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Modelli DSGE prima e dopo la crisi finanziaria del 2008

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione ... 1

Capitolo 1: introduzione ai modelli DSGE ... 2

1.2 Caratteristiche generali dei modelli DSGE ... 3

1.3 Il modello teorico. ... 4

1.4 Struttura di un modello DSGE ... 5

1.5 Stima o calibrazione del modello ... 6

1.6 Software Dynare ... 7

Capitolo 2: DSGE prima della crisi finanziaria: early models. ... 10

2.1 Early DSGE models ... 10

2.2 Un esempio: il modello canonico. ... 12

2.2.1 Le famiglie ... 12

2.2.2 Le imprese ... 17

2.2.3 Il governo e le tasse ... 20

2.2.4 Equilibrio del modello ... 22

2.2.5 Equazioni, definizione dei parametri e calibrazione del modello ... 22

2.2.6 Codice Dynare ... 23

2.2.7 Analisi dei risultati ... 27

2.2.8 Inserire uno shock sulla TFP nel modello con le tasse... 29

Capitolo 3: DSGE models prima della crisi: Modelli New Keynesiani ... 33

3.1 Il modello di Smets and Wouters ... 34

3.2 Presentazione del modello... 34

3.3 Stima dei parametri ... 42

3.4 Dynare Code ... 45

3.5 Applicazioni del modello ... 51

Capitolo 4: la crisi finanziaria e la grande recessione. ... 55

4.1 Perché i modelli DSGE non hanno predetto la crisi. ... 56

4.2 Il Financial Accelerator à la Bernanke ... 57

4.3. DSGE models con Financial Accelator ... 58

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4.4.1 Frizioni finanziare create dalle istituzioni finanziarie. ... 60

4.4.2 Frizioni finanziarie derivanti da chi prende a prestito dalle istituzioni finanziarie .... 62

4.4.1 Le cause di una così lenta ripresa ... 64

Capitolo 5: Inserire le frizioni finanziarie nei modelli pre-crisi: il modello di Rossana Merola ... 66

5.1 Introdurre le frizioni finanziarie nel modello di Smets and Wouters ... 67

5.2 Presentazione del modello... 68

5.3 Stima dei parametri e del modello. ... 74

5.4 Dynare code ... 77

5.5 Analisi dei risultati. ... 84

(3)

1 Introduzione

Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare lo sviluppo dei modelli DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium Models) dalla loro origine, passando per la crisi finanziaria ed analizzando infine i cambiamenti apportati ai modelli in seguito alla sempre maggior rilevanza dei fattori finanziari.

Saranno prima presentati i primi modelli DSGE, che hanno una struttura elementare, in particolare verrà descritto uno dei modelli teorizzati da Josè L. Torres nel suo libro “Introduction to macroeconomic general equilibrium model”, in cui esistono soltanto tre agenti economici: famiglie imprese e stato.

Verranno poi descritti i modelli New-Keynesiani, con particolare riguardo al modello di Smets and Wouters del 2007, che rappresenta una pietra miliare della letteratura pre-crisi.

Verrà svolta un’analisi delle critiche che, in seguito alla crisi finanziaria e alla profonda recessione che ne è conseguita, sono state rivolte ai modelli DSGE, in quanto nessuno dei modelli pre-crisi, nemmeno quelli più accreditati, è stato in grado di prevedere l’arrivo della crisi e ciò che ne è conseguito.

Saranno poi presentate le frizioni finanziarie come possibile risposta alle critiche sopracitate.

Saranno discussi diversi modelli che considerano le Frizioni Finanziare, partendo dal Financial Accelerator, che per primo introduce questo tipo di frizioni, sino ad arrivare ai modelli odierni molto più complessi che introducono nei modelli DSGE il sistema bancario.

Vedremo che strutturare il canale bancario nei modelli DSGE li rende molto complessi e di difficile comprensione.

Infine, verrà presentato il modello di Rossana Merola che introduce Financial

Accelerator e spreads industriali nel modello di Smets and Wouters, in quanto riesce a considerare questo tipo di frizioni senza strutturare il sistema bancario, e quindi mantenendo una certa trasparenza e comprensibilità.

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2 Capitolo 1: introduzione ai modelli DSGE

I modelli dinamici stocastici di equilibrio generale (dynamic stochastic general equilibrium models, di seguito DSGE) costituiscono un elemento fondamentale della moderna analisi macroeconomica.

Questi modelli descrivono l’andamento dei principali aggregati macroeconomici come risultato di scelte ottimizzanti di famiglie e imprese, che dipendono anche dalle loro aspettative.

Nascono dalla volontà di rispondere a due obiettivi principali: costruire un modello macroeconomico microfonato1, che consideri quindi i comportamenti dei diversi agenti economici, e rispondere alla critica di Lucas (Lucas, 1976).

Attraverso la combinazione di rigorosi fondamenti teorici delle equazioni comportamentali (microfoudations) e la stima dei parametri strutturali i modelli DSGE consentono di replicare l’andamento delle principali variabili macroeconomiche.

L’identificazione dei parametri strutturali (che descrivono le preferenze individuali, i vincoli tecnologici e quelli istituzionali) consente inoltre di utilizzare i modelli per analisi di politica economica senza incorrere nella critica di Lucas.

L’impostazione teorica dei modelli DSGE nasce con Ramsey alla fine degli anni venti (Ramsey, 1927, 1928) e negli anni successivi stati pubblicati diversi studi sull’argomento, ma il vero sviluppo di questi modelli inizia soltanto negli anni ottanta, anche grazie alle nuove possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico.

Un lavoro fondamentale per lo sviluppo dei modelli DSGE è quello di Kydland e Prescott (1982) in seguito al quale i questi modelli diventano uno strumento fondamentale per la costruzione di modelli macroeconomici.

1 Un modello macroeconomico è detto microfondato quando le sue relazioni di equilibrio si ottengono dall’aggregazione delle scelte ottimizzanti degli agenti economici (famiglie, imprese, governo ecc..).

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1.2 Caratteristiche generali dei modelli DSGE

I modelli DSGE rappresentano un modello in scala dell’economia reale, per questo potrebbero essere considerati eccessivamente aggregati o semplici, ma sono comunque uno strumento utile per studiare la risposta dell’economia reale al presentarsi dei diversi shocks, o per quantificare gli effetti delle politiche fiscali e monetarie.

Questi modelli presentano tre caratteristiche fondamentali che costituiscono la chiave del loro successo in quanto rendono l’impostazione teorica dei modelli DSGE una valida rappresentazione della realtà:

1) Il risultato del modello dipende dalle decisioni prese dagli agenti economici, infatti, diversamente dai modelli tradizionali, non modellano i mercati bensì il comportamento degli agenti economici.

Gli agenti economici tipicamente considerati sono famiglie, imprese e stato, ma è possibile aggiungerne di ulteriori, come ad esempio il settore bancario o estero. Determinando le regole di comportamento dei diversi agenti economici è possibile osservare la loro reazione ai cambiamenti nelle condizioni dell’economia.

In questo modo l’equilibrio risulterà dalla combinazione delle decisioni economiche prese da tutti gli agenti che popolano l’economia.

2) È un modello di equilibrio generale.

Per essere realistico un modello macroeconomico deve considerare le molteplici e complesse relazioni tra le diverse variabili economiche.

3) È un modello dinamico nel quale il tempo gioca un ruolo fondamentale.

Quando uno shock colpisce l’economia reale le variabili macroeconomiche non ritornano istantaneamente all’equilibrio ma si modificano lentamente nel tempo.

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1.3 Il modello teorico.

La tecnica generalmente utilizzata dalla attuale macroeconomia applicata è quella di costruire una struttura formale tramite equazioni che riflettano le interrelazioni tra le diverse variabili economiche.

La moderna macroeconomia è basata sull’analisi, di tipo microeconomico, del comportamento degli agenti economici, ed è per questo che parliamo di microfoundations.

L’utilizzo di rigorosi fondamenti teorici delle equazioni comportamentali è finalizzato a trovare una spiegazione ai diversi problemi osservati nell’economia reale, con lo scopo di offrire soluzioni o suggerire politiche che possano prevenire le diverse problematiche o comunque alleviare il loro effetto sulla qualità della vita.

Per questo la formalizzazione è effettuata attraverso modelli matematici ed è soggetta al processo scientifico di: misurazione (descrizione dei fatti), sviluppo di una teoria e validazione.

Il modello teorico rappresenta una necessaria semplificazione della realtà, il motivo per cui vi si ricorre è che è facile da comprendere.

Il modello teorico è quindi una semplificazione e non riproduce esattamente la realtà, questo però non ne preclude l’efficacia, quello che ci interessa infatti non è la capacità di un modello teorico di rappresentare la realtà, bensì la sua efficacia nello spigare le realtà macroeconomica.

La struttura base di un modello macroeconomico può essere definita dal seguente sistema di equazioni:

𝑋𝑡 = 𝐸𝑡[𝐹(𝑋𝑡+1, 𝑍𝑡, 𝑢𝑡)] (1.1) Dove:

➢ Et rappresenta le aspettative;

➢ Xt è un vettore di variabili endogene;

➢ Zt è un vettore di variabili esogene;

➢ ut è un vettore di disturbo casuale con una propria funzione di densità.

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La soluzione di questo sistema di funzioni stocastiche sarà una sequenza di distribuzioni di probabilità.

Questo sistema contiene un elemento chiave: il valore delle variabili endogene (Xt), in un

dato periodo di tempo, dipende dal suo valore futuro atteso (Xt+1).

