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3.5 Post-processing Microflown

3.5.2 Problemi e soluzioni

Prima di ottenere un sensore in perfette condizioni, sono state effettuate diverse prove. In particolare verranno esposte cinque prove significative per il post-processing, descrivendo problemi e soluzioni.

I passi relativi al taglio e alla disidratazione sono identici a quelli visti per quanto riguarda i flussimetri termici.

Microflown 1: completata la disidratazione il primo passo è eseguire la litografia. Inzialmente si è deciso di utilizzare la maschera mostrata in figura A.3. Questa geometria, come descritto nell’appendice relati- va alle maschere, protegge l’intero chip lasciando scoperta solo l’area relativa ai sensori.

Durante la fase di pre-backing, effettuato con un hot-plate, il campione viene riscaldato a 115 ◦C. Primer e resist S1818 vengono deposti uti- lizzando il programma G (vedi appendice). La durata dell’esposizione è stata di 10 secondi mentre lo sviluppo effettuato in soluzione H2O:351

(rapporto 3 : 1) è durato 70 secondi. Il post-backing è stato standard, a 120 ◦C per 30 minuti. Dopo la litografia, il campione si presenta come mostrato in figura 3.28.

A questo punto si è proceduto con l’attacco dell’ossido scoperto. E’ sta- to utile, a tal proposito, usufruire delle conoscenze acquisite durante il micromachining dei flussimetri per quanto riguarda lo spessore da rimuovere e la velocità di attacco del BHF. Come descritto in prece- denza è necessario rimuovere uno spessore di circa 3.5 micron, quindi si è deciso di effettuare un bagno in BHF dalla durata di 30 minuti.

Figura 3.28: Fotografia al microscopio ottico del campione dopo la litografia. Sono indicate le zone non coperte dal resist

Il risultato non è stato soddisfacente. La durata dell’attacco si è rivelata eccessiva, in quanto il sottoattacco ha causato danni alle strutture. Di seguito sono mostrate alcune immagini che mostrano quanto descritto: in figura 3.29 è mostrato un particolare del campione al termine del- l’attacco in BHF. Si può osservare come il sottoattacco sia penetrato fin sotto gli ancoraggi (evidenziato in giallo); inoltre è possibile no- tare come è stata rimossa parte della membrana di ossido che protegge i resistori. Questo può causare un grosso problema durante l’attac- co in TMAH, in quanto i sensori in polisilicio non risultano adesso completamente protetti.

Figura 3.29: Immagine al microscopio ottico del sensore dopo l’attacco in BHF. In giallo è messo in evidenza il sottoattacco che ha interessato anche gli ancoraggi del sensore. La freccia rossa indica la notevole riduzione dell’ossido

che protegge i resistori.

La figura 3.30 mostra come il sottoattacco del BHF in alcune strut- ture sia riuscito a rimuovere completamente la membrana di ossido che

protegge i resistori, causando quindi il completo distacco della metal 2.

Figura 3.30: Fotografia al microscopio ottico che mette in evidenza come le metal 2 sono state rimosse a causa del sottoattacco del BHF.

Anche se le condizioni del sensore non sono ottimali, si è deciso di continuare il post-processing facendo l’attacco in TMAH. Questa scelta è stata dettata dal fatto che si è voluto avere la certezza pratica e non solo teorica che i 30 minuti di attacco in BHF fossero stati sufficienti a rimuovere l’intero strato di ossido. La durata dell’attacco è stata di 100 minuti ed è stata eseguita seguendo la procedura descritta in appendice. In figura3.31è possibile osservare come si presenta il sensore alla fine di questo step. Come già ipotizzato, il sensore ottenuto non è utilizzabile; è stato utile in ogni caso andare avanti con il micromachinig in quanto si è potuto constatare che la durata dell’attacco in BHF è sufficiente a rimuovere gli strati di ossido interessati. Le poche strutture rimaste integre, infatti, risultano completamente sospese.

Figura 3.31: Fotografia al microscopio ottico del campione dopo l’attacco in TMAH. Le zone nere indicano che il silicio è stato attaccato.

