• Non ci sono risultati.

CAPITOLO QUARTO

4.4 Profili fiscali dell’operazione in oggetto

Senza voler questo lavoro costituire un’analisi fiscale degli istituti in esame, si cita la disciplina fiscale relativa agli istituti in oggetto esclusivamente al fine di sottolineare la convenienza anche economica dell’istituto suggerito.

Il nostro sistema di imposizione indiretta colpisce le operazioni indice di capacità contributiva attraverso l’imposta di registro, che viene liquidata e assolta al compimento dei principali atti e negozi giuridici definiti. Ne sono esclusi gli atti aventi natura gratuita e non onerosa. Ciò non in ragione di una finalità premiale da parte del legislatore tributario, ma semplicemente perché, il legislatore del 2006, rintroducendo la tassazione sulle successioni e sulle donazioni, ha ritenuto dover sottoporre a questa disciplina non solo tutte le operazioni giuridiche connotate da una causa liberale (cioè appunto le donazioni e le successioni), ma tutte le operazioni giuridiche gratuite, che abbiano o meno natura liberale. Per evitare un doppio regime impositivo, l’assoggettamento a questa disciplina esclude l’assoggettamento delle stesse operazioni al registro.

Della natura del trust si è già detto che non sempre è liberale, potendo bene esistere (ed è il caso in effetti del trust liquidatorio) il trust con causa solutoria: in ogni caso comunque il negozio, sebbene neutro, è nel suo complesso gratuito, dunque è assoggettato alla tassazione secondo le norme sulle successioni e sulle donazioni. Il Testo Unico in materia di successioni e donazioni è calibrato sulle operazioni con scopo liberale che, di solito, sono rivolte verso componenti della famiglia: per questa ragione il legislatore ha delineato uno schema premiale combinato di aliquote e franchigie tanto più basse le prime e tanto più alte le seconde quanto è prossimo il grado di parentela (o vincolo di coniugio) rispetto al dante causa. Questo sistema fa sì le liberalità, e dunque gli atti gratuiti, se effettuati nei confronti di soggetti appartenenti alla famiglia nucleare o prossima sono, dal punto di vista impositivo, più convenienti rispetto agli atti onerosi, laddove se effettuati nei confronti di estranei diventano ben più onerosi. Ad esempio, l’aliquota massima infatti relativa all’imposta di successione è attualmente pari all’8%, cui si sommano nel caso di beni immobili l’imposta ipotecaria al 2% e catastale al 1%, mentre nella stessa ipotesi in caso di operazione a titolo oneroso, l’aliquota dell’imposta di registro è pari al 9% e le imposte ipotecarie e catastali sono fisse.

Va considerato anche che generalmente, secondo i principi generali del nostro ordinamento sulla tassazione, questa colpisce la capacità contributiva nel momento in cui essa si evidenzia. Nel caso di una fattispecie complessa e a formazione progressiva come quella del trust, si dovrebbe guardare al risultato finale dell’operazione, essendo neutra l’attività gestoria del trustee che si produce in capo ai beneficiari.

Non essendovi specifiche norme in materia, si riteneva dunque che non solo l’aliquota andasse valutata in base al rapporto di parentela tra disponente e beneficiario, ma la liquidazione dell’imposta avvenisse solo al momento di realizzo da parte di quest’ultimo, essendo il passaggio intermedio dal trustee neutro.

L’Agenzia delle Entrate invece, facendo collimare il principio di capacità contributiva con il principio di cassa, ha optato per una interpretazione differente: l’aliquota va determinata in ragione del rapporto tra disponente e beneficiario, ma la liquidazione dell’imposta avviene al momento del passaggio dei beni del disponente al trustee, rendendo questo soggetto elemento passivo della fattispecie trust sebbene il suo acquisto non accresca la capacità contributiva del suo patrimonio.

Questa ricostruzione, è stata considerata così difforme da quella sottesa allo stesso principio di capacità contributiva da far sì che gli interpreti, per giustificarla, ritenessero che la disciplina che ha esteso la tassazione delle successione e donazioni agli atti gratuiti, ha istituito un tertium genus di tassazione, quella degli atti di destinazione, dove soggetto passivo dell’operazione è eccezionalmente non il dante causa, né l’avente causa, ma il gestore.

In realtà questa scelta è stata effettuata in ragione della natura non recettizia del trust nei confronti dei beneficiari, ragion per cui le necessità di cassa hanno fatto propendere per l’individuazione immediata di un soggetto passivo. Con un piccolo vantaggio per i beneficiari: essendo l’operazione neutra, il trasferimento dei beni dal

trustee ai beneficiari è esente e dunque l’eventuale incremento patrimoniale

intervenuto durante la gestione del trustee non costituisce base imponibile ed è di fatto detassato.

Tornando alla fattispecie in esame, la liquidazione della società comporta che il pagamento dei creditori sia non suscettibile di tassazione, perché consistente nel pagamento di debiti, mentre l’attribuzione dei beni ai soci sarebbe soggetta all’imposta di registro secondo le aliquote relative al trasferimento a titolo oneroso (al contrario esattamente di quanto avviene in sede di conferimento).

Nel trust dovrebbe effettuarsi il medesimo ragionamento, poiché le attribuzioni fatte ai beneficiari creditori, essendo solvendi causa, dovrebbero essere esenti da imposizione, potendosi (forse) assoggettare a imposta di donazione solo le attribuzioni ai beneficiari residuali cioè ai soci.

Questo purtroppo non è vero perché, l’Agenzia dell’Entrate, con la precisa volontà di dare uniformità causale all’istituto del trust, sebbene ciò produca concreti elementi di diseguaglianza, non distingue tra trust con causa liberale da trust con causa solutoria, ritenendo tutti sottoponibile alla disciplina del Testo Unico sulle imposte di successione e donazioni e quindi imponendo alle attribuzioni in favore dei creditori beneficiari l’aliquota dell’8% senza franchigia sul valore attribuito come trasferito al

trustee. L’eventuale detassazione di fatto sull’incremento di valore ottenuto durante

la gestione del trustee e prima del realizzo, di fronte ad una aliquota così alta, è sicuramente un deterrente per i creditori ad aderire forse maggiore di tutte le obiezioni giuridiche verso l’istituto del trust liquidatorio che abbiamo elencato. In questo senso, ancora una volta l’operazione di trasformazione dell’ente in trust è operazione conveniente. La trasformazione, stante la continuità dei rapporti giuridici che non comporta trasferimento di beni, è stata considerata anche dal legislatore fiscale come tale ed è dunque neutra, ragion per cui sconta un’imposta fissa di

scritturato nella misura minima, ma non è soggetta all’onerosa imposizione della costituzione di trust.

Si dimostra quindi come, anche da un punto fiscale, l’operazione in esame confermi quella convenienza economica che ne rende appetibile l’adozione ai fini della risoluzione della crisi di impresa.