L’utilizzo di un modello teorico è importante per spiegare e comprendere i comportamenti degli agenti economici per una serie di ragioni, tra cui ad esempio le complesse relazioni che intercorrono tra le diverse variabili macroeconomiche che non possono essere osservate tramite la semplice analisi dei dati.

Inoltre, il modello teorico introduce una metrica per descrivere l’economia in termini comprensibili e per definire le variabili non osservabili (come la produttività marginale del capitale).

Il modello teorico può essere anche utilizzato per effettuare simulazioni utili sia per l’analisi delle politiche economiche che per lo svolgimento di esperimenti controfattuali, infine effettuare delle previsioni è possibile solamente utilizzando un modello teorico (structural forecasting approach).

L’analisi macroeconomica dipende quindi dalla creazione di un modello teorico per poter simulare un’economia artificiale in modo tale da replicare quei fenomeni che non sono osservabili nella realtà.

1.4 Struttura di un modello DSGE

La struttura base di un modello DSGE è relativamente semplice, esistono tre tipologie di agenti: le famiglie, le imprese e il governo.

Questa è la versione più semplice del modello, ovviamente è possibile costruire modelli più complessi che considerino anche altri agenti economici, come ad esempio il settore estero o la banca centrale.

Il risultato delle interazioni tra i diversi agenti economici è quello che chiamiamo equilibrio generale, ogni agente prende le proprie decisioni massimizzando la propria funzione obiettivo (funzione di utilità per le famiglie e profitto per le imprese).

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Le famiglie prendono le decisioni in merito al consumo, all’investimento (o risparmio), e al tempo libero.

Le imprese producono un dato ammontare di prodotto finito che dipende dalle decisioni assunte in merito a quanto capitale e a quanto lavoro utilizzare nella produzione.

Il governo, infine, controlla la politica fiscale e quindi il livello delle imposte, può inoltre incidere sul livello di consumo andando a modificare la spesa pubblica o sul livello di investimento tramite investimenti pubblici.

Una volta determinato l’equilibrio è possibile introdurre uno o più shock alla struttura del modello e osservare come reagiscono i diversi agenti (e quindi come si modificano le varie variabili).

Il fattore di disturbo più comunemente utilizzato è uno shock sul valore totale della produzione, ma numerosi sono gli shock che è possibili aggiungere al modello.

Una volta definito l’equilibrio del modello e scelto quale tipo di shock andare ad inserire è necessario parametrare l’economia, si tratta di un procedimento che può essere effettuato con diverse soluzioni che saranno approfondite nella sezione successiva.

1.5 Stima o calibrazione del modello

Dopo aver costruito il modello teorico per poter procedere ulteriormente è necessario parametrare l’economia, ovvero è necessario associare valori numerici ai parametri definiti.

Esistono due metodi alternativi:

➢ La stima dei parametri tramite tecniche econometriche; ➢ La calibrazione dei parametri.

La calibrazione presuppone che i parametri vengano in qualche modo calcolati, ad esempio attribuendo ai parametri un valore arbitrario, oppure ottenendo il valore direttamente dai dati (tramite le identità dell’equilibrio del modello considerato), oppure ancora utilizzando valori ottenuti dalla letteratura empirica.

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7

I metodi di stima, come il modello di massima verosimiglianza o le tecniche Bayesiane, risulta invece molto più complesso in quanto prevedono che il modello determini al suo interno i parametri aggiustandoli ai dati osservati.

In passato molti sono gli studi che hanno optato per il metodo calibrazione, in quanto meno complesso, recentemente invece sempre maggiore è il ricorso alle tecniche di stima dei parametri, soprattutto grazie allo sviluppo di appositi software per la stima dei modelli DSGE, come Dynare o Iris, che semplificano notevolmente il processo.

1.6 Software Dynare

I modelli DSGE implicano l’utilizzo di metodi di soluzione numerica, una volta costruito un modello teorico, in questo caso un modello DSGE, per renderlo quantitativamente operativo è necessario l’utilizzo di un hardware e di un apposito software.

Dynare è un software che permette la manipolazione di diversi modelli economici tra cui i modelli DSGE.

Si tratta di un pre-processore che utilizza un semplice linguaggio che può poi essere implementato in diversi linguaggi per risolvere, stimare e simulare i modelli.

Esistono diversi software disponibili per la simulazione dei modelli DSGE, scritti in diversi linguaggi di programmazione, tra cui Matlab, che assieme a Dynare sarà lo strumento utilizzato per questa tesi.

Per utilizzare questo software è sufficiente scrivere un codice, la sintassi è molto semplice, andando a definire una serie di variabili endogene, una serie di variabile esogene, i parametri e le equazioni del modello.

È possibile scrivere il codice utilizzando un qualsiasi editor, interno od esterno a Matlab. Per scrivere un codice su Dynare è utile suddividerlo in quattro sezioni distinte:

1) Preambolo: contenente la lista delle equazioni e dei parametri. I comandi da utilizzare sono:

➢ var: avvia la lista delle variabili endogene;

➢ varexo: avvia la lista delle variabili esogene che saranno soggette agli shocks;

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➢ parameters: avvia la lista di parametri e assegna a ciascuno un valore. 2) Modello: descrizione del modello vero e proprio.

È necessario utilizzare il comando model e chiudere la sequenza di equazioni con il comando end.

3) Stato stazionario (o valore iniziale): questa sezione dovrà indicare lo stato stazionario del modello, ovvero il punto di partenza per le simulazioni o l’osservazione della risposta delle funzioni all’input iniziale basata sulla soluzione del modello;

I comandi fondamentali sono:

➢ initval ed endval: per definire i valori iniziali e finali;

➢ steady: utilizzando questo comando è possibile far sì che la simulazione abbia inizio dallo stato stazionario e non dai valori iniziali.

4) Shocks: definizione degli shock considerati;

È necessario utilizzare il comando shocks e chiudere la sequenza con il comando end.

5) Computazione: inserire le istruzioni necessarie a Dynare per intraprendere specifiche operazioni.

Nella maggior parte dei casi il comando stoch_simul è approriato, questo comando fa sì che Dynare utilizzi l’equazione di Tylor.

Una volta scritto il codice sarà necessario salvarlo sotto forma di file.mod, ovvero nell’estensione necessaria perché Dynare possa leggere il codice.

Per poter simulare il modello è necessario configurare Matlab per Dynare, utilizzando il comando addpath in command window e andando poi ad inserire il seguente percorso che indica la posizione specifica del software Dynare sul computer:

Figura 1.1 Dove 4.5.3 indica la versione del Software

Solo successivamente sarà possibile fare girare il file.mod attraverso specifico ordine:

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A questo punto il file.mod sarà letto dal pre-processore Dynare che tradurrà il file.mod nel linguaggio adatto a Matlab che a questo punto utilizzerà il codice per risolvere o stimare il modello.

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Capitolo 2: DSGE prima della crisi finanziaria: early models.

In questa sezione saranno descritti i primi modelli DSGE, presentando anche la costruzione di un modello teorico e i risultati ottenuti attraverso il software Dynare. A partire dai primi articoli pubblicati da Ramsey sul finire degli anni venti lo sviluppo dei modelli DSGE si è concentrato prevalentemente sulla crescita.

Lo sviluppo di questi modelli ha avuto il suo massimo negli anni ottanta con la pubblicazione del lavoro di Kyland e Prescott (1982) che ha sancito il ruolo dei modelli DSGE come strumento fondamentale per l’analisi macroeconomica.

Da questo momento in poi i modelli DSGE vengono applicati al ciclo economico, nasce così l’analisi del “Real Business Cycle” (di seguito RBC)

2.1 Early DSGE models

I primi modelli RBC consideravano un’economia popolata soltanto da tre agenti economici: famiglie, imprese (operanti in un mercato perfettamente concorrenziale) e Stato.

L’idea sottostante è quella di considerare le interazioni tra un unico consumatore (o famiglia) considerato rappresentativo e un un’unica impresa anch’essa rappresentativa. Questo vuol dire che tutti i consumatori hanno identiche preferenze e che tutte le imprese hanno a disposizione identica tecnologia.

Se il consumatore considerato rappresenta tutti i consumatori presenti nell’economia allora l’aggregazione delle variabili può essere ottenuta semplicemente moltiplicando le decisioni prese dal consumatore medio per il numero di consumatori presenti nell’economia. Le stesse considerazioni valgono dal lato delle imprese.

Ovviamente si tratta di una forte semplificazione della realtà, in quanto nell’economia reale esistono un gran numero di consumatori con preferenze eterogenee tra loro, e altrettante imprese che producono avvalendosi di diverse tecnologie. Questa semplificazione è però necessaria per rendere l’aggregazione possibile.

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Un ulteriore elemento di semplificazione riguarda la definizione dell’orizzonte temporale cui gli agenti fanno riferimento per prendere le decisioni.

Possiamo assumere che sia le imprese che il governo abbiano un orizzonte temporale infinito, in quanto nessuno Stato pensa al momento in cui cesserà di esistere nel momento in cui prende le decisioni, e nessun imprenditore assume decisioni pensando che la sua azienda smetterà di produrre in futuro.

Per quanto riguarda i consumatori invece possiamo assumere un orizzonte temporale infinito considerando la famiglia rappresentativa come una successione di diverse generazioni.

