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Principle of European Contract Law

Nel documento L’hardship clause nei principi UNIDROIT (pagine 84-92)

Capitolo I: Il contratto commerciale internazionale

2. Le fonti che disciplinano i contratti commerciali internazionali

2.3 Principle of European Contract Law

Le codificazioni private non sono parte del diritto statale, poiché non sono derivate dall’autorità nazionale, come avviene con le codificazioni tradizionali o con la ratifica delle convenzioni di diritto uniforme. Si tratta al contrario di norme di soft law, la cui actoritas non è imposta dalla voluntas principis, ma discende dall’autorevolezza di chi si occupa di predisporle e redigerle, dalla loro intrinseca e connaturata forza persuasiva, nonché dalla loro confacienza con interessi ed esigenze dei loro destinatari designati, è quindi questo idem sentire tra redattori e fruitori potenziali che ne costituisce la forza e ne determina la diffusione e la generale applicazione.

Tra queste codificazioni private rientrano i PECL, cioè i Principle

of European Contract Law.

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I principi sono stati redatti da un gruppo indipendente di esperti provenienti dai diversi Member States denominata Commission on

European Contract Law. La Commissione è un corpo di natura non

governativa di avvocati, la maggioranza dei quali accademici, ma non mancavano membri che fossero invece dediti alla prassi forense, senza escludere, ovviamente, che alcuni degli accademici fossero contestualmente operatori pratici. I membri prendono parte alla commissione in veste privata ed esclusivamente a titolo personale, essi non sono stati scelti da organi governativi o istituzioni europee né tantomeno sono portatori dei loro interessi o esecutori di loro direttive.

E questo nonostante il fatto che tra i patrocinatori e sovvenzionatori del progetto figuri non solo la Commissione della

CEE, ma anche fondazioni con sedi in alcuni Stati Membri150.

L’indipendenza dei suoi membri, così come del gruppo nel complesso, era requisito necessario ed imprescindibile per raggiungere lo scopo che la Commissione Lando, dal nome del suo chairman, si era prefissa.

Lo stesso Ole Lando, scrive che il compito della Commissione è quello di redigere dei principi “that are not influenced by special

interests of any governament”151. L’ambizioso obiettivo che la Commisione si era prefissata era quello di portare avanti un progetto di armonizzazione sistematica del diritto dei contratti in ambito europeo. Appare quasi pleonastico ribadire la natura non modesta d’un siffatto obiettivo, che si prefigge l’idea di trascendere le innumerevoli

150

Fino al 1994 la Commissione si era fatta carico di approntare la maggior parte dei fondi necessari a portare avanti i lavori, ma, sia prima, che successivamente, alla data riportata altri contributi finanziari erano stati forniti tra gli altri da: ARAG Insurance Co, Germany; Baker & McKenzie, Sollicitors,London; Max Planck Institut für ausländisches und internationales Privatrecht Hamburg; Centre National de le Recherce Scientifique Institut de Recherche Comparée sur les Istitutions et les Droit; The Law Department of the Copenhagen Business Shool; L’Università degli Studi di Roma. O. LANDO - H. BEALE,

Principles of European Contract Law, Part I and II, Kluwewr Law International, 2000,

Preface, XV.

151 O. LANDO “European Contract Law”, in American Journal of Comparative

differenze che presentano i molteplici ordinamenti nazionali degli stati europei.

La commissione mirava ad occuparsi dei problemi legati al diritto dei contratti, che erano emersi dall’analisi dell’odierna prassi commerciale con l’obiettivo di redigere principi in grado di far evolvere e progredire il commercio intra-europeo. Tuttavia, questo non deve indurre in facili equivoci. Infatti, a differenza di quanto abbiamo visto nella CISG, questi non si applicano alle sole relazioni di natura

stricto sensu commerciale, intese cioè tra soli operatori professionali

del commercio, ma anche a relazioni tra prefessionisti e consumatori e a relazioni contrattuali tra non-merchant. Questa applicabilità a trecentosessanta gradi, per quanto concerne i soggetti artefici del contratto, ha comportato, di contro, che non siano state inserite delle regole diverse e speciali a protezione del contraente consumatore. Va, altresì, premesso che i PECL, per quanto nati tenendo primariamente presente in primis il mondo business internazionale o intra- comunitario, non sono destinati ad essere applicati nel solo ambito delle relazioni contrattuali non domestiche. Infatti, avrebbe poco senso introdurre “two system of contract law, one for the purely domestic

and one for the International and intra-community relationships”152. Questo significa che lo scope of application dei PECL non ha una coincidenza esatta con l’ambito interessato dal nostro discorso, (i.e. i contratti commerciali) essendo gli esaminandi principi suscettibili di applicazione a tutte le relazioni contrattuali. “Nel caso dei PECL la speranza che accomuna i giuristi che li hanno proposti è che essi possano essere adottati come <<un codice modello>> che anche le

152 “European Contract Law”, in American Journal of Comparative Law, Vol. 31,

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parti aventi la medesima nazionalità possono seguire in alternativa alla loro legge nazionale153.

