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Il primo passo da compiere per sviluppare un buon sistema d’incentivazione parte dal- la progettazione; in particolare occorre tenere conto di una serie di questioni operati- ve, quali:

1. individuare i destinatari del piano d'incentivazione 2. stabilire le misure di performance

3. determinare l'ammontare dell'incentivo da distribuire e stabilire il collegamento tra questi e i risultati raggiunti.

Destinatari degli incentivi

l'individuazione dei destinatari di un sistema d'incentivazione rappresenta un aspetto strettamente correlato alla motivazione e alle finalità per cui tale strumento viene intro- dotto. In particolare, se la decisione di implementare un sistema incentivante ha come obiettivo principale quello di motivare e trattenere il personale cosiddetto “ad elevate potenzialità”, i destinatari di tale sistema saranno quasi esclusivamente il top manag- ment ed, eventualmente, alcuni particolari figure chiave. Se esistono invece anche motivazioni diverse, tra le quali, per esempio la necessità di cercare un maggior coin- volgimento di tutti i dipendenti o la volontà di improntare uno stile di gestione maggior- mente manageriale, tali sistemi saranno, è presumibile, estesi anche ai livelli piu' bas- si dell'organizzazione.

“Nel corso degli ultimi anni numerose aziende, principalmente di grandi dimensioni, hanno intrapreso tali progetti finalizzandoli prevalentemente al personale dirigenziale o perlomeno a personale che ricopriva particolari posizioni, elargendo alle altre figure professionali bonus non collegati a veri e propri sistemi formalizzati d'incentivazione. Il fatto di prevedere sistemi premianti solo per alcuni tipi di categorie di dipendenti ha, in molti casi, provocato numerosi problemi all'interno dell'azienda, alimentando senti-

menti di insoddisfazione del personale e conflittualità con le organizzazioni dei sinda- cali”7.

È evidente pertanto che al fine di evitare situazioni di tensione interna, la scelta dei destinatari di un sitema d'incentivazione assume un'aspetto particolarmente rilevante.

7 Bacci A., Valutazione e incentivazione del personale, Manuale del controllo di gestione, Siena,

Indicatori di performance

La misurazione delle performance necessita, come evidenziato in più parti del presen- te lavoro, di adeguati indicatori ovvero dell’assegnazione di uno o più numeri significa- tivi del fenomeno oggetto d’indagine, di solito rappresentativi del rendimento di un in- dividuo (o di un gruppo) in un determinato periodo di tempo.

Un indicatore è una variabile quantitativa che intende fornire la misura di un fenomeno, la sua conoscenza permette non solo di avere una rappresentazione quantitativamente determinata di una certa situazione, ma anche di predisporre eventuali misure correttive.

E’ stata un’ esigenza dell’Azienda, per sviluppare il sistema d’incentivazione, quella di riunire due tipi di indicatore:

a) un’indicatore di risultato di tipo contabile b) un’indicatore di efficacia della qualità

Gli indicatori di risultato di tipo contabile hanno rappresentato finora, nei sistemi di controllo, il principale strumento per comunicare gli obiettivi aziendali, misurare le per- formance e, quindi, determinare l’ammontare degli incentivi da assegnare ai dipen- denti.

Negli ultimi anni sono state mosse numerose critiche verso questa tipologia di indica- tori, argomentando che le misure in oggetto, oltre a porre eccessiva enfasi sulle per- formance di breve periodo, dando luogo a quella che alcuni autori definiscono “miopia manageriale”, non sono in grado di monitorare alcune importanti caratteristiche dell’a- zienda, come la qualità dei prodotti, il livello di servizio alla clientela, la capacità di in- novazione, ecc. (Merchant K.A., Riccaboni A., 2001, op. cit.).

Molti studiosi e operatori hanno proposto delle soluzioni al fine di correggere, o alme- no limitare, le principali disfunzioni dei sistemi tradizionali di responsabilizzazione eco- nomica. Le diverse proposte, variamente denominate, hanno in comune l’obiettivo di

creare un sistema bilanciato e selettivo di indicatori adatto a ciascun centro di respon- sabilità.

Pertanto un corretto sistema d’indicatori deve avere le seguenti caratteristiche:

• deve essere un sistema di indicatori, il che implica che questi ultimi siano una pluralità e che se ne conoscano ed evidenzino i reciproci legami;

• il sistema deve essere in grado di presidiare in modo bilanciato esigenze azien- dali differenti e a volte conflittuali, come le seguenti:

1. equilibrio economico e finanziario; 2. efficienza ed efficacia della gestione; 3. equilibrio di breve e di lungo periodo; 4. risultati settoriali e globali aziendali.

