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Il problema delle competenze “implicite”

Questione particolarmente importante, sulla quale si sta concentrando l’attenzione della dottrina impegnata nell’analisi delle norme introdotte dalla riforma, riguarda la possibilità di attribuire delle competenze “implicite”

197 La sanzione prevista per la mancata convocazione dell’assemblea nei casi previsti dalla legge o

dallo statuto è indicata all’art. 2631 c.c. e l’inosservanza dell’obbligo espone anche l’amministratore alla revoca giudiziale per “gravi irregolarità” ex art. 2409 c.c. Vedi sul punto SERRA, Il procedimento assembleare, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian

Franco Campobasso (diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale), Utet, Torino, 2006, 45 ss.; DI BITONTO, La richiesta di convocazione dell’assemblea nel nuovo art. 2367 c.c., in Società, 2007, 21 ss.; COPPOLA, Sub art. 2367, in Commentario Sandulli-Santoro.

198 Lo spazio concesso all’autonomia statutaria dall’art. 2364, comma 1, n. 5, perciò, se, da un lato,

viene qualificata come norma limitativa dell’ambito di ingerenza dei soci nella gestione sociale e che degrada qualitativamente il ruolo dell’assemblea nell’organizzazione societaria, dall’altro, assume una posizione centrale nel qualificare la funzione di controllo attribuita ora ai soci sulla gestione della società, senza pregiudicarne l’estensione: la norma non limita, dunque, le possibilità di confronto assembleare, come sembra ritenere PINTO, op. cit., 447, ma anzi le raccorda con una più precisa e rigida distribuzione di competenze.

all’assemblea in merito ad alcune operazioni di gestione dell’impresa sociale. In particolare, ci si chiede se sia possibile individuare, in base a principi generali dell’ordinamento delle società o per applicazione analogica di altre norme che attribuiscono competenze legali all’assemblea, un’area di competenza nell’ambito del potere gestorio esclusa dall’attribuzione esclusiva della gestione dell’impresa agli amministratori, ex art. 2380-bis: in caso di risposta affermativa, bisognerebbe concludere che alcune decisioni operative, benché di carattere gestorio e pienamente rientranti nell’ambito dell’oggetto sociale stabilito, siano tuttora di competenza dell’assemblea, unica legittimata ad approvarle, o anche ad assumerne l’iniziativa e a configurarne la concreta realizzazione, a seconda del valore di tale attribuzione che si ritenga di poter desumere dai principi generali considerati. Le competenze assembleari così individuate, per analogia iuris o per analogia legis, vengono perciò definite “implicite”, in quanto non scritte ma desunte in via interpretativa.

La teoria delle competenze implicite dell’assemblea non è nuova alla dottrina italiana e veniva formulata da alcuni autori proprio nel vigore delle norme precedenti con l’intento di affermare, di fronte alla mobilità del confine tra le rispettive attribuzioni dell’organo amministrativo e dei soci, l’esistenza di una porzione di potere esclusiva dell’assemblea anche in materia di gestione dell’impresa. L’idea, come già ricordato sopra nel commento alla vecchia disposizione dell’art. 2364, comma 1, n. 4199, si fondava – confondendosi con essa

- su di un’interpretazione limitata del concetto stesso di “gestione” o di oggetto sociale200, che voleva escluse dall’ambito di competenza dell’organo

amministrativo quelle operazioni che concernono l’organizzazione della società o che modificano e alterano sostanzialmente la struttura dell’impresa sociale o il profilo di rischio dell’investimento dei soci o i loro diritti partecipativi o

199 Vedi supra note 61, 62 e 63.

200 Tale percorso argomentativo, in realtà, era stato proposto già nel vigore del Codice di

commercio del 1882, tra le varie ipotesi interpretative avanzate sull’art. 122, comma 3: vedi supra Cap. 1.

patrimoniali. La categoria, come si vede, viene delineata tramite il ricorso a concetti estremamente variegati, rendendo, proprio per questo, difficile una sua ricostruzione.