Il metodo seguito dalla commissione è molto interessante ed emerge chiaramente dal testo dei principi medesimi.

La commissione ha sempre tenuto in considerazione i sistemi giuridici che caratterizzano i diversi paesi, corollario di ciò è che nessuno degli ordinamenti de qua può essere considerato come guida o modello privilegiato.

Conseguenza, invece, di questo approccio è il fatto che non tutti gli ordinamenti giuridici possono aver avuto la medesima influenza, il medesimo peso nella stesura di ciascuna delle norme dei PECL.

Per di più, nonostante lo starting point da cui è scaturito il lavoro della Commissione siano i Member States, non è comunque mancato uno sguardo al panorama internazionale, quindi alle soluzioni adottate in paesi situati al di fuori dell’allora CEE. Anche regole che potremmo definire originali, nel senso di norme non, o non ancora, apparse tra le discipline legislative di nessun ordinamento nazionale.

La Commissione s‘era persino interrogata sull’opportunità di seguire, in relazione al contratto di compravendita, norme della CISG. I fautori di questa tesi argomentavano facendo leva sull’opportunità di raggiungere per questa via l’armonizzazione nell’ambito dei contratti internazionali, stante la vasta diffusione che ci si immaginava già all’epoca avrebbe assunto la convenzione de qua; le argomentazioni contrarie ad una simile soluzione, propugnate da chi invece non sposava questo punto di vista, erano essenzialmente sull’idea che il principale, se non unico obiettivo del lavoro della commissione, fosse quello di predisporre il gruppo di regole migliori possibili per l’Europa, ed è irrilevante quindi se queste siano o meno in sintonia con quelle della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale dei

beni mobili. La soluzione prescelta fu quella di evitare una scelta di principio, di evitare di accogliere o rigettare tout court le norme della convenzione e lasciarsi guidare dall’obiettivo di mettere insieme le norme maggiormente confacenti al contesto europeo. Chiaro che non mancarono le critiche, ad esempio i giuristi britannici consideravano il testo dei principi troppo aderente ai modelli di Civil law ed in particolare al Code Civil Francese.

Al contrario, la dottrina francese riteneva che l’influenza della

common law inglese fosse preponderante154.

Lodevole l’approccio aperto e propositivo tenuto dai membri della commissione, che senza dimenticare mai di essere portatori delle tradizioni giuridiche dei propri ordinamenti giuridici, hanno mostrato “willingness to overcome their predjudices and to adopt foreingn

ideas”155. Apprezzabile la lungimiranza dimostrata della commissione nell’aver capito che, nonostante la necessità evidente per l’Europa di dotarsi di un complesso comune di discipline contrattuali e di un vero e proprio codice sulle obbligazioni, l’Europa non fosse pronta per tutto questo. Ed è per questo che s’è scelto d’introdurre le norme come soft

law: la Commissione europea stessa le introdusse sotto forma di

raccomandazione e non tramite strumenti più vincolanti.

Prima di passare all’analisi dei principi è, però, necessario sciogliere una questione preliminare: Quali ragioni rendono necessaria un’ armonizzazione del diritto dei contratti in Europa?

Per rispondere al quesito possiamo prendere le mosse da un esempio elaborato dal chairman della Commission On European

154 Scrive Lando sulla questione: “Venne detto a Londra che i Principi

richiamavano il Civil Law e in particolare il Code Civil Francese, mentre a Parigi pensavano che fossimo stati troppo attratti dal Common Law Inglese O. LANDO, “Lo spirito dei

Prinicipi del Diritto Contrattuale Europeo” in Il Codice Civile Europeo, materiali dei

seminari 1999-2000 raccolti da Guido Alpa e Emilio Nicola Buccio presentati da Remo Danovi, Giuffrè Editore, 2001.

155

O. LANDO, ““Principle of European Contract Law: An alternative to or a

precursor of European Legislation, in American Journal of Comparative Law, vol 40., 573-

89 Contract Law in un suo scritto. Un fittizio quanto generico manager

tedesco, desideroso di intraprendere un business intracomunitario avente ad oggetto la prestazione di servizi e la fornitura di merci, rivolge al proprio legale la fatidica domanda:<<Is it too risky for

us?>>. La replica del legale evidenzia tutte la problematica centrale

che ha spinto la Commissione Lando ad intraprendere l’ambizioso progetto: <<if you get a contract in Member States, your employees,

may go and work there. You can set up a branch of your company or form a subsidiary company. You can bring and sell your supplies there without paying import duties… However, in many respects you will still face local laws which are very different from ours, for instance the law of contract.>>156.

Questo esempio fa emergere come, per quanti progressi siano stati compiuti dalla Comunità Europea, prima, e dell’ Unione Europea, poi, per render più agevoli, e perciò più appetibili, le transazioni commerciali intracomunitarie, per far crescere gli scambi all’interno del mercato unico, questi non saranno mai sufficienti, finché non si potrà contare su un contesto legislativo uniforme che incoraggi gli operatori commerciali.

