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Regioni/Esportazioni

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Produttori/Importatori

Produttori/Importatori

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L’anno seguente collaborò alla Mostra dei Vini che si tenne a Chicago e appoggiò l’iniziativa di alcuni negozianti italoamericani che sulle pagine della stampa etnica lanciarono il concorso “La Settimana del Prodotto Alimentare Italiano”, che prevedeva premi per il miglior allestimento delle vetrine dei negozi di alimentari.63

A partire dagli anni Trenta le camere nordamericane agirono in sinergia e con il sostegno della carta stampata per proteggere le importazioni di prodotti tipici italiani come l’olio d’oliva, che erano ostacolate da un lato dalla produzione di olio di semi, dall’altro dalle adulterazioni del prodotto importato.64 Nel febbraio 1936, in particolare, il bollettino della Camera di San Francisco riportò il discorso radiofonico che Alberto Bonaschi, segretario della consorella di New York, aveva tenuto per lanciare la campagna contro le frodi65. Nel mese di maggio il segretario Eugenio Branchi pubblicò un resoconto sulla situazione del mercato californiano con un interesse specifico su olio d’oliva e formaggio.66 Sul primo prodotto Branchi sottolineava come a causa della concorrenza dell’olio spagnolo67 le importazioni dall’Italia fossero calate drasticamente e solo ricorrendo a un abbassamento dei prezzi e a consistenti investimenti pubblicitari si sarebbe potuto invertire la tendenza.68 Fu inoltre rilevato come negli Stati Uniti i produttori di olio di semi avessero lanciato una campagna contro il consumo di quello d’oliva senza ottenere una risposta efficace.69 Il mercato dei formaggi, invece, conobbe

63 Nel Cinquantenario della Camera, cit. pag. 162.Cfr anche La settimana dei prodotti italiani, in, Il

Corriere Italiano. Organo delle Associazioni Italo-Americane del Wisconsin, Milwaukee aprile 1939. 64 Contro le adulterazioni dell’Olio d’Oliva, in, «La Rassegna», Gennaio 1935; Un’altra truffa ai danni dei

consumatori d’olio, in, La Gazzetta del Massachusetts, Boston, 4 agosto 1934; L’olio d’oliva dei negozianti disonesti, in, La Gazzetta del Massachusetts, Boston, 5 ottobre 1929; Falsificatori d’olio d’oliva alla sbarra, in, La Gazzetta del Massachusetts, Boston, 6 febbraio 1937; In difesa dell’olio d’oliva italiano negli S.U., in, La Gazzetta del Massachusetts, Boston, 6 luglio 1935; La continua truffa dell’olio di cotone venduto per olio d’oliva, in, La Gazzetta del Massachusetts, Boston, 12 maggio 1934; Una grave truffa a danno dei nostri consumatori, in, Ordine Nuovo, Philadelphia, 28 novembre 1936.

65 Per la difesa dei Prodotti Italiani in America. Radio discorso del Comm. Dott. Alberto Bonaschi, in, «La Rassegna», Febbraio 1936, pp. 16 – 17.

66 E.C. Branchi, La situazione del Mercato Californiano nei riguardi dei Prodotti Alimentari Italiani, in, «La Rassegna», Maggio 1936.

67 Carlo Bertolaia osservò poi come la guerra civile fece crollare le esportazioni di olio di oliva dalla Spagna, fattore di cui gli italiani avrebbero dovuto approfittare. Cfr. Carlo Bertolaia, Il Mercato dell’Olio d’Oliva, in, «La Rassegna», Ottobre 1936.

68 «Salutare sarebbe la propaganda nel pubblico consumatore italo-americano di richiedere il prodotto nazionale marcato dal bollo d’origine, ma data la confusione creatasi nel mercato dell’olio, il palato alterato dai prodotti scadenti, la crisi che ha determinato l’uso degli olii a basso prezzo, il consumatore – salvo che eccezioni – non guarda tanto per sottile sulla qualità.» Ibidem, pag. 10.