Questi modelli sono stati criticati dalla letteratura per tre ragioni principali:

1) Innanzitutto, sono sorti dei dubbi sulle principali assunzioni poste alla base di questi modelli, considerate troppo poco realistiche, come ad esempio l’esistenza di mercati del credito perfetti, e l’assenza di frizioni nel mercato del lavoro;

2) Inoltre, presentavano alcune difficoltà nell’aggregazione dei dati, come ad esempio la volatilità osservata nelle ore di lavoro, il premio azionario e altre ancora. Per ovviare a questa problematica sono state sviluppate versioni alternative che consideravano un’economia aperta, ma senza successo;

3) Infine, i modelli RBC non ci dicono niente su una moltitudine di problematiche collegate con le diverse politiche fondamentali per l’analisi macroeconomica e il funzionamento dei mercati.

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2.2 Un esempio: il modello canonico.

In questa sezione andremo a definire il modello DSGE contenuto nel libro di Torres2 che descrive un’economia popolata da tre agenti economici: le famiglie, le imprese e lo Stato. Innanzitutto, andremo a definire come famiglie e imprese formano le loro decisioni e in un secondo momento andremo ad introdurre la presenza dello Stato.

Esistono diversi modi per considerare lo stato in un modello DSGE, in questa sezione considereremo il ruolo dello Stato nella politica fiscale introducendo quindi le tasse. Considereremo le tre tipi di tasse: una tassa sul consumo, una tassa sul reddito di lavoro e infine una tassa sul reddito derivante dal capitale fisico.

2.2.1 Le famiglie

Il primo agente economico considerato sono le famiglie, l’economia è popolata da milioni di consumatori ognuno dei quali prende decisioni economiche, come anticipato nella sezione precedente prenderemo come riferimento un unico consumatore (o famiglia) che è rappresentativo di tutti i consumatori presenti nell’economia.

Assumeremo quindi che tutti i consumatori abbiano identiche preferenze.

Il passo successivo è andare a definire queste preferenze e anche in questo caso è necessario fare una serie di assunzioni.

Innanzitutto, assumiamo che il consumatore rappresentativo sia un agente ottimizzante, ovvero che massimizzi una data funzione obiettivo, che per i consumatori è la funzione di utilità istantanea.

Assumiamo che la funzione di utilità dipenda da due elementi: il consumo (C) e il tempo libero (O).

2 Introduction to Dynamic Macroeconomic General Equilibrium Models Jose Luis Torres Chacon Vernon Art and Science Incorporated, 2015

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Con consumo facciamo riferimento alla quantità di beni e servizi utilizzati dall’individuo, mentre il tempo libero rappresenta il tempo non dedito al lavoro.

Il consumatore rappresentativo prenderà le proprie decisioni sulle variabili in modo da massimizzare la propria utilità soggetta ad un vincolo di bilancio, ovvero alla disponibilità delle risorse (tempo e prodotto finale).

Possiamo scrivere la funzione di utilità come:

𝑈(𝐶, 𝑂) (2.1)

Dove U(.) è la funzione matematica che rappresenta l’utilità individuale, che deve soddisfare le seguenti condizioni:

➢ 𝜕𝑈

𝜕𝐶 > 0 la derivata prima dell’utilità rispetto al consumo è maggiore di zero;

➢ 𝜕𝑈

𝜕𝑂> 0 la derivata prima dell’utilità rispetto al tempo libero è maggiore di zero.

Questo vuol dire che entrambe le variabili hanno un effetto positivo sull’utilità

dell’individuo, quindi un aumento del consumo porterà ad un aumento dell’utilità, e lo stesso per il tempo libero.

Inoltre:

➢ 𝜕𝑈

𝜕𝐶𝐶 < 0 la derivata seconda dell’utilità rispetto al consumo è minore di zero;

➢ 𝜕

𝜕𝑂𝑂< 0 la derivata seconda dell’utilità rispetto al tempo libero è minore di zero.

Quindi la funzione di utilità è concava sia rispetto al consumo che al tempo libero, da questo deriva che all’aumentare del consumo, e del tempo libero, aumenta l’utilità dell’individuo, ma questo avviene ad un tasso decrescente.

Un’ulteriore assunzione è che ce la funzione di utilità sia additivamente separabile nel tempo3, assunzione fatta per convenienza in quanto rende il problema più semplice da un punto di vista matematico.

3 L’utilità derivante dal consumo non dipende da quella derivante dal tempo libero, ovvero 𝑈(𝐶, 𝑂) = 𝑈(𝐶) + 𝑈(𝑂).

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14

Il secondo elemento da definire è il vincolo di bilancio: bisogna innanzitutto stabilire chi detiene i fattori di produzione, quindi se questi sono in mano alle famiglie o alle imprese.

In questa economia sono presenti due fattori produttivi: il lavoro (Lt) e il capitale fisico

(Kt), ovvero tutte le risorse non umane impiegate nella produzione (come ad esempio gli

impianti, i macchinari ecc..).

Il lavoro dipende dall’ammontare di tempo disponibile per ciascun individuo, infatti non può essere né accumulato né risparmiato, e per questo le decisioni in materia di lavoro sono statiche. Quindi il lavoro è di proprietà delle famiglie.

Inoltre, possiamo assumere che anche lo stock di capitale fisico sia di proprietà delle famiglie in quanto queste trasformano il risparmio in investimento e l’investimento in capitale.

In questo modo il reddito delle famiglie deriva dal prestito alle imprese di questi due fattori produttivi ad un dato prezzo, le famiglie poi possono decidere se consumare questi guadagni o se trasformarli in risparmio.

Il vincolo di bilancio sarà quindi dato da:

𝑃𝑡(𝐶𝑡+ 𝑆𝑡) ≤ 𝑊𝑡𝐿𝑡+ 𝑅𝑡𝐾𝑡 (2.2)

Dove:

➢ Pt è il prezzo del prodotto finito (per semplificazione assumeremo Pt = 1);

➢ St è il risparmio;

➢ Wt è il salario definito in termini di unità di consumo;

➢ Rt è il tasso di rendimento del capitale, anche questo definito in termini di unità

di consumo.

➢ 𝑊𝑡𝐿𝑡 è il salario moltiplicato per le ore di lavoro e ci dà il guadagno delle famiglie derivante dal capitale umano;

➢ 𝑅𝑡𝐾𝑡, ovvero il tasso di rendimento del capitale moltiplicato per il capitale fisico ci dà il guadagno delle famiglie derivante dal capitale non umano.

A questo punto è necessario aggiungere un’ulteriore equazione che definisca il processo di accumulazione del capitale fisico nel tempo:

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Dove:

➢ It è l’investimento lordo;

➢ δ > 0 è il tasso di deprezzamento del capitale fisico che assumiamo positivo. Questa equazione ci dice che in ogni periodo parte dell’investimento lordo è utilizzato per sostituire il deprezzamento del capitale avvenuto tra i due periodi.

Assumiamo inoltre che esista un settore competitivo che trasformi direttamente e senza costi di transazione l’investimento in risparmio:

𝑆𝑡= 𝐼𝑡 (2.4)

Il passo successivo è andare a impostare il problema di massimo:

max (𝐶𝑡,𝑂𝑡) 𝐸𝑡∑ 𝛽𝑡𝑈(𝐶𝑡, 𝑂𝑡) ∞ 𝑡=0 𝑠. 𝑎 𝐶𝑡+ 𝐼𝑡 = 𝑊𝑡𝐿𝑡+ 𝑅𝑡𝐾𝑡 (2.5) (2.6)

Con 𝐾0 > 0 e dove Et(.) è l’operatore che indica l’aspettativa sulle variabili future al

tempo t, soggetto all’informazione disponibile. β è il fattore di sconto intertemporale, ed è dato da:

𝛽 = 1

1 + 𝜃 con 𝛽 ∈ (0,1)

(2.7)

Dove θ è il tasso intertemporale soggettivo di preferenza, e indica quanto gli individui valutano la loro utilità futura comparata con la loro utilità corrente, e quindi ci dice quanto gli individui siano preoccupati sul futuro.

Maggiore è θ e minore è il valore dell’utilità futura rispetto a quella presente.

La funzione di utilità può assumere diverse forme, assumiamo una forma logaritmica sia per quanto riguarda il consumo che per quanto riguarda il tempo libero, possiamo quindi riscrivere la precedente equazione come:

𝑈(𝐶𝑡, 𝑂𝑡) = 𝛾 𝑙𝑜𝑔𝐶𝑡+ (1 − 𝛾)log (𝑁𝑡𝐻̅ − 𝐿𝑡) (2.8)

Dove:

(18)

16

➢ Nt è la popolazione (in generale si fa riferimento alla popolazione con età tra i 16

e i 65 anni, ovvero quella in grado di lavorare); ➢ 𝐻̅ è l’ammontare di tempo totale a disposizione. Il tempo libero è normalizzato a 𝑁𝑡𝐻̅ = 1 così che:

𝑂𝑡+ 𝐿𝑡 = 1 (2.9)

A questo punto il problema di massimo delle famiglie può essere definito come:

max (𝐶𝑡,𝐼𝑡,𝑂𝑡) ℒ = 𝐸𝑡∑ 𝛽𝑡[𝛾 𝑙𝑜𝑔𝐶𝑡+(1 − 𝛾)log(1 − 𝐿𝑡)] ∞ 𝑡=0 𝑠. 𝑎 𝐶𝑡+ 𝐼𝑡 = 𝑊𝑡𝐿𝑡+ 𝑅𝑡𝐾𝑡 (2.10) (2.6) Dove:

➢ It è derivato dall’equazione di accumulazione del capitale fisico ed è dato da:

𝐼𝑡= 𝐾𝑡+1− (1 − 𝛿)𝐾𝑡 (2.11)

Il problema di massimo del consumatore può essere risolto tramite il calcolo della Lagrangiana: max (𝐶𝑡,𝐾𝑡,𝐿𝑡) ℒ = 𝐸𝑡∑ 𝛽𝑡{ 𝛾 𝑙𝑜𝑔𝐶𝑡+ (1 − 𝛾) log(1 − 𝐿𝑡) −𝜆𝑡[𝐶𝑡+ 𝐾𝑡+1− 𝐾𝑡− 𝑊𝑡𝐿𝑡− (𝑅𝑡− 𝛿)𝐾𝑡]} ∞ 𝑡=0 (2.12)

Dove λt è il moltiplicatore di Lagrange.

