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Presentazione del modello

Capitolo 3: DSGE models prima della crisi: Modelli New Keynesiani

3.2 Presentazione del modello

Nell’economia considerata esistono due tipi principali di agenti economici: famiglie e imprese.

Le numerose frizioni inserite nel modello vanno ovviamente ad influenzare le decisioni prese dagli agenti economici.

Le famiglie ottimizzano la loro funzione obiettivo, rappresentata da una funzione di utilità non separabile, basata su due argomenti: beni (da consumare) e lavoro, su di un orizzonte temporale infinito.

Nella funzione obiettivo il consumo dipende da una variabile di comportamento esterna e variabile nel tempo, mentre il lavoro è differenziato all’unità, da ciò deriva un potere di monopolio sui salari, che risulta esplicitato nell’equazione dei salari, e permette l’introduzione di salari nominali vischiosi.

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Dati i costi di aggiustamento del capitale, le famiglie decidono quanto capitale prestare alle imprese e quanto capitale accumulare (risparmiare).

Le imprese producono diversi beni, e decidono in merito ai fattori di produzione, ovvero quanta forza lavoro utilizzare nella produzione, e quanto capitale prendere a prestito. Inoltre, stabiliscono i prezzi, che sono funzione dei costi marginali attesi, e dipendono sia dai salari attesi che dal tasso di inflazione.

Il vincolo alle risorse disponibili è dato dalla seguente equazione:

𝑦𝑡 = 𝑐𝑦𝑐𝑡+ 𝑖𝑦𝑖𝑡+ 𝑧𝑦𝑧𝑡+ 𝜀𝑡𝑔 (3.1)

Da cui risulta che il prodotto finale (yt) è assorbito da:

➢ consumo (ct);

➢ investimento (it);

➢ costo di utilizzo del capitale, che è funzione del tasso di utilizzo del capitale (zt);

➢ perturbazioni sulla spesa esogena (𝜀𝑡𝑔).

Inoltre, abbiamo che cy è la quota di consumo sul prodotto finito nello stato stazionario,

ed è data da:

𝑐𝑦 = 1 − 𝑔𝑦− 𝑖𝑦 (3.2)

Dove:

➢ gy è il rapporto esogeno tra spesa e prodotto finito di stato stazionario;

➢ iy è il rapporto esogeno tra investimento e prodotto finito di stato stazionario.

Inoltre:

𝑔𝑦 = (𝛾 − 1 + 𝛿)𝑘𝑦 (3.3)

Dove:

➢ 𝛾 è il tasso di crescita di stato stazionario; ➢ 𝛿 è il tasso di deprezzamento del capitale;

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Infine:

𝑧𝑦 = 𝑅𝑘𝑘𝑦 (3.4)

Dove:

➢ 𝑅𝑘 è il tasso a cui viene prestato il capitale in stato stazionario.

La spesa esogena segue la seguente equazione:

𝜀𝑡𝑔 = 𝜌𝑔𝜀𝑡−1𝑔 + 𝜂𝑡𝑔+ 𝜌𝑔𝑎𝜂𝑡𝑎 (3.5)

Questo perché nel momento in cui si andrà a stimare il modello, la spesa esogena includerà anche le esportazioni nette, che dipendono a loro volta dalla produttività. Il consumo (ct) è dato dalla seguente equazione:

𝑐𝑡= 𝑐1𝑐𝑡−1+ (1 − 𝑐1)𝐸𝑡𝑐𝑡+1+ 𝑐2(𝑙𝑡− 𝐸𝑡𝑙𝑡+1) − 𝑐3(𝑟𝑡− 𝐸𝑡𝜋𝑡+1+ 𝜀𝑡𝑏) (3.6) Dove: ➢ 𝑐1 = (𝜆 𝛾⁄ ) (1 + (𝜆 𝛾⁄ ⁄ )) ➢ 𝑐2 = [(𝜎𝑐− 1)( 𝑊∗ℎ𝐿∗⁄𝐶∗)] [𝜎𝑐(1+(𝜆 𝛾⁄ ))]] ➢ 𝑐1 = (1 − 𝜆 𝛾⁄ ) (1 + (𝜆 𝛾⁄ ⁄ )𝜎𝑐)

Il consumo corrente dipende quindi da una media pesata dei consumi passati e futuri, dalla crescita attesa delle ore di lavoro (𝑙𝑡− 𝐸𝑡𝑙𝑡+1), dal tasso di interesse reale ex-ante (𝑟𝑡− 𝐸𝑡𝜋𝑡+1) e da un fattore di disturbo (𝜀𝑡𝑏).

