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TERAPIA SOSTITUTIVA RENALE: L'EMODIALISI IN MEDICINA VETERINARIA

3.6 PRESCRIZIONE DELL'EMODIALIS

Sebbene l'obiettivo generale del trattamento emodialitico sia quello di controllare i sintomi uremici, gli obiettivi specifici variano in base alla situazione. I componenti di una prescrizione di dialisi includono la modalità (ad esempio intermittente vs continua), la pianificazione (cioè trattamento giornaliero o a giorni alterni), l'intensità (ovvero la quantità di sangue trattato, la clearance convettiva e il flusso dialisi), il tipo

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di filtro dializzatore e la sua dimensione, la composizione del dialisato e la velocità di UF.

Prescrivere un intervento di emodialisi richiede la capacità di predire l'adeguatezza del trattamento: ovvero, dopo aver analizzato con estrema attenzione le condizioni del paziente, è necessario porsi un obiettivo e questo obiettivo è la cosiddetta Urea

Reduction Ratio (URR),ovvero il rapporto di riduzione dell'urea, che può essere

ottenuto dalla formula:

(BUN pre trattamento – BUN post trattamento) BUN pre trattamento

Dopo aver determinato l'URR desiderato tramite l'utilizzo di apposite tabelle (tab 2), il numero di litri di sangue da trattare durante la seduta dialitica viene determinato sulla base del peso corporeo del paziente.

1° Trattamento

BUN <200mg/dl BUN 200-300mg/dl BUN > 300mg/dl

URR <0,5 a non più di 0,1 URR per ora URR 0,3-0,5 a non più di 0,1 URR per ora URR <0,3 a non più di 0,05-0,07 URR per ora 2° Trattamento

BUN <200mg/dl BUN 200-300mg/dl BUN > 300mg/dl

URR <0,6-0,7 a non più di 0,01-0,15 URR per ora URR 0,4-0,6 a non più di 0,1-0,12 URR per ora URR <0,4 a non più di 0,05-0,1 URR per ora 3° Trattamento e successivi

BUN <150mg/dl BUN 150-300mg/dl BUN > 300mg/dl

URR >0,8 a più di 0,15 URR per ora URR 0,5-0,6 a 0,1-0,15 URR per ora URR a 0,5-0,6 a meno di 0,1 URR per ora

Tab2: Linee guida per l'impostazione del trattamento emodialitico in base ai valori di BUN del paziente pre trattamento; Tratta da Bartges J and Polzin D, Nephrology and Urology of Small Animals,2011.

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3.7 MODALITA' E PROGRAMMA

In generale, i primi 2 o 3 trattamenti di dialisi sono più brevi per consentire al soggetto di adattarsi gradualmente alle modificazioni indotte dalla procedura. Lo scopo del primo trattamento è quello di diminuire i livelli di azotemia del 25-33%. Questo risultato si ottiene con 1,5-2 ore di dialisi ad una velocità di flusso ematico di 2 ml/kg/minuto. Nei pazienti con grave uremia, è possibile invertire la direzione del flusso del dialisato attraverso il dializzatore, diminuendo il gradiente di concentrazione e l’efficacia del trattamento, in modo da evitare di indurre uno squilibrio dialitico. Il secondo trattamento è più prolungato, solitamente di tre ore, e richiede una velocità di flusso sanguigno di 10 ml/kg/minuto. La riduzione dell’urea risulta intorno al 50% per questo trattamento. A partire dal terzo o quarto intervento, il paziente è di solito abbastanza stabile da poter affrontare un trattamento standard, della durata di 4 ore nel gatto e 5 ore nel cane. Il flusso ematico è solitamente di 15-20 ml/kg/minuto, fino ad un massimo di 500 ml/minuto nel cane e 125 ml/minuto nel gatto. Ciò determina una riduzione dell’urea superiore al 95% della concentrazione di partenza ed espone fino a 50 volte l’intero volume di sangue al dializzatore in un trattamento.

Una volta che i primi trattamenti dialitici hanno normalizzato il livello di azotemia e lo status dei fluidi del paziente, i trattamenti si effettuano tre volte alla settimana sino alla ricomparsa della funzione renale nel caso dell’insufficienza acuta o a tempo indefinito in quella cronica. Quando nei soggetti con insufficienza renale acuta la funzione migliora, possono risultare sufficienti anche solo due trattamenti alla settimana.

Il livello di azotemia aumenta tipicamente fino a meno di 100 mg/dl fra i trattamenti e diminuisce fino a meno di 5 mg/dl al termine della seduta.

