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Il primo apografo del Bernense 380 è costituito dall’edizione a stampa del 1605 di Helias Van Putschen, il quale ha incluso il trattato nella sua silloge di opere grammaticali per dare il giusto riconoscimento alle «aevi prioris gemmae» in esso contenute228; successivamente si sono susseguite due edizioni dell’Ars Cledonii, una, del 1868, collocata nel V volume della monumentale silloge del Keil, Grammatici Latini, l’altra, del 1884, di Heinrich Bertsch.

L’edizione del Van Putschen risulta fondamentalmente una trascrizione del testo con sporadici e talora superficiali interventi da parte dello studioso che del resto non riconosceva all’opera il giusto peso. Le altre due (quella di Bertsch realizzata peraltro senza ricollazionare il Bernense) si rivelano comunque insufficienti in primo luogo sotto il profilo dell’impostazione generale con cui si è scelto di pubblicare tale rara tipologia di testo grammaticale, in secondo luogo sotto il profilo testuale per cui non si sono ricavati apporti significativi.

Estremamente rilevante è a mio avviso il layout, l’impostazione generale del testo avendo di fronte un’opera così singolare; ebbene il Keil non tiene conto della mancata continuità testuale, risolvendo lemmi e glosse in un continuum tradizionale; ancor più lontano si è spinto poi il Bertsch il quale ha materialmente estrapolato i lemmi donatiani confinandoli a margine del testo, ciò che peraltro comporta il fastidioso incomodo di interrompere puntualmente la lettura per andare alla ricerca del lemma. Dal punto di vista testuale poi l’edizione non è foriera di contributi rilevanti, anzi, in più casi si coglie una certa arbitrarietà nella risoluzione dei problemi che contraddistinguono numerosi punti del testo. Più in particolare tale edizione si evidenzia per la tendenza usuale a trasporre interi brani dell’opera, motivata dalla scelta, a mio avviso non condivisibile, di accostare ai lemmi di Donato le glosse che a questi sembrano essere pertinenti. In tale pratica non si rispetta in alcun modo quello che è l’assetto testuale, dal momento che il Bertsch traspone determinate porzioni realizzando veri e propri balzi in maniera, direi, alquanto discutibile considerato quanto precedentemente affermato in merito alla natura e alla tradizione dell’opera.

Per quel che attiene all’edizione del Keil, benché qui pure non si riscontrino interventi significativi, almeno il testo viene conservato integro nel suo ordine originario, con un’attenzione rivolta a distinguere la parte lemmatica dalle glosse mediante l’interposizione di spazi fra le lettere dei lemmi.

Nella presente edizione si è cercato di curare particolarmente l’impostazione testuale del trattato nella ferma convinzione che uno studio attento, che si prefigga di procedere in modo

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scientifico rispetto a quanto la tradizione ci ha messo fra le mani, debba produrre una leale testimonianza di certi prodotti, della realtà storica che ci troviamo davanti. In quest’ottica, premesso che l’Ars Cledonii tramanda i frammenti del trattato di Donato con i relativi commenti, i lemmi risultano essere in rilievo grazie all’impiego del maiuscolo; inoltre, visto che i lemmi donatiani assieme alle glosse costituiscono delle unità di senso ben definite, si è provveduto a isolarle le une dalle altre al fine di mostrare tangibilmente che l’Ars Grammatica di Cledonio non può e non deve essere annoverata come un’opera organica dotata di un filo conduttore che lega il complesso delle sue parti, ma, come si è detto, la trattazione vive di stralci teoricamente autonomi, al di là di qualsiasi logica testuale di continuità essendo sorta, verosimilmente, in un contesto reale e dinamico, aperto alle regole linguistiche impartite dal grammaticus e alla vivacità intellettuale dei discepoli, così come chiaramente si evince da un passo del testo229. L’unica base di partenza per essa è l’Ars Donati, volontariamente spezzettata e divisa in funzione di quello che poteva essere l’argomento della lezione del giorno, e per questo stesso motivo, l’Ars, quale noi possiamo leggere, è fisiologicamente un’opera in divenire, fuggevole e schietto riflesso di un segmento di realtà tenuto in vita proprio dalla trama in onciale del Bernense.

La presente edizione mantiene in ogni pagina il riferimento all’edizione del Keil, riferimento posto in alto a sinistra (numero di pagina e numero di riga) con cui si segnala che la prima riga di ogni pagina del testo di Cledonio corrisponde al luogo del V volume dei Grammatici Latini lì indicato. All’interno del testo i passaggi di pagina dell’edizione del Keil sono contraddistinti da una barretta verticale.

Nei margini interni delle pagine viene mostrata la numerazione dei fogli del manoscritto, il passaggio da un foglio all’altro è segnalato all’interno del testo con una doppia barretta verticale.