• Il sistema degli indicatori deve essere selettivo nel senso che gli indicatori che lo compongono sono solo quelli veramente rilevanti per guidare le scelte e va- lutare le performance, quindi un numero limitato di misure .

Indipendentemente dalla scelta degli indicatori le caratteristiche che, comunque, do- vrebbero essere ricercate in ciascuno di essi al fine di stimolare nel management i comportamenti desiderabili sono:

a) la precisione della misurazione; indicatori imprecisi aumentano, infatti, il rischio che i vertici aziendali giudichino in maniera scorretta le performance consegui- te;

b) l’oggettività; intesa come assenza di distorsioni dovute all’esercizio della sog- gettività individuale;

c) la tempestività; il periodo di tempo che intercorre tra le prestazioni dell’indivi- duo, la misurazione dei risultati e l’erogazione dell’incentivo deve essere il più breve possibile;

d) la comprensibilità; il significato gestionale e il modo di calcolo degli indicatori devono essere agevolmente compresi dai loro destinatari.

La definizione degli obiettivi

La teoria del “goal settino” si basa su una semplice premessa: la prestazione è causata dall’intenzione personale a fornire la prestazione, agendo. L’intenzione di agire (l’obiettivo), diviene quindi un fattore determinante dell’azione.

Gli obiettivi sono tutto ciò che si cerca di realizzare, o che si ha intenzione di realiz- zare e secondo tale teoria le persone realizzano ciò che stanno cercando di realiz- zare. Le conseguenze del suddetto assunto sono chiare. Anzitutto, chi ha obiettivi ambiziosi avrà una prestazione migliore di chi ha obiettivi piu’ modesti; secondaria- mente, chi ha un’ idea precisa di ciò che vuole fare, o si supponga voglia fare, avrà una prestazione migliore di chi ha obiettivi o intenzioni poco chiari. le idee di base, sottostanti alla teoria del goal settino sono:

Esiste una relazione lineare positiva, tra difficoltà e performance. Obiettivi

difficili portano a risultati migliori di quanto facciano obiettivi semplici e ciò è il ri- sultato di ricerche svolte in maniera approfondita e in ambiti diversi, quali pro- blemi matematici, di enigmistica ecc. Quando lo stesso problema viene studiato nell’ambito del mondo del lavoro, i risultati sono identici. I gruppi di lavoro a cui sono assegnati obiettivi piu’ ambiziosi si rivelano quelli dalla prestazione miglio- re. Questa ipotesi non è però valida quando il raggiungimento degli obiettivi sia eccessivamente difficoltoso o quando richieda capacità non possedute dalle persone. Per aumentare la spinta all’azione gli obiettivi devono essere difficili, ma raggiungibili, poiché lo sforzo è proporzionale al livello di difficoltà e rag- giungibilità degli obiettivi e un obiettivo impossibile (sia per capacità che per ri- sorse scarse) diventa frustrante.

Obiettivi specifici portano a una prestazione migliore di quanto facciano

obiettivi generici. Questo è un concetto particolarmente importante poiché

spesso i manager mostrano la tendenza a fissare obiettivi troppo generici per i propri collaboratori. Il sostegno dato a questa affermazione dalla ricerca empiri- ca è elevatissimo. “In un esperimento si è assegnato lo stesso compito a due

diversi gruppi, ma mentre ai membri di un gruppo venne richiesto di fare del proprio meglio, ai membri dell’altro gruppo, che ottenne una performance supe- riore, venne dato un obiettivo specifico (raggiungere il risultato entro un certo li- mite di tempo). Numerose ricerche hanno dimostrato che gli individui a cui ven- gono affidati obiettivi specifici e impegnativi ottengono performance migliori dei soggetti che fanno del proprio meglio, in base a obiettivi generici. Le ricerche di cui sopra sono state condotte su controllori di biglietti, addetti alle vendite, ope- rai ,addetti alla manutenzione, ecc. famoso è lo studio di Latham e Baldes, con- dotto su gruppi di boscaioli. Il lavoro di un boscaiolo consiste nel taglio dei tron- chi, nel caricamento del materiale sui camion e nel trasporto fino alla segheria. I camion non venivano sfruttati al massimo del loro carico, poiché il carico me- dio corrispondeva al 60% della capacità massima consentita dalla legge e, in quel periodo, ai boscaioli veniva semplicemente richiesto di lavorare al meglio delle loro possibilità. In seguito venne stabilito l’obiettivo di un carico medio per ogni camion del 94% del carico legale e l’incremento di produttività che derivò dalla fissazione dell’obiettivo specifico, fu immediato ed elevato”8.