Le condizioni del primo ordine sono: 𝜕ℒ 𝜕𝐶: 𝛽 𝑡[𝛾 𝐶𝑡 − 𝜆𝑡] = 0 𝜕ℒ 𝜕𝐿: 𝛽 𝑡[1 − 𝛾 1 − 𝐿𝑡− 𝜆𝑡𝑊𝑡] = 0 𝜕ℒ 𝜕𝐾: 𝛽 𝑡𝜆 𝑡[𝑅𝑡+ 1 − 𝛿] − 𝛽𝑡−1𝜆𝑡−1 = 0 (2.13) (2.14) (2.15)

Per ottenere le decisioni individuali dobbiamo calcolare il valore del moltiplicatore di Lagrange che rappresenta il prezzo ombra del consumo, ovvero il valore dell’utilità in termini dell’ultima unità di consumo.

(19)

17

Per fare ciò è necessario risolvere la prima condizione e sostituirla nella seconda, in modo da ottenere: 1 − 𝛾 𝛾 𝐶𝑡 1 − 𝐿𝑡 = 𝑊𝑡 (2.16)

Tramite la terza condizione possiamo invece ottenere il moltiplicatore di Lagrange al tempo t e al tempo t-1.

Quindi dalla prima condizione otteniamo che 𝜆𝑡 = 𝛾/𝐶𝑡 e dalla terza 𝜆𝑡−1= 𝛾/𝐶𝑡−1, andando a sostituire avremo che:

𝐶𝑡

𝐶𝑡−1 = 𝛽[𝑅𝑡+ 1 − 𝛿]

(2.17)

Queste condizioni di equilibrio determinano le decisioni individuali di consumo, risparmio e investimento.

2.2.2 Le imprese

Il secondo agente economico che andremo a considerare sono le imprese, che rappresentano il settore produttivo di questa economia.

Le imprese producono i beni e i servizi che poi le famiglie potranno decidere se risparmiare o consumare.

Perché ciò avvenga è necessario che le imprese trasformino i fattori produttivi (lavoro e capitale fisico) in un prodotto finito.

Dato che abbiamo assunto che le famiglie detengano sia il lavoro che il capitale le imprese dovranno prendere entrambi a prestito e il costo di questa operazione sarà determinato dalla tecnologia e dalle preferenze.

Assumiamo che le imprese producano con l’obiettivo di massimizzare i profitti, sotto il vincolo legato alla tecnologia utilizzata, e che inoltre esista concorrenza perfetta nei mercati.

Questo comporta che il profitto delle imprese sarà pari a zero, essendo che il costo dei fattori produttivi sarà uguale al valore della produzione.

(20)

18

La funzione di produzione aggregata, o vincolo tecnologico, avrà quindi la seguente forma:

𝑌𝑡= 𝐴𝑡𝐹(𝐾𝑡, 𝐿𝑡) (2.18)

Dove:

➢ Yt è il prodotto aggregato dell’economia;

➢ At è la produttività totale dei fattori (di seguito T.F.P, ovvero total factor

productivity).

Come per la funzione di utilità delle famiglie, la funzione tecnologica deve soddisfare alcune proprietà: deve essere strettamente crescente, strettamente concava e due volte differenziabile.

➢ 𝜕𝐹

𝜕𝐾> 0 la derivata prima della funzione di produzione aggregata rispetto al

capitale è maggiore di zero; ➢ 𝜕𝐹

𝜕𝐿 > 0 la derivata prima della funzione di produzione aggregata rispetto al

lavoro è maggiore di zero.

Questo vuol dire che maggiore è il livello di capitale, o di lavoro, preso a prestito e maggiore sarà il valore della produzione.

➢ 𝜕𝐹

𝜕𝐾𝐾 < 0 la derivata seconda della funzione di produzione aggregata rispetto al

capitale è minore di zero.

➢ 𝜕𝐹

𝜕𝐿𝐿< 0 la derivata seconda della funzione di produzione aggregata rispetto al

lavoro è minore di zero.

Quindi la produttività marginale del capitale e del lavoro è decrescente.

La produttività marginale dei fattori (At) rappresenta un elemento fondamentale della

funzione di produzione aggregata assieme agli input. Rappresenta lo stato neutrale della tecnologia ed in principio è inosservabile, ma può essere calcolato in modo residuale. La TFP rappresenta il livello aggregato di efficienza della produzione e, anche se non definita teoricamente, può essere determinata da una serie di fattori quali lo sviluppo tecnologico, struttura organizzativa, capitale fisico, e fattori istituzionali.

(21)

19

Assumiamo che la funzione di produzione abbia un ritorno alla media costante, questo vuol dire che se i fattori di produzione raddoppiano lo farà anche la produzione finale. In questa economia il profitto è definito come la differenza tra le entrate totali, ovvero il prodotto finito (il suo prezzo è normalizzato uguale a uno), e i costi totali, ovvero i costi sostenuti per prendere a prestito lavoro e capitale fisico, e sarà dato da:

П𝑡 = 𝑌𝑡− 𝑊𝑡𝐿𝑡− 𝑅𝑡𝐾𝑡 (2.19)

A questo punto il problema di massimo delle imprese può essere definito come: max (𝐿𝑡,𝐾𝑡) П𝑡 = 𝑌𝑡− 𝑊𝑡𝐿𝑡− 𝑅𝑡𝐿𝑡 𝑠. 𝑎 𝑌𝑡 = 𝐴𝑡𝐹(𝐾𝑡, 𝐿𝑡) (2.20) (2.18)

Avendo assunto un ritorno costante alla media e mercati perfettamente concorrenziali avremo che il profitto è pari a zero.

Le condizioni del primo ordine saranno quindi date da: 𝜕П 𝜕𝐾: 𝐴𝑡𝐹𝑘(𝐾𝑡, 𝐿𝑡) − 𝑅𝑡 = 0 𝜕П 𝜕𝐿: 𝐴𝑡𝐹𝐿(𝐾𝑡, 𝐿𝑡) − 𝑊𝑡 = 0 (2.21) (2.22)

Da cui possiamo derivare che il prezzo relativo dei fattori di produzione è uguale alla loro produttività marginale.

Dobbiamo ora definire la forma assunta dalla funzione di produttività, utilizzeremo la forma che è tradizionalmente utilizzata in letteratura, quella Cobb-Douglas4, avremo quindi che:

𝐴𝑡𝐹(𝐾𝑡, 𝐿𝑡) − 𝑅𝑡 = 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 (2.23)

Dove α è l’elasticità del prodotto finito rispetto al capitale e 1-α è la parte di entrate derivanti dal lavoro rispetto alle entrate totali.

4 Cobb and Douglas, 1928

(22)

20

A questo punto il problema di massimo diventa:

𝑚𝑎𝑥П𝑡 = 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 − 𝑊𝑡𝐿𝑡− 𝑅𝑡𝐾𝑡 (2.24) E le condizioni del primo ordine saranno:

𝜕П 𝜕𝐾: 𝛼𝐴𝑡𝐾𝑡 𝛼𝐿 𝑡 1−𝛼 − 𝑅 𝑡 = 0 𝜕П 𝜕𝐿: (1 − 𝛼)𝐴𝑡𝐾𝑡 𝛼𝐿 𝑡 1−𝛼 − 𝑊 𝑡 = 0 (2.25) (2.26) Da cui: 𝑅𝑡 =: 𝛼𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 𝑊𝑡 = (1 − 𝛼)𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿 𝑡 1−𝛼 (2.27) (2.28) 2.2.3 Il governo e le tasse

Esistono diversi modi per considerare lo stato in un modello DSGE, dato che questo agente economico è in grado di influenzare gran parte delle variabili esistenti nell’economia.

In questa sezione lo stato sarà introdotto tramite la politica fiscale, quindi andando ad inserire le tasse nel modello sin qui considerato.

Lo stato prende le decisioni di politica fiscale e di conseguenza famiglie e imprese modificano le loro decisioni economiche, prendendo le tasse imposte dallo stato come date.

In generale esistono due tipi di tasse: le tasse in forma fissa, che non modificano le decisioni degli agenti economici, e le tasse che invece creano una distorsione nelle scelte degli agenti economici, come le tasse sul consumo che impattano sia sul prezzo del prodotto finito che sul costo dei fattori di produzione.

Nello specifico considereremo tre diversi tipi di tasse: la tassa sul consumo, la tassa sul reddito di lavoro e infine la tassa sul reddito derivante dal capitale fisico.

Per introdurre le tasse è necessario modificare o il vincolo di bilancio cui sono soggette le famiglie, oppure la funzione di produzione delle imprese.