Strumento utile alla lettura del testo è la tabella dei lemmi dell’Ars Donati che segue a p. CXXXIX corredata di una piccola ‘guida alla consultazione’; in essa sono riportati i lemmi così come vengono citati da Cledonio affiancati ai rispettivi lemmi dell’Ars Donati, in tal modo viene resa ragione della divergenza tra i lemmi di Donato ripresi da Cledonio e quelli ufficialmente tramandati nell’Ars Grammatica, in particolare nel testo qui edito i lemmi che si mostrano divergenti sono stati segnalati con un cerchietto posto in alto a destra del lemma stesso. Nella tabella sono anche presenti lemmi citati da Cledonio che differiscono lievemente da quelli originari per il diverso ordine dei sintagmi, questi pure comunque sono segnalati nel testo allo stesso modo. Un dato interessante riguarda l’esemplare donatiano, a noi non pervenuto, esaminato da Cledonio, che naturalmente risulta vetusto rispetto al più antico testimone contenente l’Ars Donati, il

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Sangallense 912230, risalente all’VIII secolo. Di fatto talune lezioni dell’Ars Grammatica conservate da Cledonio sono uniche.

Il testo dell’Ars Cledonii risulta corredato, oltre che di un apparato critico, di un primo apparato di loci paralleli, dove vengono riportati i passi similari degli autori di commenti all’Ars Donati corrispondenti alla rosa dei grammatici fin qui considerati. A tal proposito è bene precisare i principi che hanno ispirato la raccolta dei loci similes.

Riguardo all’Ars Donati, laddove Cledonio, nell’ambito di un argomento decisamente articolato, commenta un unico aspetto, ho riportato per Donato l’intero passo, in modo da contestualizzare apertamente l’oggetto di interesse del grammatico. In generale comunque rispetto agli argomenti menzionati da Cledonio, spesso frammentari e dislocati in diversi punti del testo, sono stati portati a confronto passi che discorrono molto più ampiamente della materia oggetto di commento, ciò che soprattutto, per evidenti motivi, accade con l’opera di Pompeo, così come con temi i quali richiedono di per sé un’analisi completa e particolareggiata, tipo i casi e la comparazione del nome, i modi, le forme e le coniugazioni del verbo; sulla base di tale criterio si è agito anche nella raccolta dei loci da Giuliano, in cui molto spesso i temi sono trattati con sovrabbondanza di dettagli (nel de pedibus ad esempio, nella sezione relativa ai metra, ho incluso le note riguardanti l’etimologia dei nomi per evitare inutili ed eccessive spezzature del testo del grammatico toletano). Il carattere perlopiù frammentario dell’opera di Cledonio è anche all’origine del fatto che, in più casi, rispetto a diversi luoghi cledoniani riguardanti il medesimo argomento, anziché ripetere di volta in volta lo stesso elenco di loci paralleli, si rimanda a un solo passo di Cledonio (generalmente il primo della serie).

In linea di massima il testo dell’Ars Minor di Cledonio è stato raffrontato con i trattati riguardanti l’Ars Minor, ciò che si verifica di conseguenza anche per l’Ars Maior, in pochi casi tuttavia frasi o argomenti peculiari hanno richiesto un confronto che va al di là di tale schematismo, come per esempio a proposito dei sintagmi nominali delle cariche pubbliche (praefectus urbis, praefectus vigilum..) o della corretta denominazione del pronome (pronomen o pronomine).

Va aggiunto che negli apparati, nell’indicazione dei passi di autori per i quali il punto di riferimento è l’edizione dei Grammatici Latini del Keil, è stata omessa l’abbreviazione della silloge (GL), quindi ad esempio un passo di Servio sarà segnalato in tal modo: Serv. IV 413, 35.

Nell’apparato critico non ho ritenuto necessario segnalare il manoscritto Bernense attraverso alcuna sigla in quanto codex unicus; le lezioni del manoscritto sono pertanto registrate senza tale

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indicazione aggiuntiva; inoltre le correzioni di mano del copista sono segnalate con la sola abbreviazione corr.

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Tabella dei lemmi

Ars Cledonii, GL V

Ars Donati Lemma in Cledonio Lemma in Donato

11, 2-4 586, 3 SUPERLATIVUS GENETIVO TANTUM PLURALI: DICIMUS ENIM DOCTISSIMUS

AMICORUM

Superlativus cui? Genetivo tantum plurali: dicimus enim ‘doctissimus poetarum’.

11, 14- 16 587, 25-29 A VEL O FUERINT TERMINATA GENETIVUM PURALEM IN RUM MITTUNT,

DATIVUM ET ABLATIVUM IN IS

[…] a vel o fuerint terminata genetivum puralem in quid mittunt? In rum, dativum et ablativum in is.

14, 19-21 588, 18-19 EGO PRONOMEN FINITUM GENERIS OMNIS

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