Quale Bioetica?
5.2 Principi relat
L‟altro paradigma possibile per la Bioetica è quello che si richiama a principi non assoluti, ma relativi, in minore o maggior grado.
Le principali teorie normative che fanno appello a principi relativi sono quelle a carattere consequenzialista, cioè che valutano l‟azione in base alle sue conseguenze. Si tratta di un approccio che tiene in gran conto gli estremi contingenti della situazione sulla quale riflette, riconoscendo il
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Cfr. BORSELLINO, P., Quale bioetica per la scuola secondaria?, in Bioetica. Rivista
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fatto che qualsiasi principio esige di essere soppesato insieme agli altri a seconda delle caratteristiche specifiche e irripetibili del fenomeno da giudicare.
Se il relativismo dei principi ai quali ci si richiama diventa radicale, cioè viene inteso come assenza di priorità, quindi totale equivalenza dei principi considerati, ci si trova ad assumere una posizione molto vicina a quella di H.T.Engelhardt jr., per il quale la priorità di certi valori su altri è legata esclusivamente al fatto di appartenere ad una particolare „comunità morale‟ piuttosto che ad un‟altra; l‟unica possibilità di accordo di fronte all‟incommensurabilità dei valori sarebbe di tipo procedurale, in quanto priva di contenuti, tale da lasciare ai singoli individui la libertà di scegliere che cosa ritengono meglio per loro407.
Tuttavia, rifiutare l‟assolutismo morale non costringe ad abbracciare un relativismo tanto radicale come quello del filosofo texano; infatti, è possibile considerare e tutelare l‟elemento pluralistico della nostra società, ritenendo allo stesso tempo che i numerosi e diversi valori in gioco possano essere commensurabili e messi a confronto fra loro di fronte ai casi concreti che li chiamano in causa. In questo senso è possibile caratterizzare i principi con cui si ha a che fare nella decisione della condotta da tenere di fronte ad un dato fenomeno come „principi prima
facie‟, cioè validi non assolutamente, ma a meno di conflitti con altri valori
che eventualmente entrano in gioco nella situazione in esame.
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Se queste due tipologie di relativismo, radicale e tenue, vengono messe alla prova nel contesto dell‟insegnamento, si può notare che portare in aula un atteggiamento relativista alla Engelhardt significherebbe impedire di fatto la realizzazione della situazione di autentico dialogo che abbiamo auspicato nelle pagine precedenti408. Infatti, se il gruppo-classe venisse interpretato come composto da „stranieri morali‟, cioè da individui che hanno concezioni etiche diverse e incommensurabili, si rinuncerebbe alla possibilità di comunicazione fra i componenti del gruppo e al proposito di giungere a conclusioni razionalmente argomentate e, per questo, condivisibili. Si vanificherebbe, insomma, uno degli intenti primari dell‟insegnamento di Bioetica proposto: creare una dinamica di discussione e confronto fra gli studenti a partire dalla convinzione che il contributo di ciascuno possa essere compreso da tutti e vada ad arricchire la riflessione che si sta conducendo.
Sembra, allora, che la versione della Bioetica con richiamo a un relativismo tenue si adatti meglio alla modalità di insegnamento che abbiamo promosso nella seconda parte di questo lavoro, perché previene i pericoli dell‟indottrinamento e della deriva relativistica radicale, incarnando una visione equilibrata fra questi due estremi, rispettosa dell‟autonomia individuale e della varietà delle posizioni morali tipica del nostro tempo.
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Conclusione
Volendo „tirare le fila‟ del presente lavoro, è possibile individuare alcuni punti fermi raggiunti nel corso della riflessione.
Innanzitutto, si è mostrato come gli avanzamenti scientifici nei campi della biomedicina e delle biotecnologie, sempre più incalzanti nella società attuale, siano all‟origine di situazioni nuove che sollevano urgenti quesiti bioetici.
Si è criticata la modalità propria dei mass media attraverso la quale l‟opinione pubblica viene sollecitata a riflettere su questi temi; si è fatto notare quanto questo tipo di comunicazione possa rivelarsi fuorviante rispetto al contenuto che veicola, soprattutto perché lacunosa e spesso volta non alla trasmissione tendenzialmente imparziale di informazioni, ma alla promozione di messaggi eticamente orientati.
Le osservazioni di questa prima parte della tesi hanno inteso individuare la ragion d‟essere della Bioetica quale riflessione filosofica sulla vita intesa in senso lato, campo in cui frequentemente si dà adito a fraintendimenti e controversie.
Nella seconda parte ci si è dedicati al nocciolo concettuale del presente lavoro: la possibilità di ingresso della Bioetica nella scuola.
In primo luogo si sono portate le ragioni per le quali è opportuno inserire questo campo di riflessione nella realtà scolastica soffermandosi sui
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vantaggi non solo teorici e didattici, ma anche relativi alla crescita interiore dei giovani studenti.
In secondo luogo non ci si è potuti esimere dall‟affrontare il discorso sugli aspetti tecnici che caratterizzano l‟insegnamento di Bioetica proposto. In tale contesto si è preso atto dell‟esistenza di numerose difficoltà didattiche e organizzative a proposito della veste con la quale presentare la Bioetica a scuola, la realizzazione di un progetto interdisciplinare, l‟utilizzo di metodi e strumenti adatti, la preparazione dei docenti e la ricerca di spazi e tempi adeguati. Si è cercato di proporre una o più soluzioni plausibili per ogni problematica emersa, tenendo ben presente la realtà della pratica scolastica.
Infine, ci si è dedicati alla questione centrale riguardante quale Bioetica insegnare, se facendo proprio il paradigma che si riferisce a principi assoluti o quello che si riferisce a principi relativi. Per mezzo di un‟analisi – anche didattica – delle due possibilità si è cercato di mostrare perché sembri preferibile un insegnamento laico con riferimento a un relativismo moderato, nel rispetto del pluralismo tipico della nostra società.
Ciò che resta alla fine del percorso che si è scelto di intraprendere lo si coglie distinguendo fra una questione di merito e una di principio.
Nel merito non si può negare l‟effettiva presenza di parecchi ostacoli pratici a una soddisfacente trattazione della Bioetica in classe – ostacoli
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che, comunque, possono essere rimossi a livello „locale‟, cioè all‟interno di ogni singola realtà scolastica.
Tuttavia, la consapevolezza dell‟esistenza di tali difficoltà non ci deve impedire di individuare e salvaguardare la questione di principio: la legittimità dell‟insegnamento della Bioetica nella scuola e le sue importanti ricadute formative.
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