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prefazione di Maria Antonietta Gri gnani, Firenze, Accademia della Cru-

Nel documento Toscana (pagine 59-61)

sca, 2008, pp. 452.

Tra gli ultimi prodotti della collana «Grammati- che e lessici» dell’Accademia della Crusca, il vo- lume si apre con la prefazione di Maria Antonietta Grignani (pp. 5-10), in cui si riassumono breve- mente la posizione di Gigli all’interno della pole- mica tra Siena e Firenze per l’assunzione dell’una o dell’altra varietà a modello di lingua nazionale e le vicende legate alla genesi e alla pubblicazione del Vocabolario Cateriniano (V.C.). Segue l’In-

troduzione della curatrice, che, nelle oltre settanta

pagine ripartite in ventitré paragrafi, ripercorre tutta la storia del V.C. e di tutto quanto vi ruota at- torno, comprese le attività e i contatti di Gigli con le istituzioni contemporanee e le sue manovre più o meno spregiudicate. Effettivamente si tratta di un’opera sui generis, sia per le vicende, sia per la personalità del Gigli e l’acredine delle polemiche suscitate: «Opera proibita e troncata in corso di stampa», a volte poco attendibile, misteriosa- mente proseguita, non si sa bene da chi. Il primo tema affrontato da Mattarucco è quello delle di- verse edizioni del V.C., dalla prima del 1717 in- terrotta alla voce Raguardare, alla seconda senza data, ma sicuramente postuma – sono queste le edizioni considerate nel volume –, alla terza di fine Settecento, alla quarta del 1866 a cura di Pie- tro Fanfani. Nel secondo paragrafo si tratta spe- cificamente delle Opere della serafica Santa Ca-

terina da Siena (1707-1721), curate da Gigli, che

costituiscono il fondamento del V.C.. In prima istanza, infatti, il Vocabolario si proponeva come un glossario di sostegno alla pubblicazione. Mat- tarucco esamina poi l’avvio della pubblicazione e della conseguente polemica, i rapporti con gli accademici della Crusca Marmi e Mozzi, que-

st’ultimo allora arciconsolo; la successiva deci- sione di fare dell’elenco di voci cateriniane un vo- cabolario a sé stante con l’aggiunta della testimo- nianza dell’uso di «Scrittori Sanesi, antichi e mo- derni, stampati ed inediti» e anche «d’altri scrit- tori moderni, citati in confermazione o dell’uso della Santa o dell’uso Sanese». Se ne traccia la a storia editoriale un po’ turbinosa con il ritiro di ti- pografi e subentro di altri, la stampa quasi con- temporanea a Lucca e a Roma, la vendita “diretta” proposta da Gigli ad alcuni acquirenti, fino allo scontro con i fiorentini, alla richiesta di radiazione di Gigli dall’Accademia della Crusca, al succes- sivo rogo dell’opera e infine all’«invito» a trasfe- rirsi a Viterbo rivoltogli dal Papa Clemente XI. Dopo aver considerato l’opera e il suo destino, con la conseguente ritrattazione, formulata a più riprese, se ne analizzano partitamente i contenuti, a partire dal titolo: Vocabolario Sanese, per la prima volta nel gennaio 1716, poi Vocabolario

Cateriniano, nel novembre dello stesso anno, ma

anche Apparato all’Opere di Santa Caterina da

Siena; successivamente Vocabolario compilato da Girolamo Gigli sopra i Termini di S. Caterina da Siena, non citati nel Vocabolario della Crusca; e

poi di nuovo Vocabolario Cateriniano. Per quel che riguarda poi l’edizione di “Manilla”, in realtà Lucca, si cerca di stabilirne la data – che sarà da collocare tra la morte di Gigli, avvenuta nel 1722 e la prima menzione conosciuta dell’edizione, che risale al 1774 – il nome del curatore e del conti- nuatore e se questi devono considerarsi una sola persona che la tradizione identifica con Iacopo Angelo Nelli. Si esaminano poi lemmi e voci di cui si riscontra disparità nell’ampiezza e nell’or- ganizzazione stessa della trattazione, la mancanza di sistematicità: «non è sempre ben delimitato il confine tra lemma e glossa, non si capisce dove finisca l’una e dove cominci l’altra» (p. 41). Si nota come in alcuni casi le voci danno vita a veri e propri piccoli trattati, come, ad esempio, pro-

nunzia o verbi, che costituiscono quasi un tratta-

tello di fonetica della varietà toscane l’uno, e di morfologia verbale l’altro. Si osserva anche che le prime voci sono più brevi, mentre le succes- sive, con l’infuocarsi della polemica, tendono a dilatarsi. La curatrice si sofferma sull’effettiva in- cidenza dell’opera di Santa Caterina all’interno delle voci riscontrando come alcune rimandino a luoghi della sua opera, mentre in altri casi si dica

genericamente che erano da essa usate. Si rileva anche la presenza della varietà senese “a prescin- dere” da Caterina: l’uso senese è usato sovente a sostegno della Santa, ma a volte diventa la vera misura dell’opera. Mattarucco cita, tra gli altri, il caso di lengua, forma senza anafonesi tipica del senese posta a lemma, mentre negli scritti di Ca- terina si trova solo lingua. Si sottolinea poi come alle singole voci si possa trovare la distinzione tra ciò che è proprio di Siena, e di Caterina, e ciò che è invece usato nella zona rurale circostante. An- che all’interno della città, nota la curatrice, Gigli opera distinzioni tra ciò che è proprio del «volgo», che può essere anche «basso» o «ple- beo», ovvero «volgaccio», e ciò che è usato dal «volgo nobile». La curatrice illustra anche quanto dell’opera teatrale di Gigli si possa rintracciare di voce in voce. Si considerano poi gli altri scrittori senesi che Gigli dichiara in una tabella bibliogra- fica posta in apertura. Molti corrispondono a quelli del cosiddetto “Manifesto dei XXXVII”, ovvero l’elenco delle opere che lo stesso Gigli aveva in progetto di stampare, ma delle quali sol- tanto le opere di Santa Caterina e quelle di Celso Cittadini videro la luce. Mattarucco esamina la bi- bliografia fornita da Gigli per raggruppamenti:

