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Principi generali di contabilizzazione

CAPITOLO 3: La contabilizzazione delle operazioni di copertura

3.2 Principi generali di contabilizzazione

 

Fino all’introduzione del D.lgs. 38/2005, quando tutti i bilanci venivano ancora redatti secondo le norme interne, non vi era alcun principio contabile nazionale che disponesse delle regole per la rappresentazione degli strumenti finanziari derivati di copertura, se non solo per i rischi valutari.

Per tale motivo, la prassi contabile dei grandi gruppi industriali, commerciali e di servizi è stata perciò influenzata e in un certo senso “guidata”, dalle disposizioni previste dalla Banca d’Italia che già si era espressa con precisione in merito all’iscrizione dei contratti

derivati nei bilanci delle imprese bancarie e finanziarie2.

Ai fini dell’identificazione delle operazioni in derivati e di evitare interpretazioni differenti e soggettive da parte dei valutatori di bilancio, tramite le istruzioni emanate in

attuazione del D.lgs. 87/19923, la Banca d’Italia vi ha dedicato un’intera sezione4.

Tramite le disposizioni indicate da Banca d’Italia, viene definito il concetto di “operazione fuori bilancio” all’interno della quale categoria rientrano:

a) contratti di compravendita non ancora regolati di titoli e valute; b) contratti derivati con titolo sottostante (futures, option);

c) contrati derivati su valute (domestic currency swaps, currency option, ecc.); d) contratti derivati senza titolo sottostante collegati a tassi di interesse, a indici o

altre attività (interest rate swaps, interest rate option, fra, ecc.);

e) depositi e finanziamenti già stipulati e da erogare o da ricevere ad una data futura predeterminata (pronti contro termine).

                                                                                                               

2  “Rassegna   sistematica   delle   principali   differenze   fra   ias   e   principi   contabili   nazionali”,   Organismo   italiano  di  contabilità  –  comitato  tecnico  scientifico,  2003.  

 

3  Attuazione  della  direttiva  n.  86/635/CEE,  relativa  ai  conti  annuali  e  ai  conti  consolidati  delle  banche   e   degli   altri   istituti   finanziari,   e   della   direttiva   n.   89/117/CEE,   relativa   agli   obblighi   in   materia   di   pubblicità  dei  documenti  contabili  delle  succursali,  stabilite  in  uno  Stato  membro,  di  enti  creditizi  ed   istituti  finanziari  con  sede  sociale  fuori  di  tale  Stato  membro.  

E’ importante notare come Banca d’Italia avesse individuato tutte queste operazioni, tipicamente di finanza derivata, all’interno della macro-categoria delle operazioni fuori bilancio.

L’Articolo 75 del già citato Decreto legislativo 87/1992, stabilisce i criteri per la stesura

del bilancio con un impianto che rispecchia per la maggior parte quella prevista dall’art. 2423 bis del codice civile per le imprese industriali e commerciali, tuttavia la particolarità delle imprese bancarie e finanziarie ha suggerito l’adozione di criteri parzialmente differenti rispetto a quelli indicati per le altre categorie di imprese, e seppur mantenendo il riferimento ai principi fondamentali della competenza economica e della prudenza, individua alcune fattispecie che consentono di derogare alcuni “classici” princìpi generali di redazione del bilancio.

In particolare al comma 4 del sopra citato articolo, troviamo l’anticipazione a ciò che a seguito dell’adozione dei principi Ias/Ifrs, sarebbe diventato uno standard, e cioè il principio di prevalenza della sostanza sulla forma.

Il legislatore del 1992, ha ritenuto opportuno imporre in tale sede questo principio, che rende essenziale che già nella fase di rilevazione delle operazioni si abbia la conoscenza di tutti i relativi elementi in modo che l’evento oggetto di contabilizzazione non sia considerato a se stante, bensì come parte di un’unica operazione. Quanto appena affermato è facilmente riscontrabile proprio nel caso delle operazioni di copertura, nelle quali la stipula di un contratto derivato non deve essere vista come un’operazione indipendente (come potrebbe esserlo se il fine fosse quello speculativo), ma deve essere valutata nel suo complesso, nel caso di specie garantire agli strumenti coperti e quelli di copertura, un medesimo metodo di rappresentazione in bilancio.

Fra i princìpi generali di redazione del bilancio, troviamo poi il divieto generale di compensi di partite, e cioè l’impossibilità di eliminare due voci di segno contrario che

abbiano il medesimo importo oppure di indicare in bilancio solo il saldo dei loro importi6.

Tale principio viene richiamato all’art. 7 del D.lgs. 87/92 il quale concede, nei casi

richiamati 7, la possibilità di derogare il divieto.

                                                                                                               

5  “Criteri  per  la  redazione  dei  conti  del  bilancio”,  Art.  7,  D.lgs.  87/1992.    

