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Valvuloplastica polmonare: indicazioni, risultati e follow-up nelle differenti varianti morfologiche

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

TESI DI LAUREA

Valvuloplastica polmonare: indicazioni, risultati e

follow up nelle differenti varianti morfologiche

Candidato: Relatore:

Tiziano Bertuccini Prof. Iacopo Vannozzi

Correlatore:

Dott. Alessandro Zani

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INDICE

INTRODUZIONE 3

CAPITOLO 1 Cenni di Embriologia, Anatomia e Fisiologia cardiaca 4

1.1 Embriologia cardiaca 5

1.2. Anatomia cardiaca 13

1.2.1 Conformazione esterna del cuore 13

1.2.2 Conformazione interna del cuore 17

1.3 Fisiologia cardiaca 26

CAPITOLO 2 Cenni di Ecocardiografia 28

2.1 Principi di fisica degli ultrasuoni 29

2.3 Ecocardiografia Monodimensionale, Bidimensionale e Doppler 32

CAPITOLO 3 Stenosi Polmonare 42

3.1 Cardiopatie congenite del cane 43

3.2 Embriologia e genetica 44

3.3 Classificazione della stenosi polmonare 45

3.4 Fisiopatologia e rilievi clinici 49

3.5 Elettrocardiografia e Radiografia 51

3.6 Rilievi ecocardiografici 52

3.7 Prognosi e Terapia 56

CAPITOLO 4 Parte sperimentale 71

4.1 Obiettivi dello studio 72

4.2 Descrizione della popolazione 73

4.3 Materiali e metodi 75 4.5 Analisi statistica 80 4.5 Risultati 84 4.6 Conclusioni 90 BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI

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Introduzione

La stenosi polmonare è una delle cardiopatie congenite di più comune

riscontro nel cane. Descritta per la prima volta nel 1982, la valvuloplastica polmonare percutanea rappresenta oggi il trattamento d’elezione per le forme congenite di stenosi polmonare valvolare nel cane. La patologia decorre spesso in forma asintomatica e viene solitamente viene diagnosticata per rilievo occasionale di un soffio durante la visita clinica nei cuccioli. Proprio per il suo decorso in forma asintomatica, la patologia può non rendersi evidente ed essere riscontrata quando l’animale ha già raggiunto età più elevate. Nessuna terapia viene messa in atto in assenza di sintomatologia, a meno che la patologia non sia particolarmente grave. In base ad una valutazione morfologica della valvola polmonare, i pazienti possono essere divisi in tre categorie: stenosi di tipo A; stenosi di tipo B e mista. In base alla gravità della patologia possono essere invece divisi in tre classi: lieve; moderata; severa. Nella letteratura veterinaria, la procedura interventistica risulta maggiormente indicata per le forme di stenosi polmonare di tipo A, mentre è controindicata nelle forme di stenosi di tipo B, caratterizzate da ipoplasia dell’anulus polmonare. Spesso infatti, nei pazienti con stenosi di tipo B, il gradiente polmonare raggiunto in seguito alla procedura interventistica tende a risalire e a raggiungere nuovamente pressioni elevate, tali da necessitare a volte di un secondo intervento. Spesso, negli studi attualmente presenti, restano fuori dalle indicazioni terapeutiche i pazienti che possiedono stenosi di tipo misto, ossia quelle forme che non è possibile inserire in una delle precedenti. A tal proposito, lo studio eseguito si propone lo scopo di valutare come l’intervento di valvuloplastica polmonare influisca sulle tre tipologie di stenosi e seguirne gli sviluppi durante un follow-up pianificato, al fine di individuare l’andamento del gradiente polmonare tra il pre operatorio e il successivo controllo ad un anno.

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Capitolo 1

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1.1 Embriologia cardiaca

Il cuore si origina a partire da due strutture tubulari, dette tubi endocardici, che si formano in una regione a ferro di cavallo(area cardiogenetica) posta a circondare la porzione più cefalica dell’area embrionale. L’area cardiogenetica risulta compresa tra la parete endodermica del sacco vitellino, ventralmente, e la cavità celomatica, dorsalmente. I tubi endocardici derivano dal mesoderma splancnico (corde cardiogeniche). Gradualmente i due tubi endocardici iniziano a fondersi tra loro in senso cranio-caudale fino a formare un’unica struttura tubulare costituita da mesoderma, endoderma e materiale extracellulare (sostanza gelatinosa)1. Il mesenchima circostante va poi

incontro a ispessimento fino a formare il mantello epimiocardico. In questo stadio il tubo endocardico è separato dal mantello epimiocardico da un fluido viscoso chiamato gelatina cardiaca, ricco di collagene e di glicoproteine, che verrà poi invasa da cellule mesenchimali. Le funzioni della gelatina cardiaca sono essenzialmente due: consente che modeste contrazioni del miocardio provochino la chiusura del lume endocardico permettendo così al cuore di funzionare come una pompa peristaltica anche quando è formato da un semplice tubo; inoltre la gelatina, come accennato, funziona come matrice per la migrazione di cellule mesenchimali provenienti dall’endocardio e destinate a formare i tessuti connettivi all’interno dei setti e delle valvole cardiache 2.