Ma, a parte le difficoltà pratiche incontrate nell’individuazione esatta delle operazioni che dovevano essere ricomprese tra le competenze implicite esclusive dell’assemblea, l’idea è andata perdendo fondatezza man mano che, in dottrina e in giurisprudenza, ha trovato affermazione una nozione di gestione sociale dall’estensione speculare a quella di oggetto sociale201, sicché l’impossibilità di

escludere dagli atti necessari per la realizzazione dell’oggetto sociale anche operazioni “straordinarie” o qualificate in termini di eccezionalità – secondo le dizioni sopra riportate - nega automaticamente l’esistenza di competenze

esclusive dell’assemblea: nessun atto, purché riferibile all’oggetto sociale, è

escluso dalla capacità deliberativa202 degli amministratori, giacché solo l’oggetto

sociale ne costituisce l’unico vero limite. Il principio è oggi confermato dall’art. 2380-bis c.c. e acquisito pacificamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Ciò non ha impedito, tuttavia, di fondare l’esistenza di competenze assembleari “implicite” sulla base di diverse argomentazioni. Un autore203, in

particolare, ha sostenuto l’esistenza di un dovere degli amministratori di rimettere alla volontà dei soci le decisioni c.d. di interêt primordial muovendo dalla considerazione che la facoltà di sottoporre atti di gestione all’assemblea ex art. 2364, n. 4 (vecchio testo), non fosse prevista solo nell’interesse degli

201 Oltre all’argomento della necessaria coincidenza fra capacità deliberativa e capacità

rappresentativa, avanzato sulla base dell’art. 2384, comma 1 (vecchia formulazione), forse più decisivo è il confronto con la disciplina della capacità dell’institore, ex art. 2204 c.c., come dimostrato da CORSI, op. cit., 71 ss. D’accordo anche ABBADESSA, op. cit., 40 e CALANDRA BUONAURA,

op. cit., 145 ss. In giurisprudenza, recentemente Trib. Ferrara, 27 settembre 2005 (inedita).

202 Differenti, infatti, sono i limiti della capacità rappresentativa degli amministratori, soprattutto

oggi, alla luce dell’abrogazione dell’art. 2384-bis e della qualificazione “generale” della rappresentanza degli stessi. Vedi, sulla nuova disciplina, le considerazioni di CALANDRA BUONAURA,

Il potere di rappresentanza degli amministratori di società per azioni, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso (diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale), Utet,

Torino, 2006, 659 ss., che, anzi, sottolinea come il limite dell’oggetto sociale sia solo interno. E

contra BONELLI, in Giur. Comm., 2004.

amministratori, ma anche dei soci. Di conseguenza, per il compimento di quelle operazioni sulle quali questi ultimi hanno interesse ad essere informati e ad esprimere il proprio consenso, si ritiene doveroso da parte degli amministratori richiedere una deliberazione assembleare. L’area delle competenze implicite corrisponde, perciò, in questi termini, ai casi in cui debba considerarsi

obbligatorio per gli amministratori, in attuazione dell’interesse sociale,

“spogliarsi” di parte delle proprie competenze per permettere ai soci l’espressione della propria volontà. Altri204, invece, hanno preferito fondare l’esistenza del

medesimo obbligo sui doveri di correttezza e buona fede degli amministratori nei confronti dei soci, ma senza farne derivare conseguenze differenti sul piano sia della natura delle operazioni da sottoporre all’assemblea, sia dell’effetto devolutivo.

Naturalmente, simili ricostruzioni della categoria delle competenze implicite poggiavano soprattutto sulla facoltà degli amministratori di sottoporre ai soci operazioni di propria competenza, facoltà riconosciuta espressamente dalle norme societarie previgenti; inoltre, la mancata differenziazione, sul piano dell’effetto devolutivo, tra le delibere assembleari richieste dallo statuto e quelle provocate dagli amministratori, consentiva di qualifica come vere e proprie competenze anche quelle materie “doverosamente” attribuite all’assemblea dagli amministratori.