Microflown 2: si è reso necessario, quindi, capire come evitare il sot- toattacco eccessivo. Non potendo diminuire la durata complessiva del bagno in BHF, si è deciso di suddividere la fase di rimozione dell’ossi- do in due step. Conseguenza di questa scelta è il dover realizzare due litografie per ogni campione. La rimozione dell’ossido prevede quindi i seguenti step:

1. Litografia 1 utilizzando la maschera A.3; 2. Attacco in BHF di durata pari a 14 minuti;

3. Rimozione della metal 2 che ricopre le strutture sensibili; 4. Litografia 2 realizzata utilizzando la maschera A.4; 5. Attacco in BHF di durata pari a 15 minuti.

I primi due step sono stati realizzati come quanto descritto in prece- denza. Si è deciso di variare solo la fase di pre-backing cuocendo il campione in modo graduale: si è posizionato il campione sull’hot plate quando quest’ultimo aveva raggiunto i 50◦C; quindi si è aumentata la temperatura fino 90◦C, e una volta raggiunti si è lasciato il campione per 30 secondi; dopodichè si è portata la temperatura a 115◦C lascian- do il campione per 1 minuto e 15 secondi. Questo tipo di cottura si è resa necessaria per evitare che il resist si scaldasse in modo brusco causando, come visto in precedenza, zone scoperte.

E’ ora necessario rimuovere la metal 2 prima di effettuare la nuova litografia. Da fonti presenti in letteratura, si è deciso di rimuoverla utilizzando una soluzione formata da:

– 80 ml di H3P O4;

– 5 ml di HN O3;

– 5 ml di CH3COOH;

La soluzione viene riscaldata a circa 45◦C e la durata dell’attacco è di 5 minuti. Il risultato ottenuto è che la metal 2 è stata rimossa completamente per sottoattacco. Quanto osservato ci ha fatto supporre che questo layer non sia completamente scoperta, ma sia protetta da uno strato utilizzato dalla fonderia durante la realizzazione del chip. La prima ipotesi è che sia uno strato nanometrico di ossido. A tal proposito si è deciso di effettuare prima un bagno in BHF della durata di 3 minuti, e poi di seguito ripetere l’attacco precedente per rimuovere la metal 2. Come mostrato in figura3.32non è stato ottenuto un ottimo risultato. Dall’analisi al microscopio ottico si osserva infatti che la metal 2 è stata rimossa, ma sopra di essa è presente un ulteriore strato che in alcune strutture è completamente intatto, mentre in altre è rimosso in parte per sottoattacco. Si suppone che sia un layer composto in prevalenza da tungsteno che viene utilizzato dalla fonderia per garantire una maggiore aderenza delle metal.

Figura 3.32: Particolare del campione dopo l’attacco utilizzato per rimuovere la metal. Le frecce indicano lo strato sottostante la metal 2.

E’ necessario dunque rimuovere questo strato, in modo da avere com- pletamente scoperte le parti in metal 1 e polisilicio. Da fonti presenti in letteratura si è appreso che una soluzione di H2O2 è in grado di

rimuovere questo strato composto in prevalenza da tungsteno.

Si è effettuato un bagno in soluzione di H2O2; raggiunta la tempera-

tura di 50◦C, il campione è stato mantenuto immobile per 10 minuti. Come mostrato in figura 3.33, abbiamo rimosso lo strato di tungsteno. Di seguito verranno schematizzati in ordine gli attacchi necessari alla rimozione del layer di metal 2:

– BHF di durata pari a 3 minuti;

– Bagno in soluzione (descritta in precedenza) selettiva per la metal 2, di durata pari a 5 minuti e temperatura di 45◦C;

– Bagno in soluzione di H2O2 ad una temperatura pari a 50◦C. La

durata è di 10 minuti.

Il passo successivo è ora eseguire la seconda litografia. Le fasi di disi- dratazione e pre-backing sono rimaste invariate. L’esposizione è stata di 12 secondi; questo è dovuto al fatto che le buche sono più profonde a causa dell’ attacco in BHF. La figura 3.34 mostra le difficoltà avute durante l’allineamento delle maschera; alcune zone non sono coperte dal resist e quindi esposte al successivo attacco.

Effettuata la litografia si è proseguito eseguendo un ulteriore attacco in BHF di durata pari a 15 minuti. Il campione ottenuto è mostrato in figura 3.35. E’ chiaro che il campione non è utilizzabile; dall’analisi al microscopio si può dedurre che il BHF sia penetrato attraverso il resist attaccando le zone che teoricamente sarebbero dovute essere protette. Una causa può essere dovuta al fatto che lo spessore del resist non sia sufficiente per la profondità delle buche che si sono create dopo il primo attacco in BHF.

