Una riflessione importante riguarda il rapporto tra prescrizione dietetica e disturbi alimentari. Il ricorso alla dieta, come strumento terapeutico, è stato rinforzato nelle ultime decadi dall’incremento del sovrappeso e dell’obesità nella popolazione gene- rale, fin dall’età infantile.
52 Gli stili alimentari e la gestione del sovrappeso in età infantile necessitano di specifi- ca attenzione non solo perché sono fattori predisponenti all’obesità e altre patologie, metaboliche e cardiovascolari, in età adulta (Body mass index in 2,3 million adole- scents… NEJM april 13, 2016), ma anche perché rappresentano un rilevante fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi alimentari in adolescenza.
Studi epidemiologici hanno evidenziato in Italia un’elevata prevalenza di obesità in- fantile, maggiore rispetto a quella di altri paesi europei (Wijnhoven TMA et al. Pedia- tric Obesity 2012).
L’ Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite la “Childhood Obesity Surveillance
Initiative” – COSI (Iniziativa di sorveglianza dell’ obesità infantile) ha raccolto infor-
mazioni circa la diffusione dell’ eccesso ponderale nei bambini dai 6 ai 9 anni in più di trenta Paesi, Italia inclusa, negli anni 2007-08, 2009-10, 2012-13 e 2015-16. L’analisi dei dati dell’ultimo rapporto COSI riferito al 2007-08 e 2009-10 ha riportato la presen- za di un gradiente nord-sud con livelli più alti di sovrappeso/obesità nei Paesi dell'Eu- ropa meridionale.
Lo studio multicentrico internazionale “Health Behaviour in School-aged Children” - Hbsc (Comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare), svolto in collabo- razione con l’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, ha raccolto e analizzato dati di ragazzi di 11, 13 e 15 anni d’ età.
Lo studio Hbsc (riferito ad adolescenti di 11 anni di età) nel 2013-14 ha rilevato che i Paesi dell’Est e del Nord Europa riportano una percentuale di prevalenza di sovrap- peso ed obesità inferiore rispetto ai paesi dell’Europa meridionale:
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Stato Europeo Sesso
Maschi Femmine Malta 38% 32% Grecia 39% 38% Italia 35% 23% Spagna 34% 22% Danimarca 15% 9% Olanda 15% 9% Norvegia 18% 9% Svizzera 17% 12%
Percentuale di prevalenze di sovrappeso/obesità tra gli undicenni
I dati riferiti ai tredicenni ed ai quindicenni riportano percentuali di prevalenze leg- germente inferiori rispetto agli undicenni, ma anche in questo caso i Paesi del Sud Europa hanno valori più elevati rispetto all’Europa del Nord e dell’Est.
Nella pratica corrente, ancora oggi, il trattamento di sovrappeso e obesità in età in- fantile prevede la prescrizione dietetica in senso ipocalorico, ma i risultati di questo approccio non solo sono insoddisfacenti, ma, paradossalmente, sembrano rinforzare stili alimentari incongrui.
Numerosi studi indicano infatti che il ricorso alla dieta e alla restrizione alimentare in età infantile favoriscono l’obesità (Field AE, Austin SB, Taylor CB, et al. Relation between
dieting and weight change among preadolescents
and adolescents. Pediatrics. 2003;112(4):900–906, Stice E, Cameron RP, Killen JD et al. Naturalistic weight-reduction efforts prospectively predict growth in relative weight and onset of obesity among female adolescents. J Consult Clin Psychol. 1999;67(6):967–
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) e l’insorgenza di disturbi alimentari (
Patton GC, Selzer R, Coffey C, Carlin JB, Wolfe R. Onset of adolescent eating disorders: population based cohort study over 3 years. BMJ. 1999;318(7186):765–768).Sulla base di queste evidenze anche le recenti linee guida dell’American Academy of Pediatrics hanno sottolineato come l’uso della restrizione calorica per il controllo del peso corporeo in età infantile sia controproducente per l’obiettivo e rappresenti un fattore di rischio per i disturbi alimentari (Golden NH, Schneider M, Wood C et al. Preventing Obesity and Eating Disorders in Adolescents. Pediatrics, 2016; 138, 3: e20161649)
La riduzione dell’eccessivo apporto energetico rimane un obiettivo necessario per il trattamento del sovrappeso in età infantile, ma l’approccio, più che la semplice pre- scrizione della restrizione calorica al bambino, deve includere strumenti diversi come l’educazione nutrizionale, la gestione degli aspetti psicologici del rapporto con il cibo, la riduzione della sedentarietà con la promozione dell’attività fisica e, soprattutto, la modifica dello stile e delle abitudini alimentari familiari. (Golden NH, Schneider M, Wood C et al. Preventing Obesity and Eating Disorders in Adolescents. Pediatrics, 2016; 138, 3: e20161649; Barlow SE, Dietz WH. Obesity evaluation and treatment: Expert committee recommendations. Pediatrics 1998;102(3):e29.)
