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Dai primi progetti di legge alla prima legge sul finanziamento

Dalla fine degli anni Cinquanta in poi cominciò a crearsi un certo consenso riguardo alla necessità di prevedere delle forme di finanziamento pubbliche. Appariva chiaro che l'autofinanziamento proveniente dagli iscritti non poteva in nessun modo supplire alle necessità delle organizzazioni partitiche, impegnate in aspre campagne elettorali. Nonostante questo però pochi furono i disegni di legge presentati negli anni.

Il primo meritevole di essere menzionato fu quello presentato da Luigi Sturzo nel 195863. Esso si proponeva di assicurare il concorso paritario dei partiti e si faceva carico di disciplinare le spese elettorali dei partiti e dei candidati, fissando dei tetti massimi riguardo ai contributi che gli stessi potessero ricevere; prevedeva poi il deposito dello statuto dei partiti e il rendiconto delle entrate e delle uscite per ciascun anno, senza però prevedere contributi da parte dello Stato.

Il progetto risultò interessante, non solo per l'autorevolezza del suo proponente, ma soprattutto perché diede il via ad un intenso dibattito sul finanziamento dei partiti che in seguito si estese anche alla necessità di introdurre il finanziamento pubblico; su quest'ultimo si incontrarono il consenso dei democristiani, dei socialisti e dei repubblicani.

Il timore del controllo sulla vita interna al partito, che tanto aveva condizionato anche i lavori dell'assemblea costituente, si faceva ancora sentire. Il PCI infatti era ancora piuttosto restio a qualunque intervento statale che potesse interferire con la vita interna del partito.64

A questo progetto seguì la proposta, nel 1966, dell'onorevole Aurelio Curti65 rimasta allo stato di progetto. Questa non risolveva la questione del

63 Disegno di legge presentato al Senato nella terza legislatura dal Senatore Sturzo il 16 settembre 1958 (n. 124) Progetto poi riproposto da D'Ambrosio nel 1961.

64 Questo timore lo dimostra chiaramente l'intervento dell'onorevole Laconi nella seduta della camera del 30 settembre 1964 in cui egli aprì alla proposta di finanziamento pubblico per alcune attività dei partiti ma essi dovevano rimanere liberi nelle proprie decisioni e soprattutto non ci doveva essere alcun controllo su come veniva speso quel denaro.

finanziamento dei partiti con la previsione di un contributo statale, ma attraverso una contribuzione obbligatoria a carico dei cittadini, che traevano vantaggi dall'appartenenza ad una forza politica. La proposta, inoltre, escludeva poi un controllo dei bilanci dei partiti in considerazione del fatto che non si poteva prevedere un controllo senza ledere la loro libertà.

Le indagini della magistratura che, all'inizio del 1974 fecero emergere un giro di sovvenzioni che da anni erano versate da compagnie petrolifere ai partiti di governo, diedero la spinta finale in tema di finanziamento pubblico. Si sosteneva infatti che l'introduzione del contributo statale avrebbe reso i partiti più indipendenti rispetto ai gruppi di pressione privati e soprattutto avrebbe scoraggiato la ricerca di finanziamenti illeciti.

Fu in questo clima che si arrivò alla rapida approvazione della prima legge sul finanziamento pubblico, la legge n. 195 del 1974 approvata con poche opposizioni in Parlamento (fu firmata dai capigruppo dei maggior partiti). Dopo questa approvazione però ci fu l'immediata decisione del Partito liberale e del partito Radicale 66 di raccogliere le firme necessarie al fine di poter indire un referendum abrogativo. Il tentativo liberale non andò a buon fine per la mancanza di alcune firme; quello radicale invece raggiunse l'obiettivo. Il referendum si svolse il 11 giugno del 1978 , nonostante lo schieramento compatto dei principali partiti a sostegno della legge, si registrò la seconda più alta percentuale a favore dell'abrogazione di una legge della Repubblica.67

Questa legge non risolse il problema del finanziamento delle attività dei partiti né quello più generale del loro buon funzionamento. I partiti si sono rivelati come strutture bisognose di sempre più denaro, tanto che questa legge è stata integrata prima nel 1980, per la somministrazione di denaro per le elezioni europee e nel 1981, per la somministrazione di denaro per le elezioni regionali.

Questa legge introdusse per la prima volta in Italia un finanziamento pubblico diretto consistente in 45 miliardi l'anno oltre a 15 miliardi per ogni elezione politica. I finanziamenti provenienti dalla pubblica

66 All'epoca non era ancora presente in Parlamento.

amministrazione, dagli enti pubblici e dalle società private con partecipazione statale superiore al 20% invece furono dichiarati illeciti.68 Le altre società non avevano ostacoli al finanziamento purché questo fosse deliberato dall'organo sociale competente e regolarmente iscritto a bilancio. Questa legge stabilì due tipi di contributi. Il primo riguardava le spese elettorali sostenute per il rinnovo delle camere e ad esso concorrono i partiti presenti nella competizione elettorale in più dei due terzi dei collegi per l'elezione della Camera che abbiano ottenuto un quoziente in una circoscrizione e una cifra elettorale di almeno trecentomila voti, ovvero una cifra nazionale non inferiore al due percento dei voti validamente espressi; a essi la legge aggiungeva i partiti che abbiano ottenuto almeno un quoziente nelle elezioni della Camera nelle regioni a statuto speciale che prevedono una particolare tutela delle minoranze linguistiche.