(23)

21

Il modello presentato in questa sezione è molto semplificato e prevede che l’introduzione del governo, e quindi delle tasse, vada a modificare solamente il vincolo di bilancio delle famiglie.

Il vincolo di bilancio delle famiglie dopo l’introduzione delle tasse diventa:

(1 + 𝜏𝑡𝑐)𝐶𝑡+ 𝑆𝑡 = (1 − 𝜏𝑡𝑙)𝑊𝑡𝐿𝑡+ (1 + 𝜏𝑡𝑘)𝑅𝑡𝐾𝑡+ 𝐺𝑡 (2.29)

Dove:

➢ Gt rappresenta le risorse trasferite dallo Stato alle famiglie;

➢ 𝜏𝑡𝑐 è la tassa sul consumo privato;

➢ 𝜏𝑡𝑙 è la tassa sul reddito da lavoro;

➢ 𝜏𝑡𝑘 è la tassa sul reddito derivante dal prestito di capitale fisico alle imprese.

A questo punto il vincolo di bilancio, quindi l’equazione (2.12) vista in precedenza, considerando il nuovo vincolo di bilancio diventa:

max (𝐶𝑡,𝐾 𝑡,𝐿𝑡) ℒ = 𝐸𝑡∑ 𝛽𝑡{ 𝛾 𝑙𝑜𝑔𝐶𝑡+ (1 − 𝛾) log(1 − 𝐿𝑡) −𝜆𝑡[(1 + 𝜏𝑡𝑐)𝐶𝑡+ 𝐾𝑡+1− (1 − 𝜏𝑡𝑙)𝑊𝑡𝐿𝑡 −(1 + 𝜏𝑡𝑘)(𝑅𝑡− 𝛿)𝐾𝑡− 𝐾𝑡− 𝐺𝑡] } ∞ 𝑡=0 (2.30)

da cui le condizioni del primo ordine: 𝜕ℒ 𝜕𝐶𝑡: 𝛾 1 𝐶𝑡− 𝜆𝑡(1 + 𝜏𝑡 𝑐) = 0 𝜕ℒ 𝜕𝐿𝑡: − (1 − 𝛾) 1 1 − 𝐿𝑡+ 𝜆𝑡(1 − 𝜏𝑡 𝑙)𝑊 𝑡 = 0 𝜕ℒ 𝜕𝐾𝑡: 𝛽 𝑡𝜆 𝑡[(1 + 𝜏𝑡𝑘)(𝑅𝑡− 𝛿) + 1] − 𝛽𝑡−1𝜆𝑡−1= 0 (2.31) (2.32) (2.34)

Il ruolo del governo in questo modelle è quello di esattore, assumiamo che lo stato utilizzi le tasse per finanziare il trasferimento di una somma fissa da destinare alle famiglie (Gt).

Il budget dello stato in ogni periodo sarà quindi dato da:

(24)

22

2.2.4 Equilibrio del modello

Combinando le condizioni di equilibrio di famiglie e imprese otteniamo che: (1 + 𝜏𝑡𝑐)𝐶 𝑡 (1 + 𝜏𝑡−1𝑐 )𝐶 𝑡−1 = 𝛽[(1 − 𝜏𝑘)(𝛼𝐴 𝑡𝐾𝑡𝛼−1𝐿𝛼−1𝑡 − 𝛿) + 1] 𝐶𝑡 1 − 𝐿𝑡= 𝛾 (1 − 𝛾) (1 − 𝜏𝑡𝑙) (1 + 𝜏𝑡𝑐)(1 − 𝛼) 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿−𝛼𝑡 (2.36) (2.37)

Infine, la condizione di fattibilità che l’economia deve rispettare è data da:

𝐶𝑡+ 𝐼𝑡 = 𝑌𝑡 (2.38)

2.2.5 Equazioni, definizione dei parametri e calibrazione del modello

Il set di equazioni necessarie per il funzionamento del modello è dato da: 1 (1 − 𝐿𝑡) = 𝛾 (1 − 𝛾) (1 − 𝜏𝑡𝑙) (1 + 𝜏𝑡𝑐) 𝑊𝑡 𝐶𝑡 (1 + 𝜏𝑡𝑐)𝐶𝑡 (1 + 𝜏𝑡−1𝑐 )𝐶 𝑡−1 = 𝛽[(1 − 𝜏𝑡𝑘)(𝑅𝑡− 𝛿) + 1] 𝑌𝑡 = 𝐶𝑡+ 𝐼𝑡 𝑌𝑡= 𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿 𝑡 1−𝛼 𝐾𝑡+1= (1 − 𝛿)𝐾𝑡+ 𝐼𝑡 𝑅𝑡 =: 𝛼𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 𝑊𝑡 = (1 − 𝛼)𝐴𝑡𝐾𝑡𝛼𝐿1−𝛼𝑡 ln 𝐴𝑡 = (1 − 𝜌𝐴) ln 𝐴̅ + 𝜌𝐴𝑙𝑛𝐴𝑡−1+ 𝜀𝑡𝐴 (2.39) (2.40) (2.38) (2.41) (2.42) (2.27) (2.28) (2.43)

I parametri del modello per cui è necessaria la calibrazione sono: Ω = {α, β, γ, δ, 𝜌𝐴, 𝜎𝐴, 𝜏𝑐, 𝜏𝑙, 𝜏𝑘}

(25)

23

La seguente tabella riporta i parametri che utilizzeremo per la simulazione del modello sin qui presentato, le tasse sono quelle medie effettive dell’economia Spagnola, stimate da Boscá et al. (2009), utilizzando la metodologia formalizzata da Mendoza et al. (1994).

Parametro Definizione Valore

α Parametro di tecnologia 0.350

β Fattore di sconto 0.970

γ Parametro di preferenza 0.450

δ Tasso di deprezzamento del capitale fisico 0.060

𝜌𝐴 Parametro di auto regressione della TFP 0.950

𝜎𝐴 Deviazione standard della TFP 0.010

𝜏𝑐 Aliquota fiscale sul consumo 0.116

𝜏𝑙 Aliquota fiscale sul reddito da lavoro 0.348

𝜏𝑘 Aliquota fiscale sul reddito da capitale 0.225

Tabella 1. Calibrazione dei parametri5

2.2.6 Codice Dynare

La struttura del codice è articolata come visto nel capitolo precedente: 1) Preambolo

//Variabili endogene var Y,C,I,F,K,L,R,W,A; //Variabili esogene

varexo e, tauc, taul, tauk; //Parametri

parameters alpha, beta, delta, gamma, rho; //Calibrazione dei parametri

alpha=0.35; beta=0.97; delta=0.06; gamma=0.40; rho=0.95;

5 Introduction to Dynamic Macroeconomic General Equilibrium Models Jose Luis Torres Chacon Vernon Art and Science Incorporated, 2015. Pag 138

(26)

24

2) Modello

//Equazioni del modello;

(1+tauc)*C=(gamma/(1-gamma))*(1-L)*(1-taul)*(1-alpha)*Y/L; 1=beta*((((1+tauc)*C)/((1+tauc(+1))*C(+1)))*((1-tauk)*(R(+1)-delta)+1)); Y=A*(K(-1)^alpha)*(L^(1-alpha)); K=I+(1-delta)*K(-1); I=Y-C; W=(1-alpha)*A*(K(-1)^alpha)*(L^(-alpha)); R=alpha*A*(K(-1)^(alpha-1))*(L^(1-alpha)); F=tauc*C+taul*W*L+tauk*(R-delta)*K; log(A)=rho*log(A(-1))+e; end;

3) Valori iniziali (o stato stazionario)

//Valori iniziali initval; Y=1; C=0.8; L=0.3; K=3.5; I=0.2; W=(1-alpha)*Y/L; R=alpha*Y/K; A=1; e=0; tauc=0.116; tauk=0.225; taul=0.344; end; //Stato stazionario steady; SS0=oo_.steady_state; //Blanchard-Khan conditions check; //Valori finali endval;

(27)

25 Y=1; C=0.8; L=0.3; K=3.5; I=0.2; W=(1-alpha)*Y/L; R=alpha*Y/K; A=1; e=0; tauc=0.130; tauk=0.225; taul=0.344; end; //Stato stazionario steady; 4) Shocks

//Perturbazione: variazione della tassa sul consumo var tauc;

//Periodo di variazione periods 0;

//Cambio nell’aliquota fiscale rispetto al valore finale values 0; end; 5) Computazione //Simulazione determinstica simul(periods=38); //Grafici figure; subplot(2,2,1); plot(Y-SS0(1)); title('Produzione'); subplot(2,2,2); plot(C-SS0(2)); title('Consumo'); subplot(2,2,3); plot(I-SS0(3)); title('Investimento');

(28)

26 subplot(2,2,4); plot(F-SS0(4)); title('Gettito fiscale'); figure; subplot(2,2,1); plot(K-SS0(5)); title('Stock di capitale'); subplot(2,2,2); plot(L-SS0(6)); title('Ore lavorate'); subplot(2,2,3); plot(R-SS0(7)); title('Tasso di interesse'); subplot(2,2,4); plot(W-SS0(8)); title('Salario');

(29)

27

2.2.7 Analisi dei risultati

In questa sezione saranno analizzati i risultati ottenuti dalla simulazione, effettuata con il software Dynare, in cui due differenti perturbazioni colpiscono l’economia modellata, l’osservazione è effettuata sui 40 periodi successivi la manifestazione dello shock, in modo da osservare sia l’impatto iniziale che quello derivante dal persistere dello stesso. Il primo shock analizzato è un cambiamento nell’aliquota fiscale della tassa sul consumo, nello specifico si tratta di un aumento imprevisto e permanente, la simulazione assume che la tassa sul consumo passi dall’11.6 al 13%.

