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CAPITOLO 3 Stenosi Polmonare

3.7 Prognosi e Terapia

Attualmente non esistono linee guida standard che permettano di correlare la gravità della stenosi polmonare nel cane e nel gatto alla loro aspettava di vita, tuttavia cani con PS severa potrebbero essere esposti ad un più alto rischio di morte. La valvulopastica con pallone viene solitamente consigliata in questi cani, in presenza o meno di sintomatologia al momento della diagnosi. Molti di questi cani, comunque, vivono diversi anni senza che si abbiano eventi significativi. Di conseguenza, ogni procedura che possa compromettere la sopravvivenza dell’animale dovrebbe essere evitata. Cani con PS di grado lieve di solito vivono vite normali e per loro l’intervento di

intermedio solitamente vivono in assenza di complicazioni, ma la prognosi a lungo termine è incerta. In questi cani le decisioni terapeutiche vengono generalmente determinate dalla presentazione clinica e dalla progressione della patologia.

Le opzioni terapeutiche per la stenosi polmonare sono tutte tecniche invasive volte a ridurre l’ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo destro. Tuttavia, in preparazione alla procedura interventistica è necessario impostare una corretta terapia medica per ridurre la richiesta di ossigeno da parte del miocardio ventricolare, diminuire i l rischio di morte improvvisa e infine portare ad una leggere diminuzione del gradiente pressorio. La terapia medica preparatoria consiste nella somministrazione di un betabloccante, solitamente atenololo. La dose consigliata è da 0,5 a 1 mg/kg per via orale ogni 12 ore, fino a raggiungere il dosaggio target. In alcuni pazienti può risultare utile la somministrazione di calcio-antagonisti con la finalità di migliorare l’ossigenazione e la contrattilità cardiaca. Tutti questi pazienti devono evitare di essere sottoposti a esercizio fisico intenso, al fine di prevenire l’insorgenza di tachicardia e una maggiore richiesta miocardica di ossigeno.

Nei pazienti più gravi, invece, che presentano insufficienza cardiaca congestizia destra, si rende necessario impostare una terapia medica più ampia, al fine di stabilizzare il paziente. In questi casi è opportuno somministrare: diuretici, vasodilatatori e farmaci inotropi positivi. I farmaci diuretici permettono di rimuovere la congestione venosa e in particolare l’edema polmonare , che è la causa più comune di morte in corso di scompenso cardiaco. La loro azione è volta alla riduzione del precarico; tra questi il furosemide è il diuretico d’ansa più comunemente utilizzato.

La funzione dei vasodilatatori è quella di contrastare la vasocostrizione periferica che viene a crearsi in corso di IC come meccanismo di

compenso finalizzato a mantenere una portata cardiaca efficace e una pressione sistemica costante. Tra questi abbiamo dei farmaci ad azione vasodilatatrice mista (arteriosa e venosa) come gli ACE-inibitori. Questi farmaci bloccano l’enzima di conversione dell’angiotensina I in angiotensina II, portando ad una minor vasocostrizione. È stato dimostrato da diversi studi che la somministrazione di ACE-inibitori, in pazienti con IC in grado di tollerarli, è associata ad un significativo aumento della loro sopravvivenza.

Infine, i farmaci inotropi positivi, come il Pimobendan (inibitore della fosfodiesterasi di tipo III), hanno una duplice funzione. Essi infatti, oltre ad essere responsabili dell’aumento della forza di contrazione miocardica, al fine di mantenere una gittata cardiaca efficace, sono responsabili al tempo stesso di un’azione vasodilatatrice periferica polmonare.

Come per i pazienti sottoposti a terapia pre-operatoria, anche nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, è necessario somministrare farmaci beta bloccanti.

La prognosi negli animali con stenosi polmonare dipende dalla gravità dell’ostruzione e dal grado di ipertrofia del ventricolo destro. Solitamente il rilievo di un gradiente pressorio di 80 mmHg o maggiore necessita di un intervento. Anche nei casi di stenosi polmonare moderata l’intervento può essere risolutivo, tuttavia va valutata la contemporanea presenza di segni clinici. Non vengono trattate invece, le stenosi polmonari di tipo lieve. Lo scopo dell’intervento è quello di andare ad aumentare le dimensioni dell’ostio. Questo generalmente permette di ridurre il gradiente pressorio entro il range della stenosi polmonare lieve ( < 40-50 mmHg ), in quanto non si riesce quasi mai ad arrivare ad una completa risoluzione dell’ostruzione.