Alla seconda e più consistente tranche, ovvero il 75 per cento del finanziamento pubblico, concorrono i gruppi parlamentari “a titolo di contributo per l'esplicazione dei propri compiti e per l'attività funzionale dei relativi partiti”69 sulla base dei criteri che tenevano conto della consistenza degli stessi. In breve si decide di finanziare i partiti tramite i loro gruppi parlamentari. Questa scelta è sintomatica della valorizzazione del ruolo dei gruppi come luogo della mediazione politica ma fu soprattutto un valido espediente per sottrarre il denaro da un controllo esterno. Queste somme infatti, iscritte nel capitolo dello Stato di previsione del ministero del Tesoro concernente le spese per le due Camere, saranno così sottratte al controllo della Corte dei Conti. Quindi il coinvolgimento dei gruppi come espediente per eludere i controlli è confermato dal fatto che essi avrebbero costituito solo un tramite rispetto ai partiti di appartenenza in quanto fu previsto che essi avrebbero dovuto versare una somma non inferiore al novantacinque per cento dei contributi riscossi.

Fu proibito inoltre ai partiti di cedere le somme esigibili a titolo di contributo; esse non erano soggette ad alcuna tassa né imposta diretta o indiretta.

68 Ancora oggi questo reato è presente nel nostro ordinamento; si tratta del reato di illecito finanziamento pubblico ai partiti politici.

Fino a questa legge del 1974 segnò una nuova fase nel riconoscimento sostanziale dei partiti in quanto prima di essa nessuna disposizione legislativa si era occupata dei partiti.

Meno convincente invece è la posizione di chi vedeva in questa legge il frutto della politica di “disgelo istituzionale” che ha segnato gli anni che vanno dal 1967 al 1974.70 Sicuramente c'era stato un disgelo nei rapporti fra i partiti e si stava andando verso il superamento della conventio ad excludendum nei confronti del partito comunista ma la distanza ideologica fra le maggiori forze politiche si faceva ancora sentire. Questa legge infatti non ha segnato nessun passo in avanti riguardo l'introduzione di una disciplina dei partiti politici che avrebbe poi portato all'obbligo di un loro riconoscimento giuridico.

Il passo importante che fu fatto fu quello verso la definizione della posizione costituzionale dei partiti ma l'impostazione di fondo di questa legge non contraddisse il modo in cui i partiti avevano fissato l'assetto reciproco dei loro rapporti. Nel 1948 si evitò di prevedere in Costituzione l'obbligo di rendere trasparenti le fonti di finanziamento dei partiti, nel 1974, ancora per il timore di un'ingerenza nella vita interna dei partiti, si impedì il riconoscimento giuridico del partito e la previsione di un controllo efficace sull'uso dei soldi pubblici. Nonostante questa innovazione del finanziamento pubblico il regime giuridico delle organizzazioni partitiche non cambiò; esse non assunsero la personalità giuridica e quindi in quanto associazioni non riconosciute rimasero libere nella gestione patrimoniale e economica. Non vi fu alcuna impostazione statutaria volta a imporre un minimo di organizzazione democratica interna ai partiti né fu previsto alcun controllo efficace esterno al sistema partitico riguardante l'uso delle risorse pubbliche. Fu inoltre previsto che i segretari di partito che avevano usufruito dei contributi, dovessero pubblicare sul giornale ufficiale del partito o su un quotidiano nazionale, entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello cui si riferiscono, il bilancio finanziario consultivo del partito approvato dall'organo di partito competente e redatto secondo un modello allegato dalla legge. Questo bilancio però era a maglie estremamente larghe tanto

che non era sicuramente in grado di rappresentare né il grado di indebitamento del partito né lo stato patrimoniale.

Il controllo della regolarità del bilancio fu riservato al Presidente della Camera d'intesa con quello del Senato avvalendosi di revisori ufficiali dei conti designati, in riunione congiunta, dalle Conferenze dei Presidenti dei gruppi delle due Camere. Un controllo quindi esclusivamente interno che avrebbe comportato, in caso di inottemperanza, la sola sospensione dei contributi in attesa di regolazione.

Questo sistema fu ulteriormente integrato con l'anagrafe tributaria per i parlamentari in cui essi erano tenuti a specificare le spese elettorali sostenute e a dichiarare le eventuali variazioni anno dopo anno.

Se con l'approvazione di questa legge il fine era quello di aumentare l'autonomia politica dei partiti rispetto ai gruppi di pressione eroganti i finanziamenti, al fine di eliminare i finanziamenti occulti e illeciti, esso non è stato raggiunto in quanto la legge n 195/1974 non ha previsto controlli efficaci e vi è stata scarsa trasparenza.

Nonostante tutti i suoi limiti questa legge rimase in piedi anche di fronte al referendum del 1978, in precedenza ricordato. Esso costituì comunque il primo segnale di scollamento fra i partiti e i cittadini.

3 Le riforme degli anni Ottanta; il consolidamento del sistema e

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