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Presenze greche e slave a Venezia

La mobilità slavo-ortodossa nell'Adriatico settentrionale presenta caratte-ristiche divergenti rispetto a quelle che connotano la mobilità dei loro

corre-22 M. COSTANTINI, Resistenza al declino e difesa dell'autonomia: le nuove dimensioni dello spazio

marittimo veneziano, in 11 Mediterraneo centro-orientale tra vecchie e nuove egemonie, a cura di

M. Costantini, Roma, Bulzoni editore, 1998, p. 137.

23 V. COSTANTINI, Commerci ed economie nell'Adriatico d'età moderna, in Balcani occidentali

cit., pp. 363-372.

24 D. FRIGO cit., p. 25.

25 Cfr. O. KATSIARDI-HERING, Christian and Jewish Ottoman suhjects: family, inheritance and

commercial networks between East and West (17'h-l# ), in La famiglia nell'economia europea. Secc. XIII-XVIII. The economie role of the family from the 13,h to the 18'h centuries, Prato, 6-10 aprile

ligionari greci, sia per consistenza che per distribuzione nel tempo dei dussi migratori.

Nel caso di Venezia, la presenza slavo-ortodossa all'interno della Confra-ternita si attesta nelle diverse epoche su livelli quantitativi di gran lunga infe-riori rispetto a quelli registrati per i Greci. Studiando i dati relativi ai periodi 1498-1530 e 1533-1562, Fani Mavroidi ha rilevato che nel suo primo trenten-nio di vita la Scuola di San Nicolò accolse un numero totale di membri pari a

139 unità (uomini e donne), di cui 23 «servi» provenienti dalle regioni slave dell'Impero ottomano.26 In questa prima fase, all'origine dell'esodo di genti balcanico-ortodosse verso la laguna sembra esserci principalmente l'avanzata turca nel Mediterraneo orientale e nei territori dell'ex-Impero bizantino. Nel secondo periodo, quando il numero dei confratelli cresce notevolmente rag-giungendo complessivamente le 1029 unità, dal Montenegro, dalla Serbia e dalla Dalmazia (Curzola, Spalato) si registra fino al 1537 l'arrivo di 16 Slavi, mentre soltanto 6 giungono negli anni successivi.27 Le precarie condizioni ma-teriali del registro dei confratelli relativo al periodo 1563-1701, non hanno consentito fino ad ora di avere informazioni riguardo al XVII secolo. Tuttavia sappiamo che la decisione presa nel 157 2 28 dal Capitolo general di introdurre un sistema di ripartizione degli affiliati in cinque patrie in base al quale rego-lare l'accesso dei membri alle cariche governative, suscitò negli anni successivi il malcontento «di quelli della [...] Servia» e di tutti quei Greci provenienti da aree non incluse nella ripartizione.29 La scomparsa della denominazione «Na-tion greca, et Serva» dalla Mariegola dopo il 1540 e il grave declino delle pre-senze slave dopo il 1537 fanno pensare ad una loro drastica riduzione; tale ipotesi sembra trovare conferma nell'esame del registro dei confratelli relativo al periodo 1702-1820 dal quale risulta, fino alla metà del XVIII secolo, l'iscri-zione di soli 19 membri slavi.30 La provenienza da regioni e località diverse tra loro (Dalmazia, Istria, Bocche di Cattaro, Montenegro, territorio di Pastrovic-chi, Bosnia, Erzegovina, Serbia), il numero limitato di anni, in media inferiore

26 F. MAVROIDI, Aspetti della società veneziana del '500 cit., pp. 27-35. Vedi anche della stessa

autrice: I serbi e la Confraternita greca di Venezia, «Balkan studies», voi. XXIV, n. II, 1983, pp.

511-5 2 9 .