Figura 3.33: Fotografia al microscopio ottico della struttura dopo che è stato rimosso lo strato di metal 2. Si può osservare come la metal 1 e il

Figura 3.34: Fotografia al microscopio ottico del campione dopo aver eseguito la litografia. Le frecce gialle indicano gli errori di allineamento.

Figura 3.35: Immagine al microscopio ottico del sensore dopo l’attacco in BHF. La freccia gialla indica l’erosione di alcune metal a causa del sottoat- tacco; inoltre si può osservare (freccia rossa) la rimozione completa di una

Microflown 3: Dalle analisi compiute sui campioni precedenti si è constatato che l’erosione delle strutture sensibili durante gli attacchi dell’ossido è dovuta alla penetrazione del BHF attraverso il resist. In questa fase si è deciso di modificare qualche passo del micromachinig per garantire una maggiore protezione dei sensori.

La prima idea è stata quella di modificare il primo passo litografico. A tal proposito, lasciando inalterati sia la fase di disidratazione che pre-backing, si è deciso di variare:

– deposizione primer e resist; – litografia 1.

Si è ipotizzato che l’eccessivo spessore del primer potesse creare proble- mi di aderenza del resist ; si è deposto quindi ad una velocità maggiore, utilizzando il programma B (vedi appendice). Per quanto riguarda il re- sist è necessario ottenere uno spessore maggiore quindi si è effettuata la deposizione ad una velocità di rotazione pari a 4000 rpm, (programma I descritto in appendice).

La prima litografia è stata modificata in quanto si è deciso di utilizzare la maschera 2 relativa ai microflown. Dalla geometria della maschera, (figuraA.4), si può osservare che le strutture sono completamente pro- tette. Quindi oltre alla metal 2, ci sarà uno strato di resist che protegge i resistori in polisilicio.

La durata dell’esposizione è di 10 secondi, e lo sviluppo in soluzione H2O:351 (rapporto 3:1) è di 70 secondi.

Alla conclusione dell’attacco in BHF, durato 14 minuti, il campione si presenta come in figura3.36. Le frecce indicano le zone dove il sottoat- tacco è stato maggiore; rispetto ai campioni analizzati in precedenza, si può osservare (indicato dalla freccia gialla) un sottoattacco lungo le strutture interne.

Si è deciso di approfondire l’analisi del campione al SEM dopo aver rimosso lo strato di metal 2 per mezzo della tecnica ottimizzata in precedenza. Si è osservato che utilizzando la maschera 2 anche per la prima litografia, il resist ha creato uno strato di protezione che ha un margine maggiore di qualche micron rispetto alla metal 2.

Questo si è rivelato un problema una volta rimossa la metal 2 : infatti, come mostrato in figura 3.37, sono presenti dei gradini alti anche un paio di micron. Durante la seconda litografia, dunque, lo spessore del resist potrebbe risultare non sufficiente a coprire i dislivelli creati.

Figura 3.37: Immagine al SEM del sensore dopo la prima litografia. Le frecce indicano i gradini che si sono creati dopo la rimozione delle metal 2

Quindi si è eseguita la seconda litografia. Questa è stata svolta in modo identico alla prima litografia, variando esclusivamente il tempo di esposizione che è stato di 12 secondi.

Dopo aver eseguito il secondo attacco dell’ossido dalla durata di 15 minuti, il campione si presenta come mostrato in figura3.38. Le ipotesi fatte in precedenza hanno trovato conferma: è chiaro che il BHF ha rovinato i resistori in polisilicio e ha rimosso completamente la metal 1 penetrando attraverso il resist che non ha coperto i gradini descritti in precedenza.

Figura 3.38: Particolare del sensore al microscopio ottico dopo aver eseguito due litografie e un attacco in BHF dalla durata complessiva di 30 minuti.

Microflown 4: Si è deciso di continuare ad effettuare le due litografie utilizzando la maschera 2 dei microflown. Questo, come visto, garan- tisce una maggiore copertura delle strutture durante il primo attacco in BHF, ma come conseguenza negativa abbiamo la presenza dei gradini che ci creano problemi durante le seconda litografia.