Infatti, le cellule mesenchimali si raccolgono in seguito al livello del canale atrio-ventricolare e del bulbo costituendo i cuscinetti endocardici, dai quali prenderanno origine le valvole atrio-ventricolari e semilunari. La parete interna del tubo endocardico diventerà poi

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l’endocardio, mentre il mantello mioepicardico andrà a formare il miocardio e l’epicardio. Con la crescita dell’embrione, il tubo endocardico si allunga e forma una serie di dilatazioni e restringimenti, portando all’individuazione delle camere primitive, che in senso cranio-caudale sono: il tronco arterioso, il bulbo, il ventricolo, l’atrio e il seno venoso. Il tronco arterioso protrude cranialmente e forma il sacco aortico (tenuto in sede dall’arco aortico/brachiale); il seno venoso inizialmente è posto invece al di fuori della cavità pericardica (tenuto in sede dal setto trasverso).

Poiché l’accrescimento della porzione bulbo-ventricolare risulta più rapido rispetto a quello della cavità pericardica stessa, il tubo endocardico è costretto a flettersi su se stesso, ripiegandosi a forma di S, portando la giunzione atrio-ventricolare ad occupare la porzione sinistra del pericardio, e lasciando la porzione destra di competenza del

bulbo. Parallelamente, il tubo endocardico accrescendosi

principalmente in senso dorso-craniale, fa si che l’atrio venga a trovarsi più craniale e dorsale rispetto alla porzione del bulbo e del ventricolo. Essendo la giunzione tra le camere molto stretta vengono a crearsi un canale atrioventricolare (tra atrio e ventricolo primitivo) e un forame interventricolare primitivo (tra il ventricolo primitivo e il bulbo). Negli stadi successivi della formazione delle camere, si verranno a formare due diverticoli lungo il margine ventrale del tubo endocardico, portando ad una espansione camerale e conferendo a queste un aspetto trabecolare. Anche se in questo momento il cuore primitivo appare ancora come un singolo tubo, il suo aspetto esterno appare già abbastanza suggestivo della sua futura struttura a quattro cavità. Il ventricolo primitivo diventerà il ventricolo sinistro, e la porzione prossimale trabecolata del bulbo diventerà il ventricolo destro. Il terzo medio del bulbo (cono cardiaco), diventerà la porzione di efflusso di

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entrambi i ventricoli, mentre il terzo distale diventerà la parte prossimale dell’aorta ascendente e dell’arteria polmonare principale.

Fig.1 Vedute dorsali (fila di sinistra) e ventrali (fila di destra) della

morfogenesi esterna del cuore (Noden M., Embriologia degli animali domestici, sviluppo normale e malformazioni congenite, Milano, 1991)

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La ripartizione del cuore in quattro camere, quattro valvole e due grandi arterie si ha in seguito alla formazione di sette diversi setti. Di questi, tre vengono a formarsi passivamente (setto secondario, la porzione muscolare del setto interventricolare e il setto aortico-polmonare); altri tre derivano da un processo di formazione attivo (setto del canale atrioventricolare, il setto spirale e il setto tronco) , infine uno inizia passivamente ma si completa in maniera attiva (setto primario).

Seno venoso: il corno destro del seno venoso va incontro a

ingrandimento e completa fusione con la parete dorsale dell’atrio destro, andando a formare quello che verrà chiamato seno delle vene cave. Il corno sinistro, invece, non viene del tutto incorporato nella parte del cuore e forma il seno coronario.

Setto atriale: la divisione tra gli atri viene a crearsi in seguito alla

formazione di due diversi setti, che vengono chiamati setto primario e setto secondario. Il setto primario origina in seguito ad un’introflessione del tetto atriale formata dal tronco arterioso. Questo si estende ventralmente, attraverso il canale atrioventricolare, in direzione dei cuscinetti endocardici. Tra le branche ventrali del setto primario, dorsalmente ai cuscinetti, rimane un’apertura chiamata foro primario, che consente il passaggio del sangue dalla porzione destra dell’atrio a quella sinistra. In seguito, la fusione del setto primario con i cuscinetti endocardici al livello del canale atrioventricolare porta alla totale chiusura dell’ostio. Allo scopo di mantenere il flusso sanguigno dall’atrio destro al sinistro, nella parte dorsocraniale del setto primario si forma una seconda apertura chiamata foro secondario, che compare prima della chiusura del foro primario, per confluenza in un’unica