6  F.  Dezzani,  P.  Pisoni,  L.  Puddu,    “Il  bilancio”,  Giuffrè,  2011.      

7  “Sono    vietati    compensi    di    partite.    Fanno    eccezione    a    tale  principio  i  casi  espressamente  previsti  

dal   presente   decreto   e   quelli   disciplinati   dagli   atti   di   cui   all'art.   5   quando   la   compensazione   sia   un     aspetto    caratteristico    dell'operazione    oppure    si    tratti      di  operazioni  di  copertura”,  Art.  7  comma  5,  

Un’ulteriore deroga, stavolta relativa ai princìpi per le valutazioni di fine esercizio, è riscontrabile all’articolo 15 del citato decreto, nel quale viene imposto che le attività e le passività in bilancio e fuori bilancio, se tra loro collegate, devono essere valutate in modo coerente.

Questa è una chiara deroga al principio generale della separatezza valutativa, in base al

quale le attività e passività in bilancio e fuori bilancio sono valutate separatamente8.

Ciò assume notevole rilevanza nella valutazione degli strumenti finanziari, soprattutto quelli di copertura, nei quali il rapporto di collegamento tra posizione coperta e strumento di copertura è evidente.

A fronte di questo articolato impianto normativo previsto per gli istituti creditizi e finanziari, non è mai stata emanata un’analoga disciplina applicabile nella redazione del bilancio delle imprese industriali e commerciali, motivo per il quale si è reagito mediante l’applicazione estensiva delle disposizioni contenute nel D.lgs. 87/92, anche se tale approccio non sempre è stato ritenuto valido da parte della dottrina.

Il radicale mutamento di prospettiva avviene con l’introduzione del citato D.lgs. 38/2005, che introduce l’adozione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS.

A seguito di tale decreto infatti, la disciplina contenuta nel D.lgs. 87/2 e nei relativi provvedimenti attuativi della Banca d’Italia non trova più applicazione nei confronti delle

banche e degli altri intermediari finanziari9, poiché questi sono ora tenuti alla redazione

del bilancio secondo gli standard internazionali e precisamente in relazione al trattamento degli strumenti finanziari, ai principi IAS 32 “Strumenti finanziari: espozizione in bilancio”, allo IAS 39 “Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione” e infine nell’IFRS 7 “ Strumenti finanziari: informazioni integrative”.

Questo ovviamente vale per tutte le altre imprese, industriali e commerciali, che per obbligo o per opzione redigendo il bilancio secondo gli standard Ias/Ifrs, dovranno valutare e rappresentare in bilancio gli strumenti finanziari sulla base delle regole descritte nei principi appena richiamati.

                                                                                                               

8  “Le  attività  e  passività  in  bilancio  e  fuori  bilancio  sono  valutate  separatamente;  tuttavia,  le  attività  e  le   passività  tra  loro  collegate  sono  valutate  in  modo  coerente”,  Art.  15  comma  1  c),  D.lgs.  87/1992.  

 

9  Anche   se   va   ricordato   che   la   disciplina   di   tale   decreto   continua   ad   essere   applicata   alle   società   finanziarie   iscritte   nell’albo   di   cui   all’art   106   TUB   escluse   dall’applicazione   dei   principi     contabili   internazionali.  

Si può però ora affermare che l’asimmetria normativa non è più rappresentata dalla diversa disciplina delle imprese bancarie rispetto a quelle industriali, poiché è possibile individuare da una parte le imprese che redigono i loro bilanci secondo i principi internazionali e dall’altro tutte le altre imprese che continuano a seguire le regole contenute nel codice civile.

Per queste ultime quindi continuano per il momento a esistere i dubbi interpretativi in merito al trattamento contabile da seguire per la valutazione e rappresentazione degli strumenti finanziari derivati e ad alcune operazioni nelle quali essi trovano impiego. Va precisato che i dubbi in questione potrebbero risolversi con il recepimento della parte opzionale della Direttiva 65/2001 tramite la legge n. 34/2008, che all’art. 25 concederebbe la delega al Governo per la modifica dei criteri di valutazione previsti nel codice civile con adozione del fair value in via facoltativa per la valutazione di alcuni

strumenti finanziari, e in via obbligatoria per la valutazione dei derivati10.

Il sistema così delineato potrà condurre verso una parità di trattamento per la valutazione degli strumenti derivati per tutte le imprese, sia che redigano il bilancio secondo i principi internazionali piuttosto che nazionali, in tal modo la generalità delle imprese sarà tenuta a rilevare e rappresentare in bilancio tali strumenti finanziari sulla base della normativa prevista negli Ias 32 e 39 e nell’ IFRS 7.

                                                                                                               

10  Il   completamento   del   recepimento   sarebbe   dovuto   avvenire   entro   settembre   2009,   ma   l’art.   25   della   L.   n.   34/2008   non   è   stato   attuato   da   parte   del   governo   anche   a   causa   della   crisi   finanziaria   globale.