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4. LA DUE DILIGENCE NELLE SOCIETA’ QUOTATE

4.2. Processi prolungati e obblighi di disclosure

Per cercare di dare una risposta al primo interrogativo che ci siamo posti è necessario intanto chiarire che gli accordi di acquisizione rientrano tra quelli che, nel contesto delle società quotate, vengono definiti “processi prolungati”. Si tratta di “eventi complessi”5 che si

articolano in più fasi finalisticamente volte al raggiungimento dell’accordo finale. La risposta, dunque, al se una due diligence in fieri rientri tra le informazioni da comunicarsi al mercato, passa per una

di condizioni fra gli operatori in ordine ai dati su cui possono essere basate le decisioni di investimento”.

5 GILLOTTA-RAFFALE, Informazione privilegiata e “processi prolungati” dopo la Market

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domanda più ampia e, cioè se, in generale, le singole fasi dei processi prolungati siano oggetto di disclosure ex art. 114 T.U.F.

La disciplina dell’informazione continua nei confronti del mercato ha subito una graduale evoluzione. La prima comparsa nel panorama legislativo dell’obbligo di comunicazione al mercato da parte degli emittenti quotati risale alla direttiva 79/279/CEE che prevedeva un obbligo in capo a questi di “informare il pubblico quanto prima dei fatti nuovi importanti che si sono verificati nella loro sfera di attività che non sono di dominio pubblico ma che possono, data la loro incidenza sulla situazione patrimoniale o finanziaria o sull’andamento generale degli affari della società, provocare un’importante variazione del corso delle sue azioni”. Tale obbligo veniva riproposto nel Regolamento Consob n. 5553/1991 che aggiungeva, tuttavia, una precisa indicazione dei fatti che dovessero ritenersi, presuntivamente, “price sensitive”, e cioè, idonei a causare variazione nel corso delle azioni. Con qualche mutamento, la disciplina veniva, poi, trasfusa nell’art. 114 T.U.F. e veniva riferita a "fatti che accadono nella loro sfera di attività (scil.: degli emittenti quotati) e in quella delle società controllate, non di pubblico dominio ed idonei, se resi pubblici, ad influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari".

Le differenze di tale formulazione rispetto alla precedente si apprezzavano con riguardo, da un lato, all’eliminazione dell’incidenza che tali fatti dovevano avere “sulla situazione patrimoniale o finanziaria o sull’andamento generale degli affari della società”, dall’altro con riguardo all’indicazione in astratto degli elementi che dovevano sussistere per qualificare un determinato fatto come “rilevante”6.

6 Diversificandosi, così, dal Reg. Consob n. 5553/1991 che, come anticipato, indicava i fatti da ritenersi presuntivamente “price sensitive”. Una tale impostazione, tuttavia, non era più sostenibile alla luce del rinnovato assetto legislativo che

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L’espunzione del primo elemento fu da molti ritenuta una modifica di grande rilievo poiché comportava un ampliamento dei fatti suscettibili di disclosure7. Il tenore della precedente formulazione, infatti,

escludeva la rilevanza, ai fini della comunicazione, di una serie di informazioni che attenevano al piano meramente organizzativo della società, nonché di fatti attinenti alle cc.dd. “fasi intermedie di operazioni e processi in corso di esecuzione”8, non presentando questi

ultimi, perlomeno nel loro stato embrionale, alcuna idoneità ad incidere sulla situazione patrimoniale o sull’andamento degli affari della società.

L’entrata in vigore del T.U.F. incideva, peraltro, sul presupposto del divieto di insider trading9 determinando il passaggio dalla nozione di

informazione riservata, contenuta nella 79/279/CEE, a quella di informazione privilegiata, definita all’art. 180, co. 3, T.U.F., come un’ “informazione specifica, di contenuto determinato, di cui il pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o emittenti di strumenti finanziari, che, se resa pubblica, sarebbe idonea ad influenzarne sensibilmente il prezzo”10.

rimetteva alla Consob solo il compito di indicare le modalità in cui doveva avvenire la comunicazione al pubblico. Si veda PICONE, Trattative, due diligence ed obblighi

informativi delle società quotate, in Banca, borsa, titoli di credito, 2004, pag. 235 nt.

5.

7 SEMINARA, Disclose or Abstain? La comunicazione di informazione privilegiata tra

obblighi di comunicazione al pubblico e divieti di insider trading: riflessioni sulla determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, in Banca, borsa e titoli di credito,

2008, pag. 333.

