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Principali problematiche e variabili decisionali della

6.3 Un nuovo approccio all’ottimizzazione della progettazione

6.3.1 Principali problematiche e variabili decisionali della

Il primo passo per creare un modello di ottimizzazione progettuale è quello di identificare quali decisioni influenzino i costi di investimento e l’impronta carbonica di un modulo e quindi dell’intero magazzino.

Per una data capacità della scaffalatura, lo sviluppo verticale impatta direttamente sulla lunghezza dei corridoi e sull’occupazione a pavimento, incidendo sui costi di investimento del terreno; variano con l’altezza anche i costi delle fondamenta e l’impronta carbonica, dato che l’altezza del concrete slab è funzione dell’altezza del sistema, mentre la base dipende, per una data dimensione dei posti-pallet, dalla lunghezza dei corridoi. L’altezza della scaffalatura influenza anche le specifiche dei trasloelevatori e i loro costi,

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Figura 6.1. Approccio globale alla progettazione; si adotta il Constraint

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poiché è comune tra i fornitori classificare i propri prodotti in base alle altezze che possono essere servite: più alta è la scaffalatura più elevato è il costo del trasloelevatore, a causa della diversa struttura necessaria per garantire le traslazioni verticali.

Il numero di baie e i posti-pallet per baia determinano il numero e la lunghezza dei correnti e delle spalle; la configurazione delle baie influisce inoltre sulla capacità di carico delle coppie di montanti e correnti necessa-ri per supportare il diverso numero di unità di canecessa-rico, determinandone la sezione e influenzando così la quantità di acciaio utilizzata, con le relative ripercussioni sui costi e sull’impronta carbonica. Mentre in letteratura la configurazione delle baie è stata trascurata (si veda par. 6.2) valutando il costo delle scaffalature semplicemente in funzione dell’altezza o del numero totale di posti pallet, grande attenzione viene invece prestata loro dai proget-tisti, poiché la loro articolazione ha diretto impatto sulle sezioni dei profilati di acciaio da impiegare e conseguentemente sui relativi costi.

Si possono facilmente generare differenti configurazioni alternative di baie (il primo passo della seconda fase di progettazione nello schema a blocchi di fig. 6.1) per ciascuna opzione di scaffalatura della prima fase di progettazione, basandosi sul numero di posti pallet ammessi per baia (solitamente da 1 a 4).

Lo sviluppo orizzontale e verticale della scaffalatura influenza anche l’e-nergia richiesta al trasloelevatore per stoccare e prelevare le unità di carico. Nei magazzini automatizzati, dove le operazioni non sono eseguite da perso-nale ma da macchinari, il consumo di energia non può più essere trascurato, dal momento che colpisce sia i costi operativi, sia le emissioni di gas ser-ra (GHG) legate all’approvvigionamento di energia elettrica; risulta dunque necessario utilizzare un modello per stimare il consumo di energia richiesto per servire una data configurazione di scaffalatura (si veda il relativo blocco nella parte destra della fig. 6.1), come quello proposto nel cap. 2.

Come visto nel cap. 3, il consumo energetico per la movimentazione del trasloelevatore viene influenzato dai criteri di storage assignment, che devono essere pertanto presi in considerazione per stimare correttamente il fabbiso-gno energetico del sistema. La politica di stoccaggio adottata principalmente nella progettazione dei magazzini è la politica casuale, in cui un prodotto è libero di occupare qualsiasi posizione disponibile e di conseguenza le sezioni della scaffalatura sono dimensionate per supportare le condizioni di massimo carico. Zaerpour et al. (2013) hanno recentemente dimostrato che, nell’ipo-tesi di adottare cicli single command, le politiche di stoccaggio comunemente utilizzate in letteratura portano ad identificare la medesima configurazione ottimale del sistema, confermando così la correttezza della prassi di adottare la politica random, che presenta il grande vantaggio di ottimizzare l’AS/RS con informazioni minime sull’andamento della domanda dei prodotti.

