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I principi del servizio sociale e gli atteggiamenti professionali

2.2 Servizio sociale e Lavoro sociale

2.2.2 I principi del servizio sociale e gli atteggiamenti professionali

Dalla riflessione sul servizio sociale e sul lavoro dell’assistente sociale, emerge come gli atteggiamenti che guidano l’azione professionale possono essere: l’ascolto, l’accoglienza, la condivisione, l’accompagnamento sociale, la comprensione, l’autodeterminazione74

, la particolarizzazione dell’intervento75, giustizia sociale e integrità professionale76.

Approfondendo questi aspetti, ecco ciò che emerge.

Il clima da creare nella relazione con l’utente deve permettere una sua piena espressione, una maggiore comprensione dei suoi problemi, dei suoi sentimenti, tale per cui riesca a proporre lui stesso degli interventi da attuare. Una componente che può favorire il crearsi di questo clima è la confidenzialità, e la riservatezza che deve essere garantita. La comprensione può inoltre favorire tutto questo, in quanto spesso rappresenta ciò di cui le persone hanno bisogno per riprendersi la libertà delle proprie scelte. È un aspetto intuitivo, non teorico, anche se la teoria può guidarla, ed inoltre creativo77 e, come sopradetto, in questa prospettiva si può inserire la definizione di servizio sociale come arte, come già ipotizzato da Anne Garrett nel 1919 agli albori del servizio sociale. La componente artistica, presente in tutte le professioni di aiuto e di cura, rende visibile la necessaria creatività e intuizione in ogni atto professionale, la capacità di essere innovativi, di cogliere la situazione problematica hic e nunc e individuarne la possibile soluzione in un’armonica sintesi fra creatività, osservazione e analisi della realtà, capacità di scegliere fra diverse opzioni, accompagnati da solida preparazione scientifica78.

Tutto ciò favorisce il processo di empowerment che significa, dal punto di vista di chi lo sperimenta, “sentire di essere in grado di fare”

Per l’assistente sociale si deve creare una sospensione del giudizio, un’astensione dalla valutazione dei comportamenti delle persone sulla base dei valori della società, discutendo con la persona delle sue scelte e delle possibili implicazioni. Si devono valorizzare le risorse presenti, le potenzialità e gli aspetti positivi anche delle situazioni più difficili. Con il principio fondamentale

74 L. Gui “Le sfide teoriche del servizio sociale”, Carocci, 2004, p. 130 75 M. Dal Pra Ponticelli, “Lineamenti di servizio sociale”, Astrolabio, 1987. 76 Fargion S. “Il Servizio Sociale. Storia, temi, dibattiti”, Laterza, 2009”, p.56. 77 Idem , “I linguaggi del servizio sociale”, Carocci, 2002, p. 37.

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dell’autodeterminazione79, si rispetta la libertà dell’utente, eliminando gli ostacoli

che non permettono tutto questo. Ciò che può impedirlo, è il controllo, non solo sulla persona, ma anche sugli stessi processi.

Il rispetto della persona è strettamente legato con lo sviluppo dell’organizzazione sociale in cui tutti possano esprimere se stessi e le proprie potenzialità.

L’atteggiamento professionale si compone di diversi fattori, tra i quali si include una parte cognitiva, una affettiva e una motivazionale. Tutti questi fattori compongono la professione dell’assistente sociale, cui si richiede anche sviluppo di creatività, inventività, e capacità di sperimentazione, che si traduce nella disponibilità al cambiamento, nel saper operare e nell’apprendere nell’incertezza. È, infatti, questa la condizione in cui l’assistente sociale si trova ad operare, in relazione a persone nuove oppure che possono manifestare atteggiamenti inaspettati in situazioni non sempre prevedibili. Diviene fondamentale l’apertura al nuovo, il pieno rispetto della persona, della sua dignità, della sua capacità di scegliere ed autodeterminarsi.

L’assistente sociale non dà all’utente soluzioni già pronte, ma cerca di sviluppare la sua iniziativa in modo tale che anche in altre situazioni possa da solo sapere quale decisione prendere. È l’empowerment, quell’atteggiamento tecnico capace di accrescere le probabilità che le persone si sentano in grado di fare80, anche se possono essere quasi pari a zero, in cui l’operatore cede potere terapeutico ai suoi interlocutori.

L’assistente sociale quale esperto della globalità che ha, per sua natura professionale, la capacità di fare collegamenti e connessioni tra i vari aspetti di un problema81, non può che avere un’ottica interdisciplinare e interprofessionale,82 coordinando e mantenendo le fila di interventi complessi ma settoriali83. Una sorta di “project manager” dell’intervento, per dirla con terminologia anglosassone. “L’assistente sociale partecipa, tiene rapporti e collegamenti tra diverse reti organizzativo-istituzionali e reti relazionali coinvolti nella risoluzione dei problemi (scuola, servizi riabilitativi, associazioni, volontariato, ecc.) e si caratterizza per l’attenzione agli aspetti relazionali,

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Art. 7 Codice Deontologico.

80 F,Folghereiter “L’utente che non c’è”, p.188

81 A. Campanini, F. Luppi, “Servizio sociale e modello sistemico”, Carocci Faber, 199, p. 40. 82

Artt. 13 e 29 del Codice Deontologico

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coinvolgendo nel processo di aiuto familiari, persone vicine, ambiente di lavoro, ecc.”.84

Non a caso Fargion parla di brokeraggio riferendosi alla capacità e necessità dell’assistente sociale di tessere relazioni di mettere in comunicazione persone e risorse, collegando professionisti diversi, creando le condizioni perché mondi differenti si possano incontrare.85 La modalità professionale dell’assistente sociale di rapportarsi ai problemi e ai bisogni di cambiamento non può che essere definita “pensare ecologico” perché questo professionista ha la necessità, per ben lavorare, di avere presenti tutti i sistemi e le reti di riferimento dell’utente e di costruire delle mappe che favoriscano una visione globale della situazione relazionale dell’utente facilitando l’intervento verso i bersagli più adeguati.

Il modello di rete, il lavoro integrato assume, pur con le sue difficoltà ed i suoi limiti, valenza fondamentale nel lavoro dell’assistente sociale, strumento per la collaborazione tra i diversi servizi al fine di ottenere interventi efficaci ed efficienti in vista di quel “cambiamento” e superamento della situazione problematica tanto decantato nel servizio sociale.86