CAPITOLO 2: Modelli per l’analisi della sicurezza stradale
2.2 ANALISI DELLA SICUREZZA STRADALE: UN APPROCCIO
2.2.2 Problemi di interpretazione ed attendibilità dei risultati
Osservando le poche figure riportate nei paragrafi precedenti si può notare come si possano dedurre ben poche informazioni sugli eventuali cambiamenti avvenuti nel grado di esposizione al rischio negli anni o sulle differenze in termini di rischio o di severità dell’incidente in quanto non si hanno indicazioni precise su quali siano gli interventi più opportuni per migliorare la sicurezza stradale. Il grado di esposizione è, come già più volte detto, la chiave di volta del concetto di sicurezza, il parametro fondamentale per descrivere o confrontare fra di loro diverse situazioni di traffico o diversi problemi.
Comunque è importante precisare come i risultati e quindi le conseguenze ed i commenti che da essi si possono dedurre dipendono anche dall’unità di misura utilizzata per quantificare il grado di esposizione al rischio.
Tutto ciò appare subito chiaro analizzando la figura 2.6 dove il grado di rischio è valutato utilizzando due diversi parametri di riferimento: il numero di feriti per milione di persone-chilometro e il numero di feriti per milione di ore trascorse nel traffico per tre diverse categorie di riferimento, automobilisti, ciclisti e pedoni.
Figura 2.6 – Descrizione del rischio utilizzando due diverse unità di misura del grado di esposizione, milioni di persone chilometro o ore nel traffico, per automobilisti, pedoni e ciclisti,
Svezia 1992.
Il numero di morti e feriti nei due grafici ovviamente coincide ed è rappresentato dal volume e dalle aree frontali, così come coincide nei due grafici la profondità per ciascuna delle tre categorie considerate che è proporzionale al numero di morti per ferito (indice di gravità).
Comunque, utilizzando le due diverse unità di misura per l’esposizione, la descrizione della situazione di rischio cambia notevolmente fra i tre diversi modi di trasporto.
Se l’esposizione è misurata in persone-chilometro, gli automobilisti si possono considerare molto meno in pericolo rispetto ai pedoni o ai ciclisti; ma se invece consideriamo come parametro di riferimento le ore trascorse nel traffico e quindi passiamo dalla grandezza “spazio” alla grandezza “tempo”, il rischio di rimanere feriti come pedoni risulta molto minore rispetto al rischio di rimanere feriti in un incidente come automobilista o come ciclista.
Una terza possibilità è rappresentata dall’utilizzare come unità di esposizione al rischio il numero di viaggi. In questo caso il rischio si avvicina maggiormente alla figura che utilizza le ore nel traffico come unità di esposizione se il tempo medio di viaggio non varia notevolmente con il mezzo di trasporto considerato.
Solitamente quando vengono effettuati dei confronti fra diversi modi di trasporto si considera come parametro di riferimento il numero di persone chilometro o il
numero di veicoli chilometro. Ad esempio tutte le statistiche autostradali in Italia considerano come riferimento proprio questa unità di misura. Quando invece si passa a confrontare fra di loro rischi completamente diversi corrispondenti ad altre attività che si compiono nella società si preferisce utilizzare come parametro di riferimento la grandezza tempo.
Ma siamo così sicuri che sia corretto confrontare fra di loro i tassi di incidentalità per i vari modi di trasporto utilizzando come parametro di riferimento i chilometri percorsi anziché le ore trascorse nel traffico o il numero di abitanti di un determinato paese o di una determinata regione? Wilde nel suo interessante volume “Target Risk” (1994) pone alcuni dubbi sull’utilizzo del numero di chilometri percorsi come misura del grado di esposizione. È infatti possibile che la stessa misura realizzata per migliorare la sicurezza stradale possa diminuire il rischio e quindi aumentare la sicurezza per chilometro percorso ma in qualche modo aumenti il tasso di incidentalità per ora trascorsa nel traffico o il tasso di mortalità per abitante a causa di incidenti stradali. Ci si pone quindi la domanda: “Realizzando una strada più sicura si può in qualche modo incrementare il tasso di mortalità?”.
L’apparente paradosso di questa domanda nasce dal fatto che se rendiamo l’attività “guidare” o “viaggiare in automobile” più sicura per chilometro di viaggio parte della domanda di mobilità si può spostare sulla strada, inoltre la mobilità può aumentare anche solo per questo fatto. Quindi se più persone compiono l’attività “viaggiare in automobile” più persone moriranno o rimarranno ferite sulla strada. Pertanto la realizzazione di strade più sicure (ad esempio nuove autostrade) o lo sviluppo di automobili più resistenti in caso di urto può portare ad una riduzione del tasso di mortalità per chilometro percorso ma probabilmente non cambierà il tasso di mortalità per ora di esposizione e quasi sicuramente aumenterà il tasso di mortalità per abitante dovuto al trasporto su strada.