69 «Il consumo dell’olio di oliva è in crisi, cioè in continua diminuzione. Perché? Per molteplici ragioni ma soprattutto per l’agguerrita campagna pubblicitaria da parte dei bene organizzati produttori di olii di semi e in special modo dei produttori di olio di arachidi e soia. Il valore nutritivo dell’olio d’oliva non era

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una crisi causata da una insufficiente offerta a basso costo che portò i consumatori a rivolgersi a prodotti di qualità inferiore ottenuti localmente dalla rete di caseifici che si era costituita in California e sostituirono formaggi come pecorini e parmigiani con il Monterey.

Prodotto 1927 Tariffa 1936 Tariffa Olio d’Oliva $ 1,087, 924 7 ½ c. lbb. $ 192,047 8 c lbb. Formaggio $ 439,554 5 c. lbb. $ 176,996 7 c lbb. Riso $ 18,400 2 c. lbb. / 2 ½ c. lbb. Noci $ 29,306 2 c. lbb. / 5 c. lbb.

Salsina $ 2,388 25% / 50%

Differenza di valori di importazioni di alcuni prodotti nel porto di San Francisco tra 1927 e 1936, in, «La

Rassegna», Febbraio 1938, pag. 10.

Queste iniziative comuni furono agevolate anche dal fatto che la dirigenza era spesso formata da imprenditori, giornalisti e pubblicisti che avevano già avuto esperienze in altre città. Eugenio Branchi, ad esempio, divenne segretario della Camera di San Francisco nel 1935 dopo un’esperienza simile a New Orleans. Prima ancora era stato professore di lingue e letteratura neolatina all’Università “William and Mary” in Virginia, aveva diretto alcuni giornali come L’Eco di Tripoli, L’Opinione (Philadelphia) e il Corriere d’America (New York) negli Stati Uniti e L’Italia (Valparaiso) e il Giornale d’Italia (Buenos Aires) in Sud America.70 Similmente Ercole Locatelli, che nella seconda metà degli anni Trenta ricopriva la carica di Presidente della Camera di Commercio Italiana di New York, era membro anche delle consorelle di Chicago, New Orleans, San Francisco e Montreal, con la conseguente compresenza di interessi economici e commerciali intrecciati fra le varie

discusso fino a pochi anni fa. Ora è discusso. Perché? Perché attraverso l’arma della pubblicità i produttori di olii di semi, assistiti da tecnici, chimici e medici hanno fatto scorrere attraverso la stampa e la radio una vasta fiumana di letteratura scientifica apocrifa, che ha finito col generare il dubbio e quindi il ripudio parziale o totale dell’uso dell’olio d’oliva. Si è oggi persino arrivati ad accusare di mancanza di gusto i consumatori di olio d’oliva, accusa che fino a pochi anni fa era rivolta ai consumatori di olio dis emi. A questa campagna denigrante i produttori di olio d’oliva hanno assistito a braccia conserte o quasi, giustamente convinti della insorpassabile qualità del loro prodotto; ed anche della limitata produzione. Atteggiamento dannoso e suicida, se si pensa che oggigiorno anche l’oro minaccia col generare il dubbio circa il suo valore intrinseco.», La Campagna contro l’Olio d’Oliva, in, «La Rassegna», Marzo 1938, pag. 11.

70 Il nuovo segretario della Camera di Commercio Italiana di San Francisco, in, «La Rassegna», Gennaio 1935.

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comunità d’affari delle città.71 Desiderio Vittorio Maffei dopo il suo trasferimento a New York si dedicò al lavoro di contabile presso un’azienda di importazione prima di aprirne una a sua volta, divenne agente di alcune case di produzione ed esportazione italiane e nel 1907 fondò la “Rivista Mensile Commerciale Italo-Americana”. La sua precedente esperienza di contabile gli permise di divenire revisore dei conti della camera di New York e nel 1918 si trasferì in California dove nel 1920 divenne segretario della Salsina Canning & Packaging Co di San Jose e rappresentante di alcune aziende di New York72.