27 EAD., Aspetti della società veneziana del '500 cit., p. 33.

28 AIEV, E, Registro n. 219, Mariegola, f. 63r, Parte 1572, 11 maggio. Ecco quanto stabiliva la deliberazione: «che il capitolo di 40 sia composto di cinque patrie, sette per cadauna, p. ma Cipro, 2. Candia et isole dell'Arcipelago, 3. Napoli di Malvasia, 4. Zante e Cefalonia, 5. Corfù, e li rimanenti cinque, o quanti fossero di meno di sette per cadauna delle cinque, siano fatti dell'altre Patrie, e Città non nominate, che è la Grecia superiore»; nessuno dei confratelli slavi iscritti nel registro settecente-sco risulta investito di alcuna carica all'interno della Scuola.

29 Ivi, f. 66, Parte 1575, 14 dicembre.

30 Si riscontra in totale la presenza di 7 individui prima del 1715, 2 tra 1716-1735 e 11 tra il 1736-1755. AIEV, EIB, Registro n. 225 cit.

a cinque, per i quali la maggior parte di tali soggetti paga alla Scuola la quo-ta annua di partecipazione (luminaria) e la presenza di una sola donna nel 1742,31 lasciano pensare a spostamenti individuali, legati probabilmente a viaggi di lavoro.

Inoltre, dallo spoglio degli atti testamentari pubblicati nel periodo 1740-1780 e di quelli relativi ai nominativi riportati nel registro dei confratelli, si rileva che, a fronte di 46 testamenti di Greco-ortodossi, soltanto 4 furono re-datti da Slavi di religione ortodossa, di cui si riportano di seguito i nomi e i luoghi di provenienza:

Tab. 1. Testamenti di immigrati slavi redatti a Venezia nel periodo 1740-1780.

Anno Nome del testatore Luogo di provenienza Notaio

1744 Conte Mose Vladislavich Erzegovina D. Bonaldi, bb. 138.-139, n. 99 (non pubblicato)

1757 Zavizza Mirvovich Zara G.F. Zantoderi, b. 1096, n. 149 1771 Stefano Zupcovich detto

Tomich

Castelnuovo M. Porta, b. 814, n. 349 1781 Francesco Dadich Napoli di Romania* G. Bellan, b. 146, n. 133

Fonte-. ASV, Notarile Testamenti.

* Questo dato è stato desunto da: AIEV, EIB, Registro n. 225, Registro dei Confratelli e

Con-sorelle 1702-1820.

Dunque, gli esiti delle guerre turco-veneziane della fine del XVII secolo nei Balcani occidentali, con la conquista veneta di Risano, Castelnuovo e Knin (Tenin) nel 1687-88 e con l'espansione dei confini dalmati fino alle Alpi Di-nariche,32 non sembrano alimentare l'immigrazione di genti slavo-ortodosse verso la laguna veneta,33 come abbiamo invece riscontrato per i Greci in se-guito alla conquista del Regno di Morea. I centri costieri della Dalmazia e

del-31 Ivi, f. 329r.

32 Prima del 1645 la presenza di ortodossi in Dalmazia era limitata alle poche centinaia di Greci, in genere militari, distribuiti tra Zara, Sebenico e Lesina e ad alcuni gruppi di «serviani» (di rito slavo-ortodosso) situati ai confini del contado di Traù e in alcuni centri alle Bocche di Cat-taro; altre comunità erano presenti a Pastrovici e nella Zuppa ottomana. In seguito alle guerre del 1645-1718, nuclei consistenti di ortodossi «di rito serviano» si distribuirono tra la linea Nani (1671) e la linea Mocenigo (1721), al confine con l'Erzegovina. E. IVETIC, Cattolici e ortodossi

nell'A-driatico orientale veneto, 1699-1797, in Geografie confessionali. Cattolici e ortodossi nel crepuscolo della Repubblica di Venezia (1718-1797), a cura di G. Gullino e E. Ivetic, Milano, Franco Angeli,

2009, pp. 98-101.