Tuttavia tali ricostruzioni, almeno sul piano dell’affermazione di diritti dei soci alla partecipazione al processo deliberativo in alcune materie, sembrano sostenibili anche alla luce delle nuove disposizioni introdotte dalla riforma, avvalendosi soprattutto del fatto che, come sostenuto, non pare impedito agli amministratori sottoporre all’assemblea, anche se con funzione meramente consultiva, alcune operazioni.

204 CALANDRA BUONAURA, Gestione dell’impresa e competenze dell’assemblea, op. cit., 125 ss. Vedi

Il problema delle competenze implicite, peraltro, non riguarda solo il nostro ordinamento, ma si pone anche in altri Paesi, spesso proprio in quelli dove più rigida è l’autonomia dell’organo amministrativo dall’assemblea e dove, quindi, è più necessario tutelare l’interesse dei soci a partecipare alle decisioni gestorie più importanti. Il pensiero corre, naturalmente, all’ordinamento tedesco, nel quale un filone giurisprudenziale, iniziato con il noto caso Holzmüller, è andato definendo con sempre maggiore precisione fondamenti giuridici e confini delle competenze assembleari implicite riconosciute da tale giurisprudenza205. L’ultima pronuncia,

in ordine di tempo, risulta interessante ai fini dell’applicabilità di tali principi anche nel nostro ordinamento.

Nel caso Gelatine, infatti, la Corte federale tedesca sembra aver risolto, con un’efficace soluzione di compromesso, i problemi maggiori evidenziati dalle pronunce precedenti circa l’esatto fondamento giuridico delle competenze implicite, da un lato, e la portata dell'effetto devolutivo, dall’altro. Sotto il primo aspetto, evidenziando l’esistenza di una lacuna nell’ordinamento nella tutela degli interessi dei soci di fronte a decisioni degli amministratori idonee ad incidere profondamente sulla struttura dell’impresa o sui diritti partecipativi o patrimoniali dei primi, la Corte ha ritenuto di poter affermare l’esistenza di “eccezionali” competenze implicite dell’assemblea preferendo o applicare analogicamente le specifiche competenze legali dell’assemblea o fare ricorso all’analogia iuris, ossia rilevando dall’insieme di tutte le disposizioni di legge che già attribuiscono all’assemblea poteri di autorizzazione per determinate operazioni gestorie un principio di carattere generale in grado di fondare una competenza decisionale dei soci su quelle operazioni dalla portata strutturale simile206. Sotto il secondo

aspetto, la Corte ha, invece, riaffermato la rilevanza esclusivamente interna da attribuire alla limitazione del potere gestorio degli amministratori conseguente

205 Di tale giurisprudenza, vedi ora un sintetico ma compendioso commento in MAUGERI, Sulle

competenze “implicite” dell’assemblea nella società per azioni, in Riv. dir. soc., 2007, 86 ss.

206 La Corte ha, perciò, escluso di poter fondare tale area di competenza assembleare sul § 119 II

all’individuazione di un corrispondente potere non scritto dell’assemblea, con ciò escludendo che la stessa limitazione sia opponibile ai terzi207.

Volgendo ora l’attenzione all’ordinamento italiano, è possibile utilizzare le medesime conclusioni di principio della giurisprudenza tedesca per svolgere alcune considerazioni in merito alla configurabilità di competenze assembleari non scritte nel nostro diritto societario.

Occorre indagare, innanzi tutto, se esiste e quale possa essere la norma, il fondamento giuridico, dell’attribuzione all’assemblea di simili poteri deliberativi, in particolare di un’attribuzione predicata in termini di obbligatorietà o di

necessità - lasciando da parte, per il momento, la verifica degli effetti di tale

attribuzione.