Lanciando il codice su Matlab, otteniamo una sequenza di grafici:

Figura 2.1 Effetto di un aumento imprevisto e permanente della tassa sul consumo.

La produzione si riduce istantaneamente al presentarsi dello shock, e continua a diminuire lentamente sino a raggiungere il nuovo stato stazionario, inferiore a quello iniziale di 0.4 punti percentuali.

Anche il consumo presenta una riduzione istantanea, seguita da una continua discesa sino al raggiungimento dello stato stazionario, ancora una volta inferiore a quello iniziale. Per quanto riguarda la reazione dell’investimento al presentarsi dello shock, vediamo che questo si riduce istantaneamente, si manifesta il fenomeno di overshooting, in quanto l’investimento raggiunge valore inferiore a quello che sarà nel nuovo stato stazionario.

(30)

28

Infine, il gettito fiscale aumentando raggiunge quasi istantaneamente il nuovo stato stazionario.

Le dinamiche osservate, derivano dall’effetto distorsivo causato dalla variazione dell’aliquota fiscale, tramite un effetto sostituzione intertemporale tra consumo e tempo libero e un cambiamento nelle decisioni di investimento.

Figura 2.2 Effetto di un aumento imprevisto e permanente della tassa sul consumo.

Le dinamiche osservate sono determinate da un effetto sostituzione intertemporale tra consumo e risparmio e dall’esistenza di un effetto sostituzione tra lavoro e tempo libero, l’aumento dell’aliquota fiscale riduce il potere di acquisto dei salari, riducendo l’offerta di lavoro.

La riduzione di ore lavorate, alla quale si aggiunge una riduzione dello stock di capitale, ha un effetto negativo sulla produzione.

Infine, riassumendo: i valori di stato stazionario, per le variabili rilevanti, sono ridotti come risultato di una più alta aliquota fiscale, fanno eccezione i prezzi dei fattori di produzione che, nel lungo periodo, sono indipendenti dalle aliquote fiscali.

(31)

29

2.2.8 Inserire uno shock sulla TFP nel modello con le tasse

A questo punto andando a modificare il codice fornito da Torres, possiamo andare ad osservare un ulteriore shock, e osservare come il modello risponde ad una variazione nella produttività totale dei fattori, che simuliamo aumenti di una deviazione standard al verificarsi dello shock.

Il codice Dynare diventa: //Dynare code

//File: model7b.mod //Variabili endogene var Y,C,I,F,K,L,R,W,A; //Variabili esogene

varexo e, tauc, taul, tauk; //Parametri

parameters alpha, beta, delta, gamma, rho; //Calibrzione dei parametri

alpha=0.35; beta=0.97; delta=0.06; gamma=0.40; rho=0.95;

//Equazioni del modello model; (1+tauc)*C=(gamma/(1-gamma))*(1-L)*(1-taul)*(1-alpha)*Y/L; 1=beta*((((1+tauc)*C)/((1+tauc(+1))*C(+1)))*((1-tauk)*(R(+1)-delta)+1)); Y=A*(K(-1)^alpha)*(L^(1-alpha)); K=I+(1-delta)*K(-1); I=Y-C; W=(1-alpha)*A*(K(-1)^alpha)*(L^(-alpha)); R=alpha*A*(K(-1)^(alpha-1))*(L^(1-alpha)); F=tauc*C+taul*W*L+tauk*(R-delta)*K; log(A)=rho*log(A(-1))+e; end; //Valori iniziali initval; Y=1; C=0.8;

(32)

30 L=0.3; K=3.5; I=0.2; W=(1-alpha)*Y/L; R=alpha*Y/K; A=1; e=0; tauc=0.116; tauk=0.225; taul=0.344; end; //Steady State steady; SS0=oo_.steady_state; //Blanchard-Khan conditions check;

//Shock: variazione nella TFP shocks;

var e; stderr 0.01; end;

//Simulazione stocastica: stoch_simul;

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31

Per capire meglio i risultati grafici generati da Matlab, è utile effettuare un confronto tra la variazione delle variabili osservate al verificarsi dello shock, con e senza la presenza delle tasse, che generano un effetto distorsivo, andando a modificare i risultati da un punto di vista quantitativo, dal punto di vista qualitativo invece la reazione delle variabili rimane pressappoco invariata.

Figura 2.3 TFP shock con la presenza di tasse

(34)

32

La linea rossa in figura rappresenta i valori di stato stazionario precedenti al verificarsi dello shock, mentre la linea nera ci mostra come il valore si modifica dal momento dell’impatto dello shock e nei 40 periodi successivi.

Vediamo che le tasse creano un effetto distorsivo nelle scelte poste in essere dagli agenti economici, in particolare il TFP shock ha in entrambi i casi un effetto positivo sull’investimento, che però risulta più contenuto nel modello con le tasse, questo fa sì che il valore di stato stazionario dello stock di capitale aumenti in maniera minore rispetto al modello senza tasse.

Questo deriva dal cambiamento del valore dei fattori di produzione che ora sono al netto delle tasse, i prezzi dei fattori di produzione, riflettendo la propria produttività marginale, reagiscono in maniera identica in entrambi i modelli.

Anche l’aumento del tasso di rendimento del capitale e dei salari è lo stesso in entrambi i modelli, in quanto queste due variabili dipendono direttamente dallo shock di produttività.

Il reddito netto generato dai fattori di produzione differisce nei due modelli dato che una frazione del reddito, nel modello con le tasse, è destinata al governo, anche se successivamente è restituita alle famiglie, questo ha comunque un effetto sulle decisioni degli agenti in merito ai diversi fattori rispetto al modello senza tasse.

Infine, vediamo che uno shock positivo sulla TFP causa un’espansione dell’attività economica e, dato il valore delle tasse dalla calibrazione, aumenta anche il gettito fiscale. In conclusione, possiamo dire che: sia la tassa sul consumo che quella sul reddito da lavoro hanno un effetto diretto sull’offerta di lavoro, mentre la tassa sul reddito da capitale ha un effetto diretto sulle decisioni di investimento.

(35)

33

Capitolo 3: DSGE models prima della crisi: Modelli New Keynesiani

Partendo dai modelli RBC classici, presentati nel precedente capitolo, la letteratura ha sviluppato una serie di modelli, fondamentali nel periodo pre-crisi finanziaria, denominati modelli New-Keynesiani.

Questi modelli sposano la visione di Friedman (1968), per la quale la politica monetaria è inefficace nel lungo periodo, in quanto a causa dei prezzi e dei salari viscosi, ha solamente effetti di breve periodo.

La differenza principale tra la visione di Friedman e i modelli New-Keynesiani sta nelle raccomandazioni che questi fanno in termini di politiche monetarie da attuare, infatti mentre Friedman auspica l’applicazione della regola del tasso costante di crescita monetaria, questi modelli prevedono una politica monetaria attiva, dove il regolatore metta in atto le misure necessarie per il controllo della reazione del tasso di interesse agli shocks.

I modelli New-Keynesiani introducono diversi elementi (frizioni nominali) all’assetto tradizionale del modello, come ad esempio concorrenza imperfetta, esistenza di costi di transazione nel processo di investimento, crolli di liquidità o la presenza di rigidità nella determinazione di prezzi e salari, questo li rende certamente più complessi dei modelli precedenti, anche se fondati sulla solita base, ovvero la microfondazione del comportamento degli agenti economici.

I modelli New-Keynesiani hanno conosciuto un forte sviluppo, e si sono centrati principalmente sullo studio degli effetti di uno shock sulla domanda aggregata derivante da un intervento di politica monetaria.

Tra i modelli New-Keynesiani precedenti alla crisi di fondamentale importanza sono: il CEE model (Christiano ed al (2005)), e il modello di Smets and Wouters (2003, 2007) che verrà presentato nelle sezioni successive.

(36)

34

3.1 Il modello di Smets and Wouters

Smets and Wouters nel 2007 pubblicano un modello dinamico stocastico di equilibrio generale per l’economia statunitense, andando ad investigare gli effetti sull’economia reale di diversi tipi di shocks.

Il modello di Smets and Wouters (2007) contiene diversi tipi di shock e frizioni, inserisce prezzi nominali e salari vischiosi che permettono: di indicizzare l’inflazione, di considerare le abitudini di consumo degli agenti economici e di inserire costi di aggiustamento nel processo di investimento.

Il modello considera sette diversi tipi di shock strutturali che agiscono su:

➢ Total Factor Productivity (analogo a quello visto nel modello precedente); ➢ Sui margini intertemporali: lo shock sul premio per il rischio ed uno shock

tecnologico specifico dell’investimento;

➢ Sui margini intratemporali: lo shock sui salari e quello sui prezzi; ➢ Sulla spesa esogena;

➢ E infine sulla politica monetaria.

3.2 Presentazione del modello

Nell’economia considerata esistono due tipi principali di agenti economici: famiglie e imprese.

Le numerose frizioni inserite nel modello vanno ovviamente ad influenzare le decisioni prese dagli agenti economici.

Le famiglie ottimizzano la loro funzione obiettivo, rappresentata da una funzione di utilità non separabile, basata su due argomenti: beni (da consumare) e lavoro, su di un orizzonte temporale infinito.