8 Gillotta-Raffaele, op.cit. pag. 87. 9 Si veda infra par. 4.3.

10 DI NOIA-GARGANTINI, The Market Abuse Directive Disclosure Regime in Practice:

Some Margins for Future Actions, in Riv. Soc. 2009, pag. 797: “Thus, inside

information might or might not develop into a material event for the issuer to disclose: whichever the final development, the information could not have been abused for trading or tipping purposes.

On the other hand, issuers' duty to disclose referred to a different stage of evolution of inside information: the material event. In particular, the inside information had to be developed into a material event already occurred in order to be disclosed. While

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L’assetto che risultava dall’entrata in vigore del T.U.F. manteneva, dunque, ancora una distinzione tra il presupposto della disclosure e quello dell’insider trading che non veniva, però, colta da tutta la dottrina. Taluni ritenevano, infatti, che, nonostante la differente formulazione delle due nozioni11, dovendo considerarsi in strettissima

connessione la finalità di prevenzione, da un lato, e di repressione, dall’altro, oggetto della disclosure ex art. 114 T.U.F. sarebbero state le medesime informazioni per le quali sarebbe sorto il divieto ex art. 181 T.U.F. In realtà, pur riconoscendo il ruolo complementare delle due norme in questione12, altra parte della dottrina aveva sottolineato

come la differente formulazione del presupposto di “fatto rilevante” ex art. 114 T.U.F., e di “informazione privilegiata” ex art. 180 T.U.F. non fosse differenza meramente terminologica ma che, al contrario, si riflettesse in un diverso perimetro di delimitazione dell’oggetto delle due norme. Da ciò derivava che, nonostante l’ampliamento delle informazioni soggette a disclosure per via della nuova formulazione contenuta nel T.U.F., ancora fosse possibile tracciare una linea di confine tra le due nozioni.

the information to be disclosed required previous inside information (referred to an earlier stage of a material event), the reverse was not true”.

11 MUCCIARELLI, L’informazione societaria: destinatari e limiti posti dalla normativa in

materia di insider trading, in Banca, borsa e titoli di credito, 1999, pag. 754: “La

strettissima connessione tra l’art. 114 e la disciplina repressiva dell’insider trading emerge immediatamente dal rilievo che l’avvenuta comunicazione della notizia al pubblico nelle forme normativamente previste fa perdere alla notizia stessa il requisito tipizzante dell’essere ‘privilegiata’ ex art. 180, comma III, d.lgs. n.58/1998”.

12 In questi termini si esprime Picone, op.cit., pag. 241: “Se ciò in linea di principio appare condivisibile, ed anzi è coerente con le finalità del testo unico, il quale ha anticipato, rispetto al passato, il momento in cui operano gli obblighi di informativa al pubblico al precipuo fine di ridurre i rischi di insider trading, la questione va considerata con particolare attenzione nel caso di informazioni relative a fasi prodromiche di eventi che non si siano ancora perfezionati (le trattative di un’acquisizione, i preparativi di un’offerta pubblica di acquisto)”.

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Tale distinzione veniva in particolare considerazione proprio con riguardo ai processi prolungati per i quali la dottrina più attenta cercò di dimostrare che, nonostante l’eliminazione del requisito dell’incidenza sulla situazione patrimoniale, risultassero ancora esclusi dagli obblighi di disclosure ex art. 114 T.U.F. e ciò in virtù della loro inidoneità ad influenzare l’andamento dei prezzi. Quel che si tentò di fare, sostanzialmente, era giustificare l’esclusione dei processi prolungati dalle informazioni soggette a disclosure, pure sotto la vigenza del nuovo art. 114 T.U.F. Si era evidenziato, in particolare, come l’evento oggetto di disclosure non dovesse semplicemente incidere sull’andamento dei prezzi ma dovesse anche avere tale “idoneità ad incidere” autonomamente. In altri termini, questa capacità non doveva derivare dal verificarsi di un evento altro, successivo, futuro e incerto nell’an ma doveva essere intrinseca all’evento oggetto di disclosure. Da tale angolazione, era possibile dedurre la carenza di tale requisito nelle trattative con la conseguenza di escluderle dal novero dei fatti oggetto di disclosure ex art. 114 T.U.F.13. La comunicazione di una trattativa in corso avrebbe, infatti,

sicuramente orientato sensibilmente le decisioni degli investitori, incidendo sull’andamento dei prezzi ma, secondo quel che sosteneva la dottrina più attenta, in questi casi tale influenza sarebbe stata determinata non dalla conoscenza della trattativa in sé ma dalla formulazione di un giudizio prognostico sulla futura conclusione del