In primo luogo, va considerata la natura delle operazioni che generalmente, in dottrina e in giurisprudenza, vengono annoverate tra quelle che devono essere sottoposte ad una delibera dei soci. Vengono qualificate, in termini generici, come operazioni che, pur potendo astrattamente rientrare nella competenza dell’organo amministrativo, per la loro rilevanza economica e per la loro capacità di incidere in profondità sulla struttura organizzativa dell’impresa sociale e dei diritti dei soci eguagliano sostanzialmente gli effetti di una modificazione statutaria; oppure, risultano idonee ad alterare profondamente le caratteristiche dell’investimento effettuato dal socio, in particolare in termini di rischiosità. Tipici esempi di operazioni con simili caratteristiche sono lo scorporo dell’azienda, la costituzione di società controllata con cessione dell’azienda, la cessione di partecipazioni attinenti al core business dell’impresa, operazioni di riorganizzazione del gruppo.

Viene naturale, a nostro avviso, criticare la stessa configurabilità di tali operazioni in termini ulteriori e differenti rispetto alle categorie usate dal legislatore. In breve, non sembra possibile individuare operazioni che

207 La Corte ha, sostanzialmente, optato per una soluzione di compromesso, ricollegando quelli che

sono gli effetti del § 119 II AktG (esclusivamente interni) all’applicazione analogica di norme che hanno, invece, piena rilevanza esterna.

“sostanzialmente” integrano una modifica dell’atto costitutivo alle quali, però, non si potrebbe applicare la disciplina legale prevista per le modificazioni “formali” dell’atto costitutivo: ché solo in conseguenza di una simile affermazione risulterebbe necessario ricorrere alla teorizzazione di competenze non scritte dei soci, al fine legittimo - perché riconosciuto dal legislatore - di tutelare l’interesse dei soci a decidere operazioni i cui effetti coincidono con delibere effettivamente attribuite alla loro competenza.

La dottrina che ricorre all’affermazione di competenze assembleari implicite, infatti, ritiene necessario un coinvolgimento dei soci su quelle operazioni fondamentali che incidono, modificandola, sulla struttura dell’impresa, o meglio, sulla struttura dell’iniziativa economica come configurata nell’atto di fondazione della società, cioè nell’atto costitutivo; operazioni che, tuttavia, rientrano nell’oggetto sociale, e quindi nel programma di azione stabilito dagli stessi soci nell’atto costitutivo, ma che, ciò nonostante, sarebbero in grado di modificarlo “sostanzialmente”.

Mi pare che alla base vi sia prima di tutto un equivoco che riguarda la portata dell’art. 2365 c.c.: la disciplina prevista per le modificazioni dell’atto costitutivo non può essere qualificata come una semplice disciplina di forme, funzionale all’adempimento di obblighi pubblicitari che sorgono solo nel caso in cui i soci vogliano modificare l’atto costitutivo da un punto di vista formale. L’art. 2365, al pari degli artt. 2364 e 2380-bis, è prima di tutto una norma sulla

competenza, una norma che contribuisce a disegnare il sistema di allocazione dei

poteri deliberativi e che perciò stabilisce quale deve essere la provenienza di una decisione con un determinato contenuto perché essa possa essere valida ed efficace. Ciò comporta che non esistono modifiche sostanziali e modifiche

formali dell’atto costitutivo, giacché tutte le decisioni che tendano a modificare il

programma delle attività stabilito nello stesso sono inderogabilmente – a meno ché non ricorra uno dei casi previsti dall’art. 2365, comma 2 - rimesse alla

competenza dell’assemblea e vanno adottate con le formalità previste per l’assemblea straordinaria208: in breve, è la forma che segue la sostanza dell’atto,

non il contrario.