La partecipazione è legata alla prestazione attraverso l’accettazione del-

l’obiettivo, l’impegno e la condivisione delle informazioni. I teorici del goal

setting ritenevano inizialmente, che la partecipazione dei lavoratori alle decisio- ni riguardanti gli obiettivi non avesse effetti sulla prestazione, fatta eccezione per i casi in cui la partecipazione comportava obiettivi maggiormente ambiziosi o specifici. Successivamente, la crescente sensibilità verso la qualità della vita in ambito lavorativo ha fatto aumentare sistematicamente il coinvolgimento dei lavoratori e la loro influenza sulle condizioni di lavoro. I risultati delle ricerche sugli effetti della partecipazione non sono comunque omogenei. Uno studio ef- fettuato da Latham e Steelen ha mostrato che la prestazione era positivamente legata alla specificità degli obiettivi, mentre la partecipazione alla fissazione de- gli stessi non aveva fatto registrare incrementi di performance. Lo stesso risul- tato fu ottenuto da Carrol e Tosi con uno studio sulla partecipazione alla scelta degli obiettivi alla Black&Decker, organizzazione in cui si utilizzava il Manage-

ment by Objectives (MBO). Altre ricerche hanno fornito elementi di maggior

chiarezza sull’argomento. Erez, Early e Hulin hanno chiaramente individuato al- cuni effetti della partecipazione sulla performance, stabilendo che essa non opera direttamente sulla prestazione, ma agisce in tal senso attraverso il rap- porto (coinvolgimento e impegno) che lega le persone agli obiettivi. Nel corso dello studio in questione, gli operatori di un laboratorio in cui venivano condotti esperimenti sugli animali furono divisi in due gruppi. Nel gruppo in cui si parte- cipava alla formazione degli obiettivi, i membri idearono un metodo di osserva- zione giornaliera degli animali; dopo aver stabilito l’organizzazione del lavoro, il gruppo stabili’ consensualmente l’obiettivo specifico. L’altro gruppo svolse lo stesso tipo di lavoro, ma l’obiettivo specifico venne assegnato da un responsa- bile. I membri del primo gruppo si impegnarono nel raggiungimento dell’obietti- vo in misura superiore ai membri del secondo gruppo. È probabile che la parte- cipazione contribuisca a incrementare il coinvolgimento, l’impegno e quindi la prestazione, quando le persone hanno effettivamente possibilità di scelta sul modo di raggiungere l’obiettivo e possono disporre delle informazioni necessa- rie per raggiungerlo. Early analizzò questi due aspetti della partecipazione, sco- prendo l’esistenza di un legame fra l’informazione sugli obiettivi e la possibilità di scelta del modo per raggiungerli, legame che influenza la prestazione. La possibilità di scelta si rivela utile ai fini della prestazione solamente se integrata dalle informazioni necessarie. L’informazione può favorire notevolmente l’ac- cettazione dell’obiettivo e la prestazione.

È necessario il feedback sul rapporto prestazione-obiettivi. Per ottenere

buoni risultati, oltre a obiettivi chiari, partecipati, specifici, difficili ma raggiungi- bili, è necessario che le persone siano informate sul livello di prestazione rag- giunto. In uno studio condotto sul personale di servizio della Michigan Bell, Kim e Hammer confrontaronola prestazione di due gruppi di lavoratori. Uno dei due gruppi lavorava in base agli obietti vi ricevuti, ma senza feedback sui risultati; l’altro gruppo era invece costantemente informato sui risultati raggiunti. Il se- condo gruppo registrò una prestazione migliore e minori costi del primo. L’ana- lisi effettuata da Tubbs sul goal settino confermò l’importanza del feedback: la

sua mancanza annullava gli effetti positivi dati dall’assegnazione di obiettivi im- pegnativi e stimolanti.