Il timore, infatti, d‘aver a che fare con una legislazione non familiare è un fattore non secondario da prendere in considerazione quando si vaglia la possibilità d’intraprendere un business all’estero, ancorché all’interno della UE stessa. Questo ostacolo, cagionato dalla difformità dei diversi ordinamenti giuridici può essere quindi un forte deterrente, non solo per l’idea stessa di doversi destreggiare all’interno di un ambito legislativo estraneo a se e spesso altresì ai propri legali, ma anche perché questo comporta l’ineludibile necessità di affrontare costi ulteriori come ad esempio quelli dei compensi versati per le

156 O. LANDO, “Principle of European Contract Law: An alternative to or a

consulenze prestate da avvocati locali. Se, difatti, “is it the aim of the

European Community to abolish the legal restrictions on the intra- community trade, it follows from this objective that the legal differences that restrict this trade should also be abolished…”157 .

Il gruppo di esperti cominciò a lavorare ai principi di diritto europeo dei contratti nel 1982. Si può sollevare a questo punto la medesima critica che è stata mossa in precedenza al Regolamento Roma I. Vale a dire che il risvolto negativo di questo gruppo di norme uniformi tutte europee, nate in e pensate per l’Europa, porterebbe essere un decremento delle opportunità di sviluppo di norme condivise da Stati non-Membri. Tuttavia, Lando giustifica espressamente la sua scelta in termini icastici: “The Commission belives that the European

Countries should be offered principles of contract law which meet their requirement and those of the Communities and which do not have to pay heed to the traditions and views of nations with a political, social and economic background wide different from that of the EEC countries”158.

Il gruppo di esperti cominciò a lavorare ai principi di diritto europeo dei contratti nel 1982.

“La parte prima fu pubblicata in inglese nel 1995. Nel 1992 la Commissione iniziò a lavorare alla seconda parte dei Principi. Un secondo volume, Principi di Diritto Europeo dei Contratti Parte I e II, fu pubblicato in inglese nel 1999. Nell’ultima riunione dedicata alla parte I e II, tenutasi a Stoccolma nel 1995, la Commissione decise di continuare il proprio lavoro in una terza fase. Con la Parte III, la

Commissione ha concluso il suo lavoro”159.

157 O. LANDO ibidem. 158

O. LANDO “European Contract Law”, in American Journal of Comparative Law, Vol. 31, 1983, 653-659.

159 O. LANDO, Prefazione a “Principi di Diritto europeo dei contratti” di C.

91

I principi sono strutturati in forma di articoli, ciascun articolo è corredato da un comment preciso e dettagliato introdotto con l’intento di rendere chiara la ratio sottesa a ciascuna regola, lo scopo che si intende perseguire attraverso quella norma, gli effetti e la funzionalità della stessa, nonché le sue interazioni con le altre regole.

Effetti e funzionalità sono per altro analizzati più in dettaglio, tramite le c.d. illustrations. Nel testo ufficiale dei PECL figurano, altresì, comparative notes surveying the national laws and other

international provisions on the topic”160. Che spiegano come i diversi

sistemi giuridici si confrontano sul medesimo istituto.

La Parte I riguarda l’adempimento, l’inadempimento e le tutele. La Parte II contiene la disciplina relativa alla formazione, invalidità, interpretazione e contenuto del contratto, nonché una versione riveduta e corretta della Parte I.

La Parte terza infine riguarda le obbligazioni plurisoggettive, la cessione dei crediti, la sostituzione del debitore, la cessione del contratto, la compensazione, la prescrizione, la disciplina della contrarietà a norme imperative del contratto, il contratto supposto a condizione e la capitalizzazione degli interessi.

Lo stesso Ole Lando in molteplici scritti di sua paternità fa notare come sotto alcuni aspetti, i PECL possano essere assimilati con gli American Restatement of the Law of Contract pubblicati nel 1981.

In analogia con i Restatement, i principi sono, come abbiamo già accennato, regole non vincolanti, c.d. soft law. Tuttavia, mentre lo scopo dei primi vuole limitarsi alla riaffermazione della Common law degli Stati Uniti, in relazione ai secondi la riaffermazione e codificazione dei principi contrattuali del panorama europeo è solo lo scopo immediato, quello mediato invece è decisamente più ambizioso, volendo essi porsi come base, come una sorta di prima, elaborata

bozza per una parte di un futuro Codice Civile Europeo. Per di più, in Europa non sussiste una vera Common Law (basti, a questo scopo, ricordare la coesistenza di sistemi di common e civil law, nonché le diverse declinazioni che il diritto romano, base comune degli ordinamenti di civil law, ha nei secoli assunto all’interno degli ordinamenti nazionali) , quindi l’opera di redazione dei principi è stata più profonda e radicale. Questa apparentemente sottile ma essenziale differenza circa il lavoro che si pone alla base dei Restatement e dei PECL è evidenziata anche da Rovelli, il quale scrive: “alla Commissione Lando va il merito di una <<sintesi>> che è ben di più di una sorta di re statement delle regole applicate nei Paesi membri, ma si pone come un’unificazione di sistemi idonea ad armonizzare le regole del diritto civile dei contratti con quelle del diritto commerciale”161.

Nel documento L’hardship clause nei principi UNIDROIT (pagine 84-92)