La delibera dell’organo amministrativo che decida il compimento di un’operazione che modifica sostanzialmente alcuni aspetti dell’attività di impresa o della vita sociale come disegnati dall’atto costitutivo sarebbe, dunque, illegittima per contrarietà alla legge, ex art. 2388209, senza che sia necessario

costruire un’ulteriore categoria dogmatica per raggiungere il medesimo scopo voluto dal legislatore210. Infatti, delle due l’una: o l’operazione decisa dagli

208 In questi termini, CAMPOBASSO, Diritto commerciale, II, 315 ss. E soprattutto le indicazioni della

Relazione del Guardasigilli al codice civile, n. 965, sull’art. 2361 c.c., che non a caso viene

generalmente interpretato come un’applicazione specifica di tale principio.

209 Certamente, la legittimazione attiva riconosciuta ai soci dal nuovo art. 2388 c.c. rende più facile

ai soci di minoranza reagire contro simili operazioni degli amministratori, spesso appoggiate dalla maggioranza dei soci, senza che sia necessario ricorrere a complesse e incerte ricostruzioni delle posizioni giuridiche soggettive di questi ultimi nei confronti del potere gestorio dell’organo amministrativo, soprattutto se si aderisce ad un’interpretazione estensiva dell’espressione “diritti dei soci” contenuta nella norma: in tal senso vedi, ad esempio, PISANI MASSAMORMILE, Invalidità

delle delibere assembleari, in Il nuovo diritto delle società, op. cit., 564 ss. Per la giurisprudenza

relativa precedente la riforma, vedi ad esempio Cass. 28 marzo 1996, n. 2850, in Giur. Comm., 1998, II, 343, con nota di MUCCIARELLI.

210 Le considerazioni svolte sembrano avvalorate, non contraddette, dal testo dell’art. 2361, comma

1, che vieta semplicemente, senza prevedere, ad esempio, la possibilità di un’autorizzazione dell’assemblea, quelle operazioni di gestione delle partecipazioni che modifichino sostanzialmente l’oggetto sociale – la norma, peraltro, non è di così chiara interpretazione, come si dirà anche

infra. In senso contrario a quanto sostenuto nel testo, viene citata (anche da MAUGERI, op. cit., 93, nota 48 ) un’importante sentenza della Cassazione (Cass. 6 giugno 2003, n. 9100, edita, ad esempio, in Giur. it., 2004, 95), la cui parte motiva (spec. punto 2.2.2.), però, se letta con attenzione, non sembra affatto confermare la possibilità dell’attuazione di modificazioni “sostanziali” dell’atto costitutivo che non siano sottoposte alla normale disciplina legale ex art. 2436 c.c.: la Corte, infatti, nel caso sottoposto alle sue cure, giustifica la mancanza di una delibera dell’assemblea straordinaria sul presupposto che l’atto in questione non integrava una vera e propria modifica dell’oggetto sociale. Anzi, la Corte sottolinea che l’eventuale delibera di autorizzazione assunta con le maggioranze richieste per l’assemblea ordinaria dovrebbe essere naturalmente impugnata per il suo contenuto, qualora integrasse un’ipotesi di modifica dell’atto costitutivo, poiché sarebbe un contenuto illegittimo. Ugualmente, non sembra sufficiente a criticare quanto sostenuto nel testo la circostanza che, nell’ambito della disciplina delle società a responsabilità limitata, la categoria delle “modificazioni sostanziali dell’oggetto sociale” abbia ricevuto un formale accoglimento da parte del legislatore negli artt. 2479, comma 2, n. 5 e 2473, comma 1. Per arrivare ad una tale conclusione, infatti, bisognerebbe prima poter qualificare con certezza il contenuto di simili operazioni come estraneo rispetto all’oggetto sociale, cosa tutt’altro che pacifica, e individuarne con esattezza la disciplina voluta dal legislatore. In ogni caso, poi, sia che vengano qualificate in tal modo solo quelle operazioni che, comunque legittime e inerenti