Se assumiamo l’assenza di abitudini esterne sul consumo (λ=0) e che il consumo abbia una forma logaritmica (σc=1) avremo che c1=c2=0 e in questo modo otterremo

l’equazione tradizionale del consumo.

Quando invece σc>1 consumo ed ore di lavoro sono complementari all’utilità e il

consumo dipende positivamente dall’ammontare di ore lavorate e negativamente dal tasso di aumento di ore di lavoro atteso.

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Infine, il fattore di disturbo (𝜀𝑡𝑏) rappresenta il differenziale tra il tasso di interesse

controllato dalla banca centrale, e il tasso di rendimento dell’attivo (ROA) detenuto dalle famiglie, possiamo quindi definirlo come il fattore di disturbo sul premio per il rischio. Uno shock positivo a questo differenziale aumenta il ROA richiesto dalle famiglie e riduce il consumo corrente, e al contempo riduce il valore di capitale e investimento.

𝜀𝑡𝑏 = 𝜌𝑏𝜀𝑡−1𝑏 + 𝜂𝑡𝑏 (3.7)

Le dinamiche di investimento sono descritte dalla seguente equazione:

𝑖𝑡= 𝑖1𝑖𝑡−1+ (1 − 𝑖1)𝐸𝑡𝑖𝑡+1+ 𝑖2𝑞𝑡+ 𝜀𝑡𝑖 (3.8) Dove:

➢ 𝑖1 = 1

1+𝛽𝛾(1−𝜎𝑐)

➢ 𝑖2 = [1 1 + 𝛽𝛾⁄ (1−𝜎𝑐)𝛾2𝜑]

➢ 𝜑 è l’elasticità di stato stazionario della funzione del costo di aggiustamento del capitale;

➢ 𝛽 è il fattore di sconto applicato dalle famiglie.

Una maggiore elasticità del costo di aggiustamento del capitale riduce la sensitività dell’investimento (it) al valore reale dello stock di capitale esistente (qt).

➢ 𝜀𝑡𝑖 è la perturbazione della tecnologia specifica del processo di investimento.

𝜀𝑡𝑖 = 𝜌𝑖𝜀𝑡−1𝑖 + 𝜂𝑡𝑖 (3.9)

Il valore del capitale in questa economia è dato da:

𝑞𝑡 = 𝑞1𝐸𝑡𝑞𝑡+1+ (1 − 𝑞1)𝐸𝑡𝑟𝑡+1𝑘 − (𝑟𝑡−∗ 𝐸𝑡𝜋𝑡+1+ 𝜀𝑡𝑏) (3.10)

Dove:

➢ 𝑞1 = 𝛽𝛾−𝜎𝑐(1 − 𝛿) = [((1 − 𝛿) 𝑅

∗𝑘+ (1 − 𝛿))]

Il valore corrente dello stock di capitale dipende positivamente dal suo futuro valore atteso (𝑞𝑡+1), e dal tasso futuro atteso a cui è prestato il capitale 𝐸𝑡𝑟𝑡+1𝑘 , mentre dipende negativamente dal tasso di interesse reale, e dal fattore di disturbo sul premio per il rischio 𝜀𝑡𝑏.

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Dal lato dell’offerta la funzione di produzione aggregata è data da:

𝑦𝑡= 𝜙𝑝(𝛼𝑘𝑡𝑠 + (1 − 𝛼)𝑙𝑡+ 𝜀𝑡𝑎 (3.11)

Il prodotto è ottenuto utilizzando capitale (𝑘𝑡𝑠) e lavoro, misurato in ore lavorate (𝑙𝑡).

Dove:

➢ La TFP è data da:

𝜀𝑡𝑎 = 𝜌𝑎𝜀𝑡−1𝑎 + 𝜂𝑡𝑎 (3.12)

➢ α è la porzione di capitale utilizzata nella produzione;

➢ 𝜙𝑝 è uguale ad 1 più la parte di costi fissi necessari alla produzione, e misura la

persistenza dei costi fissi nella produzione. Il capitale corrente è dato da:

𝑘𝑡𝑠 = 𝑘𝑡−1+ 𝑧𝑡 (3.13)

Ed è quindi funzione del capitale utilizzato nel periodo precedente e del tasso di utilizzo del capitale, che è funzione positiva del tasso a cui è prestato il capitale:

𝑧𝑡 = 𝑧1𝑟𝑡𝑘 (3.14)

Dove:

➢ 𝑧1 = (1 − 𝜓)/𝜓 ;

➢ 𝜓 è funzione positiva dell’elasticità della funzione del costo di aggiustamento dell’utilizzo del capitale, ed è normalizzato tra zero e uno.