Le possibilità interventistiche per la stenosi polmonare valvolare includono:

1) Valvuloplastica polmonare con palloncino percutanea (VPP)

2) Valvuloplastica polmonare con palloncino transventricolare (TPV) 3) Patch graft polmonare

4) Bypass della valvola polmonare

La scelta dell’intervento da eseguire dipende da diverse considerazioni che comprendono la localizzazione e la morfologia dell’ostruzione; invasività dell’intervento; disponibilità di un corretto equipaggiamento e la presenza di concomitanti difetti cardiaci.

La maggior parte di queste tecniche, come il patch-graft polmonare, la valvuloplastica polmonare transventricolare e il bypass della valvola polmonare necessitano di una toracotomia intercostale effettuata sul decubito laterale destro e una conoscenza approfondita della chirurgia cardiovascolare. La toracotomia intercostale è l’approccio più frequentemente utilizzato nella chirurgia toracica negli animali. La forma della cavità toracica negli animali da compagnia rende la toracotomia l’approccio più utile, sia dal punto di vista dell’accesso alle strutture toraciche sia per il fatto che in queste specie il decubito laterale risulta una posizione più fisiologica rispetto ad altre. Pur permettendo un buon accesso alle strutture toraciche interessate, la limitazione maggiore della toracotomia intercostale è che non permette l’accesso all’intera cavità toracica. Le strutture al di fuori delle immediate vicinanze, infatti, in particolar modo quelle poste sul lato controlaterale del torace, sono difficili o impossibili da raggiungere. La toracotomia intercostale può essere effettuata dal terzo al decimo spazio intercostale e in entrambi i decubiti, a seconda delle strutture

intercostale desiderato bisogna incidere la cute, i tessuti sottocutanei e il muscolo cutaneo del tronco con una lama. L’incisione viene estesa con un paio di forbici attraversando il muscolo grande dorsale dalla giunzione costo-vertebrale fino allo sterno. Con le forbici, si recidono i muscoli scaleno e pettorale, perpendicolarmente alle loro fibre, poi si separano le fibre muscolari del muscolo serrato ventrale a livello dello spazio intercostale prescelto. Vicino alla giunzione costo-condrale, una delle lame delle forbici viene fatta passare sotto le fibre del muscolo intercostale esterno per poi spingere le forbici stesse dorsalmente al centro dello spazio intercostale in modo da incidere il muscolo. Si scontinua allo stesso modo il muscolo intercostale interno. Si comunica all’anestesista che si sta per penetrare nella cavità toracica e, dopo aver identificato i polmoni e la pleura, si perfora quest’ultima servendosi delle forbici chiuse o di un oggetto a punta smussa. Ciò consente all’aria di penetrare nel torace, determinando il collasso dei polmoni, che si allontanano dalla parete corporea. L’incisione viene estesa dorsalmente e ventralmente al fine di ottenere l’esposizione desiderata. Si identificano i vasi toracici interni che decorrono al livello sottopleurico in prossimità dello sterno e si evita di inciderli. Sui margini esposti dell’incisione toracica si applicano dei tamponi da laparotomia inumiditi. Con un divaricatore si distanziano le coste. Se è necessaria un’ulteriore esposizione, si può rimuovere una delle coste adiacenti all’incisione; tuttavia, è raro che ciò occorra. La toracotomia viene chiusa mediante suture con materiale monofilamento robusto, assorbibile o non assorbibile applicate preventivamente e fatte passare intorno alle cose adiacenti all’incisione. Le coste vengono avvicinate tra loro facendo trazione sui fili, che vengono stretti uno dopo l’altro. I muscoli serrato ventrale , scaleno e pettorale vengono uniti con una sutura continua in materiale assorbibile. Analogamente si accostano i margini del muscolo gran dorsale. Si rimuove l’aria residua presente

catetere ad ago interno. Sottocute e cute vengono chiusi secondo le procedure di routine.

L’intervento di Patch-graft polmonare è indicato nei cani con stenosi valvolare severa di tipo B, in particolare quando è presente ipoplasia dell’anulus. L’intervento può essere effettuato con l’aiuto di un bypass cardiopolmonare. Viene eseguito talvolta come seconda scelta, dopo una BV non riuscita ma anch’esso risulta controindicato nei cani con anomalia dell’arteria coronaria R2A. La sua eventuale presenza va indagata attraverso l’esecuzione di un esame angiografico o ecografico prima dell’intervento, soprattutto nei Bulldog Inglese, Boxer e altre razze a rischio.