Pertanto, nonostante la dieta, intesa come restrizione alimentare, resti lo strumento terapeutico più largamente utilizzato, appare ormai chiaro che la prescrizione di una dieta sia un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi alimentari in adolescenza e, nelle fasi iniziali del disturbo, rappresenti un fattore di rinforzo e successivamente di mantenimento del disturbo stesso.
55 propone il cambiamento in un’area limitata del vissuto, rinforza le preoccupazioni per l’alimentazione, favorisce la passivizzazione e la convinzione di non potersi fidare di sé, non affronta le fobie e le ossessioni relative al cibo tipiche del DA. La dieta ripro- pone meccanismi di controllo e restrizione (pesare gli alimenti, contare le calorie, di- cotomia cibo permesso/cibo proibito) che rinforzano i comportamenti tipici del DA e ne rappresentano fattori di mantenimento, facilitando tra l’altro gli episodi di discon- trollo alimentare. La richiesta di un regime dietetico, frequente da parte di soggetti con DA, può rispondere a un’esigenza di rassicurazione, ma in realtà la focalizzazio- ne su calorie e grammi, mantiene attivo il disturbo, ostacolando l’apprendimento atti- vo e la possibile costruzione di modifiche comportamentali efficaci a medio-lungo termine. (Bauer B, Ventura M Oltre la dieta. 1998, Gowers SG et al. Health Technol Assess 2010)
Per questi motivi uno dei massimi esperti di trattamento dei DA in Italia ha affermato che “nel caso dei DA, la dieta cui molti adolescenti si sottopongono sono considerate un fattore di rischio ma, in alcuni casi, dovrebbe invece essere considerato uno dei primi effetti dell’ansia ingiustificata rispetto al proprio peso corporeo, quindi come un sintomo prodromico “ (M.Cuzzolaro 2012).
Le evidenze disponibili rispetto agli esiti dei trattamenti dei DA permettono all’ ANDID – Associazione Nazionale Dietisti – di sottolineare come la prescrizione di una dieta durante un percorso di Riabilitazione Nutrizionale andrebbe ad aumentare la dipendenza dei pazienti nei confronti dello schema dietetico rigido, rappresente- rebbe una causa dell’aumento di stati di ansia e preoccupazione verso il cibo e le forme corporee, aumenterebbe la probabilità di ricadute, ed in alcuni casi favorirebbe
la comparsa di abbuffate e fenomeni di binge-purging. [38]
56 esperienze di diete prescritte per sovrappeso in età infantile. I nutrizionisti spesso si ritrovano, prima di altri operatori sanitari, ad avere un contatto con ragazzi a rischio di DA, per cui è fondamentale saper riconoscere i primi segni di rischio della patologia. Il nutrizionista, esperto nel trattamento dei DA, svolge un ruolo fondamentale nell’aiutare i pazienti ad affrontare il percorso riabilitativo accettando il cambiamento delle forme corporee, l’integrazione di nuovi cibi nel piano alimentare ed il supera- mento delle ossessioni tipiche del disturbo.
Il ruolo del Dietista nella RN
Nel team multidisciplinare impegnato nel percorso di riabilitazione nutrizionale è fon- damentale la figura del dietista e/o dello Specialista della Nutrizione.
Nelle linee guida sull’intervento nutrizionale nei DA, pubblicate nel Journal of the American Dietetic Association, l’ Associazione Dietetica Americana afferma che “la consulenza nutrizionale, da parte di un dietista registrato (RD) è una componente es- senziale del trattamento di gruppo di pazienti con anoressia nervosa, bulimia nervosa e altri disturbi alimentari” [39,40].
Nell’articolo viene sottolineata l’importanza della collaborazione del dietista all’ inter- no del team multidisciplinare nel fornire la consulenza nutrizionale, nel riconoscere i segni clinici della patologia e nella normalizzazione dello stile alimentare e dello stato di salute.