13 Di Noia-Gargantini, op.cit., pag. 797: “This part of the definition made clear that a fact possibly leading to a material event did not entail a disclosure duty at the moment the fact happened: in the case of negotiations, it is the contract − not the single step of the negotiations − that affects the company's assets/liabilities, its financial position or its course of business”.

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contratto14 con la conseguenza di espungerla dai fatti di cui all’art. 114

T.U.F.

Tale requisito non era, invece, richiesto per le informazioni privilegiate di cui all’art. 180 T.U.F. che, al contrario, assumevano rilevanza, ai fini del divieto ex art. 181 T.U.F., per il semplice fatto che dalla loro conoscenza potesse derivare un vantaggio a chi le usasse per compiere operazioni sul mercato.

Oltre a tale interpretazione della littera legis che suggeriva di non includere gli eventi prodromici ad un’acquisizione – e più in generale le singole fasi di tutti i “processi prolungati” – tra quelli soggetti all’obbligo di disclosure, se ne aggiungeva una finalisticamente orientata. In altri termini, se mediante la disciplina della disclosure si puntava ad ottenere un buon funzionamento dei mercati attraverso un’informazione corretta agli investitori, la comunicazione di un evento così aleatorio e incerto avrebbe creato una situazione di ambiguità e confusione tra gli investitori che andava esattamente contro l’intento che si intendeva perseguire attraverso la disclosure di cui all’art. 114 T.U.F.15

Si ammetteva, tuttavia, sempre nel rispetto di una corretta interpretazione del requisito dell’idoneità ad incidere sui prezzi, che, ove lo stato di avanzamento del processo prolungato in questione, potesse recare la “ragionevole certezza” dell’evento finale, allora sarebbe stata legittima, nonché doverosa, la comunicazione al mercato

14Picone, op.cit., pag. 253: “l’influenza della comunicazione dell’evento prodromico (trattative o preparazione dell’offerta) sul prezzo dei titoli coinvolti deriverebbe non già dalla conoscenza dell’evento in quanto tale, bensì dal fatto che il mercato ‘sconterebbe’ anticipatamente l’eventuale conclusione positiva delle trattative stesse ovvero l’eventuale offerta”.

15 ANNUNZIATA, Le norme del nuovo regolamento della Consob in materia di

informazione societaria. Una prima lettura, in Banca borsa e titoli di credito, 1999,

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pure di questi eventi prodromici dal momento che avrebbero inciso autonomamente sull’andamento dei prezzi.

Tale visione riceveva, peraltro, l’appoggio anche della prassi: in alcune

guidelines contenute nella “Guida per l’Informazione al Mercato” di

Borsa Italiana S.p.A. si leggeva che “Non devono normalmente essere oggetto di informazione tempestiva, salvo che ricorrano specifiche e peculiari situazioni, quei fatti (…) quali le trattative o le manifestazioni d’intenti anche bilaterali, la cui rilevanza non è determinata dall’evento in sé, dato che si pongono all’interno di procedimenti complessi per la realizzazione di operazioni esse sì rilevanti”. Anche la Consob aveva, poi, avuto modo di ribadire come le trattative, da non comunicarsi mai in linea di principio al pubblico ex art. 114 T.U.F., assumessero una specifica rilevanza ove si caratterizzassero per la “ragionevole certezza” rispetto alla conclusione finale dell’evento16.

Ne derivava, così, una sfasatura tra gli obblighi di comunicazione di cui all’art. 114 T.U.F. e il divieto ex art. 181 T.U.F. che consentiva di sostenere che sorgesse prima l’obbligo di astensione da una determinata operazione, ove l’agente fosse in possesso di informazioni privilegiate e, solo in un secondo momento, l’obbligo di disclosure17.

