1.2. Dal modello mutualistico al welfare-state: l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale
1.3.2. Il processo di Regionalizzazione
Per regionalizzazione del sistema sanitario, si intende il processo di decentramento di funzioni e di responsabilità dallo Stato alle Regioni, nel senso che mentre prima titolare della funzione era lo Stato, col passare del tempo si assiste all’avvicinamento del cittadino alla pubblica amministrazione, pertanto non si può più mantenere un sistema centralistico, ma è importante che ci sia un avvicinamento tra erogatore delle prestazioni e fruitore.
Cambia, quindi, l’assetto istituzionale con il passaggio da una struttura di governo articolata su tre livelli (Stato-Regione-Comune) ad una bipartizione di poteri (Stato- Regione).
In tale passaggio le Regioni divengono titolari della funzione di tutela della salute, infatti secondo quanto stabilito all’art. 2, alle Regioni vengono attribuite «specifiche funzioni legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera», mediante le quali possono svolgere compiti estremamente forti. Hanno, infatti, il compito di determinare i principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute, i criteri di finanziamento delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere; sono, quindi, loro che devono assicurare un determinato livello quantitativo e qualitativo di servizi da erogare al fine di soddisfare il bisogno di tutela della salute dei cittadini.
Inoltre alle Regioni spetta l’attività di indirizzo tecnico, di promozione e di supporto delle ASL e delle AO. Tale compito è esercitato mediante l’attività di pianificazione,
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E. Borgonovi, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Quinta Edizione, Egea, Milano, 2002, p. 443.
che si concretizza nella predisposizione del Piano Sanitario Regionale che costituisce uno degli strumenti di indirizzo strategico e di coordinamento delle aziende. In seguito all’attività di pianificazione le Regioni esercitano l’attività di controllo volta a verificare il raggiungimento da parte delle Asl e delle AO degli obiettivi contenuti nel piano, valutare l’attività gestionale svolta, supportare il direttore generale nella guida delle aziende stesse, nonché, permette alla Regione di predisporre informazioni su cui basare la futura pianificazione strategica.38
Questa evoluzione fu percepita dalle Regioni come un grande riconoscimento di potere regolamentare, in quanto ciascuna Regione poteva stabilire la più idonea configurazione del proprio sistema sanitario e l’organizzazione dello stesso al fine di raggiungere gli obiettivi stabiliti nel Piano Sanitario Nazionale;39 tant’è che ognuna di esse manifestò la propria autonomia configurando un modello sanitario regionale con caratteristiche proprie, si passa, infatti, da un unico sistema sanitario nazionale a 20 sistemi sanitari regionali.
Tuttavia lo Stato non si disinteressa totalmente della sanità, bensì la legislazione concomitante, che già c’era, viene ribaltata e lo Stato svolge funzioni di garanzia più che di indirizzo.
Spetta, infatti, al Governo definire la programmazione sanitaria a livello centrale, mediante la predisposizione del Piano Sanitario Nazionale (PSN), documento di programmazione triennale. Secondo quanto contenuto all’art.1 del D.Lgs. n.502/92, il PSN, oltre a stabilire le aree prioritarie di intervento, la quota capitaria di finanziamento, i progetti-obiettivo, solo per citarne alcuni, deve altresì fissare i livelli uniformi di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità dei Piano, nonché
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Per approfondimenti sulla posizione dell’ente regionale all’interno del gruppo sanitario: E. Borgonovi,
Verso il governo regionale della sanità: i rischi di una politica sanitaria senza una strategia organizzativa, in Mecosan, n. 2, 1992; A. Zangrandi, Quale ruolo per le Regioni?, in Mecosan, n. 7,
1993; F. Lega, F. Longo, Programmazione e governo dei sistemi sanitari regionali e locali: il ruolo della
regione e delle aziende a confronto, in Mecosan, n.41, 2002; F. Longo, C. Carbone, L. Cosmi, La regione come capogruppo del SSR: modelli e strumenti a confronto in sei regioni, in E. Anessi Pessina, E. Cantu, L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Rapporto Oasi 2003, Egea, Milano, 2003, pp.121-168.
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In particolar modo all’art. 3 è previsto che le Regioni mediante le ASL devono assicurare i livelli di assistenza.
i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.
L’auspicio del legislatore era quello di portare un incremento dell’efficacia del servizio e dell’efficienza della loro gestione in modo tale da rendere controllata la spesa pubblica.
Per quanto riguarda il sistema di finanziamento, la riforma, pur confermando la presenza del Fondo Sanitario Nazionale, prevede un sistema articolato su due livelli di trasferimento delle risorse. Il primo, descritto nel precedente paragrafo, è quello della ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale tra i Fondi Sanitari Regionali delle Regioni su base capitaria; il secondo invece prevede che:
- le ASL siano finanziate in base alla quota capitaria , la quale tiene conto delle caratteristiche demografiche, epidemiologiche e sanitarie delle popolazioni assistite da ciascuna ASL, è legata, quindi, ai soggetti residenti nel territorio di competenza e i relativi finanziamenti sono connessi con il livello essenziale di assistenza sanitaria da assicurare ai cittadini del territorio;
- mentre le Aziende Ospedaliere e gli Ospedali Privati Accreditati vengono finanziati sulla base delle prestazioni che erogano, opera infatti il sistema di pagamento a tariffa per prestazione. Questo meccanismo prevede che i suddetti enti ottengano il rimborso della propria attività mediante la valorizzazione dei ricoveri effettuati secondo tariffe stabilite dalle Regioni, regolato dal sistema dei DRG (Diagnostic related groups).
Tuttavia il legislatore lascia alle singole Regioni la facoltà di reperire risorse aggiuntive tramite appositi tributi regionali e prevede che siano le Regioni a provvedere con proprie risorse a ripianare gli eventuali disavanzi prodotti dalla gestione delle aziende sanitarie che operano nel proprio territorio.
1.3.3. L’introduzione di forme di competizione fra enti pubblici e privati e il quasi