Scrittori Sanesi del buon Secolo, Scrittori Sanesi più moderni e Altri Scrittori Moderni, citati «in

conformazione [sic] dell’uso della Santa, o del- l’uso Sanese, o pure per dichiarazione d’alcuna cosa» e ne valuta il peso effettivo all’interno delle voci del Vocabolario. Tra le opere ve ne sono an- che alcune partorite dalla fantasia del Gigli, alle quali viene dedicato un paragrafo. Così come si fa cenno alla “politica promozionale” del Gigli il quale richiedeva a scrittori, non solo senesi, di far uso nelle loro opere di voci “cateriniane”, dietro la promessa di citarli nel Vocabolario. Nella se- conda sezione della Bibliografia compaiono i lin- guisti: alle voci in cui essi sono citati, si ha una lettura trasversale delle polemiche linguistiche dell’epoca. La questione della lingua è esaminata non soltanto attraverso la lettura del V.C.: la vita, l’attività di lettore di «Toscana Favella», le opere di Gigli sono esaminate. E sono esaminati i suoi avversari: «il nemico principale» è la Crusca, da cui è stato radiato, che è chiamata «la Parolaja As- semblea» e gli accademici «Eruditi Farinajoli della Tramoggia», mentre il personaggio eletto a principale interlocutore è il bidello, «il Gatta».

Non solo il ricorso al fiorentino letterario è avver- sato da Gigli, ma anche quello al fiorentino par- lato: la gorgia è il vero leitmotiv in negativo del Cateriniano. L’ultima parte della corposa introdu- zione è dedicata alla discontinuità tra la prima e la seconda edizione del V.C.. Per quanto riguarda le parti in comune, se ne commentano le varianti, le quali fanno ragionevolmente ipotizzare un cu- ratore diverso da Gigli per la seconda edizione. Si analizzano poi le differenze tra la prima edi- zione e il compimento, da raguardare in poi, della seconda. Si nota così che gli autori citati, anche quelli presenti in entrambe le parti, non lo sono nello stesso modo: nella prima parte per Dante si cita il De Vulgari Eloquentia, mentre nella se- conda solo il Convivio; così il Boccaccio minore è rappresentato solo dal Filocolo nella prima parte, mentre nella seconda si trovano citazioni dall’Ameto, dal Corbaccio, dall’Elegia di Ma-

donna Fiammetta. E ancora si trovano differenze

formali nella citazione della stessa opera o nel- l’uso decisamente diverso delle abbreviazioni. Si notano poi il modo con cui ci si riferisce all’autore e i riferimenti autobiografici sparsi nell’opera, an- che nella seconda parte. Mentre, secondo l’ipotesi di Migliorini, Gigli avrebbe completato il Voca-

bolario, secondo Mattarucco nel completamento

della seconda edizione ci sono «senz’altro parti del Gigli, ma è possibile che siano state poi rab- berciate da altri». A proposito dell’identificazione del curatore con Iacopo Angelo Nelli Mattarucco afferma: «non ho motivo di dubitare della tradi- zione […] ma neppure ho elementi certi per pro- varla» (p. 88).

Dopo l’introduzione troviamo la riproduzione anastatica dell’edizione di Roma - Lucca del 1717, seguita dalla trascrizione della seconda edizione «in Manilla» (ma Lucca), senza l’indi- cazione della data. Se ne trascrive la Prefazione

Al lettore e la Parte aggiunta da Raguardare alla Z. Seguono i Sommari delle prime due edizioni

affrontati, i quali danno conto dei contenuti e delle variazioni; l’elenco delle Varianti tra la

prima e la seconda edizione e quello delle Va- rianti ricorrenti. In entrambe queste liste si se-

gnala, ove possibile, con asterisco la voce cor- retta o da privilegiare in quanto più coerente con il resto dell’opera. Sono poi riportati gli Altri testi

di Girolamo Gigli collegati al V.C., ovvero la Lettera ad Anton Francesco Marmi, del 3 dicem-

bre 1715, con la richiesta di intercessione presso l’Arciconsolo al fine di ottenere un intervento scritto suo o di «qualche Erudito Accademico, o pure degli Accademici in corpo, di commenda- zione delle prose di S. Caterina», la Ritrattazione del 20 gennaio 1718, quella per l’Accademia

della Crusca e quella del 2 agosto 1721. Inizia

poi la corposa parte degli Indici: l’Indice dei

lemmi, forme e fenomeni registrati nel V.C. con

l’indicazione della pagina, del lemma e del- l’eventuale sottolemma; indice che si rivela uti- lissimo per la consultazione poiché vi sono ripor- tate tutte le forme presenti nelle glosse. Per fare qualche esempio: vi possiamo trovare abbacci-

nare che è riportato solo al lemma Baccino, o ab- ballucciare che si trova sotto il lemma Pronun- zia, al sottolemma Arezzo, o ancora abborrare e abborrire che si trovano s.v. Robba. L’opera pro-

segue con l’Indice dei nomi e delle opere citati

nel V.C. che si rivela assai utile in quanto decisa-

mente più corposo della lista approntata del Gi- gli. Conclude il lavoro una ragguardevole Bi-

bliografia generale. [Matilde Paoli]

Nel documento Toscana (pagine 59-61)