L’obiettivo di creare e incrementare le relazioni tra Italia e Stati Uniti si esplicava anche nell’organizzazione di gite conoscitive del sistema economico e produttivo italiano. La Camera di San Francisco divenne negli anni Trenta l’ufficio di rappresentanza ufficiale dell’ENIT (Ente Nazionale Industrie Turistiche) attraverso il quale italiani e americani potevano visitare l’Italia mentre a New York nel 1938 fu organizzato un viaggio di produttori alimentari e ristoratori presso stabilimenti enologici e conservifici italiani che vide non solo «la collaborazione, ma anche […] la sorveglianza della Camera, acciocché l’evento sia veramente rappresentativo del ceto commerciale interessato ai prodotti vinicoli ed alimentari d’Italia.»73

La rete, la struttura e il ruolo dell’imprenditoria

Sulle pagine dei bollettini e dei giornali erano riportati spesso i viaggi di vari imprenditori che testimoniano la particolare mobilità di questa classe di produttori e commercianti, come ad esempio Antonio Auricchio74 o i fratelli Italo e Francesco Folonari che visitarono spesso i mercati nordamericani per espandere i propri traffici. L’azienda dei Folonari, fondata a Brescia nel 1893, aprì stabilimenti enologici in Puglia tra il 1902 e il 1910 e nel 1911 assorbì la Chianti Ruffino di Pontassieve. Contemporaneamente si dotò di un ufficio per le esportazioni a cui era destinato circa un quarto della produzione. Il figlio di Francesco, Luigi, succedette al padre e grazie ai numerosi viaggi che fece negli Stati Uniti riuscì ad allargare i mercati del Chianti Ruffino, tanto che negli anni Trenta questo prodotto rappresentò da solo la metà delle esportazioni

71 Italian-American Who’s Who: A Biografical Dictionary of outstanding Italo-Americans and Italian

Residents of the United States, Vol. 1, New York, Vigo Press, 1935, pp. 160 – 161.

72 A. Frangini, Colonie Italiche in California, San Francisco, M. Castagno Printing Co., 1920, pp. 22-23.

73 Nel cinquantenario della Camera, cit. pag. 162.

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di vino in fiaschi.75 Analogamente ai viaggi compiuti negli Stati Uniti, molti imprenditori italoamericani si recavano in Italia per stringere accordi commerciali con aziende di produzione. Paradigmatico è il caso di Santo Garofalo, nato a Palermo nel 1893 ed emigrato a Chicago nel 1907. Garofalo divenne un influente importatore di prodotti alimentari, tanto che nella prima metà degli anni Trenta ricoprì la carica di Presidente della Camera di Commercio Italiana di Chicago e si occupò poi della sezione della stessa camera nel Wisconsin. Nel maggio 1931 partì per un viaggio in Italia che sarebbe durato tre mesi, ufficialmente per andare a trovare i parenti in Sicilia ma in realtà, come annotò sul diario, si trattò di un’occasione per incontrare numerosi imprenditori italiani da Sud a Nord. Prima di salpare per l’Italia Garofalo soggiornò cinque giorni a New York dove si trattenne con i più importanti esponenti del ceto mercantile italoamericano, come Florindo Del Gaizo ed Ercole Locatelli, i cui stabilimenti produttivi in Italia sarebbero stati visitati dallo stesso Garofalo. Furono stretti accordi commerciali e acquisti di merce con le imprese che suscitavano maggior interesse come quando annotò sul diario,