33 Dalla consultazione degli atti testamentari è emersa la presenza di un numero considerevol-mente superiore di immigrati slavi di confessione cattolica, provenienti soprattutto dalle isole e dal litorale dalmata-istriano (36 unità), e solo in misura minore dalle Bocche di Cattaro (5 unità), da Ra-gusa (4 unità) e dall'Albania (2 unità).

l'Albania veneta (Bocche di Cattaro), non solo quelli di nuovo acquisto come Scardona, Risano e Castel Nuovo, ma anche quelli appartenenti al dominio veneto sin dal 1420 come Zara, Spalato, Sebenico, Perasto e Cattaro, emerge-ranno come luoghi di origine di nuclei relativamente consistenti di Slavi orto-dossi solo a partire dagli anni '60, come risulta dal registro dei confratelli set-tecentesco.34

Gli studiosi hanno generalmente ricondotto la diminuzione della presenza di Slavi dopo il 1537 e la loro ricomparsa nella seconda metà del Settecento a due ordini di cause.35 Ragioni di carattere demografico, ossia l'afflusso abbon-dante di nuovi membri di lingua e origine greca a partire dalla metà del XVI secolo, con conseguente chiusura agli «stranieri», e il declino degli iscritti e dun-que delle entrate di membri greci negli ultimi decenni del Settecento, spieghe-rebbero rispettivamente la scomparsa e il successivo ritorno di membri di origi-ne slava all'interno della Confraternita. Accanto alle cause di tipo economico-demografico, gli studiosi hanno sottolineato l'importanza dei fattori di natura religiosa: la restaurazione del Patriarcato serbo di Pec nel 1557 avrebbe creato nuove prospettive per il ritorno dei «serbi» alla loro patria, mentre la sua abo-lizione nel 176636 ne avrebbe favorito l'esodo. Da un'analisi attenta dei dati a disposizione emergono, tuttavia, alcune significative discrepanze rispetto alle ipotesi sopra esposte; innanzitutto il declino demografico settecentesco della Confraternita rispetto ai livelli registrati per il Cinquecento costituisce un feno-meno in atto già nei primi decenni del secolo:

Tab. 2. Presenze greche e slave nella Scuola di San Nicolò nel periodo 1696-1815.

Totale delle presenze

1696-1715 1716-35 1736-55 1756-75 1776-95 1796-1815

Greci 393 195 288 369 302 252

Slavi 7 2 11 52 85 32

Fonte: AIEV, EIB, Registro n. 225, Registro dei Confratelli e Consorelle 1702-1820.

La comparsa di nuclei consistenti di Slavi ortodossi nei ventenni 1756-1775 e 1776-1795, quando la loro presenza ammonta rispettivamente a 52 e 85 unità, corrisponde ad una crescita relativa delle presenze di membri di origine greca, il cui numero complessivo passa dalle 288 unità del periodo

34 AIEV, EIB, Registro n. 225 cit.

33 F. MAVROIDI, I serbi e la Confraternita greca di Venezia cit., p. 515.

36 Sull'argomento cfr. Storia religiosa di Serbia e Bulgaria, a cura di L. Vaccaro, Milano, Centro Ambrosiano, 2008.

1736-1755 alle 369 unità del ventennio successivo; dati che inducono a ipotiz-zare piuttosto l'azione di forze economico-commerciali alla base della mobilità di entrambi i gruppi.37