amministratori si inserisce perfettamente nell’ambito dell’attività programmata nello statuto, rispettando i limiti al potere gestorio segnati dall’oggetto sociale, nel qual caso non può esservi dubbio sulla legittimità della decisione adottata dagli amministratori in totale autonomia211; o l’operazione integra gli estremi di una

modificazione dell’atto costitutivo ed è esclusa, perciò, dalla competenza degli amministratori, con la conseguenza che sarebbe necessaria una delibera dell’assemblea straordinaria che deliberasse preventivamente la modifica dell’atto costitutivo per integrare il potere degli amministratori, se si vuole scongiurare l’illegittimità della delibera di questi ultimi212.

D’altra parte, potrebbe fondarsi l’esistenza di una categoria quale quella delle competenze assembleari implicite sulla base di una configurazione differente del contenuto di queste ultime, tesa a tutelare la posizione dei soci di fronte ad

all’oggetto sociale, il legislatore ha voluto trasferire alla competenza dei soci, sia che, invece, siano da ritenere modifiche sostanziali dell’oggetto sociale solo quelle operazioni esorbitanti rispetto a quest’ultimo, mi pare evidente che la competenza a deliberarle attribuita ai soci, per di più con le maggioranze previste per le modificazioni formali dell’atto costitutivo, consente di affermare che anche nel tipo della s.r.l. per le modifiche “sostanziali” il legislatore abbia imposto la stessa disciplina applicabile alle modifiche “formali” dell’atto costitutivo, rendendo, di nuovo, oltremodo opinabile una distinzione efficace, nella pratica, tra regola e fenomeno regolato – tra disciplina e fattispecie – ché l’una contribuisce sostanzialmente ad individuare l’altra. Un’ulteriore conferma di quanto sostenuto potrebbe, inoltre, leggersi, nella modifica dell’art. 2437, comma 1, lett. a), là dove prevede che solo la modifica dell’oggetto sociale alla quale consegua “un cambiamento significativo dell’attività della società” determina la possibilità di esercitare il diritto di recesso: nella disposizione, infatti, può intravedersi un’ulteriore testimonianza del fatto che sia la sostanza del fenomeno regolato, che necessita di alcune forme precise, a determinare la disciplina applicabile allo stesso.

211 Più difficile e complicato sarà, semmai, stabilire con certezza cosa rientri e cosa no nell’ambito

dell’oggetto sociale: infatti, la dottrina e la giurisprudenza sono incostanti e discordanti su diverse operazioni e a seconda dei casi. Ciò, tuttavia, non sposta i termini della questione: alla qualificazione dell’operazione – se inerente o meno alla realizzazione dell’oggetto sociale - può seguire soltanto una delle due soluzioni alternative esposte nel testo, senza necessità di individuare un’area grigia, attribuendole una nuova etichetta (“modificazioni sostanziali dell’atto costitutivo”), per disciplinare i casi più complessi. Sul punto, v. infra.

212 Altro problema è se tale illegittimità sia opponibile ai terzi, stante la nuova disciplina contenuta

nell’art. 2384 c.c. sui limiti alla capacità rappresentativa degli amministratori. Da un lato, infatti, l’illegittimità della delibera e dell’operazione si dovrebbero ritenere opponibili ai terzi, derivando il vizio da una limitazione legale al potere deliberativo degli amministratori ex art. 2365 c.c. Dall’altro, l’illegittimità della delibera deriva dal superamento del limite dell’oggetto sociale, che è, al contrario, un limite statutario, quindi non opponibile ai terzi ex art. 2384, comma 2. Sul punto, vedi CALANDRA BUONAURA, Il potere di rappresentanza degli amministratori di società per azioni, in

operazioni che pur essendo di competenza dell’organo gestorio, quindi non integranti neanche una vera e propria modifica sostanziale dell’atto costitutivo, rivestano tuttavia una tale importanza per gli stessi soci da legittimare un loro