Durante la dialisi non è necessaria la sedazione. I cani vengono contenuti con una pettorina fissata lassamente al tavolo da trattamento; i gatti sono di solito lieti di restare tranquillamente seduti in una scatola o un trasportino riscaldati.

La quantità di urea rimossa è direttamente correlata a quella del sangue esposto alla membrana del dializzatore più che alla durata del trattamento di dialisi (Langston et al. 1997).

Nei pazienti ad alto rischio di complicazioni correlate alla rapida rimozione dei soluti, come i soggetti di piccola taglia e quelli con grave uremia (azotemia superiore a 150

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mg/dl), utilizzando una velocità di flusso ematico più lenta per un periodo di tempo più prolungato è possibile rimuovere la quantità desiderata di urea riducendo al minimo le complicazioni (Cowgill and Langston 1996). Se l’occlusione di uno dei due lumi del catetere impedisce un adeguato flusso ematico o se si dispone soltanto di un catetere con un unico lume, è possibile utilizzare la modalità ad ago singolo. Con questa tecnica è possibile effettuare la dialisi attraverso un singolo lume, servendosi di un connettore ad Y ed utilizzando un flusso ematico intermittente. Si tratta di un metodo meno efficiente di quello a flusso continuo (modalità a doppio ago), ma offre un’alternativa all’immediata sostituzione del catetere o alla sospensione della dialisi. Per prevenire la coagulazione nel circuito extracorporeo, si somministra eparina sotto forma di bolo endovenoso immediatamente prima del trattamento e si continua con un’infusione a velocità costante durante la terapia. Il dosaggio viene regolato in modo da ottenere il tempo di coagulazione attivata (ACT) desiderato di 1,5-2 volte il valore normale. L’ACT viene misurata di routine prima e durante ciascun trattamento al fine di guidare la terapia con eparina.

I parametri monitorati di routine prima e dopo ogni singolo trattamento di dialisi sono rappresentati da peso corporeo, temperatura, ematocrito, azotemia e concentrazioni di creatinina. La pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e l’ACT vengono controllati ripetutamente durante ogni seduta. Altri parametri (ad es., frequenza respiratoria, saturazione di ossigeno, variazioni del volume di sangue) sono monitorati a seconda della necessità sulla base del singolo paziente e delle apparecchiature disponibili (Langston, 2003).

3.8 COMPLICAZIONI

Poiché l’emodialisi è una procedura tecnicamente complessa eseguita su pazienti in condizioni critiche, esistono numerose potenziali complicazioni (ad es., ipotensione, squilibrio dialitico, disfunzioni respiratorie, emorragia, trombosi) che possono essere dovute alla procedura stessa dell’emodialisi o all’uremia sottostante.

 Ipotensione:

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di ciascun trattamento vengono rimossi dal paziente da 60 a 200 ml di sangue (fino al 30% del volume totale) quando il circuito extracorporeo viene riempito, è prevedibile un calo della pressione sanguigna, specialmente nei pazienti più piccoli. Il sangue rimosso viene simultaneamente rimpiazzato da un uguale volume di soluzione fisiologica (NaCl allo 0,9%, nei cani di media o grossa taglia) o destrano al 3% (nei gatti e nei cani di piccola taglia), nel tentativo di mantenere un’adeguata pressione sanguigna.

L’esposizione del sangue a certi tipi di membrane da dialisi può indurre una reazione infiammatoria che conduce ad ipotensione.

Inoltre, l’ipotensione può essere dovuta ad un’aggressiva velocità di rimozione di fluidi mediante ultrafiltrazione, che può far sì che l’allontanamento dei liquidi stessi dallo spazio vascolare sia più rapido di quello che può essere compensato dallo spazio interstiziale.

Il continuo monitoraggio del volume ematico durante l’emodialisi può consentire di prevedere l’insorgenza di episodi ipotensivi indotti dalla rapida ultrafiltrazione.

Un sensore ottico posto sulla via di passaggio del sangue effettua la misurazione dell’ematocrito. In assenza di una trasfusione o di una perdita di sangue durante il trattamento, le variazioni dell’ematocrito riflettono quelle del volume dell’acqua nel plasma. La valutazione della velocità di cambiamento può consentire di intervenire (ad es., rallentando temporaneamente o arrestando l’ultrafiltrazione o somministrando fluidi) prima che si verifichino delle complicazioni a carico del paziente (Elliott and Cowgill, 2001).