Per meglio comprendere la situazione consideriamo un altro scenario sempre collegato al problema della salute pubblica così come illustrato da Wilde (1994). Supponiamo dunque che qualcuno inventi una sigaretta che riduce il tasso di mortalità per sigaretta fumata del 50% rispetto alle sigarette attuali. Si può considerare questa scoperta un progresso? La risposta non è sicuramente “si”, in
Se non c’è un cambiamento nel desiderio della popolazione di rimanere in salute e quindi se non c’è un cambiamento nel modo di pensare generale probabilmente i fumatori fumeranno il doppio. Il loro tasso di mortalità quindi non cambierà. Ma questa non è la sola possibile ripercussione: la maggiore disponibilità di sigarette più “sicure” e meno dannose per la salute potrebbe portare alcuni fumatori a cambiare le proprie abitudini ed a smettere di fumare così come ancor di più potrebbe aumentare il numero di non-fumatori che cominciano a fumare, cadendo in tentazione, proprio perché l’azione del “fumare” è diventata meno pericolosa. Alla fine dei conti probabilmente aumenterebbe il numero di morti per abitante per malattie collegate al fumo.
Quindi quando possiamo definire un intervento per la sicurezza stradale veramente efficace? La risposta dipende ancora una volta dal punto di vista e dal criterio che si sceglie per classificare l’intervento.
La diminuzione del numero di vittime sulla strada per unità di distanza percorsa può essere considerato un successo dal punto di vista del Ministro dei Trasporti, mentre il contemporaneo aumento di numero di morti a causa di incidenti stradali rispetto alla popolazione attiva potrebbe risultare preoccupante dal punto di vista del Ministro della Sanità.
Appare quindi chiaro come sia importante la scelta del denominatore nel calcolo del tasso di incidentalità. Ogni volta che si parla di sicurezza stradale e si confrontano fra di loro situazioni e scelte differenti è importante sempre specificare con chiarezza l’unità di misura che si adotta per la valutazione del grado di esposizione.
Rimane poi il dubbio se utilizzare il parametro legato allo “spazio” o il parametro legato al “tempo” per il calcolo del tasso di incidentalità. Forse più che interrogarsi su quale unità di misura utilizzare al denominatore, ha senso pensare a come sia possibile passare dal parametro “persone chilometro” o “veicoli chilometro” al parametro “numero di ore trascorse nel traffico”. Molto semplicemente per trasformare un parametro legato allo “spazio” in un parametro legato al “tempo” occorre utilizzare la velocità.
Il parametro velocità è una grandezza fondamentale per la valutazione del rischio di incidente connesso al trasporto su strada come confermato da numerose e recenti ricerche (Gårder, 1998), (Kloeden ed al., 1997).
L’importanza della grandezza velocità nello studio della sicurezza stradale è senza ombra di dubbio fondamentale e proprio per questo motivo l’argomento verrà trattato e discusso in seguito.
Basti in questa sede commentare la figura 2.7 dove sono riassunte le opinioni di 14 esperti di sicurezza sugli argomenti più importanti che devono essere inclusi all’interno di un programma di miglioramento della sicurezza stradale.
Ebbene il problema principale da affrontare secondo tutti i 14 esperti è rappresentato dalla velocità eccessiva (“speeding”).
Figura 2.7 - Valutazione dell’importanza dei vari fattori connessi alla sicurezza stradale mediante un gruppo di esperti del settore (Gårder, 1998).
A conclusione di questo paragrafo possiamo dire che è necessario approfondire sempre lo studio dei parametri e delle grandezze relative ai coefficienti utilizzati per lo studio della sicurezza stradale al fine di evitare grossolani errori.
Inoltre occorre sempre ricordare che in genere i dati relativi al grado di esposizione non corrispondono al periodo di indagine relativo agli incidenti.
Raramente abbiamo una totale corrispondenza nel tempo, nello spazio e nel particolare gruppo di utenti considerato fra i dati di incidentalità ed i dati relativi al
Mentre i dati sugli incidenti nella migliore delle ipotesi sono archiviati in continuo in appositi database i dati relativi all’esposizione sono rilevati spesso con frequenza saltuaria e con metodologie diverse, ottenendo dati molto eterogenei e caratterizzati da un differente grado di attendibilità.