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apertura di numerose piccole perforazioni. Successivamente, a destra del setto primario si sviluppa un’altra lamina mesenchimale chiamata setto secondario, di spessore maggiore del precedente, che si accresce caudalmente a partire dal margine craniale dell’atrio. Il setto secondario non si estende completamente attraverso l’atrio, cosicché la sua estremità posteriore concava, diretta verso lo sbocco della vena cava caudale, resta libera e l’apertura che si viene a formare in seguito all’incompleto sviluppo del setto secondario prende il nome di foro ovale. Il due setti restano separati durante la vita fetale, e ciò consente il flusso di sangue dall’atrio destro al sinistro. Poiché il foro ovale è rivolto verso la vena cava caudale, riceve molta parte del sangue refluo da questa, compreso anche il sangue ossigenato proveniente dalla placenta, risultando in una pressione più elevata nel comparto destro. Mentre una porzione di sangue viene deviata a sinistra ed entra in circolo attraverso l’aorta discendente, la restante parte di sangue viene comunque immessa nel tronco polmonare, da dove la maggior parte è indirizzata comunque verso l’aorta, attraverso la presenza del dotto arterioso che mette in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta. Alla nascita i due setti vanno incontro a unione per formare il setto interatriale, soprattutto in conseguenza della diminuzione della pressione all’interno dell’atrio destro e al concomitante aumento in quello sinistro dovuto all’ingresso di sangue proveniente dai polmoni. É importante tenere presente che il foro secondario e il foro ovale non si sovrappongono; il primo infatti è posto craniodorsalmente nel setto primario, mentre l’altro è posto caudalmente nel setto secondario, per cui quando i due setti sono giustapposti non esiste più comunicazione tra l’atrio destro e il sinistro. L’apposizione dei setti avviene nel giro di pochi minuti dopo la nascita e anche se la completa fusione avviene dopo diverse settimane, il passaggio risulta funzionalmente chiuso.

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Canale atrioventricolare: il mesoderma nel canale atrioventricolare

va incontro a proliferazione, portando alla formazione di rigonfiamenti al livello della parete dorsale e ventrale del canale atrioventricolare. Questi rigonfiamenti, chiamati cuscinetti endocardici, vanno incontro ad una crescita di tipo attivo fino a fondersi in un unico cuscinetto endocardico che divide il canale atrioventricolare primitivo in due canali distinti chiamati orifizi atrioventricolari destro e sinistro.

Tronco arterioso e bulbo: mentre i cuscinetti endocardici

atrioventricolari e il setto primario suddividono il sangue che entra nel ventricolo comune facendolo passare attraverso un canale destro e uno sinistro, anche le regioni del tronco e del bulbo, che garantiscono la fuoriuscita del sangue, vengono divise in due canali separati in seguito alla formazione di una coppia di cuscinetti endocardici all’interno del tronco arterioso e della porzione bulbare (cono) del bulboventricolo. I cuscinetti del tronco arterioso si formano per primi e si spingono nel lume del tronco dai lati destro e sinistro mentre si sta formando l’ansa bulboventricolare. Nel giro di 2-3 giorni nel cane e di 5-6 nella maggior parte degli altri animali domestici, questi cuscinetti opposti si fondono a formare il setto del tronco arterioso (setto aorticopolmonare). Questo si avvolge leggermente a spirale in modo che il piano che decide il tronco arterioso ruota in senso orario in direzione craniale 2. Creste

simili si formano nella regione bulbare del bulbo-ventricolo, ma questi cuscinetti bulbari originano dal margine dorsale destro e ventrale sinistro della parete cardiaca. I cuscinetti endocardici nel bulbo e nel tronco crescono insieme e si fondono con il setto aorticopolmonare e questo determina la suddivisione del flusso in uscita dal cuore tra due canali che, avvolgendosi in un’ampia spirale in senso orario, salgono dalla porzione media del bulbo alle radici delle arterie polmonari e sistemiche. Il setto che opera questa divisione viene chiamato setto

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e del bulbo si accrescono notevolmente. Cranialmente i due canali risultano completamente separati in modo da formare il tronco polmonare e l’aorta ascendente. Il punto di ramificazione delle arterie polmonari dal tronco polmonare segna il livello originario del setto aorticopolmonare. Il bulbo cardiaco e il setto del bulbo vengono completamente incorporati nel cuore.

Setto interventricolare: l’accrescimento del ventricolo, che è posto

sul lato sinistro del cuore e ventralmente, dopo il ripiegamento ad ansa del bulbo-ventricolo, provoca lo spostamento del canale atrioventricolare unico dal lato sinistro verso il centro del cuore. Una volta che si sono formati e fusi sia i cuscinetti atrioventricolari che quelli del tronco-bulbari, il passo successivo è il collegamento che dovrà avvenire tra canale AV destro con il ventricolo destro e il tronco polmonare e il canale AV sinistro attraverso il ventricolo sinistro con l’orifizio della radice dell’aorta. La formazione e l’accrescimento del setto interventricolare avvengono più come conseguenza di un’espansione caudale e, soprattutto, di un’ipertrofia della parete del bulboventricolo che per allungamento di un setto mediano. Il diametro della porzione mediana dell’ansa bulboventricolare resta relativamente invariato, mentre il ventricolo a sinistra e il bulbo a destra si accrescono rapidamente in direzione caudoventrale. L’accrescimento di queste cavità si realizza con un processo chiamato trabecolazione, che consiste nella divisione delle cellule mesenchimali e miocardiche, mentre contemporaneamente quelle endocardiche vanno incontro a degenerazione. Proprio questa differenza nell’estensione della morte cellulare è la causa responsabile della superficie irregolare luminale dei ventricoli e anche del mantenimento dei cordoni muscolari e tendine che attraversano le cavità ventricolari, compresi i muscoli papillari. La chiusura completa del setto interventricolare avviene gradualmente, in fatti in un primo momento persiste la presenza di un foro relativamente

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ampio, detto forame interventricolare. Con lo svilupparsi poi del setto bulbare, con l’accrescersi dei cuscinetti endocardici e con il continuo estendersi del setto interventricolare , il forame interventricolare si chiude completamente. Con la partecipazione degli ispessimenti endocardici, privi di muscolatura, si forma la parte membranosa del setto interventricolare.