Si è proposto dunque di utilizzare, durante la seconda litografia, un resist che garantisce uno spessore maggiore: si tratta del resist Mega- posit SPR 220 − 70. Dal datasheet si può osservare che per velocità

di rotazione che variano nel range 1500 − 6000 rpm è possibile ottenere spessori appartenenti ad un intervallo che va da 5.5 micron a 10 micron. Effettuata la prima litografia, il primo attacco in BHF e la rimozione della metal 2 senza variare alcun parametro rispetto al campione prece- dente, la struttura si presenta in buone condizioni, come mostrato in figura 3.39.

Figura 3.39: Immagine al microscopio ottco del campione dopo il primo attacco in BHF. E’ messa in evidenza la formazione degli scalini attorno alle

strutture.

Si è giunti quindi alla seconda litografia. L’utilizzo del resist SPR 220 − 70 prevede una procedura diversa e più complicata rispetto a quella descritta per il resist S1818 (rimandiamo per un approfindimen- to all’appendice ad esso relativa). La velocità di deposizione è stata di 6000 rpm (vedi programma J in appendice) ottenendo quindi uno spessore di 5.5 micron. La durata dell’ esposizione e dello sviluppo è stata fissata rispettivamente a 33 secondi e 4 minuti.

Il risultato non è stato dei migliori. Come mostrato in figura 3.40 le strutture non risultano protette. Le cause possono essere attribuite ad un’eccessiva esposizione, 1 minuto può essere un tempo elevato, oppure alla composizione dello sviluppo che può essere risultato troppo aggres- sivo per il resist utilizzato. Logicamente, viste le zone completamente scoperte, non si è potuto proseguire con l’attacco in BHF, in quanto avrebbe distrutto il sensore.

Figura 3.40: mmagine al microscopio ottico dopo la litografia eseguita utilizzando il resist SPR220 − 70

Si è deciso perciò di rimuovere il resist in un bagno di acetone, e ripetere la seconda litografia modificando alcuni parametri.

La velocità di deposizione è rimasta invariata, mentre sono state de- cise delle variazioni notevoli per quanto riguarda l’esposizione e la composizione dello sviluppo.

La prima è stata quasi dimezzata, portandola da un 1 minuto a 33 secondi. Questo dovrebbe garantire una minore sovraesposizione, an- che se è necessario verificare che tutto lo spessore del resist risulti correttamente impressionato.

Per quanto riguarda lo sviluppo, la durata è rimasta invariata ma è stata modificata la composizione. Si è scelto di eseguire un bagno in H2O:351, ma il rapporto tra le quantità è ora di 4:1. Questo renderebbe

la soluzione meno aggressiva, evitando quindi di rimuovere il resist nelle zone impressionate parzialmente.

Dopo la litografia si è eseguita un’analisi al microscopio ottico. Il cam- pione presenta ancora delle anomalie. In alcuni punti il resist risul- ta rovinato, (figura 3.41), mostrando delle irregolarità sulla geome- tria che possono essere causate da una soluzione di sviluppo ancora eccessivamente aggressiva per il resist SPR22070.

Figura 3.41: Immagine al microscopio ottico che mostra delle irregolarità sul resist.

Riducendo il tempo di esposizione il problema della sovraesposizione si è ridotto. Le frecce in figura3.42, indicano comunque ancora delle zone del sensore non protette; questo può essere attribuito ad una questione di ottica. Infatti durante la litografia, a causa dello spessore del resist e dei residui che inevitabilmente si depositano sugli angoli del chip, la maschera non è in perfetto contact. Questo fa si che la radiazione della lampada penetri anche nelle zone coperte dalla maschera, che risultano di conseguenza parzialmente impressionate.

Figura 3.42: Fotografia al microscopio ottico delle strutture dopo aver eseguito la seconda litografia. Le zone indicate risultano ancora sovraesposte,

quindi potenzialmente costituiscono delle vie d’accesso per il BHF.

La complessità dell’utilizzo del resist SPR22070, e le difficoltà oggettive riscontrate nell’ottimizzare questo tipo di litografia, ci ha condotto a cambiare nuovamente strategia per il post-processing dei microflown.

Microflown 5: L’analisi dei risultati, seppur negativi, delle prove precedenti ci ha permesso di ottenere un significativo miglioramento del post-processing dei microflown.