Nella funzione obiettivo il consumo dipende da una variabile di comportamento esterna e variabile nel tempo, mentre il lavoro è differenziato all’unità, da ciò deriva un potere di monopolio sui salari, che risulta esplicitato nell’equazione dei salari, e permette l’introduzione di salari nominali vischiosi.

(37)

35

Dati i costi di aggiustamento del capitale, le famiglie decidono quanto capitale prestare alle imprese e quanto capitale accumulare (risparmiare).

Le imprese producono diversi beni, e decidono in merito ai fattori di produzione, ovvero quanta forza lavoro utilizzare nella produzione, e quanto capitale prendere a prestito. Inoltre, stabiliscono i prezzi, che sono funzione dei costi marginali attesi, e dipendono sia dai salari attesi che dal tasso di inflazione.

Il vincolo alle risorse disponibili è dato dalla seguente equazione:

𝑦𝑡 = 𝑐𝑦𝑐𝑡+ 𝑖𝑦𝑖𝑡+ 𝑧𝑦𝑧𝑡+ 𝜀𝑡𝑔 (3.1)

Da cui risulta che il prodotto finale (yt) è assorbito da:

➢ consumo (ct);

➢ investimento (it);

➢ costo di utilizzo del capitale, che è funzione del tasso di utilizzo del capitale (zt);

➢ perturbazioni sulla spesa esogena (𝜀𝑡𝑔).

Inoltre, abbiamo che cy è la quota di consumo sul prodotto finito nello stato stazionario,

ed è data da:

𝑐𝑦 = 1 − 𝑔𝑦− 𝑖𝑦 (3.2)

Dove:

➢ gy è il rapporto esogeno tra spesa e prodotto finito di stato stazionario;

➢ iy è il rapporto esogeno tra investimento e prodotto finito di stato stazionario.

Inoltre:

𝑔𝑦 = (𝛾 − 1 + 𝛿)𝑘𝑦 (3.3)

Dove:

➢ 𝛾 è il tasso di crescita di stato stazionario; ➢ 𝛿 è il tasso di deprezzamento del capitale;

(38)

36

Infine:

𝑧𝑦 = 𝑅𝑘𝑘𝑦 (3.4)

Dove:

➢ 𝑅𝑘 è il tasso a cui viene prestato il capitale in stato stazionario.

La spesa esogena segue la seguente equazione:

𝜀𝑡𝑔 = 𝜌𝑔𝜀𝑡−1𝑔 + 𝜂𝑡𝑔+ 𝜌𝑔𝑎𝜂𝑡𝑎 (3.5)

Questo perché nel momento in cui si andrà a stimare il modello, la spesa esogena includerà anche le esportazioni nette, che dipendono a loro volta dalla produttività. Il consumo (ct) è dato dalla seguente equazione:

𝑐𝑡= 𝑐1𝑐𝑡−1+ (1 − 𝑐1)𝐸𝑡𝑐𝑡+1+ 𝑐2(𝑙𝑡− 𝐸𝑡𝑙𝑡+1) − 𝑐3(𝑟𝑡− 𝐸𝑡𝜋𝑡+1+ 𝜀𝑡𝑏) (3.6) Dove: ➢ 𝑐1 = (𝜆 𝛾⁄ ) (1 + (𝜆 𝛾⁄ ⁄ )) ➢ 𝑐2 = [(𝜎𝑐− 1)( 𝑊∗ℎ𝐿∗⁄𝐶∗)] [𝜎𝑐(1+(𝜆 𝛾⁄ ))]] ➢ 𝑐1 = (1 − 𝜆 𝛾⁄ ) (1 + (𝜆 𝛾⁄ ⁄ )𝜎𝑐)

Il consumo corrente dipende quindi da una media pesata dei consumi passati e futuri, dalla crescita attesa delle ore di lavoro (𝑙𝑡− 𝐸𝑡𝑙𝑡+1), dal tasso di interesse reale ex-ante (𝑟𝑡− 𝐸𝑡𝜋𝑡+1) e da un fattore di disturbo (𝜀𝑡𝑏).

Se assumiamo l’assenza di abitudini esterne sul consumo (λ=0) e che il consumo abbia una forma logaritmica (σc=1) avremo che c1=c2=0 e in questo modo otterremo

l’equazione tradizionale del consumo.

Quando invece σc>1 consumo ed ore di lavoro sono complementari all’utilità e il

consumo dipende positivamente dall’ammontare di ore lavorate e negativamente dal tasso di aumento di ore di lavoro atteso.

(39)

37

Infine, il fattore di disturbo (𝜀𝑡𝑏) rappresenta il differenziale tra il tasso di interesse

controllato dalla banca centrale, e il tasso di rendimento dell’attivo (ROA) detenuto dalle famiglie, possiamo quindi definirlo come il fattore di disturbo sul premio per il rischio. Uno shock positivo a questo differenziale aumenta il ROA richiesto dalle famiglie e riduce il consumo corrente, e al contempo riduce il valore di capitale e investimento.

𝜀𝑡𝑏 = 𝜌𝑏𝜀𝑡−1𝑏 + 𝜂𝑡𝑏 (3.7)

Le dinamiche di investimento sono descritte dalla seguente equazione:

𝑖𝑡= 𝑖1𝑖𝑡−1+ (1 − 𝑖1)𝐸𝑡𝑖𝑡+1+ 𝑖2𝑞𝑡+ 𝜀𝑡𝑖 (3.8) Dove:

➢ 𝑖1 = 1

1+𝛽𝛾(1−𝜎𝑐)

➢ 𝑖2 = [1 1 + 𝛽𝛾⁄ (1−𝜎𝑐)𝛾2𝜑]

➢ 𝜑 è l’elasticità di stato stazionario della funzione del costo di aggiustamento del capitale;

➢ 𝛽 è il fattore di sconto applicato dalle famiglie.

Una maggiore elasticità del costo di aggiustamento del capitale riduce la sensitività dell’investimento (it) al valore reale dello stock di capitale esistente (qt).

➢ 𝜀𝑡𝑖 è la perturbazione della tecnologia specifica del processo di investimento.

𝜀𝑡𝑖 = 𝜌𝑖𝜀𝑡−1𝑖 + 𝜂𝑡𝑖 (3.9)

Il valore del capitale in questa economia è dato da:

𝑞𝑡 = 𝑞1𝐸𝑡𝑞𝑡+1+ (1 − 𝑞1)𝐸𝑡𝑟𝑡+1𝑘 − (𝑟𝑡−∗ 𝐸𝑡𝜋𝑡+1+ 𝜀𝑡𝑏) (3.10)

Dove:

➢ 𝑞1 = 𝛽𝛾−𝜎𝑐(1 − 𝛿) = [((1 − 𝛿) 𝑅

∗𝑘+ (1 − 𝛿))]

Il valore corrente dello stock di capitale dipende positivamente dal suo futuro valore atteso (𝑞𝑡+1), e dal tasso futuro atteso a cui è prestato il capitale 𝐸𝑡𝑟𝑡+1𝑘 , mentre dipende negativamente dal tasso di interesse reale, e dal fattore di disturbo sul premio per il rischio 𝜀𝑡𝑏.

(40)

38

Dal lato dell’offerta la funzione di produzione aggregata è data da:

𝑦𝑡= 𝜙𝑝(𝛼𝑘𝑡𝑠 + (1 − 𝛼)𝑙𝑡+ 𝜀𝑡𝑎 (3.11)

Il prodotto è ottenuto utilizzando capitale (𝑘𝑡𝑠) e lavoro, misurato in ore lavorate (𝑙𝑡).

Dove:

➢ La TFP è data da:

𝜀𝑡𝑎 = 𝜌𝑎𝜀𝑡−1𝑎 + 𝜂𝑡𝑎 (3.12)

➢ α è la porzione di capitale utilizzata nella produzione;

➢ 𝜙𝑝 è uguale ad 1 più la parte di costi fissi necessari alla produzione, e misura la

persistenza dei costi fissi nella produzione. Il capitale corrente è dato da:

𝑘𝑡𝑠 = 𝑘𝑡−1+ 𝑧𝑡 (3.13)

Ed è quindi funzione del capitale utilizzato nel periodo precedente e del tasso di utilizzo del capitale, che è funzione positiva del tasso a cui è prestato il capitale:

𝑧𝑡 = 𝑧1𝑟𝑡𝑘 (3.14)

Dove:

➢ 𝑧1 = (1 − 𝜓)/𝜓 ;

➢ 𝜓 è funzione positiva dell’elasticità della funzione del costo di aggiustamento dell’utilizzo del capitale, ed è normalizzato tra zero e uno.

Quando ψ = 1 è estremamente costoso cambiare destinazione al capitale, e conseguentemente l’utilizzo del capitale rimane costante, al contrario se ψ = 0, il costo marginale per cambiare destinazione al capitale è una costante, e di conseguenza, in equilibrio, il tasso a cui è prestato il capitale è costante.

L’accumulazione di capitale (kt) è funzione sia dell’investimento, sia dell’efficienza del

costo dell’investimento.