Formazione delle valvole: le valvole atrioventricolari si formano per

rimodellamento e perdita selettiva del tessuto a carico delle pareti ventricolari. Quando le cavità ventricolari si dilatano e le pareti si ipertrofizzano e si presenta anche trabecolazione in conseguenza di morte cellulare localizzata, propaggini mesenchimali della parete cardiaca di estendono dai cuscinetti endocardici AV alla parete ventricolare restano nella loro posizione originale e vanno a formare i lembi delle valvole AV e le corde tendinee. Dopo la formazione e la fusione delle creste del tronco arterioso, nella parete dei tronchi polmonare ed aortico compaiono tre rigonfiamenti che si espandono nel lume di ciascun vaso. La base di origine di ogni rigonfiamento, abbastanza grossolana all’inizio, di questi abbozzi dei lembi a nido di rondine delle valvole semilunari, diventa più sottile in seguito a degenerazione cellulare 3.

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Fig. 2 Fasi successive di compartimentalizzazione del cuore. (Noden

M., Embriologia degli animali domestici, sviluppo normale e malformazioni congenite, Milano, 1991)

1.2 Anatomia cardiaca

1.2.1 Conformazione esterna del cuore

Il cuore è un organo cavo che possiede la forma di un cono irregolare, con la punta più o meno ottusa a seconda della specie e diretta in senso ventro-caudale. Avvolto dal pericardio, è alloggiato nel mediastino

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medio, tra il terzo e il sesto spazio intercostale, con i due polmoni che lo avvolgono quasi completamente e che gli sono strettamente uniti per mezzo delle loro radici. La conformazione del cuore dipende da molteplici fattori, la maggior parte specifici, altri individuali. I più importanti sembrano essere il livello di attività fisica e la conformazione del torace. Poiché le pareti del cuore sono quasi interamente costituite da tessuto muscolare, il loro spessore è proporzionale al lavoro fornito. Questa correlazione è particolarmente evidente quando si confrontano i due ventricoli. Il sinistro, che invia sangue in tutto l’organismo, possiede una parete più spessa rispetto al destro, che serve soltanto i polmoni. Infatti, mentre il sinistro concorre a determinare in qualche modo la forma generale dell’organo, il destro si modella sulla sua superficie 4.

Fig.3 a) Faccia sinistra b) Faccia destra

(Pelagalli G.V. - Botte V., Anatomia veterinaria sistematica e

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A causa della sua forma conica, nel cuore si riconoscono: - una base (dorso-craniale), che dà attacco ai grossi vasi;

- un apice libero, diretto verso l’angolo sterno-diaframmatico e più o meno a sinistra;

- due facce, una atriale (destra) e una auricolare (sinistra) - due margini 5.

La base del cuore è essenzialmente costituita dalla massa atriale, che forma una semiluna ispessita la cui concavità abbraccia l’origine dei grossi tronchi arteriosi, tra cui il più superficiale è il tronco polmonare. L’aorta ascendente è in gran parte nascosta tra questo vaso e la massa atriale, nella cui concavità lascia un’impronta. L’arco dell’aorta la prolunga dorso-cranialmente e a sinistra, a contatto del tronco polmonare che si incurva per passare nella concavità dell’arco. La faccia dorsale del complesso atriale, irregolarmente convessa, è divisa mediante una depressione appena accennata in due territori. Cranialmente si estende l’atrio destro, in cui sbocca la vena cava

craniale, la cui terminazione riceve la vena azigos destra. La parte più caudale e ventrale dell’atrio destro mostra lo sbocco della vena cava caudale. L’atrio si prolunga alla sua estremità opposta mediante l’auricola destra, che si incurva cranialmente . Questa appendice è libera, mobile e termina con un fondo cieco arrotondato.

La faccia atriale è quella che mostra la maggior parte degli atrii e gli sbocchi delle grosse vene. L’atrio destro occupa quasi i suoi due terzi craniali. Liscia e convessa, questa parte riceve sulla sua volta la vena cava craniale e alla sua estremità ventro-caudale la vena cava caudale. Caudalmente e a sinistra l’atrio sinistro occupa un’estensione quasi due volte minore del precedente. In esso sboccano le vene polmonari, in

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particolare quelle del polmone destro, che passano dorsalmente alla vena cava caudale.

La parte ventricolare, quasi due volte più estesa, forma un triangolo curvilineo. Liscia e regolarmente convessa da un margine all’altro, è percorsa da un solco profondo che si estende dal solco coronario fino in vicinanza dell’apice. Cranialmente ad esso si estende il ventricolo destro, la cui parete risulta più flaccida e comprimibile. Caudalmente invece si sviluppa il ventricolo sinistro, che è di consistenza notevole, quasi rigido. L’apice cardiaco appartiene totalmente al ventricolo sinistro.

La faccia auricolare è quella dove è possibile osservare le auricole. Il

solco coronario, stretto e profondo sotto le auricole che tendono a coprirlo, è ampiamente interrotto dal tronco polmonare, che, a questo livello, continua il cono arterioso del ventricolo destro e nasconde l’aorta ascendente. L’auricola sinistra si estende caudalmente e a sinistra, mentre l’auricola destra è craniale e a destra. Tutte e due sono lisce e convesse, più o meno dentellate a livello del loro margine ventrale.