La mattina ricevei il Cable Gram da Chicago – in riguardo – 1000 c/s Pelati Napt. Small e 75c/s Brovolone e Provolette. Telefonai al signor E. D’Angiola e gliene ordinai 25 c/s £825 – Dopo accompagnato dal signor Pasquale Amato siamo andati a S. Giuseppe Vesuviano – e lì conobbi il Cav. Errico Auricchio della ditta Cav. Gennaro Auricchio – Marca A. mi fece girare i suoi immenzi Magazzini di Provolone – Provolette – Salame – Prosciutti – Romano – olio. Questi magazzini sono immenzi la quantità di merce che ho visto è indescrivibile. Dopo gli passai un ordine di 20 c/s di Provolone e 30 Provolette 1 Provolone di 20 Kili – tutto Marca A. ed … al prezzo di £825 – Il Cav. Auricchio m’accolse bene e mi sembrò che la mia presenza gli fece una buona impressione. Mi disse che avrebbe piacere di stringere meglio le nostre relazioni d’affari.76

Nella descrizione degli incontri con altri due imprenditori partenopei è possibile comprendere altri metodi di allargamento della rete commerciale transatlantica. Con il primo prese accordi per creare un punto di rappresentanza a Chicago da affiancare a quello già esistente a New York; il secondo, invece, un produttore di olio e formaggio, offrì merce a credito per entrare nei mercati nordamericani.

A questa rete che si costituì tramite frequenti viaggi transatlantici si sovrapposero anche le relazioni familiari che legavano i mercati di esportazione a quelli di importazione e consumo e che strutturarono un’ampia circolazione di merci e capitali. Dall’analisi di numerosi epistolari si rileva l’alta frequenza di invii di pacchi alimentari contenenti cibi come fagioli, castagne e funghi secchi verso gli Stati Uniti e caffè verso l’Italia, che

75 Emanuela Zanotti, I Folonari: un’antica storia di vini e banche, Mursia, Milano, 2015.

76 Archivio Diaristico Nazionale, Diario di Santo Garofalo, pag. 10. Su Santo Garofalo cfr anche Santo Lombino (a cura di), Avendo trovato l’America: scritture di viaggio tra Sicilia e Nuovo Mondo, Fondazione Ignazio Buttitta, Palermo, 2010.

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divenivano il simbolo della necessità di mantenere i legami lasciati a casa e non smarrire la propria identità.77 Le lettere servivano anche per informare rami della famiglia sullo stato di salute dell’economia o sulle opportunità lavorative e commerciali che potevano instaurarsi tra Italia e Stati Uniti.78 Attraverso questo scambio di notizie, di merci e capitali si costituirono complessi network come quello che vide protagoniste i tre rami di una famiglia – Zanone, Boggiano e Signaigo – che legarono Sopralacroce, frazione di Borzonasca, nella provincia di Genova, a numerosi stati americani, tra cui California, Illinois e Missouri.79 Il ramo americano della famiglia Zanone è rintracciabile già a metà Ottocento quando i fratelli Domenico ed Erasmo misero a coltivazione vari terreni a Eureka, in California. Sopralacroce rimase centro degli affari, in particolare dal momento in cui Giovanni Battista iniziò a svolgere il ruolo di procuratore per familiari e amici emigrati che possedevano terreni tra la Liguria e il piacentino. L’altro ramo, i Boggiano, fondò le proprie ricchezze attraverso la messa a frutto dei proventi della mezzadria e del credito finanziario. Agostino Boggiano utilizzò questi capitali per investire a Chicago in attività produttive non legate al fondo agricolo. Negli anni coperti dalla corrispondenza è rilevabile infatti la presenza di almeno tre piccole aziende gestite direttamente da Agostino, la prima delle quali del 1885 fu la Boggiano, wholesale and retail dealer in and shipper of foreign, California and domestic fruits. A questa prima attività seguirono poi un ristorante e la fabbrica di pasta Uccello & Boggiano che in un secondo momento prese il nome di Chicago Macaroni Company e che nel 1893 vinse il premio speciale all’Esposizione Colombiana di Chicago per la produzione di oltre sessantacinque tipi diversi di pasta.80

77 Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), Epistolario Raffetto, Epistolario Lagormasino ed Epistolario Morello-Podestà. Cfr anche Maria Rosa Mangini, Il fenomeno migratorio in Alta Val Trebbia

fra Otto e Novecento. Le Testimonianze Orali, Tesi di Laurea in Geografia Politica ed Economica, Volume

II, Rel. Prof Massimo Quaini, A.A. 1987-1988.