 Complicazioni neurologiche:

La sindrome di disequilibrio dialitico (DDS- Dialysis Disequilibrium Syndrome) è una seria manifestazione neurologica indotta da una rapida dialisi in animali con una severa azotemia. La patogenesi della DDS non è completamente chiara, ma culmina con edema cerebrale e una potenziale erniazione del tronco cerebrale (Cowgill and Francey, 2004).

E' causata da rapide variazioni indotte dalla dialisi nella composizione del sangue. La patogenesi di questa condizione può essere dovuta al fatto che l’urea viene rimossa dal comparto ematico più rapidamente di quanto non possa diffondere dal comparto intracellulare nel sangue. Il gradiente osmotico che ne deriva provoca un

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rigonfiamento intracellulare ed i segni clinici sono correlati all’edema cerebrale. Una teoria alternativa chiama in causa la rapida correzione dell’acidosi metabolica da parte del bicarbonato presente nel dialisato, che conduce ad un’acidosi paradossa del sistema nervoso centrale (Cowgill and Langston 1996). I segni clinici possono essere rappresentati da agitazione, disorientamento, crisi convulsive, coma o morte.

Il trattamento consiste nel correggere il gradiente osmotico mediante infusione di mannitolo e rallentare o arrestare la sessione di emodialisi e nella somministrazione di Diazepam per contrastare le crisi convulsive (Cowgill and Francey, 2004).

La prevenzione si attua rallentando la correzione dell’uremia nei primissimi trattamenti e somministrando mannitolo a scopo profilattico nei pazienti ad alto rischio.

I soggetti con encefalopatia uremica o ipertensiva possono mostrare gli stessi segni clinici.

 Complicazioni respiratorie:

Nei soggetti oligurici od anurici sono comuni l’edema polmonare o il versamento pleurico come conseguenza di un sovraccarico di fluidi.

La polmonite uremica può esitare in una lieve o grave compromissione respiratoria, ma può migliorare con l’emodialisi (Brenner and Lazarus, 1994).

L’esposizione del sangue alla membrana dialitica, ed in particolare alle membrane cellulosiche, attiva il complemento, causando il ristagno dei neutrofili e delle piastrine nei capillari polmonari, ostacolando così la diffusione dell’ossigeno. Benché queste alterazioni regrediscano entro alcune ore dall’inizio dell’emodialisi, la compromissione può provocare una dispnea clinicamente significativa in un paziente con disfunzione polmonare preesistente.

Il tromboembolismo polmonare che origina dal catetere da emodialisi, può causare una grave compromissione respiratoria. Nonostante l’accurata attenzione prestata alla somministrazione di anticoagulanti, l’emorragia rappresenta una potenziale complicazione dell’emodialisi. Il sanguinamento a livello del campo operatorio di inserimento del catetere o da ulcere gastroenteriche può richiedere la trasfusione di sangue. L’emorragia polmonare o cerebrale può avere conseguenze catastrofiche.

 Problematiche con gli accessi vascolari:

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in altri materiali, qualsiasi impianto intravascolare comporta un rischio di trombosi. In medicina veterinaria, non è raro il riscontro di trombi che aderiscono alla punta del catetere e si estendono nell’atrio destro se il catetere viene lasciato in posizione per più di tre settimane. Questi trombi tendono ad aderire alla parete dell’atrio e possono venire endotelizzati; tuttavia, possono esitare in un tromboembolismo polmonare. Se i trombi si formano intorno ad un catetere inserito nella vena cava, si può avere lo sviluppo di un edema facciale.

Di solito si somministrano basse dosi di acido acetilsalicilico per diminuire l’attivazione piastrinica e, quindi, minimizzare la formazione dei trombi (Langston, 2003) e si attua un trattamento preventivo eparinizzando il catetere prima di ogni sessione emodialitica (stando attenti al dosaggio per non incorrere in emorragie) (Bartges and Polzin, 2011).

 Complicazioni tecniche:

Con le apparecchiature attuali, il riscontro di complicazioni tecniche (ad es., embolismo di aria, emolisi dovuta ad impropria preparazione del dialisato, fuoriuscita di sangue dovuto alla rottura delle fibre del dialisato o alla struttura portante) è raro.

 Complicazioni gastroenteriche:

Nausea, vomito od inappetenza sono segni molto comuni in animali uremici e possono essere anche complicazioni indotte dallo stato ipotensivo che spesso si riscontra durante il trattamento emodialitico, dalla DDS, o ancora essere conseguenza di una contaminazione del dialisato.