Dopo aver effettuato una toracotomia intercostale al livello del quinto spazio intercostale, viene fatto passare un torniquet attorno alle vene cave e la vena azigos per interrompere l’afflusso sanguigno all’interno del cuore destro. Viene effettuata un ’incisione nel tratto di efflusso ventricolare, a cui viene poi suturato un patch di forma ovale tramite l’utilizzo di una sutura a materasso. Il materiale che viene utilizzato solitamente è una patch vascolare in politetrafluoroetilene, anche se può essere utilizzato anche pericardio autologo. Il patch graft viene poi in parte suturato preventivamente all’arteria polmonare, lasciando però la sutura libera di permettere l’accesso all’arteria polmonare per la sua incisione. Una volta incisa l’arteria polmonare al livello della valvola, i lembi valvolari se necessario vengono incisi o escissi. Il patch graft viene poi suturato all’arteria polmonare. Infine viene rimosso il torniquet, e chiuso l’accesso chirurgico.

Il bypass della valvola polmonare consiste nel posizionamento di un condotto valvolare che colleghi il ventricolo destro all’arteria polmonare. L’intervento prevede una toracotomia intercostale sinistra al livello del quarto spazio intercostale. Le dimensioni del condotto valvolare dipendono dalla taglia del paziente. Dopo la chirurgia i pazienti vengono sottoposti a terapia anticoagulante per i successivi tre mesi.

La valvuloplastica polmonare percutanea viene eseguita attraverso l’introduzione di un catetere con palloncino con le giuste dimensioni. Questo viene inserito all’interno del cuore destro e poi attraverso la porzione stenotica sotto la guida di un fluoroscopio. Il catetere viene poi insufflato per separare i lembi valvolari fusi e aumentare l’orifizio valvolare. Questo tipo di intervento solitamente è consigliato per le stenosi polmonari valvolari di tipo A, mentre viene considerato meno efficiente per le stenosi valvolari di tipo B, sopratutto se è presente ipoplasia dell’anulus.

La valvulotomia polmonare transventricolare venne riportata per la prima volta nel 1948 da R. C. Brock su tre pazienti umani con stenosi polmonare congenita e in un cane con stenosi polmonare congenita nel 1953. In seguito, con lo sviluppo di strumenti specialistici come il dilatatore valvolare pediatrico di Cooley, la procedura si è poi evoluta nella valvuloplastica polmonare transventricolare (TPV) attuale. Questa può essere eseguita attraverso una toracotomia intercostale sinistra. Il pericardio al di sopra del tratto di efflusso ventricolare viene aperto in senso verticale e suturato all’incisione della toracotomia. Una sutura a materasso viene eseguita nel tratto di efflusso ventricolare destro e fatta passare attraverso un torniquet per controllare il sanguinamento durante la procedura. Il ventricolo destro viene quindi inciso e viene

introdotto un dilatatore valvolare ( dilatatore valvolare pediatrico di Cooley) nel tratto stenotico. La valvola polmonare viene quindi dilatata diverse volte. Il numero di dilatazioni da eseguire è soggettivo e dovrebbe essere di almeno 1.5 volte la larghezza stimata dell’anulus valvolare. Il ventricolo viene poi chiuso con una sutura a materasso. Prima dello sviluppo della valvuloplastica polmonare con palloncino percutanea (BV), la valvuloplastica per via transventricolare veniva eseguita di routine nei cani con stenosi polmonare. In seguito questa è stata largamente rimpiazzata dal meno invasivo intervento BV, anche se può ancora essere considerata come parte di un piano chirurgico se ci sono condizioni che lo richiedono o se non è possibile eseguire una BV o se questa dovesse risultare fallimentare. Confronti diretti tra le due opzioni terapeutiche non sono disponibili, ma presumibilmente portano a risultati simili. L’intervento di valvuloplastica risulta controindicato nei cani con anomali coronaria R2A in quanto c’è il rischio che questa vada incontro a rottura durante la dilatazione. In questi casi è possibile eseguire una valvuloplastica a scopo conservativo, ossia con dimensioni del palloncino ridotte rispetto all’intervento standard.

Valvuloplastica polmonare percutanea

Descritta per la prima volta in letteratura nel 1982, ad oggi la valvuloplastica polmonare percutanea rappresenta il trattamento di scelta della stenosi polmonare sia nell’uomo che nel cane; in particolare nell’uomo il morfotipo valvolare e il diametro anulare vengono considerati entrambi fattori predittivi indipendenti, due caratteristiche che identificano bene se una valvola sia o meno “ballon-dilatable”; allo stesso modo nel cane un ruolo importante viene assegnato alla

morfologia valvolare e al rapporto tra l’anulus polmonare e il diametro del pallone.