La parte ventricolare, liscia e convessa, è divisa da un profondo solco interventricolare paraconale. Questo solco si inizia caudalmente e a destra del tronco polmonare e termina non all’apice ma a una distanza più o meno grande da esso, sul margine ventricolare destro che esso contorna in direzione della faccia opposta. Il solco contiene i vasi omonimi, avvolti da tessuto adiposo.

Le due facce del cuore si raccordano mediante due margini, detti ventricolare destro e ventricolare sinistro; ciò significa che gli aggettivi destro e sinistro si riferiscono non alla loro reale orientazione, variabile

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a seconda delle specie, ma alla loro appartenenza al cuore destro o sinistro e specialmente al corrispondente ventricolo.

Il margine ventricolare destro è craniale nei mammiferi domestici; la sua parte dorso-craniale, liscia e arrotondata, appartiene alla base dell’agricola destra. Sotto il solco coronario la maggior parte della sua estensione è occupata dal ventricolo destro. Tuttavia la parte vicino all’apice appartiene al ventricolo sinistro.

Il margine ventricolare sinistro è caudale e più breve del precedente. La sua parte auricolare mostra gli sbocchi delle vene polmonari. La sua parte ventricolare appartiene completamente al ventricolo sinistro.

L’apice è costituito dalla massa ventricolare sinistra. È libero e arrotondato 4.

1.2.2 Conformazione interna del cuore

Nel cuore si distinguono quattro cavità, due atri e due ventricoli, rispettivamente destri e sinistri. L’atrio e il ventricolo di destra non sono in comunicazione con le camere controlaterali. I primi rappresentano il cuore di destra o venoso, i secondi il cuore di sinistra o arterioso. Negli atri la parete risulta più sottile rispetto a quella ventricolare, dove invece appare più spessa per il maggior sviluppo miocardico, che risulta particolarmente sviluppato nel ventricolo sinistro.

Latrio destro è disposto sopra al ventricolo destro e davanti all’atrio sinistro. La sua parete esterna è visibile sulla faccia destra del cuore. Presenta una cavità di forma cuboide per cui offre quattro pareti,(craniale, caudale, laterale e mediale), la volta e il pavimento.

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Quest’ultimo è occupato dall’ostio atrioventricolare destro, che lo mette in comunicazione con il ventricolo destro. Questo ostio è delimitato da un cercine che dà attacco ai lembi della valvola tricuspide. La parete mediale e caudale concorrono a formare il setto interatriale, che presenta una depressione, la fossa ovale, circondata da un rilievo muscolare, il lembo della fossa ovale. Entrambe queste formazioni sono il residuo del forame ovale di Botallo, che metteva in comunicazione le cavità atriali durante la vita fetale. La parete caudale e la volta presentano una dilatazione che prende il nome di seno delle vene cave, dove sboccano le suddette vene, craniale e caudale, che drenano rispettivamente la porzione craniale e caudale del corpo. L’ostio della vena cava posteriore si presenta di forma circolare ed è sprovvisto di valvola. Più dorsalmente si trova l’ostio della vena cava craniale ed è di dimensioni minori rispetto al precedente. Tra i due osti è presente un lembo muscolare abbastanza robusto, il tubercolo intervenoso, che ha la funzione di dividere il flusso sanguigno proveniente dai due vasi. Inferiormente allo sbocco della vena cava caudale si riscontra l’orifizio del seno coronarico (drenante la circolazione coronarica), che rappresenta lo sbocco della grande vena cardiaca, provvisto di una valvola rudimentale (valvola di Tebesio). Nello stesso seno si apre anche la vena cardiaca media, mentre le piccole vene cardiache craniali si immettono isolatamente nella parete anteriore dell’atrio. A sinistra e anteriormente la parete dell’atrio si prolunga nell’auricola (auricola destra, diverticolo di forma piramidale che passa davanti all’origine dell’aorta e si spinge con l’apice ad abbracciare la porzione anterolaterale del tronco polmonare). La cavità dell’auricola appare irregolare poiché sulle sue pareti si trova numerosi rilievi muscolari anastomizzati tra loro, i muscoli pettinati. Anche sulla superficie interna dell’atrio destro ci sono creste pronunciate, formate da estese fasce di muscoli pettinati e dorsalmente queste concorrono a costituire la cresta