Con un trattamento emodialitico adeguato, questi segni possono essere tenuti sotto controllo, anche se la terapia aggressiva con farmaci (quali antiemetici, bloccanti dei recettori H2 per l'Istamina, inibitori delle pompe protoniche) si rivela spesso necessaria. E' possibile anche posizionare un sondino esofageo in concomitanza del posizionamento del catetere per la dialisi, per l'alimentazione forzata del soggetto (Fisher et al, 2004; Ross 2010).

 Complicazioni ematologiche:

Anemia → è un reperto molto diffuso nei pazienti in dialisi, anche in quelli con danno renale acuto. Ci sono diverse fonti di perdite ematiche tra cui: emorragie gastrointestinali, campioni di sangue per la diagnostica, e la frazione che rimane nel dializzatore.

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Inoltre, l'anticoagulante necessario per la dialisi può aumentare il rischio di emorragie. Per di più i tempi di sopravvivenza dei globuli rossi si riducono significativamente in corso di uremia.

I pazienti in dialisi non sono in grado di far fronte ad un adeguato rinnovo di globuli rossi principalmente a causa della carenza di produzione di eritropietina ed in più le tossine uremiche e l'infiammazione inibiscono l'eritropoiesi.

Il trattamento dell'anemia con andamento acuto nei pazienti in dialisi si traduce generalmente in una trasfusione di sangue; in caso di emergenza si può utilizzare anche l'oxiglobina. Molti pazienti che ricevono dialisi di alcune settimane trovano beneficio con la somministrazione di stimolatori dell'eritropoiesi quali la

darbopoietina. La somministrazione di ferro è di fondamentale importanza per

ottenere una risposta adeguata alla terapia con darbopoietina, poiché le perdite di ferro nel paziente in dialisi sono 3-6 volte più elevate rispetto al paziente normale (Schmidt and Besarab 2008).

 Infezioni:

Le infezioni sono la seconda causa più comune di mortalità nei pazienti umani in dialisi, rappresentando il 14% dei decessi (Evers 1995; Tokars et al.2005, Katneni and Hedayati 2007). Attualmente non sono disponibili dati in campo veterinario, sebbene la prevalenza di tale complicazione sembri essere simile o superiore.

I batteri più comunemente isolati da infezioni del catetere ed associati a batteriemia nell'uomo sono rappresentati da Staphylococcus aureus e da stafilococchi coagulasi negativi (Tokars et al. 2005; Katneni and Hedayati 2007)

Nei pazienti veterinari, metà delle colture ematiche da CVC (comprese colture di sangue e/o soluzione eparinata contenuta all'interno del catetere e a livello della punta) presentano Staphylococcus spp., mentre il 32% delle colture positive correlate al catetere (dati non pubblicati, Langston 2008) comprendono microorganismi gram- negativi.

 Disordini elettrolitici e acido-base:

L'iperkaliemia è di solito associata ad anuria o grave oliguria. Nel paziente oligurico in dialisi cronica, tuttavia, l'iperkaliemia tende a verificarsi solo quando la GFR residua è inferiore al 10% (Allon 2005). I pazienti con danno renale acuto hanno più probabilità di sviluppare iperkaliemia rispetto a quelli con malattia cronica, in quanto un rene in

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condizioni croniche può compensare aumentando l'escrezione di potassio. I fattori che contribuiscono all'iperkaliemia, oltre alla limitata capacità del rene di eliminare potassio, includono alcuni farmaci [ACE inibitori, diuretici risparmiatori di potassio, (spironolattone, amiloride, triamterene) inibitori delle prostaglandine, eparina, beta- bloccanti non specifici (propranololo), alte dosi di penicillina potassica], la carenza di aldosterone, l'acidosi metabolica e l'alta assunzione di potassio con la dieta. LE diete renali comunemente utilizzate sono integrate con potassio.