Quando si considera se è raccomandabile l’esecuzione dell’intervento in un paziente è importante valutare diversi aspetti come la gravità della stenosi polmonare; tipo di stenosi; difetti cardiaci concomitanti; eventuali patologie sistemiche associate.

Attualmente la gravità della stenosi polmonare, come già accennato,

viene stadiata grazie all’ausilio dei gradienti Doppler derivati: in particolare una stenosi viene definita lieve quando il gradiente di picco è inferiore o uguale ai 50 mmHg; moderata quando è compreso tra i 50 e gli 80 mmHg e grave quando è superiore agli 80 mmHg. Un soggetto con SP lieve ha un’aspettativa di vita normale e tendenzialmente rimarrà asintomatico nel corso degli anni: in quest’ottica la valvuloplastica non apporta benefici a questi pazienti. Non è ben chiaro, invece, se l’intervento di valvuloplastica sia indicato in pazienti affetti da stenosi polmonare moderata; sicuramente l’intervento andrebbe valutato nel caso in cui il soggetto sia sintomatico o presenti segni di una disfunzione ventricolare destra molto precoce. Infine, la valvuloplastica resta sempre raccomandata, salvo eccezioni specifiche ( es. coronarie anomale), in tutti i casi con gradiente superiore agli 80 mmHg.

Ai fini dell’esecuzione dell’intervento di valvuloplastica risulta utile ricorrere alla classificazione che divide le stenosi polmonari in due tipi: Stenosi polmonare di tipo A e di tipo B, anche se è possibile riscontrare delle forme di tipo misto. Un discorso a parte invece riguarda le stenosi polmonari caratterizzate da anomalia dell’arteria coronaria sinistra. La valvuloplastica presenta minori complicazioni e risultati migliori, sia

con tipo B; questo è dovuto essenzialmente alla morfologia valvolare, alla marcata ipertrofia della parete ventricolare destra e al tratto infundibolare destro più sottile che caratterizza la SP di tipo B.

Nonostante il tipo A venga ritenuto il candidato “ideale” per l’intervento, si pensa che questa procedura rappresenti una corretta scelta terapeutica anche per il tipo B e per le tipologie miste, in quanto determina una buona diminuzione del gradiente ed un controllo della sintomatologia anche per questa classe di pazienti. La presenza di una coronaria anomala, determinante stenosi subvalvolare polmonare, rappresenta invece una controindicazione chiara alla procedura in quanto il paziente risulterebbe ad alto rischio di morte improvvisa durante l’intervento a causa del trauma complessivo alla coronaria anomala (C. Bussadori et al., 2007).

Strumentario

L’utilizzo di strumentazioni specifiche è necessario per effettuare correttamente il suddetto intervento. Allo stesso modo, un’ampia conoscenza dell’equipaggiamento stesso deve essere acquisita prima di considerare l’esecuzione di un qualunque tipo di cateterizzazione cardiaca; questo farà in modo di ridurre notevolmente i rischi associati a tale procedura. Gli strumenti utilizzati per la cateterizzazione cardiaca sono numerosi, oltre ai cateteri e le guide metalliche, infatti, sono necessari un sistema di fluoroscopia e uno di registrazione dell’elettrocardiogramma, della pressione arteriosa sistemica, dell’ossimetro e delle pressioni invasive.

Introduttori

Sono dei grandi cateteri vascolari con una valvola emostatica e una porta a T. Quest’ultima può essere utilizzata per effettuare dei flush del lume e per misurare la pressione attraverso l’introduttore stesso; la valvola emostatica consente invece il passaggio del catetere o della guida senza che ci sia fuoriuscita ematica. Sono dotati di solito di una certa resistenza in modo da non piegarsi e possiedono una punta smussa, che li rendi atraumatici. La dimensione degli introduttori è riportata in French e fa riferimento, diversamente a quanto avviene per i cateteri, al diametro interno. Il fattore di conversione è approssimativamente 1 French = 0.0131 inches. Questo è importante da tenere in considerazione perchè tale valore indica essenzialmente la dimensione massima del catetere che vi può essere fatto passare attraverso. La lunghezza degli introduttori viene invece misurata in centimetri.

Quando si esegue una valvuloplastica l’introduttore viene posizionato all’interno del vaso, mentre i cateteri e le guide vengono inseriti al suo interno. In genere, un introduttore si considera posizionato in maniera corretta quando esso si estende bene all’interno della vena giugulare, senza però sboccare in atrio destro, in quanto altrimenti potrebbe interferire con le manovre che vengono eseguite all’interno del cuore (Bussadori e Santilli, 2012).

