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Prime costituzioni

Nel documento Retroattività e diritti reali (pagine 42-46)

14. Una vera esplosione delle attenzioni legislative verso la retroat- tività si ha solo con le prime costituzioni. Un tentativo di porre dei limi- ti all’intervento «retroattivo» del legislatore compare già nella costitu- zione degli Stati Uniti del 15 settembre 1787, che vieta l’ex post facto

law. All’art. 1, sez. 9, §3, la costituzione dispone infatti che «No bill of

attainder or ex post facto Law shall be passed», ossia che non potrà es- sere emanato alcun bill of attainder (si tratta di un atto legislativo che porti una condanna) né alcuna legge ex post facto (che cioè punisca un fatto che non era illecito quando fu compiuto). Il successivo art. 1, sez. 10, §1, aggiunge che

No state shall enter into any treaty, alliance, or confederation; grant let- ters of marque and reprisal; coin money; emit bills of credit; make any- thing but gold and silver coin a tender in payment of debts; pass any bill of attainder, ex post facto law, or law impairing the obligation of con- tracts, or grant any title of nobility

ossia, per quanto qui interessa, che i singoli stati non potranno ap- provare leggi ex post facto o leggi che indeboliscano gli effetti obbliga- tori dei contratti.

Nel particolare contesto storico nel quale è stata adottata la costitu- zione nordamericana il conflitto di leggi caratteristico nelle questioni di retroattività veniva affrontato con spirito ben definito. L’intento del legislatore costituente non era quello di elaborare una compiuta teoria della retroattività e infatti chi volesse prendere oggi a riferimento quelle norme a tali fini non vi troverebbe più che qualche cenno di sostegno.

Le norme, pensate in origine per gli statutes e non per il common law22,

furono introdotte avendo di mira un preciso interesse. Si trattava di pre- venire interventi liberticidi del parlamento, volti a vessare i cittadini sanzionando comportamenti già posti in essere o intervenendo sugli

22 Cfr. U. M

ATTEI, Common law. Il diritto angloamericano, in Trattato di diritto

comparato diretto da R. Sacco, Torino, 2001, 145 e Tidail Oil Co. v. Flanagan, 263 US

444 (1924), per la quale il divieto di «impairment of contracts» riguarda appunto gli

effetti di contratti già stipulati23. Il conflitto di interessi che caratterizza

ogni nostro conflitto di leggi (una delle quali retroattiva) è stato in quel contesto affrontato avendo di mira materie ben definite (principalmente il diritto punitivo, facendo eccezione per il divieto di impairing the

obligation of contracts, se non proprio il diritto penale) e soprattutto

mirando alla tutela di un interesse altrettanto ben delimitato, la cui im- portanza per ragioni storiche appariva assolutamente dominante. La giurisprudenza nordamericana ne ha ben presto preso coscienza, evi- tando accuratamente di trarre dalla (di per sé ampia) formulazione delle

norme costituzionali generali principi di irretroattività24.

15. L’esempio nordamericano viene seguito, nel torno di pochi anni, dal costituente francese, che parimenti introduce norme volte a vietare la retroattività, sempre nell’ottica di prevenire futuri interventi libertici- di del parlamento.

La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, come noto chiaramente ispirata dalla dichiarazione d’indipenden- za americana, già dispone, all’art. 8, che «La Loi ne doit établir que des peines strictement et évidemment nécessaires, et nul ne peut être puni qu’en vertu d’une Loi établie et promulguée antérieurement au délit, et légalement appliquée», ossia, per quel che ci interessa, che nessuno può

23 In dottrina v. U. M

ATTEI, Common law. Il diritto angloamericano, cit., 145.

24 Sebbene il legislatore costituente avesse accolto il principio di irretroattività in

una formulazione molto ampia, idonea a produrre i propri effetti anche in ambiti ulte- riori rispetto a quello penale, la giurisprudenza ha ben presto fatto propria un’interpreta- zione assai restrittiva del concetto di ex post facto law. A partire dal leading case Cal- der v. Bull, 3 Dallas 386 (1798), si è precisato che per law ex post facto si dovesse in- tendere quella che configurava come reato una condotta che al tempo in cui era stata tenuta era lecita o una legge che puniva un reato con una pena maggiore rispetto a quel- la comminata al tempo in cui era stato commesso o ancora una legge che mutando la disciplina delle prove aggravava la posizione difensiva. In tal modo si veniva a circo- scrivere, quantomeno per il legislatore federale, l’ambito del post facto law al solo dirit- to penale (i discorsi sui bills of attainder sono naturalmente penali). Certo rimaneva, per i legislatori statali, l’ulteriore divieto di impairing the obligation of contracts, ma si trattava di previsione che, come rileva G. GROTTANELLI DE’SANTI, Profili costituzionali

della irretroattività delle leggi, Milano, 1970, 11, ha avuto un’importanza storica limi-

tata. Per ulteriori applicazioni delle norme in discussione all’ambito penale, cfr. anche Collins v. Youngblood, 497 US 37 (1990) e California Dep’t of Corrections v. Morales, 514 US 499 (1995).

essere punito se non in virtù di una legge stabilita e promulgata ante- riormente al delitto.

La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che accompa- gna la successiva costituzione del 24 giugno 1793 (6 messidoro dell’an- no I, secondo il calendario rivoluzionario), con espressione ben più en- fatica, dispone, all’art. 14, che

Nul ne doit être jugé et puni qu’après avoir été entendu ou légalement appelé, et qu’en vertu d’une loi promulguée antérieurement au délit. La loi qui punirait les délits commis avant qu’elle existât serait une tyran- nie; l’effet rétroactif donné à la loi serait un crime

ossia che nessuno deve essere giudicato e punito se non dopo esser stato ascoltato o legalmente citato, e in virtù di una legge promulgata anteriormente al delitto. La legge che punisse dei delitti commessi pri- ma della sua entrata in vigore, sarebbe una tirannia; l’effetto retroattivo

dato alla legge sarebbe un crimine25.