Si è riusciti a migliorare alcuni particolari dei micromaching grazie ai quali il risultato è stato ottimo. Si è mantenuta l’idea di effettuare due litografie, ma decidendo di utilizzare maschere diverse: maschera 1 dei microflown per la prima litografia e la maschera 2 per la seconda. Per ottenere uno spessore minimo del primer si è deciso di deporlo ad una velocità di 5000 rpm (vedi programma B ) e si è lasciarlo asciugare per due minuti prima di deporre il resist. Per la velocità di rotazione dello spinner durante la deposizione del resist è stata scelto il program- ma I, descritto in appendice, che garantisce uno spessore consono ai rilievi presenti sul campione.

Il pre-backing, fase abbastanza critica, è stato ottimizzato scegliendo una cottura graduale. Il campione viene poggiato sull’hot-plate anco- ra spento, quindi viene impostata la temperatura a 50◦C e una volta raggiunta, viene mantenuto a questa temperatura 2 minuti e 30 secon- di. Dopodichè si imposta la temperatura a 115◦C raggiunti i quali, il campione viene mantenuto per 2 minuti sull’hot-plate.

Questo fa si che la cottura sull’hot-plate avvenga in modo simile a quella che avviene in un forno a convezione.

Quindi si è proceduto effettuando l’esposizione e lo sviluppo, rispetti- vamente dalla durata di 10 secondi e 70 secondi. La composizione è H2O:351 con un rapporto 3:1.

Eseguito il post-backing, dalla durata di 30 minuti in un forno a con- vezione ad un temperatura di 120◦C, si è proceduto con il primo attac- co in BHF. Il campione è stato immerso in un bagno mantenuto ad un temperatura di circa 21◦C per 14 minuti.

Le strutture, una volta rimosso lo strato di metal 2, sono in ottime condizioni, in figura3.43. Il sottattacco durante la rimozione dell’ossido è abbastanza limitato, e non interessa le strutture sensibili.

Figura 3.43: Immagine al microscopio ottico del campione dopo il comple- tamento della prima litografia. Le strutture si mostrano integre ed è presente

un leggero sottattacco del BHF.

Si è proceduto quindi con la seconda litografia. La fase di stesura del resist e la fase di pre-backing sono rimaste inalterate rispetto alla litografia 1. La maschera utilizzata è quella mostrata in appendice in figura A.4 mentre il tempo di esposizione è stato di 12 secondi.

Dopo il post-backing standard, si è proceduto al completamento della rimozione dell’ossido effettuando un attacco in BHF dalla durata di 15 minuti. In figura 3.44 sono mostrati alcuni particolari delle strutture dopo aver completato gli attacchi. I resistori in polisilicio e le con-

nessioni in metal 1 sono in perfette condizioni, e il sottoattacco non interessa le strutture.

Figura 3.44: Fotografia del campione al micoscopio ottico dopo aver com- pletato la seconda litografia e un attacco in BHF dalla durata complessiva

di 29minuti

Il passo finale è quindi ora la rimozione del silicio per rendere sospese le strutture. Si è esegue quindi un attacco wet in TMAH seguendo la procedura descritta nell’appendice ad esso relativa. La figura 3.45 mostra il sensore dopo aver completato il post-processing: le strutture risultano completamente sospese. La figura 3.46 è un particolare del sensore che mostra le perfette condizioni dei resistori in polisilicio e della metal 1.

Figura 3.45: Immagine del sensore dopo il completamento dell’attacco in TMAH. Le freccie indicano che il silicio è stato rimosso e le strutture risultano

sospese.

Figura 3.46: Particolare al microscopio ottico del sensore che mette in evidenza l’integrità del polisilicio e della metal 1.

Misure e risultati sperimentali

In questo capitolo verranno presentati i risultati della caratterizzazione preliminare dei sensori acustici e dei flussimetri termici realizzati. mi- croflown.

4.1

Risultati sui flussimetri termici

Come detto in precedenza il chip utilizzato in questo lavoro di tesi ha dimensioni 4 × 4 mm2 ed è stato progettato e fabbricato usando il

processo BCD6s fornito dalla STMicroelectronics. La figura4.1mostra una fotografia al microscopio ottico del chip dove è possibile riconoscere l’interfaccia elettronica e i flussimetri termici oggetto di studio.

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