(41)

39 Con: ➢ 𝑘1 = (1 − 𝛿)/𝛾 ; ➢ 𝑘1 = (1 −1−𝛿 𝛾 )(1 + 𝛽𝛾 (1−𝜎𝑐))𝛾2𝜑

Passando al mercato monopolistico dei beni, il fatto che l’obiettivo delle imprese sia la minimizzazione dei costi, implica che il mark-up sui prezzi, definito come la differenza tra il prezzo medio e il costo marginale sostenuto, sia uguale alla differenza tra il prodotto marginale da lavoro (mplt) e il salario reale (wt):

𝜇𝑡𝑝 = 𝑚𝑝𝑙𝑡− 𝑤𝑡 = 𝛼(𝑘𝑡𝑠− 𝑙𝑡) + 𝜀𝑡𝑎− 𝑤

𝑡 (3.16)

Il prodotto marginale del lavoro è esso stesso funzione positiva del rapporto capitale-lavoro e della TFP.

A causa della vischiosità dei prezzi e della parziale indicizzazione dei prezzi, che non possono essere riottimizzati, all’inflazione, l’aggiustamento verso il mark-up desiderato avviene lentamente.

Dati i prezzi, impostati dalle imprese, la massimizzazione dei profitti si muove secondo al seguente curva di Phillips New-Keynesiana:

𝜋𝑡 = 𝜋1𝜋𝑡−1+ 𝜋2𝐸𝑡𝜋𝑡+1− 𝜋3𝜇𝑡𝑝+ 𝜀𝑡𝑝 (3.17) Dove: ➢ 𝜋1 = 𝜄𝑝⁄(1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄𝑝) ; ➢ 𝜋2 = 𝛽𝛾1−𝜎𝑐 (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄 𝑝) ⁄ ➢ 𝜋3 = 1 (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄 𝑝)[ (1−𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜉𝑝)(1−𝜉𝑝) 𝜉𝑝((𝜙𝑝−1)𝜀𝑝+1) ] ⁄

Da cui deriva che l’inflazione (𝜋𝑡) dipende positivamente dall’inflazione passata e attesa futura, negativamente dal mark-up corrente dei prezzi, e ancora positivamente dal fattore di disturbo sul mark-up dei prezzi (𝜀𝑡𝑝).

Quando il grado di indicizzazione dei prezzi all’inflazione è pari a zero (𝜄𝑝 = 0) l’equazione (3.17) torna ad essere una curva di Phillips pura (𝜋𝑝 = 0).

La velocità di aggiustamento dei prezzi al mark-up desiderato dipende, tra le altre cose, dal grado di vischiosità dei prezzi (𝜉𝑝), da 𝜀𝑝, e dal mark-up dei prezzi di stato stazionario,

(42)

40

che in equilibrio è correlato alla proporzione di costi fissi nella produzione (𝜙𝑝− 1) attraverso la condizione di profitti pari a zero.

La minimizzazione dei costi da parte delle imprese implica inoltre che il tasso a cui è prestato il capitale è correlato negativamente al rapporto capitale-lavoro e positivamente al salario reale (entrambi con elasticità unitaria):

𝑟𝑡𝑘 = −(𝑘𝑡− 𝑙𝑡)+𝑤𝑡 (3.18)

Analogamente a quanto appena visto per il mercato dei beni, nel mercato monopolistico del lavoro, il mark-up sui salari è dato dalla differenza tra il salario reale e il tasso di sostituzione marginale tra lavoro e consumo (mrst):

𝜇𝑡𝑤 = 𝑤𝑡− 𝑚𝑟𝑠𝑡 = 𝑤𝑡− (𝜎𝑡𝑙𝑡+ 1

1 − 𝜆 𝛾⁄ (𝑐𝑡− 𝜆 𝛾𝑐⁄ 𝑡−1))

(3.19)

Dove:

➢ 𝜎𝑡 è l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario reale; ➢ 𝜆 è il parametro relativo alle abitudini al consumo.

A causa della vischiosità dei salari e della parziale indicizzazione dei salari all’inflazione, i salari reali si aggiustano gradualmente al mark-up desiderato:

𝑤𝑡= 𝑤1𝑤𝑡−1+ (1 − 𝑤𝑡)(𝐸𝑡𝑤𝑡+1+ 𝐸𝑡𝜋𝑡+1) − 𝑤2𝜋𝑡+ 𝑤3𝜋𝑡−1− 𝑤4𝜇𝑡𝑤+ 𝜀𝑡𝑤 (3.20) Dove: ➢ 𝑤1 = 1 (1 + 𝛽𝛾 1−𝜎𝑐) ; ➢ 𝑤2 = (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄 𝑤) (1 + 𝛽𝛾⁄ 1−𝜎𝑐) ➢ 𝑤3 = 𝜄𝑤(1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐) ➢ 𝑤4 = 1 (1 + 𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜄𝑤)[ (1−𝛽𝛾1−𝜎𝑐𝜉𝑤)(1−𝜉𝑤) 𝜉𝑤((𝜙𝑤−1)𝜀𝑤+1) ] ⁄

Quindi il salario reale è funzione dei salari reali passati e attesi futuri, dell’inflazione corrente, passata e attesa, il mark-up sui salari, e il fattore di disturbo sui salari (𝜀𝑡𝑤).

Se i salari sono perfettamente flessibili (𝜉𝑤 = 0) il salario reale diventa un mark-up sul tasso marginale di sostituzione tra consumo e tempo libero.

(43)

41

La velocità di aggiustamento al mark-up desiderato dipende dal grado di vischiosità dei salari (𝜉𝑤) e dall’elasticità della domanda di lavoro che è anch’essa una funzione del mark-up del mercato del lavoro di stato stazionario (𝜙𝑝− 1) e di 𝜀𝑤.

Quando l’indicizzazione dei salari è pari a zero (𝜄𝑤 = 0) il salario reale non dipende dall’inflazione (𝑤3 = 0).

Il fattore di disturbo è dato da:

𝜀𝑤𝑡 = 𝜌𝑤𝜀𝑡−1𝑤 + 𝜂𝑡𝑤 − 𝜇𝑤𝜂𝑡−1𝑤 (3.21)

Infine, il modello si conclude con l’inclusione di una funzione che considera la politica messa in atto dall’autorità monetaria, che controlla il tasso di interesse:

𝑟𝑡 = 𝜌𝑟𝑡−1+ (1 − 𝜌){𝑟𝜋𝜋𝑡+ 𝑟𝑦(𝑦𝑡− 𝑦𝑡 𝑝 )} + 𝑟∆𝑦[(𝑦𝑡− 𝑦𝑡 𝑝 ) − (𝑦𝑡−1− 𝑦𝑡−1 𝑝 )] + 𝜀𝑡𝑟 (3.22)

L’autorità monetaria segue la regola di Taylor, aggiustando gradualmente il tasso di interesse (𝑟𝑡) in risposta all’inflazione e al gap di produzione6, definito come la differenza

tra la produzione attuale e quella potenziale.

In questo caso la produzione potenziale è definita come il livello di produzione che ci sarebbe sotto l’ipotesi di prezzi e salari flessibili, quindi in assenza degli shock sui mark-up.

Lo shock di politica monetaria è dato da:

𝜀𝑡𝑟 = 𝜌𝑟𝜀𝑡−1𝑟 + 𝜂𝑡𝑟 (3.23)

Quindi in conclusione, il modello è determinato da 14 variabili endogene: 𝑦𝑡, 𝑐𝑡, 𝑖𝑡, 𝑞𝑡, 𝑘𝑡𝑠, 𝑘𝑡, 𝑧𝑡, 𝑟𝑡𝑘, 𝜇𝑡

𝑝

, 𝜋𝑡, 𝜇𝑡𝑤, 𝑤𝑡, 𝑙𝑡, 𝑟𝑡

6 John B. Taylor 1993

(44)

42

Il comportamento stocastico del sistema di equazioni attese, lineari e razionali, è mosso da sette diversi tipi fattori di disturbo esogeni relativi a:

➢ TFP: 𝜀𝑡𝑎;

➢ Investimento (tecnologia): 𝜀𝑡𝑖;

➢ Premio per il rischio: 𝜀𝑡𝑏;

➢ Spesa esogena: 𝜀𝑡𝑔; ➢ Mark-up dei prezzi: 𝜀𝑡𝑝

; ➢ Mark-up dei salari: 𝜀𝑡𝑤;

➢ Politica monetaria: 𝜀𝑡𝑟.

3.3 Stima dei parametri

Il modello sin qui presentato è stimato utilizzandole tecniche Bayesiane, tramite sette diverse serie storiche trimestrali statunitensi come variabili osservabili:

➢ la log-differenza di GDP reale (prodotto interno lordo reale); ➢ consumo reale;

➢ investimento reale; ➢ salario reale; ➢ ore lavorate;

➢ il deflatore del prodotto interno lordo; ➢ il tasso sui federal funds7.

Avremo quini che:

𝑌𝑡= [ 𝑑𝑙𝐺𝐷𝑃𝑡 𝑑𝑙𝐶𝑂𝑁𝑆𝑡 𝑑𝑙𝐼𝑁𝑉𝑡 𝑑𝑙𝑊𝐴𝐺𝑡 𝑙𝐻𝑂𝑈𝑅𝑆𝑡 𝑑𝑙𝑃𝑡 𝐹𝐸𝐷𝐹𝑈𝑁𝐷𝑆𝑡] = [ 𝛾̅ 𝛾̅ 𝛾̅ 𝛾̅ 𝑙̅ 𝜋̅ 𝑟̅] + [ 𝑦𝑡− 𝑦𝑡−1 𝑐𝑡− 𝑐𝑡−1 𝑖𝑡− 𝑖𝑡−1 𝑤𝑡− 𝑤𝑡−1 𝑙𝑡 𝜋𝑡 𝑟𝑡 ] (3.24)

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