Quando ψ = 1 è estremamente costoso cambiare destinazione al capitale, e conseguentemente l’utilizzo del capitale rimane costante, al contrario se ψ = 0, il costo marginale per cambiare destinazione al capitale è una costante, e di conseguenza, in equilibrio, il tasso a cui è prestato il capitale è costante.

L’accumulazione di capitale (kt) è funzione sia dell’investimento, sia dell’efficienza del

costo dell’investimento.

39 Con: ➢ 𝑘1 = (1 − 𝛿)/𝛾 ; ➢ 𝑘1 = (1 −1−𝛿 𝛾 )(1 + 𝛽𝛾 (1−𝜎𝑐))𝛾2𝜑

Passando al mercato monopolistico dei beni, il fatto che l’obiettivo delle imprese sia la minimizzazione dei costi, implica che il mark-up sui prezzi, definito come la differenza tra il prezzo medio e il costo marginale sostenuto, sia uguale alla differenza tra il prodotto marginale da lavoro (mplt) e il salario reale (wt):

𝜇𝑡𝑝 = 𝑚𝑝𝑙𝑡− 𝑤𝑡 = 𝛼(𝑘𝑡𝑠− 𝑙𝑡) + 𝜀𝑡𝑎− 𝑤

𝑡 (3.16)

Il prodotto marginale del lavoro è esso stesso funzione positiva del rapporto capitale- lavoro e della TFP.

A causa della vischiosità dei prezzi e della parziale indicizzazione dei prezzi, che non possono essere riottimizzati, all’inflazione, l’aggiustamento verso il mark-up desiderato avviene lentamente.

Dati i prezzi, impostati dalle imprese, la massimizzazione dei profitti si muove secondo al seguente curva di Phillips New-Keynesiana:

𝜋𝑡 = 𝜋1𝜋𝑡−1+ 𝜋2𝐸𝑡𝜋𝑡+1− 𝜋3𝜇𝑡𝑝+ 𝜀𝑡𝑝 (3.17) Dove: ➢ 𝜋1 = 𝜄𝑝⁄(1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄𝑝) ; ➢ 𝜋2 = 𝛽𝛾1−𝜎𝑐 (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄 𝑝) ⁄ ➢ 𝜋3 = 1 (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄 𝑝)[ (1−𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜉𝑝)(1−𝜉𝑝) 𝜉𝑝((𝜙𝑝−1)𝜀𝑝+1) ] ⁄

Da cui deriva che l’inflazione (𝜋𝑡) dipende positivamente dall’inflazione passata e attesa futura, negativamente dal mark-up corrente dei prezzi, e ancora positivamente dal fattore di disturbo sul mark-up dei prezzi (𝜀𝑡𝑝).

Quando il grado di indicizzazione dei prezzi all’inflazione è pari a zero (𝜄𝑝 = 0) l’equazione (3.17) torna ad essere una curva di Phillips pura (𝜋𝑝 = 0).

La velocità di aggiustamento dei prezzi al mark-up desiderato dipende, tra le altre cose, dal grado di vischiosità dei prezzi (𝜉𝑝), da 𝜀𝑝, e dal mark-up dei prezzi di stato stazionario,

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che in equilibrio è correlato alla proporzione di costi fissi nella produzione (𝜙𝑝− 1) attraverso la condizione di profitti pari a zero.

La minimizzazione dei costi da parte delle imprese implica inoltre che il tasso a cui è prestato il capitale è correlato negativamente al rapporto capitale-lavoro e positivamente al salario reale (entrambi con elasticità unitaria):

𝑟𝑡𝑘 = −(𝑘𝑡− 𝑙𝑡)+𝑤𝑡 (3.18)

Analogamente a quanto appena visto per il mercato dei beni, nel mercato monopolistico del lavoro, il mark-up sui salari è dato dalla differenza tra il salario reale e il tasso di sostituzione marginale tra lavoro e consumo (mrst):

𝜇𝑡𝑤 = 𝑤𝑡− 𝑚𝑟𝑠𝑡 = 𝑤𝑡− (𝜎𝑡𝑙𝑡+ 1

1 − 𝜆 𝛾⁄ (𝑐𝑡− 𝜆 𝛾𝑐⁄ 𝑡−1))

(3.19)

Dove:

➢ 𝜎𝑡 è l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario reale; ➢ 𝜆 è il parametro relativo alle abitudini al consumo.