Alcune critiche sono state mosse alla teoria del goal settino poiché, pur apparendo un approccio alla motivazione particolarmente semplice e rigoroso, non tiene in considerazione due importanti fattori: le differenze individuali e la complessità degli obiettivi. L’analisi delle differenze individuali nelle decisioni riguardanti gli obiettivi è stata incompleta. Appare ovvio che le differenze di personalità possano influenza- re l’accettazione degli obiettivi e la disponibilità a compiere gli sforzi necessari per il conseguimento degli stessi. Uno degli aspetti della personalità che può influen- zare in maniera determinante la prestazione, interagendo con gli obiettivi, è l’auto- stima. In una ricerca condotta alla Black&Decker è stato rilevato che i manager con maggior autostima lavoravano con maggiore impegno per raggiungere gli obiettivi fissati, rispetto a quanto riportato dai loro colleghi con minor autostima. La complessità degli obiettivi è un altro punto debole della teoria del goal setting. Tutti gli esperimenti effettuati consistono nell’esecuzione di compiti relativamente semplici, per i quali è sufficiente stabilire obiettivi facilmente raggiungibili. Anche le ricerche effettuate nell’ambiente di lavoro presentano lo stesso problema poiché si tratta soprattutto di mansioni non complesse (taglio alberi, dattilografia, ecc.). Molti individui lavorano in contesti di gran lunga piu’ complessi, in cui stabilire gli obiettivi non significa semplicemente assegnazione di un particolare compito produttivo. Un obiettivo semplice applicato a un lavoro complesso può portare a una prestazione insufficiente: se a un venditore per esempio viene semplicemente richiesto un in- cremento del 10% delle vendite, egli può mettere in pratica operazioni con clienti poco affidabili: le vendite risulterebbero aumentate, ma il risulato complessivo non sarebbe positivo.

Entità degli incentivi e legame con i risultati

Indipendentemente dal loro ammontare, l’erogazione dell’incentivo deve, comunque, essere tempestiva, ovvero corrisposta il più vicino possibile al realizzarsi della perfor-

mance premiata. Tale aspetto risulta fondamentale in quanto le ricompense erogate

tempestivamente hanno un effetto motivazionale molto più forte di quelle erogate in ri- tardo. Un ruolo centrale nella determinazione degli incentivi è rivestito dal collegamen- to tra i premi erogati e i risultati raggiunti. Al fine di indurre, motivare e guidare i dipen- denti verso il miglioramento continuo delle loro prestazioni è opportuno prevedere più livelli di conseguimento degli obiettivi assegnati. Un ruolo centrale a tal proposito, vie- ne svolto dalla rappresentazione grafica della funzione che esprime l’andamento del valore del premio al variare della prestazione finale raggiunta. Quelle più utilizzate sono la funzione a scalini e la linea retta continua o spezzata (Cfr. A. Riccaboni, 1999,

op. cit.). Nel primo caso lo stesso premio viene riconosciuto per più livelli di perfor-

mance; in questo modo, tranne nella situazione che la prestazione del responsabile si collochi in prossimità del gradino successivo, diminuisce l’importanza attribuita dal va- lutato al miglioramento marginale del risultato e attenua la tendenza a porre in essere trucchetti per elevare la prestazione in modo artificioso. Ricorrendo a una retta conti- nua, invece, si incita maggiormente al miglioramento continuo della performance, con il rischio, tuttavia, di incorrere in dei comportamenti incoerenti con l’interesse dell’a- zienda. Se viene adottata una linea retta spezzata la pendenza della curva può au- mentare in corrispondenza delle classi di riferimento delle performance ottenibili con la conseguente presenza, in questo caso ancora più forte, dei vantaggi e svantaggi menzionati.

Normalmente, le ricompense vengono previste solo all’interno di un intervallo predefi- nito, in quanto, spesso, la funzione ha dei limiti massimi e minimi. Molte imprese stabi- liscono un limite minimo che corrisponde in molti casi a una frazione significativa del

budget (ad esempio, l’80%) al di sotto del quale non viene corrisposto nessun incenti-

vo. Anche i limiti massimi sono normalmente usati all’interno delle imprese e possono essere stabiliti in vari modi, anche se, come per i limiti minimi, normalmente costitui- scono una percentuale dell’obiettivo (pari, ad esempio, al 130%) da raggiungere.

L’introduzione di limiti minimi e massimi all’erogazione dell’incentivo sono previsti principalmente per la volontà dell’azienda di non erogare premi per risultati considerati non soddisfacenti, nel primo caso, per evitare un'eccessiva enfasi del dipendente sul breve periodo a discapito dei risultati di lungo termine e per evitare che i risultati posi- tivi possano essere il frutto di eventi positivi, non dipendenti dall’abilità del dipendente stesso, nel secondo caso.