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occupato dalla valvola atrioventricolare destra o tricuspide, che regola l’ingresso al ventricolo destro. Come suggerisce il suo nome, la valvola tricuspide è composta da tre ampi foglietti (lembi o cuspidi), ciascuno dei quali ha forma grossolanamente triangolare con due lati liberi ed un terzo (base) inserito sull’anello fibroso dell’ostio atrioventricolare (quest’ultimo di forma ovale e orientato obliquamente). I lembi sono ancorati ai muscoli papillari del ventricolo destro da una serie di corde tendinee. Questi muscoli hanno il compito di impedire il ribaltamento delle cuspide all’interno dell’atrio durante la sistole ventricolare, contribuendo a mantenere quindi l’ostio obliterato. Le tre cuspidi hanno posizione rispettivamente craniale, caudale e laterale: un lembo è settale, uno si trova sul margine destro (parietale) e il terzo si trova tra l’apertura della valvola atrioventricolare e il tratto di efflusso destro (angolare). In ciascun lembo valvolare è possibile distinguere due facce: assiale e parietale. La prima guarda verso il lume e si presenta liscia; la seconda è orientata verso la parete del ventricolo ed ha aspetto reticolare per via delle inserzioni delle corde tendinee, che dai margini si prolungano sulla superficie valvolare. Sulla superficie interna del ventricolo si individuano tre muscoli papillari: due in corrispondenza del setto interventricolare e il terzo sulla parete anteriore. Da ciascuno di questi si staccano diverse corde tendinee che possono raggiungere più di un lembo valvolare; si costituiscono così delle arcate tendinee lungo i margini di ogni cuspide 5-6.

Il ventricolo destro corrisponde esternamente al margine anteriore, a parte della faccia sinistra nella sua porzione craniale e a circa due terzi della faccia destra. La sua cavità assume una forma piramidale con l’apice posto in basso e la base in altro. La sua faccia anteriore è delimitata dalla sua parete libera ed è concava; la sua faccia posteriore, più spessa, è convessa e corrisponde al setto interventricolare. In sezione trasversale appare di forma semilunare a concavità caudale.

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Sulla volta della cavità si trova a destra l’ostio venoso (ostio atrioventricolare destro) che rappresenta la comunicazione con il sovrastante atrio e a sinistra l’ostio arterioso, da cui origina il tronco dell’arteria polmonare; tra i due orifizi fa rilievo nel ventricolo la cresta sopraventricolare. Essa consente di definire all’interno del ventricolo una camera di afflusso e una di efflusso. La prima, detta anche porzione venosa, è situata al sotto dell’ostio atrioventricolare; la seconda, detta anche cono arterioso, è situata più anteriormente e a sinistra, in corrispondenza dell’ostio arterioso. Nella porzione ventrale le due camere entrano in comunicazione, mentre nella porzione dorsale sono separate dalla cuspide craniale della valvola atrioventricolare e dalla cresta sopraventricolare. Ventralmente, il ventricolo destro non raggiunge l’apice cardiaco. Si estende dorsalmente e a sinistra per formare il tratto di efflusso destro che porta all’arteria polmonare principale attraverso la valvola polmonare (valvola semilunare destra). Essa è formata da una porzione fibrosa, detta anulus e tre cuspidi. Quest’ultime appaiono come delle strutture sottili e semitrasparenti, ancorate all’annulus al livello della loro base. Le cuspidi, vista la loro forma triangolare, si incontrano nel mezzo e chiudono l’orifizio valvola durante la fase di diastole. In sistole invece le cuspidi vengono spinte dorsalmente fino ad appoggiarsi al livello della parete dell’arteria polmonare principale, permettendo così il flusso di sangue verso il circolo polmonare. In base alla loro posizione esse assumono nomi diversi: cuspide craniale, destra e cuspide sinistra (Fig.4)

.Le cuspidi destra e sinistra sono parzialmente contigue con le cuspidi sinistra e destra della valvola aortica. A causa della loro forma, rigidità e diametro relativamente piccolo, le valvole semilunari sono stabilizzate senza corde tendinee.

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Fig.4 Cuore (semplificato), visuale superiore mostrante le valvole

atrioventricolari e semilunari.

La superficie interna del ventricolo è piuttosto irregolare per la presenza di numerosi rilievi muscolari, le colonne carnose. Tali formazioni, che mancano solo in corrispondenza del cono arterioso, sono di tre ordini. Quelle di primo ordine sono costituite dai muscoli papillari, il cui corpo stabilisce stretti rapporti con la parete del ventricolo, ma in parte si distingue da essa spingendosi libero nel lume. Dalla porzione apicale di questi muscoli si distaccano le corde tendinee, destinate ai lembi della valvola tricuspide. Le colonne carnose di secondo ordine sono trabecole muscolari che hanno le estremità

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infine, aderiscono completamente alla parete ed appaiono come rilievi della superficie interna. Nel ventricolo si riscontra un particolare fascio moderatore costituito da una trasecola trasversale che dalla parete settale si porta a quella anteriore e collabora ad evitare il suo sfiancamento durante la diastole. Questa formazione comprende una struttura connettivale centrale, spesso rinforzata da fibre muscolari, su cui aderisce l’endocardio 5-6.

L’arteria polmonare principale o tronco polmonare origina dal lato sinistro del ventricolo destro e compie un arco in direzione dorso-caudale, portandosi a sinistra della radice aortica e dorsalmente all’orecchietta sinistra. Incrocia mediamente l’aorta e per un breve tratto assume un andamento ortogonale rispetto a quest’ultima. Caudalmente alla radice aortica si biforca poi in ramo destro e sinistro, che emergono lateralmente rispettivamente al bronco destro e bronco sinistro. L’arteria polmonare destra passa sopra la parte craniale dell’atrio sinistro e sotto la trachea, mentre l’arteria polmonare sinistra è in contatto con la maggior parte della superficie dorsale dell’atrio sinistro 7.