16 Si fa riferimento alla Comunicazione della Consob 26 Marzo 2003, n.DME/3019271 secondo cui “poiché la diffusione di notizie frammentarie riguardanti sia emittenti quotati sia operazioni di sollecitazione in corso può alterare il regolare funzionamento del mercato, il preannuncio al mercato di future notizie riguardanti accordi vari che non siano ancora sufficientemente definiti, può risultare utile solo se necessario per garantire la parità informativa e, in ogni caso, deve essere ispirato a principi di chiarezza e precisione, nel rispetto delle norme poste a presidio della trasparenza e correttezza”.

17 Picone, op.cit., pag. 254: “Invero, se da un lato, tutti i fatti rilevanti ex art 114 TUF, che si fossero verificati nella sfera di attività dell’emittente, costituivano con ogni probabilità altrettante informazioni privilegiate ai sensi della disciplina dell’insider trading, dall’altro lato, non ogni informazione qualificabile come ‘privilegiata’ e attinente alla sfera di attività della società, di cui quest’ultima fosse in possesso, costituiva necessariamente un ‘fatto rilevante’ da rendere pubblico

tempestivamente. Ad escluderlo era proprio la necessità che tale fatto avesse, ai fini dell’obbligo di disclosure, un’ ‘incidenza sulla situazione patrimoniale o finanziaria o

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Un’interpretazione uniforme delle due norme avrebbe, peraltro, comportato un esito non in linea con i principi alla base delle società quotate. Da un lato, infatti, ove si fosse ritenuto di uniformare gli obblighi di disclosure di cui all’art. 114 alla ratio di cui all’art. 181 T.U.F. si sarebbe violata la tutela di efficienza del mercato in virtù della quale agli investitori devono essere messe a disposizione solo quelle informazioni che li orientino verso una scelta consapevole e razionale e non anche dati che, al contrario, proprio in virtù della loro incertezza, costringono gli stessi a fondare le loro decisioni di investimento su giudizi prognostici, in ipotesi fuorvianti, sull’esito della trattativa18.

Dall’altro, ove si fosse ritenuto di far sorgere il divieto di abuso di informazioni privilegiate solo per gli eventi connotati dal carattere della ragionevole certezza dell’evento finale, sarebbe stata frustrata la ratio repressiva della disciplina dell’insider trading19.

Con particolare riguardo alla due diligence – che rappresenta, appunto, una delle fasi del processo prolungato di acquisizione – si escludeva, sotto la vigenza di tale normativa, e in accordo con questa particolare interpretazione che se ne forniva, che dovesse soggiacere all’obbligo di comunicazione ex art. 114 T.U.F. Questo perché, lungi dall’essere una fase sintomatica della ragionevole certezza dell’evento finale, la due

diligence rappresenta una fase in cui l’acquirente valuta se e come

procedere all’acquisizione, essendo addirittura legittimato, qualora all’esito dell’indagine emerga uno status particolarmente problematico della società, a recedere (giustificatamente) dalle trattative. Dunque, se è contemplata la possibilità di abbandonare la negoziazione proprio in virtù dell’esito dell’indagine sulla target, lo svolgimento della due

sull’andamento generale degli affari della società’, requisito, invece, non richiesto dalla definizione di informazione privilegiata”.

18 Si veda retro nt. 14.

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diligence, lungi dal fornire una ragionevole certezza dell’evento finale,

rappresenta probabilmente una delle fasi più aleatorie del processo prolungato con la conseguenza di risultare esclusa dagli obblighi di comunicazione di cui all’art. 114 T.U.F.

Nel contesto di una tale incertezza interpretativa, interveniva la MAD (2003/6/CEE), recepita con la legge 62/2005, a parificare20 le due

nozioni rilevanti ai fini degli obblighi di disclosure e del divieto di insider

trading mediante il richiamo esplicito nell’art. 11421 e, implicito, negli

artt. 184 e 187-bis, alla nozione enunciata dall’art 181 T.U.F.22.

La presunta parificazione23 mirava alla repressione a monte del

carattere privilegiato dell’informazione: dopo l’obbligo di

comunicazione della stessa al mercato, questa avrebbe cessato di essere “monopolistica”24.

A seguito dell’entrata in vigore della MAD, il legislatore italiano con la l. n. 62/2005 provvedeva al recepimento della stessa modificando l’art. 181 T.U.F. e accogliendo la definizione di informazione privilegiata

20 O, se vogliamo, completare una parificazione già in fieri a partire dall’espunzione dall’art. 114 T.U.F. del riferimento all’ “incidenza sulla situazione patrimoniale o finanziaria o sull’andamento generale degli affari della società”. Si vedano Gillotta- Raffaele, op.cit., pag. 90.