78 ALSP, Carteggio Costa-Rebizzo.

79 ALSP, Epistolario Zanone.

80 Marco Portaluppi, Tra l’Appenino e l’America. Una rete di affari lungo il XIX secolo, Reggio Emilia, Diabasis, 2011.

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L’Italia, Chicago, 23 aprile 1892

Steven J. Boggiano aprì invece un bar a St. Louis in società con un altro fratello, Angelo. I Signaigo, terzo ramo della famiglia, erano commercianti e rivenditori di frutta californiana e tropicale a St. Louis, e servivano non solo il mercato cittadino ma strutturarono collegamenti con numerosi stati nordamericani tra cui Illinois, Indiana, Kansas e Kentucky appoggiandosi alla già ramificata rete ferroviaria.81

In altri casi i legami familiari costituirono l’opportunità per fondare imprese multinazionali che influirono profondamente sugli sviluppi economici di entrambe le nazioni. Un esempio fu la famiglia Del Gaizo, originaria del napoletano. Vincenzo Del Gaizo, che insieme a Francesco Cirio fu uno dei primi esportatori di conserve vegetali, avviò nel 1880 una piccola attività quasi esclusivamente orientata alla vendita sui mercati nordamericani. Per mantenersi competitivi, però, il prodotto avrebbe dovuto raggiungere gli elevati standard tecnici richiesti dagli Stati Uniti, in particolare dopo la promulgazione del Pure Food and Drugs Act del 1906. Questo provvedimento, infatti, portò gli esportatori italiani che volevano entrare nei mercati americani ad adattarsi pena il rischio di vedere la propria merce bloccata e sequestrata alla dogana. Per questo motivo da un lato l’azienda si trasferì nel polo industriale di San Giovanni a Teduccio e dall’altro Vincenzo lasciò la conduzione italiana nelle mani dei tre figli e della moglie per aprire una filiale a New York fino alla sua morte nel 1906 data in cui subentrò nel ramo americano il figlio Florindo. I primi anni Dieci del Novecento videro un ampliamento dell’influenza dell’azienda grazie da un lato alla crescita del settore delle conserve