L’atrio sinistro è situato sopra al ventricolo sinistro e occupa la porzione posteriore sinistra della base cardiaca. Rispetto al destro presente dimensioni più piccole, ma allo stesso modo la sua forma è sempre cuboidale. Presente alla descrizione quindi quattro pareti, la volta e il pavimento. Internamente le sue pareti sono prevalentemente lisce. Prende rapporti anteriormente con il tronco polmonare e la parte iniziale dell’aorta. Sulla faccia inferiore è disposto l’ostio atrioventricolare sinistro, che si apre sul ventricolo sottostante. La parete craniale e mediale presenta una depressione delimitata da

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piccole pieghe che corrisponde alla fossa ovale riscontrata nell’ario destro. Sulle pareti dorsale e posteriore sussistono gli sbocchi delle vene polmonari che sono in numero variabile di 6-7, in genere riunite in due gruppi. La cavità atriale si continua nell’auricola sinistra, di forma pressoché piramidale. Questa prende rapporti cranialmente con l’origine dell’aorta e si spinge con il suo apice fino all’arteria polmonare. Nella cavità auricolare fanno rilievo sulle pareti diversi muscoli pettinati, menò sviluppati però rispetto a quelli dell’auricola destra. I muscoli pettinati mancano invece sulle pareti dell’atrio.

L’auricola sinistra è più appuntita dell’auricola destra e manca di una cresta terminale. Nell’atrio sinistro mancano gli estesi muscoli pettinati che caratterizzano l’atrio destro. Può essere apprezzata una depressione sulla superficie settale, in corrispondenza del sito del forame ovale fetale. Il piano ventrale dell’atrio sinistro è costituito dalla valvola atrioventricolare sinistra, valvola mitrale o bicuspide. Questa è costituita da due ampi foglietti, il settale e il parietale, che sono più ampi e spessi di quelli della valvola tricuspide.

Il ventricolo sinistro possiede pareti circa tre volte più spesse di quelle del ventricolo destro e costituisce la maggior parte della faccia caudale del cuore includendo l’apice. La cavità del ventricolo sinistro ha una forma di cono a base superiore, leggermente schiacciato in senso anteroposteriore; la sua punta corrisponde all’apice cardiaco. La porzione di parete che forma la divisione tra ventricolo sinistro e ventricolo destro è chiamata setto interventricolare mentre la porzione opposta è definita parete libera del ventricolo sinistro. Provenienti dalla parete libera sono due grandi muscoli papillari che sono collocati in maniera simmetrica sul lato destro e sinistro della parete libera e ancorano le corde tendinee della valvola mitrale. Il setto interventricolare si espande dall’apice del cuore in direzione degli atri

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nella zona che separa gli osti aortico e polmonare. E ’costituito essenzialmente da una spessa lamina muscolare ad esclusione di una piccola area situata in prossimità dell’ostio aortico, denominata pars membranacea, fatta di tessuto connettivale. Questa si distingue per il suo colore biancastro e corrisponde alla zona di chiusura del setto interventricolare durante lo sviluppo embrionale del cuore. Il ventricolo è definito in avanti dal setto interventricolare, lateralmente dalle pareti del cuore e all’indietro dal margine caudale; tutte queste componenti sono molto spesse. Sulla volta della cavità si notano posteriormente l’ostio atrioventricolare sinistro e anteriormente l’ostio aortico separati tra loro dalla cuspide anteriore della valvola atrioventricolare. Di conseguenza, anche nella porzione alta del ventricolo sinistro è possibile distinguere una camera di efflusso ed una di afflusso. L’ostio atrioventricolare sinistro ha forma ovoidale, con diametro maggiore trasversale. E ’definito da un cercine fibroso su cui si impiantano i due lembi o cuspidi della valvola atrioventricolare sinistra, per questo definita valvola bicuspide o mitrale. I lembi hanno forma grossolanamente triangolare e sono impiantati con la loro base all’anello fibroso. I due margini liberi ricevono le corde tendinee dei muscoli papillari. Le cuspidi hanno faccia assiale liscia volta verso il lume del ventricolo, e faccia parietale piuttosto rugosa poiché a questo livello si inseriscono numerose corde tendinee provenienti dai muscoli papillari. Nel ventricolo sinistro si possono riconoscere due muscoli papillari, che sono posti rispettivamente anteriormente e posteriormente sulla parete propria del ventricolo. Hanno forma cilindrica e sono ben rilevati sulla superficie interna della cavità. Dal loro apice si staccano numerose corde tendinee, abbastanza consistenti, che raggiungono i bordi dei lembi valvolari e si continuano poi sulla faccia parietale delle cuspidi. Il lembo valvolare anteriore, come si è detto, fornisce anche la separazione tra camere di afflusso

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ed efflusso; per tale motivo è spesso indicato come cuspide aortica della mitrale.