Guide metalliche

Sono dei lunghi fili guida in metallo, flessibili e composti da un nucleo centrale, uno strato esterno e una punta affusolata che la rende atraumatica. Inoltre la punta può essere piegata a formare una curva ( punta “J” o angolata), favorendo in questo modo il passaggio del catetere attraverso le valvole stenotiche. Molte guide sono rivestite in teflon, che ne rende più semplice la lubrificazione e diminuisce la loro

trombogenicità. La lunghezza della guida metallica dovrebbe superare di circa 30-40 cm la lunghezza del catetere all’interno del quale viene inserita. Le funzioni di una guida sono essenzialmente tre: sono in grado di rendere un catetere più rigido e permettere ad esso di compiere una curva; possono aiutare a guidare il catetere localizzandosi fino alla punta dello stesso; infine possono permettere il cambio di un catetere con un altro (“guide di cambio”) (Bussadori e Santilli, 2012)

Cateteri

Sono uno degli elementi fondamentali per l’esecuzione di una cateterizzazione cardiaca. Il diametro esterno dei cateteri viene espresso di solito in French, diversamente da quello delle guide che viene invece espresso in inches. Esistono un gran numero di cateteri diversi che si differenziano essenzialmente in base alla flessibilità del corpo, forma della punta, numero di fori sull’apice del catetere, e presenza o assenza di un pallone nella porzione terminale. Il catetere che viene utilizzato nella valvuloplastica polmonare possiede nella sua porzione terminale un palloncino di forma allungata e un unico foro all’apice del catetere. Viene fatto in modo che il pallone passi attraverso la porzione stenotica, dopo di che viene insufflato per diminuire l’ostruzione. Questo richiede palloni che resistano a pressioni elevate e che abbiano delle pareti rigide e spesse. Per insufflare il pallone viene solitamente utilizzato un mezzo di contrasto (Iodio) in diluizione 1:4 con soluzione fisiologica, permettendo così la sua visualizzazione intraoperatoria al fluoroscopio (Donald P. Schrope , 2005). Per ogni pallone sono specificati la lunghezza (espressa in cm), il diametro una volta insufflato (espresso in mm), l’introduttore richiesto e il diametro massimo della guida che può portare. Ogni pallone è inoltre contraddistinto da una burst pressure espressa in atmosfere (atm), che

in sicurezza, ossia senza rischio di rotture. In generale, maggiori sono le dimensioni del pallone, minore è la sua burst pressure.

Fig. 11 Strumentario per la valvuloplastica polmonare

Procedura interventistica

Generalmente, la mattina dell’intervento non vengono somministrate le terapie cardiologiche al paziente in quanto farmaci come beta bloccanti assunti la mattina dell’intervento potrebbero rafforzare la bradicardia e l’ipotensione dati dall’anestesia (Schrope D.P., 2005).

Esistono due diversi accessi venosi che possono essere utilizzati per la valvuloplastica, la vena giugulare o la vena femorale. L’utilizzo della giugulare risulta essere più vantaggioso rispetto all’altra per diverse ragioni: innanzitutto possiede dimensioni maggiori, il che risulta importante in quanto alcuni cateteri utilizzati per l’intervento hanno

vena femorale e infine, quando il catetere viene inserito all’interno della vena cava cava craniale c’è una tendenza naturale del catetere al passaggio in atrio destro, quindi valvola tricuspide, ventricolo destro fino ad essere direzionato nel tratto di efflusso ventricolare.

L’accesso vascolare inoltre, può essere effettuato tramite due metodologie diverse, ossia attraverso l’esposizione chirurgica del vaso (cut-down technique) o mediante approccio percutaneo (tecnica di Seldinger modificata). La tecnica percutanea ha il vantaggio di evitare incisioni di grandi dimensioni, portando a un trauma minore e quindi alla possibilità di riutilizzare il vaso in futuro. Nell’esposizione chirurgica del vaso, invece, in seguito alla procedura viene effettuata una legatura permanente. (Schrope D.P., 2005).

Solitamente il paziente viene posizionato in decubito laterale destro per permettere l’accesso alla vena giugulare sinistra. Una volta eseguito lo scrub chirurgico con alchool e betadine si procede al drappeggio con teli sterili e pinze fissateli. La cute viene incisa con un bisturi e viene effettuata emostasi dei vasi sottocutanei. Con una forbice da dissezione

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