Inoltre il ruolo del dietista/nutrizionista nella Riabilitazione Nutrizionale in soggetti con DA è delineato dalle indicazioni di numerose Società Scientifiche, come l’American Psychological Association[9], l’Academy for Eating Disorders [41], l’American Aca- demy of Pediatrics [42]; in particolare viene sottolineata l’importanza della figura del dietista/nutrizionista per il riconoscimento precoce dei sintomi prodromici di un DA e per la riabilitazione nutrizionale in corso di malattia.
57 L’ ANDID, sulla base delle indicazioni di linee guida nazionali ed internazionali, rias- sume le caratteristiche primarie del modus operandi e dell’intervento nutrizionale nel trattamento dei DA:
1) porre al centro del proprio intervento il paziente e le sue esigenze; 2) collaborare attivamente con gli altri membri del team;
3) possedere una formazione specifica ed un aggiornamento continuo nell’ambito dei DA;
4) valutare costantemente l’efficacia della sua prestazione.
Il dietista e/o il nutrizionista deve approcciarsi al paziente con una metodologia ap- propriata che deriva da una formazione specifica, tale da poter anche affrontare con- dizioni cliniche particolari. Come detto, infatti, in soggetti con DA, non è raro che complicazioni all’iter terapeutico possano derivare dalla comorbidità con patologie psicologico-pschiatriche, che vanno dalla depressione ai disturbi caratteriali e di per- sonalità.
Gestione del percorso di riabilitazione nutrizionale. Tra gli strumenti operativi di
cui avvalersi nel percorso di riabilitazione nutrizionale rientrano:
- la costruzione dell’alleanza terapeutica, un rapporto di fiducia e collaborazione che rappresenta un presupposto imprescindibile per motivare il paziente, per perso- nalizzare il piano terapeutico e per favorire un esito positivo del trattamento.
- la Valutazione dello stato nutrizionale attraverso tecniche, anche strumentali, di rilevazione antropometrica (valutazione della composizione corporea) e di valutazio- ne della differenza tra introito calorico e dispendio energetico (valutazione del bilan- cio energetico).
58 con l’uso di apparecchiature specifiche, della bioimpedenziometria e della calorime- tria indiretta.
La storia dietetica è utile a ricostruire il rapporto del paziente con l’alimentazione, a rafforzare la compliance al trattamento, e rappresenta uno strumento quantitativo per poter valutare l’introito di energia e di micro- e macronutrienti. L’introito calorico ed il dispendio energetico possono essere valutati anche attraverso delle formule e degli algoritmi predittivi, ma molto efficaci risultano essere tecniche come il recall delle 24 ore ed il diario alimentare.
Da un punto di vista qualitativo, è necessaria la valutazione della modalità del con- sumo dei pasti, delle pratiche di compenso, dei comportamenti compulsivi e di di- scontrollo, dei comportamenti restrittivi, dei pensieri disfunzionali rispetto a forme e peso corporeo, dei segnali di fame e sazietà, della presenza di segni o sintomi a ca- rico dell’apparato digerente, della storia ponderale, delle interazioni farmaco nutrizio- nali, delle correlazioni tra stati emotivi e consumo di cibo, dell’associazione tra cibi specifici e condotte fobiche e ansiose, dell’attività fisica (tipologia, modalità e durata) [43,44].
Da un punto di vista cognitivo e socio-culturale, occorre inoltre valutare le abitudini alimentari familiari, i comportamenti nelle situazioni potenzialmente ansiogene come pasti al ristorante, fast-food, pizzeria, in occasione di ricorrenze familiari e sociali. I dati raccolti rispetto a tutti i parametri citati, inclusi lo stato di adesione del paziente alle cure, il monitoraggio degli indicatori e il raggiungimento degli obiettivi concordati, vengono riportati sulla cartella clinica e sono consultabili da tutti i membri del team. Per tutti questi motivi è necessario che il dietista/nutrizionista possieda una formazio- ne specifica approfondita nell’ambito dei DA al fine di avere figure professionali dota- te di un elevato livello di competenze. A riguardo l’ANDID si è espressa in tal modo: …” il modello tradizionale, in cui la maggior parte dei professionisti si sono formati, ha
59 fornito concrete soluzioni per la maggior parte delle patologie, mentre nel campo dei DA, considerato l’elevato grado di insuccessi, si devono ridefinire i ruoli di tutti i pro- fessionisti.”
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