A causa della vischiosità dei salari e della parziale indicizzazione dei salari all’inflazione, i salari reali si aggiustano gradualmente al mark-up desiderato:

𝑤𝑡= 𝑤1𝑤𝑡−1+ (1 − 𝑤𝑡)(𝐸𝑡𝑤𝑡+1+ 𝐸𝑡𝜋𝑡+1) − 𝑤2𝜋𝑡+ 𝑤3𝜋𝑡−1− 𝑤4𝜇𝑡𝑤+ 𝜀𝑡𝑤 (3.20) Dove: ➢ 𝑤1 = 1 (1 + 𝛽𝛾 1−𝜎𝑐) ; ➢ 𝑤2 = (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄 𝑤) (1 + 𝛽𝛾⁄ 1−𝜎𝑐) ➢ 𝑤3 = 𝜄𝑤(1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐) ➢ 𝑤4 = 1 (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄𝑤)[ (1−𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜉𝑤)(1−𝜉𝑤) 𝜉𝑤((𝜙𝑤−1)𝜀𝑤+1) ] ⁄

Quindi il salario reale è funzione dei salari reali passati e attesi futuri, dell’inflazione corrente, passata e attesa, il mark-up sui salari, e il fattore di disturbo sui salari (𝜀𝑡𝑤).

Se i salari sono perfettamente flessibili (𝜉𝑤 = 0) il salario reale diventa un mark-up sul tasso marginale di sostituzione tra consumo e tempo libero.

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La velocità di aggiustamento al mark-up desiderato dipende dal grado di vischiosità dei salari (𝜉𝑤) e dall’elasticità della domanda di lavoro che è anch’essa una funzione del mark-up del mercato del lavoro di stato stazionario (𝜙𝑝− 1) e di 𝜀𝑤.

Quando l’indicizzazione dei salari è pari a zero (𝜄𝑤 = 0) il salario reale non dipende dall’inflazione (𝑤3 = 0).

Il fattore di disturbo è dato da:

𝜀𝑤𝑡 = 𝜌𝑤𝜀𝑡−1𝑤 + 𝜂𝑡𝑤 − 𝜇𝑤𝜂𝑡−1𝑤 (3.21)

Infine, il modello si conclude con l’inclusione di una funzione che considera la politica messa in atto dall’autorità monetaria, che controlla il tasso di interesse:

𝑟𝑡 = 𝜌𝑟𝑡−1+ (1 − 𝜌){𝑟𝜋𝜋𝑡+ 𝑟𝑦(𝑦𝑡− 𝑦𝑡 𝑝 )} + 𝑟∆𝑦[(𝑦𝑡− 𝑦𝑡 𝑝 ) − (𝑦𝑡−1− 𝑦𝑡−1 𝑝 )] + 𝜀𝑡𝑟 (3.22)

L’autorità monetaria segue la regola di Taylor, aggiustando gradualmente il tasso di interesse (𝑟𝑡) in risposta all’inflazione e al gap di produzione6, definito come la differenza

tra la produzione attuale e quella potenziale.

In questo caso la produzione potenziale è definita come il livello di produzione che ci sarebbe sotto l’ipotesi di prezzi e salari flessibili, quindi in assenza degli shock sui mark- up.

Lo shock di politica monetaria è dato da:

𝜀𝑡𝑟 = 𝜌𝑟𝜀𝑡−1𝑟 + 𝜂𝑡𝑟 (3.23)

Quindi in conclusione, il modello è determinato da 14 variabili endogene: 𝑦𝑡, 𝑐𝑡, 𝑖𝑡, 𝑞𝑡, 𝑘𝑡𝑠, 𝑘𝑡, 𝑧𝑡, 𝑟𝑡𝑘, 𝜇𝑡

𝑝

, 𝜋𝑡, 𝜇𝑡𝑤, 𝑤𝑡, 𝑙𝑡, 𝑟𝑡

6 John B. Taylor 1993

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Il comportamento stocastico del sistema di equazioni attese, lineari e razionali, è mosso da sette diversi tipi fattori di disturbo esogeni relativi a:

➢ TFP: 𝜀𝑡𝑎;

➢ Investimento (tecnologia): 𝜀𝑡𝑖;

➢ Premio per il rischio: 𝜀𝑡𝑏;

➢ Spesa esogena: 𝜀𝑡𝑔; ➢ Mark-up dei prezzi: 𝜀𝑡𝑝

; ➢ Mark-up dei salari: 𝜀𝑡𝑤;

➢ Politica monetaria: 𝜀𝑡𝑟.

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