L'abolizione del patriarcato di Pec nel 1766 corrisponde effettivamente ad un aumento di membri slavi nel registro dei confratelli; tuttavia, se andiamo a considerare i loro luoghi di origine rileviamo che gli iscritti nel decennio im-mediatamente successivo alla soppressione del Patriarcato (1766-1775), pro-vengono quasi esclusivamente dal Montenegro e dall'Albania veneta.38 Ora, nel Montenegro, a partire dalla fine del XVII secolo, si era instaurata una ge-rarchia autonoma di vescovi-principi la quale sopravvisse all'abolizione del Patriarcato serbo (a cui era spiritualmente sottoposta), mentre la popolazione dell'Albania veneta, a maggioranza ortodossa dopo gli ingrandimenti del 1699-1718, rimase sotto l'influenza e il controllo indiretto del clero montene-grino ed erzegovese anche durante il dominio veneto.39 La maggior parte de-gli individui provenienti dalla Dalmazia veneta, il cui arrivo si registra sostan-zialmente nel periodo compreso tra il 1776 e il 1785 (solo tre dalmati giungono nel decennio precedente), è originaria di Zara e Sebenico, e in mi-sura minore da altri centri del litorale dalmata-istriano; qui Greci e Slavi con-vivevano all'interno di parrocchie e confraternite sottoposte alla giurisdizione del Metropolita greco di Filadelfia, capo religioso della Confraternita ortodos-sa di Venezia - dove risiedeva dal 1576 - e formalmente di tutti i sudditi or-todossi della Repubblica veneta. L'esistenza di un legame tra i due eventi sem-bra contraddetta anche dall'assenza, tra le patrie di provenienza, dei territori ottomani sottoposti alla giurisdizione del Patriarcato serbo (Bosnia, Erzegovi-na, Serbia), da cui abbiamo rilevato invece arrivi sporadici nella prima metà del secolo; un solo iscritto, inoltre, proviene da uno di quei centri ortodossi di nuovo acquisto, Knin (Tenin), situati nella Dalmazia interna, la cui popo-lazione cercò a lungo un capo religioso per la propria guida spirituale nei ter-ritori del Patriarcato serbo.

E dato più interessante che emerge dal quadro appena delineato sembra essere il carattere di omogeneità geografica e sociale che caratterizza l'area di provenienza degli slavo-ortodossi affiliati alla Confraternita veneziana nella se-conda metà del Settecento. Si tratta perlopiù, infatti, di sudditi veneziani pro-venienti dai centri urbani del litorale, interessati, rispetto ai villaggi

dell'entro-37 Entrambi i gruppi, inoltre, registrano una flessione negativa nell'ultima fascia temporale con-siderata, tra il 1796 e il 1815, quando si rileva in totale la presenza di 32 Slavi e di 252 Greci.

38 Più numerosi nel decennio 1766-1775, gli arrivi da queste aree si protraggono con un anda-mento discendente fino alla metà degli anni novanta.

39 E. IVETIC, Cattolici e ortodossi cit., p. 102. Sull'influenza montenegrina ed erzegovese in Al-bania veneta: ASV, Consultori in jure, b. 425, c. 32r (giugno, 1736); b. 426, c. 3Ir (s.d.).

terra, da esperienze di convivenza e dalla creazione di relazioni economico-so-ciali tra le due componenti linguistiche dell'Ortodossia.40 Il gravitare di questi territori sull'Adriatico, in particolare intorno al sistema economico veneziano, sembrerebbe indicare l'esistenza di ragioni di carattere commerciale alla base dell'arrivo nella seconda metà del Settecento di numerosi membri slavi, alcuni dei quali risultano, tra l'altro, provenire dai centri marittimi e mercantiti del Levante greco. Dunque, nel XVIII secolo, l'inserimento di Slavo-ortodossi al-l'interno di un'istituzione comunitaria 'nazionale'41 la Scuola di San Nicolò, molto più strutturata di quanto non fosse nella prima metà del Cinquecento, in cui gli organi direttivi, le strutture educative e gli apparati liturgici ed ec-clesiastici avevano assunto un impronta culturale profondamente greca, in-teressa soltanto una parte della popolazione ortodossa di origine slava, con ca-ratteristiche sociali ben definite.

A partire dagli anni '80, nuclei più consistenti di Slavi ortodossi partiran-no partiran-non solo dalla Dalmazia e dall'Albania veneta, ma soprattutto dai territori ottomani gravitanti sul Mar Adriatico, come Trebinje in Erzegovina, per diri-gersi alla volta di Trieste; qui, come vedremo nelle pagine seguenti, essi daran-no vita nel tempo ad un legame più stabile con il territorio e con la comunità ortodossa lì residente, con risvolti significativi sul piano dei rapporti inter-et-nici tra le due componenti tinguistico-culturati dell'Ortodossia.

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