21 “Fermi gli obblighi di pubblicità previsti da specifiche disposizioni di legge, gli emittenti quotati comunicano al pubblico, senza indugio, le informazioni privilegiate di cui all’articolo 181 che riguardano direttamente detti emittenti e le società controllate”.

22 Si veda Seminara, op.cit., pag. 345.

23 Si vedrà nel prosieguo come pure sotto la vigenza della MAD era possibile mantenere una diversità di presupposti tra l’art 114 T.U.F. e il 180 T.U.F.

24 Di Noia-Gargantini, op.cit., pag. 799: “The greater the transparency, the lower the likelihood of market misdemeanours, the higher the investors' confidence − it is argued. Another reason is that outsider investors are harmed, rather than by trading with an informed counterpart, by the nondisclosure of information. In this case, early disclosure is not seen as a preventive device that increases market confidence but, rather, − assuming that markets benefit of informational efficiency − as the prerequisite for a fair price formation: the wider the possibility to delay the disclosure, the lower the accuracy of market prices and, therefore, of investor protection”.

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quale “informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari”. Il nuovo art. 181 T.U.F. presentava, com’è evidente, una formulazione meno generica della precedente con l’introduzione di elementi volti ad individuare specificamente il contenuto del carattere della “precisione”25.

In seguito a tale parificazione, l’unico discrimine che residuava tra le due discipline atteneva ai confini in cui si esplicava l’informazione26.

Infatti, se quanto agli obblighi di disclosure questi si ritenevano sussistenti solo per le informazioni che riguardassero direttamente la società, quanto invece al divieto di abuso delle stesse, i confini si estendevano pure alle informazioni che riguardavano anche solo

indirettamente la stessa27.

Al di là, però, di tale disallineamento, ogni tentativo di ricondurre le due nozioni ad un duplice e differente piano pareva scontrarsi con l’evidenza della littera legis. La parificazione tra le due nozioni, ad ogni modo, presentava le medesime problematiche già evidenziate a proposito delle ricostruzioni dottrinali volte a sovrapporre l’ambito

25 MACRÌ, Informazioni privilegiate e disclosure, Torino, 2009, pag. 2.

26 Di Noia-Gargantini, op.cit., pag. 798: “The only explicit difference between inside information to be disclosed and inside information which leads, if abused,

to insider trading is that issuers are required to inform the public as soon as possible of inside information which directly concerns them (corporate information) (art. 6(1)), while insider trading can also hinge upon the abuse of inside information which only indirectly refers to the issuer market information”.

27 Intendendosi per informazione indiretta quelle “prodotta al di fuori della sfera di attività della società, su cui quindi la stessa non ha controllo”. Si vedano Gillotta- Raffaele, op.cit., pag. 90 nt. 30.

Da ciò ne consegue che “nel divieto di insider trading rientrano non solo le

corporate ma anche le market information. Rispetto a quest’ultima categoria, sotto la previgente normativa taluni avevano ritenuto di estromettere dal divieto di utilizzazione in borsa le market information non aventi carattere economico ovvero riguardanti il mercato nel suo complesso. (…) Oggi l’art 184, comma 2, TUF dimostra come l’informazione privilegiata sia tale alla luce della sua utilizzabilità in borsa, indipendentemente dall’oggetto”, così Seminara, op.cit., pag. 349.

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degli obblighi di disclosure ex art. 114 T.U.F. al divieto ex art. 181 T.U.F. E, dunque, a seconda dell’accezione più o meno ampia che si fosse adottata, da un lato, pregiudicare le esigenze di tutela del mercato consentendo la diffusione di notizie incerte, dall’altro frustrare le istanze repressive limitando solo alle notizie certe il divieto di abuso di informazioni privilegiate. Il primo problema, inoltre, assumeva una specifica rilevanza normativa anche alla luce della previsione di cui all’art. 187-ter T.U.F. che sanzionava proprio la comunicazione al mercato di informazioni fuorvianti.

Sotto tale disciplina, l’unico approccio ermeneutico che si era tentato per tenere distinti i presupposti della disclosure ex art. 114 T.U.F. e dell’abuso ex art. 181 T.U.F. era stato quello di riconoscere, sì, un’uniformità definitoria ai fini della nozione rilevante, ma nel senso di

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