Il potassio è una molecola molto piccola che quindi viene rapidamente rimossa durante la dialisi. L'utilizzo di un dialisato privo di potassio (potassium free) è in grado di normalizzzare i livelli di potassio sierico. Nel trattamento dialitico acuto il livello sierico tende a normalizzarsi alla fine della terapia. Una volta terminata la seduta emodialitica i livelli sierici di potassio tenderanno ad aumentare di nuovo per effetto rebound. Di solito, dopo il secondo o terzo trattamento di dialisi, il rebound di potassio si riduce significativamente. Per avere un miglior controllo del potassio con un solo trattamento è preferibile optare per SLED (sustained low-efficiency dialysis) o CRRT. Le anomalie ecocardiografiche correlate ad iperkaliemia iniziano a migliorare entro i primi 15 minuti di dialisi, anche se la concentrazione di potassio non è ancora completamente normalizzata. Dall'esperienza clinica di diversi autori il trattamento dell'iperkaliemia con agenti che dislocano il potassio a livello intracellulare (cioè insulina, destrosio e bicarbonato) entro un'ora o due prima del trattamento dialitico limita la rimozione totale corporea di potassio durante la dialisi.

Nei pazienti con iperkaliemia cronica tra i trattamenti dialitici, può essere somministrato per via orale o rettale il polistirene sulfonato di sodio (Kayexalate, Sanofi-Aventis, Bridgewater, NJ) i cui effetti collaterali includono anoressia, vomito, costipazione, ipopotassiemia, ipocalcemia e ipernatriemia.

Le anomalie ecocardiografiche di solito non si manifestano a una concentrazione di potassio inferiore a 6,5 mEq/l. Il primo cambiamento ECG riguarda l'onda T più appuntita. Sopra 6,5 mEq/l, si nota un allargamento del complesso QRS. Sopra gli 8-9 mEq/l può instaurarsi un ritmo sopraventricolare e le onde P non sono evidenti. Sopra i 10 mEq/l appare il classico tracciato ad onda sinusoidale, e la fibrillazione ventricolare nonché l'asistolia sono imminenti (Parham et al. 2006).

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maggiori probabilità di indurre cambiamenti sintomatici elettrocardiografici rispetto ad un evento cronico.

L'acidosi metabolica si instaura a causa di un deficit del rene ad espellere una quantità adeguata di acido e riassorbire bicarbonato. Il trattamento dialitico corregge l'acidosi con due metodi. In primo luogo rimuove i soluti acidi organici ed inorganici; in secondo luogo, il bicarbonato proveniente dal dialisato diffonde nel sangue per tamponare gli acidi ritenuti.

La concentrazione standard di bicarbonato in medicina veterinaria è di 30 mEq/l. Infine il magnesio è un catione bivalente che viene escreto per via renale: l'ipermagnesiemia è una condizione che può manifestarsi in corso di insufficienza renale e che può essere corretta con la dialisi (Bartges and Polzin, 2011).

3.9 SOPRAVVIVENZA

La sopravvivenza globale di cani e gatti trattati con emodialisi per AKI è del 41-52%, ma l'esito positivo del trattamento dipende molto dall'eziologia: in generale il danno renale ad eziologia ischemica o infettiva ha una prognosi migliore rispetto a quello derivato da tossici (Langston et al, 1997, Adin e Cowgill 2000; Francey e Cowgill 2002; Fischer et al, 2004; Pantaleo et al, 2004; Francey 2006) (Tab 3).

Tra i pazienti deceduti, circa la metà muoiono o vengono sottoposti ad eutanasia per cause extrarenali (ad esempio pancreatite o complicazioni respiratorie).

Circa un terzo dei sopravvissuti sono sottoposti invece ad eutanasia a causa del fallimento del recupero della funzione renale (definita dal ritorno a valori normali di creatinina sierica) mentre l'altra metà rimane affetta da insufficienza renale cronica (Chronic Kidney Disease – CKD).

60 Causa Percentuale di sopravvivenza Ostruttiva (gatto) 70-75%

Infettiva 58-86% Metabolica/Emodinamica 56-72% Altro 29-56% Tossica 18-35%

Tab 3: Percentuale di sopravvivenza dei pazienti veterinari sottoposti a terapia dialitica, in relazione alla causa del danno renale, tratta da Bartges J and Polzin D, Nephrology and Urology of Small Animals, 2011.

E' stato sviluppato un sistema clinico di punteggio per la previsione dell'esito in cani con AKI sottoposti ad emodialisi. Il modello si basa su dati che sono comunemente disponibili prima dell'inizio della dialisi durante la visita clinica ed indipendenti dalla causa scatenante, sebbene la conoscenza della specifica eziologia, che spesso non è nota inizialmente, migliori l'accuratezza della previsione. Tuttavia, tale sistema di punteggio non è ancora stato convalidato e quindi non può ancora essere utilizzato quale unico criterio nel processo decisionale di scelta di un candidato all'emodialisi (Segev et al, 2008).

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CAPITOLO 4

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