Discutendo con i fornitori locali sul ruolo del peso dell’unità di carico nella progettazione dei magazzini, è emerso che, se le u.d.c. più pesanti

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nissero depositate nella zone inferiori della scaffalatura, risulterebbe possibile diminuire le sezioni trasversali degli elementi della scaffalatura spostandosi dal pavimento al soffitto, riducendo così i costi di investimento e, grazie al-l’utilizzo inferiore di acciaio, anche le emissioni di anidride carbonica. Non sarebbero inoltre da trascurare i benefici relativi ad una maggiore resistenza ai fenomeni sismici che tali soluzioni offrirebbero.

Nonostante la stratificazione della scaffalatura imponga alcuni vincoli ai clienti nella fase di allocazione dei prodotti, questa opportunità appare molto interessante in un’ottica sostenibile e merita di essere investigata. Per questo motivo si sono introdotte diverse classi di peso delle unità di carico e si è stra-tificata la scaffalatura come opzione nella seconda fase della progettazione (si veda fig. 6.1).

Come già discusso nel par. 3.5.1, la stratificazione consiste nel suddi-videre la scaffalatura in tante fasce orizzontali quante le classi di peso dei prodotti, vincolando gli elementi più pesanti ad occupare gli strati più bassi e dedicando via via in ordine decrescente dal basso verso l’alto i livelli più alti agli elementi leggeri.

Si suppone che ogni prodotto possa occupare una qualsiasi posizione li-bera all’interno della fascia associata alla propria classe di peso; quando necessario, una u.d.c. può occupare una locazione nella zona dedicata ad una classe più pesante, ma non viceversa. Questa politica verrà chiamata nel seguito stratified random storage policy. Per garantire una certa flessibi-lità nel gestire le variazioni di domanda e del mix di prodotti e migliorare la sicurezza del sistema, il numero di ripiani dedicato ai prodotti di peso maggiore viene sovrastimato rispetto a quelli più leggeri (si veda l’esempio in tab 6.1 relativo al caso di riferimento proposto in seguito).

Sulla base delle considerazioni precedenti, le seguenti domande dovreb-bero essere affrontate dai modelli di ottimizzazione della progettazione:

• Qual è la migliore configurazione della scaffalatura, per una data capa-cità di stoccaggio stabilita dal supply chain manager, fra quelle iden-tificate dalla prima fase di progettazione in termini di soli livelli e colonne?

• Quale dovrebbe essere l’effettiva articolazione delle baie?

• E’ opportuno adottare una stratificazione della scaffalatura con relativa politica di stoccaggio?

Le principali variabili decisionali del modello, dichiarate come booleane, che ne derivano sono:

• rackr: pari a 1 se la configurazione r dalla precedente fase di proget-tazione viene selezionata, 0 altrimenti.

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• ppm: posta a 1 se vengono considerati m posti pallet per baia, 0 altrimenti.

• storagek: uguale a 1 se viene adottata la politica di allocazione k tra le opzioni considerate, 0 altrimenti.

Per la modellizzazione e risoluzione del problema si è adottata la meto-dologia del Constraint Programming, già introdotta nel par 5.4.1.

Per quanto concerne, invece, la stima dei fabbisogni energetici, per l’al-locazione random il consumo energetico può essere stimato attraverso il rack energy potential (REP), come descritto nel par. 3.5.2 in presenza di carichi di diverso peso. In caso di stratificazione della scaffalatura, il consumo di energia viene calcolato stimando un REP diverso per ogni strato, tenendo conto del peso delle unità di carico che vengono assegnate ad esso; il fabbi-sogno energetico viene calcolato come la somma dell’energia necessaria per servire ogni classe, che può essere considerata come una sotto-scaffalatura con politica di allocazione casuale. La distribuzione della domanda tra le classi è necessaria per stimare il numero di cicli del trasloelevatore per ogni strato e quindi per poter calcolare il fabbisogno energetico della scaffalatura.