare la fibrosi atriale sono molteplici. Alcuni si basano su parametri ecocardiografici, quali la riflettenza ultrasonografica delle pareti atriali, parametro che ha mostrato un valore predittivo nei confronti delle recidive post-ablazione (269). Altro parametro ecocardiografico che è stato utilizzato come marker di fibrosi è il tempo di attivazione elettromeccanica (total atrial conduction time – TACT) ovvero la latenza tra l'inizio dell'onda P e l'onda a' vista al TDI. Questo parametro è stato validato come marker di fibrosi in uno studio eseguito su prelievi bioptici atriali di pazienti sottoposti a cardiochirurgia e messo in relazione ad un aumentata probabilità di FA post-operatoria (270)

. Un altro gruppo ha poi dimostrato che lo stesso parametro (TACT) può essere utilizzato, nei pazienti sottoposti ad ablazione di FA, quale predittore di recidive aritmiche (271). Le stesse conclusioni sono state confermate in un recente lavoro in cui un calcolo delle probabilità basato su volume atriale sinistro e TACT è risultato fortemente predittivo di recidive post-ablazione (272).

Altro parametro ecocardiografico messo in relazione con la fibrosi atriale e con la probabilità di recidive post-a lazione è lo strain atriale (ε , ovvero la deformazione del miocardio atriale calcolato mediante metodica spekle tracking (273-274-275).

Altri parametri di fibrosi studiati sono quelli ematochimici, tra questi il TGF-β è quello meglio conosciuto. Questa molecola è riconosciuta come importante mediatore chimico in grado di indurre fibrosi. La sua concentrazione plasmatica pre-operatoria è stata correlata alla presenza di fibrosi atriale all'esame bioptico di campioni prelevati in pazienti sottoposti a cardiochirurgia, ed un alta concentrazione si è dimostrata predittiva di persistenza di FA a distanza dell'intervento (276). Simili conclusioni sono emerse anche per pazienti sottoposti ad ablazione di FA, dove elevati valori di TGF-β hanno mostrato una correlazione significativa con le recidive a lungo termine (277). In un recente lavoro un altro gruppo ha testato in 400 pazienti sottoposti ad ablazione di FA la concentrazione di C-TGF (connective tissue growth factor), dimostrando che la concentrazione basale pre-ablazione di questa molecola è un fattore di rischio indipendente di recidive aritmiche post-ablazione (278). Negli ultimi anni lo studio della fibrosi atriale e del suo impatto sull'outcome post-ablazione si è avvalso dell'utilizzo della MRI. Questa può caratterizzare in modo raffinato non solo le dimensioni e la funzione atriale, ma anche le proprietà tissutali ed in particolare la fibrosi mediante LGE (late gadolinium enanchement). In uno studio del gruppo di McGann C. et al., pubblicato a febbraio 2014, la correlazione esistente tra fibrosi atriale e LGE è stata

dimostrata grazie a prelievi bioptici su 9 pazienti sottoposti a cardiochirurgia e precedente MRI (279). Nello stesso lavoro gli autori hanno poi sottoposto 426 pazienti ad ablazione transcatetere della FA previa esecuzione di MRI con studio del LGE. Al termine di un follow-up di 12 mesi i pazienti con estesa fibrosi atriale (LGE > 30% delle pareti atriali) hanno mostrato una maggior incidenza di recidive aritmiche. Gli autori hanno quindi affermato che lo studio della fibrosi atriale mediante MRI è un sistema valido e sensibile per predirre il successo dell'ablazione e che questo parametro risulta più predittivo rispetto alle dimensioni atriali sinistre o alla tipologia di FA (parossistica o persistente). Alle stesse conclusioni è giunto il gruppo di Marrouche NF et al. che ha recentemente pubblicato uno studio prospettico multicentrico eseguito su 260 pazienti sottoposti a MRI e successiva ablazione (280). Anche qui la fibrosi atriale quantificata mediante LGE si è rilevata un predittore indipendente di recidive aritmiche a lungo termine.

2. 7 IMPATTO DELL'ABLAZIONE SULLE DIMENSIONI E SULLA