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Problemi connessi al negozio fiduciario nella disciplina del rapporto tra fiduciario e fiduciante

Nel documento Dottorato di Ricerca in (pagine 53-57)

nonché con i rispettivi creditori.

L’incertezza interpretativa che emerge dal quadro delle pronunce giurisprudenziali appena esaminate, trova riscontro nelle elaborazioni dottrinarie che hanno cercato di isolare e qualificare la figura del negozio fiduciario.

L’analisi operata nelle pagine che seguono mira a porre in luce i limiti dei tentativi ricostruttivi del negozio in esame che, riducendo il momento obbligatorio della qualificazione del negozio fiduciario al mandato, si rivelano insoddisfacenti in quanto non sono in grado di garantire il fiduciante né dagli abusi del fiduciario, né dalle eventuali azioni esecutive che i creditori personali del fiduciario stesso possano esercitare sui beni oggetto del negozio fiduciario.

Prima di procedere all’analisi dettagliata degli strumenti emersi grazie all’elaborazione dottrinale occorre esplicitare i problemi teorici e pratici che la fattispecie negozio fiduciario pone.

In primo luogo, da un punto di vista teorico, è emerso il problema dell’ammissibilità stessa di un tale negozio traslativo atipico in grado, ex art. 1376 c.c., di

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trasferire la proprietà al di fuori delle ipotesi e degli scopi tipici previsti dai singoli contratti disciplinati dal codice civile: corollario di tale problema è costituito dalla individuazione ed isolamento di una causa meritevole (ex art. 1322 comma 2 c.c.) ed idonea a supportare il trasferimento o la gestione del fiduciario, nonché dall’ammissibilità di quella che è stata definita la “proprietà fiduciaria” quale forma di diritto dominicale conformato e temporaneo, che potrebbe porsi in contrasto con il principio di ordine pubblico del numerus

clausus dei diritti reali ammessi dal nostro ordinamento.

Da un punto di vista pratico vengono in rilievo profili di disciplina che regolano, colorano ed orientano il momento dinamico dell’operazione: essi riguardano le due macroaree della gestione e dell’opponibilità.

Più precisamente l’interesse primario del fiduciante è quello a che la gestione da parte della fiduciaria sia svolta in conformità alle direttive impartite, diligentemente e nel perseguimento del suo miglior interesse; la tutela dello stesso passa attraverso l’effettività dei poteri di controllo che il fiduciante ha nei confronti del fiduciario, nonché attraverso l’individuazione di strumenti che consentano allo stesso di tutelarsi dagli abusi del gestore fiduciario. Detti profili problematici, che riguardano i rapporti tra fiduciante e fiduciario, ineriscono al rapporto gestorio e vanno risolti attraverso l’analisi della disciplina che il legislatore stesso prevede per le ipotesi tipizzate di gestione di patrimoni altrui che indicano ratio e limiti del potere gestorio e della responsabilità del gestore stesso, sia per le obbligazioni assunte nell’esecuzione dell’incarico sia per la diligenza impiegata nello svolgimento dell’attività.

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Quanto al fiduciario egli ha interesse a che la propria responsabilità per le obbligazioni assunte nell’esecuzione dell’incarico sia limitata alla provvista fornitagli dal fiduciante, essendo necessaria ad un congruo calcolo del rischio d’impresa, la certezza in ordine alla responsabilità da sopportare. Tali profili di disciplina si potranno ricavare dalla regolamentazione prevista dal legislatore per la gestione di patrimoni separati: individuando la ratio delle regole previste per le diverse ipotesi di patrimoni separati si potrà stabilire se delle obbligazioni assunte nell’esecuzione della gestione risponda soltanto il patrimonio separato, oppure se un ulteriore patrimonio sia posto a garanzia della soddisfazione di tali obbligazioni e se tale patrimonio sia quello del gestore oppure del proprietario quando diverso dal gestore.

Un secondo gruppo di problemi riguarda i rapporti tra il fiduciante, i beni oggetto del negozio fiduciario ed i creditori tanto del fiduciario quanto del fiduciante. Nei rapporti con i creditori del fiduciario l’interesse del fiduciante che emerge con forza è quello di impedire che i beni affidati al gestore possano costituire oggetto di azioni esecutive da questi promosse. Gli interpreti hanno affidato la soluzione all’applicazione della disciplina prevista per l’opponibilità ai creditori del mandatario degli acquisti dallo stesso effettuati nell’interesse del mandante: tuttavia così argomentando la tutela del fiduciante sarebbe subordinata all’anteriorità, rispetto al pignoramento da parte dei creditori del fiduciario, della trascrizione della domanda di ritrasferimento se si tratta di beni immobili, oppure all’anteriorità della data certa del mandato se lo stesso ha ad oggetto beni mobili (art. 1707 c.c.).

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Altro profilo di tutela e disciplina riguarda la possibilità che il fiduciante sottragga alla garanzia patrimoniale generale costituita dal suo intero patrimonio i beni oggetto del negozio fiduciario che siano destinati alla realizzazione di uno scopo meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Lo strumento che potrebbe realizzare tale interesse è la trascrizione dell’atto di destinazione ex art. 2645ter c.c. la cui utilizzazione tuttavia non può dirsi generalizzata, bensì limitata dalla qualità dell’interesse perseguito.

Infine emergono i problemi attraversati dalla disciplina dell’art. 1376 c.c. che si legano alla realizzazione di una fiducia “segreta” oppure “palese”. Avuto riguardo al fatto che il passaggio della proprietà del bene gestito al fiduciario certamente crea uno schermo che realizza l’interesse del fiduciante di occultare l’esatta conformazione del proprio patrimonio, allo stesso tempo lo espone agli abusi del fiduciario infedele che alieni i beni a terzi non in conformità del regolamento gestorio. Diversamente l’affidamento in gestione di beni realizzato senza il trasferimento della proprietà alla fiduciaria limita ontologicamente i poteri di quest’ultima, ma realizza la persistenza dell’evidenza della titolarità del bene in capo al fiduciario. Per i beni mobili rappresentati da azioni societarie si vedrà come pur non essendo trasferita la proprietà delle partecipazioni alla società fiduciaria, partecipazioni che pertanto costituiscono parte del patrimonio del fiduciante aggredibile da tutti i suoi creditori ex art. 2740 c.c., l’iscrizione nei libri sociali della fiduciaria, consente l’anonimato nei limiti in cui ciò non si ponga in

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contrasto con interessi generali (di controllo o fiscali).

2. Problemi teorici connessi all’ammissibilità del

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