La costituzione del 22 agosto 1795 (del 5 fruttidoro dell’anno III), da una parte si spinge fino a estendere il divieto anche alle leggi civili, dall’altra torna a una formulazione più sobria, con l’art. 14, per il quale «Aucune loi, ni criminelle ni civile, ne peut avoir d’effet rétroactif»: nessuna legge, né penale, né civile, può avere effetto retroattivo.

Con la costituzione del 1795 si chiude il periodo delle grandi enun- ciazioni in ordine all’irretroattività. Nel torno di poco più di quattro anni la costituzione del 13 dicembre 1799 (del 22 frimaio dell’anno VIII), con la quale si apre il decennato e si consegna il potere nelle ma-

25 L’enfasi ben si spiega considerando quanto fu concitato il quadriennio tra il 1789

e il 1793. Come ricorda F.C. GABBA, Teoria della retroattività delle leggi, cit., I, 44, tra

le due costituzioni si registrò la promulgazione di varie leggi manifestamente retroatti- ve: quella del 4 agosto 1789 con la quale si abolirono i previlegi; quella del 25 ottobre 1792 con la quale si abolirono le sostituzioni; quella del 17 nivose dell’anno II con la quale si annullarono tutte le donazioni tra vivi e tutte le istituzioni contrattuali e le di- sposizioni mortis causa posteriori al 14 luglio 1789; quella del 12 brumaire dello stesso anno con la quale i figli naturali furono ammessi alle successioni dei genitori apertesi dal 14 luglio 1789 in poi. Lo scompiglio si accrebbe con la successiva abolizione di tali leggi retroattive: la legge del 17 nivose dell’anno II venne abrogata dalla legge del 9

fructidor anno III, quella del 12 brumaire anno II venne abrogata dalla legge 3 ven- demmiaire anno IV.

ni di Napoleone, ometterà (tutt’altro che casualmente) di trattare il pro-

blema della successione di leggi26.

Per quanto storicamente centrali, al pari delle solenni dichiarazioni contenute nella costituzione statunitense, anche le enunciazioni del co- stituente francese si limitano all’enunciazione di principi, senza offrire particolare aiuto all’interprete. Ma per quanto più interessa ai nostri fini, la complessa vicenda rivoluzionaria offre più di un aiuto per rico- struire i termini di ogni dibattito sul conflitto di leggi nel tempo e in particolare sulla retroattività. Rende evidente quanto ogni simile con- flitto sottenda un conflitto di interessi e, soprattutto, come ogni soluzio- ne del conflitto manifesti l’opzione legislativa per taluni degli interessi contrapposti. La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, la costituzione del 6 messidoro dell’anno I (1793), quella del 5 fruttidoro dell’anno III (1795) seguono la tendenza a porre in esponente la fascia di interessi pregiudicata dall’applicazione retroat- tiva della nuova legge, spingendosi, con la costituzione del 1793, fino al punto di dichiarare che tale applicazione retroattiva «sarebbe un cri- mine». Questo in un contesto, quello rivoluzionario, in cui l’attenzione è politicamente rivolta a garantire le neonate libertà. La successiva co- stituzione del 22 frimaio dell’anno VIII (1799) evita invece di pronun- ciarsi sul tema della retroattività, e il silenzio non è casuale. È evidente che, aprendosi il decennato, Napoleone vuole attribuire maggiori poteri al legislatore, nell’ottica di soddisfare interessi che vengono ritenuti prevalenti rispetto a quelli pregiudicati dall’applicazione delle nuove

leggi27. Non ha alcun senso interrogarsi sulla natura e la commendevo-

26 Il periodo si chiude, beninteso, in Francia, ma il principio della irretroattività ver-

rà ripreso da altri legislatori costituenti. Così, in breve torno d’anni, la costituzione norvegese del 1814 disporrà, al §97, che a nessuna legge possa darsi effetto retroattivo.

27 Vale ricordare che Napoleone prese il potere con il colpo di stato del 18 brumaio

dello stesso anno (9 novembre 1799), al quale seguì l’adozione, da parte del Consiglio dei cinquecento, di un decreto che aboliva il Direttorio e nominava consoli provvisori Napoleon, Sieyès e Roger Ducos, attribuendo loro tutti i poteri esecutivi e incaricandoli di redigere una nuova costituzione. Questa sarebbe stata rapidamente elaborata dal Sieyès, e poi promulgata, con profonde modificazioni imposte da Napoleone, il 15 di- cembre del 1799 (cfr. A. BALDINI, Napoleone, in Enciclopedia italiana di scienze, lette-

lezza di tali interessi (tanto meno se si adotta una corretta prospettiva

storica)28, né tantomeno ha senso chiedersi se Napoleone avesse intenti

liberticidi o se fosse animato da una sana prudenza (che, quanto all’am- bito civile, sarebbe poi stata ripresa da pressoché tutte le costituzioni). Ciò che rileva è che da tali traversie rivoluzionarie emerge che il pro- blema sotteso a ogni conflitto di leggi nel tempo in cui entra in gioco la retroattività è un problema di conflitto di interessi. Come tale è del tutto prevedibile che venga risolto in termini profondamente diversi a secon- da degli interessi che si intendono porre in primo piano.

Nel documento Retroattività e diritti reali (pagine 42-46)

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