81 J.W. Leonard, The Industries of Saint Louis. Her relations as a Center of Trade. Manufacturing

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italiane, in particolare nell’area del napoletano, dall’altro i Del Gaizo strinsero legami sempre più forti con i settori finanziari italiani, tanto che Luigi, fratello di Florindo, aderì nel 1917 all’Unione regionale industriali. A inizio secolo, come ha ricostruito David Gentilcore, solamente a Napoli erano presenti circa undici stabilimenti di produzione di conserva di pomodoro che impiegavano in tutto quasi settecento persone, mentre a Parma all’inizio degli anni Dieci le fabbriche avevano raggiunto il numero di trentasei che insieme al mercato indotto – barattoli, etichette ecc – dava lavoro a circa tremila operai. Il mercato estero raggiunse dimensioni tali che le autorità cittadine partenopee misero a disposizione un magazzino per lo stoccaggio dei prodotti riservati all’esportazione. Tra il 1905 e il 1929, infatti, il commercio estero di conserva di pomodoro conobbe un vero e proprio boom se si considera che dalle 10,408 tonnellate del 1905 si passò alle 136,711 tonnellate del 1929, di cui quasi la metà diretta negli Stati Uniti.82 Gli unici momenti di crisi furono gli anni di chiusura delle importazioni a causa della Prima guerra mondiale, che comportarono un incremento della produzione in California e nel New Jersey, che diminuì con la fine delle ostilità. Nel 1920 i Del Gaizo si unirono alla famiglia Santarsiero di Castellamare di Stabia dando origine alla Del Gaizo-Santarsiero, una S.p.A nella cui struttura erano presenti anche interessi finanziari e industriali. L’incremento degli affari in Italia e in America rese la famiglia particolarmente influente tanto da spingerla a fondare il Rotary Club di Napoli83. A partire dagli anni Trenta il settore conserviero conobbe un progressivo declino84 dovuto a vari fattori, in particolare lo Smooth-Hawley Act del 1930 che alzava la tariffa doganale sui prodotti a base di pomodoro del 50% e l’azienda, che aveva in quel periodo aperto stabilimenti produttivi a Porto Marghera, in Francia e negli Stati Uniti, fu costretta a chiedere un sussidio governativo. A questo si aggiunse anche un netto miglioramento qualitativo del prodotto americano grazie al lavoro di tecnici qualificati provenienti dall’Italia. Come rilevò Ferdinando Milone, per combattere la concorrenza americana l’industria italiana del pomodoro avrebbe dovuto migliorare la produzione da un lato attraverso una selezione più efficace delle sementi per

82 David Gentilcore, La Purpurea meraviglia. Storia del pomodoro in Italia, Milano, Garzanti, 2010; Remigio Baldoni, Il pomodoro industriale e da tavola, Roma, Ramo editoriale degli agricoltori, 1940; Ferruccio Zago, La coltivazione industriale del pomodoro, Casale, Ottavi, 1913.

83 Sulla storia del Rotary Club cfr. Victoria de Grazia, L’impero irresistibile. La società dei consumi

americana alla conquista del mondo, Torino, Einaudi, 2006.

84 Istituto Nazionale per le conserve alimentari, Annuario dell’industria delle conserve alimentari, Roma, 1934 e 1937.

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la lavorazione industriale, dall’altro con un ammodernamento generale delle strutture e delle organizzazioni produttive. In particolare, si suggeriva una ulteriore concentrazione delle industrie e un miglioramento delle condizioni igieniche nei reparti produttivi.85 L’influenza di Florindo Del Gaizo nella comunità di affari italoamericana rimase comunque molto forte non solo a New York, in cui era anche membro della Camera di Commercio, ma grazie alla rete di rappresentanti e agenti arrivava fino alla costa del Pacifico86. Questo fu possibile anche grazie ad una alleanza commerciale che si instaurò all’inizio degli anni Trenta con Tillie Lewis, una negoziante ebrea di Brooklyn che osservando il successo dei pomodori in scatola italiani tra i suoi clienti decise di importare i semi di San Marzano, coltivarli in California e vendere il prodotto finito sulla costa Atlantica. Il ruolo che rivestì la sua figura andò al di là degli ambienti economico finanziari, come dimostra una pubblicità del Fernet-Branca apparsa sul Corriere d’America nel 1926. In questo caso Florindo Del Gaizo fu scelto come testimonial all’interno della Serie Napoletana dello stesso liquore. La risposta alla filastrocca scritta dall’industriale87 è esplicativa del ruolo che veniva assegnato a personalità come Del Gaizo.

La sua testimonianza è preziosa per noi, signor Del Gaizo perché Lei vive quasi costantemente sul mare e, quando non viaggia per riposarsi, viaggia per tenersi a contatto con le sue potenti e fiorenti case commerciali di New York, di Napoli, di Parigi e di Londra. Se Lei conferma le virtù del Fernet-Branca come rimedio portentoso contro il mal di mare la conferma viene da una indiscussa autorità. E ci permetta di essere lieti del benessere che il Fernet-Branca le procura, ce lo permetta in compenso del godimento che Lei ci dà con

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