L’ostio aortico è collocato all’origine dell’aorta, al termine della camera di efflusso. Si presenta di forma ovale ed è delimitato da un cercine su cui si impiantano le tre valvole semilunari di sinistra (valvole aortiche). Queste presentano forma di mezzaluna e sono impiantate rispettivamente sul tratto sinistro, anteriore destro e posteriore del

cercine ed hanno consistenza maggiore di quelle dell’ostio polmonare

più forti e più spesse). Le cuspidi sono attaccate al tessuto fibroso e cartilagineo che comprime l’anulus aortico. Il segmento prossimale dell’aorta (aorta ascendente) si estende dorsalmente e cranialmente tra l’arteria polmonare principale a sinistra e l’atrio destro a destra. Poi continua caudalmente e a sinistra come aorta discendente. La parete dell’aorta, compresa all’interno del bordo legato di ciascuna valvola, si espande appena nei seni di Valsalva (bulbo dell’aorta) che rappresenta la base dell’aorta. La giunzione sino- tubulare segna il punto dove i vasi iniziano ad essere più tubulari. Per dotare di sangue il miocardio, due arterie coronarie nascono dalla porzione destra e sinistra del seno di Valsalva. La terza parte del seno, localizzata più caudalmente, manca di un’arteria coronaria ed è definito seno settale (non coronario). La stessa terminologia è applicata alle cuspidi della valvola aortica. Il legamento arterioso può essere trovato nel sito corrispondente al resto del dotto arterioso, un vaso che unisce l’arteria polmonare principale all’aorta discendente nel feto. La superficie interna della cavità del ventricolo è irregolare per la presenza delle colonne carnose, più numerose di quelle del ventricolo destro. Esistono anche trabecole sottomarginali che in genere si pongono tra i muscoli papillari ed il setto interventricolare 5-6.

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1.3 Fisiologia cardiaca

Il sistema cardiovascolare può essere distinto in due circolazioni diverse, che sono la circolazione sistemica e la circolazione polmonare. La presenza di apposite valvole all’interno del sistema fanno sì che il flusso sia indirizzato in un unico senso. Il sangue ossigenato scorre dal sistema capillare polmonare all’interno delle vene polmonari che convogliano il sangue nell’atrio sinistro. Da qui il sangue passa al ventricolo sinistro che pompa il sangue in aorta, irrorando così i diversi tessuti dell’organismo. Il sangue refluo dalla grande circolazione torna al livello cardiaco tramite le vene cave ( craniale e caudale) che drenano rispettivamente le porzioni craniali e caudali del corpo. Il sangue refluo tramite le vene cave viene quindi convogliato in atrio destro, poi nel ventricolo destro e infine tramite l’arteria polmonare viene spinto all’interno del circolo polmonare per essere nuovamente ossigenato. La circolazione sistemica è un sistema ad alta pressione, che raggiunge valori medi di circa 100mmHg nelle arterie di grosso calibro. Elevati valori pressori sono necessari per mantenere l’afflusso di sangue soprattutto agli organi che si trovano al di sopra del cuore, contrastando così le forze di gravità e vincendo le resistenze periferiche del letto vascolare. La circolazione avviene in modo parallelo per garantire l’afflusso ai diversi organi. Il sistema arteriolare è quello che presenta una resistenza maggiore al flusso, poiché le dimensioni delle arteriole sono decisamente minori rispetto a quelle delle arterie, passando da 4 mm a 30 micron di diametro. Questo comporta un notevole abbassamento di pressione nel letto arteriolare. Le arteriole possiedono una muscolatura liscia nella parete e questo gli permette di contrarsi e rilasciarsi per cambiare la resistenza al flusso. I capillari presentano dimensioni ancora minori, circa 0,5 micron e sono costituiti solamente da endotelio. All’interno del letto capillare l’ossigeno diffonde

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dal sangue all’endotelio, fino ai mitocondri all’interno delle cellule. L’anidride carbonica invece entra all’interno del circolo capillare, scorrendo nel sistema di venule e vene fino ad essere convogliata nella vena cava e nel cuore destro. Questo, come già accennato, pompa il sangue nel circolo polmonare, che a differenza della circolazione sistemica, è un sistema a bassa resistenza, con una pressione media nell’arteria polmonare di circa 15 mmHg. L’ossigeno diffonde dagli alveoli al letto capillare e l’anidride carbonica si sposta in senso opposto, per essere poi allontanata con l’espirazione. Il flusso sanguigno medio (mL/min) è lo stesso sia nella circolazione polmonare che in quella sistemica, tuttavia il volume sanguigno nei due sistemi è

molto differente 3-7

Fig.5 Alterazioni emodinamiche in

corso di stenosi polmonare. La resistenza al flusso attraverso la valvola polmonare porta ad un aumento dell pressione diastolica ventricolare destra, con conseguente ipertrofia ventricolare. La pressione nel cuore sinistro, in assenza di difetti interatriale, rimane comunque normale.

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Capitolo 2

Cenni di ecocardiografia

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Nel 1950 Keidel fu uno dei primi ricercatori ad utilizzare gli ultrasuoni per esaminare il cuore; tuttavia, solo a metà degli anni Cinquanta, con Elder ed Hertz, vennero gettate le basi per l’impiego delle tecniche ad impulsi ultrasonici nella descrizione di certi aspetti dell’anatomia cardiaca e, sopratutto, dei movimenti sistolico e diastolico delle sue strutture. L’ecocardiografia trova applicazione da oltre un ventennio in medicina veterinaria, poiché rappresenta un metodo non invasivo di indagine delle condizioni strutturali e funzionali del cuore e dei vasi anche negli animali.

L’effettivo sviluppo dell’applicazione clinica delle differenti tecniche ecocardiografiche ed eco doppler sul cane e sul gatto è avvenuto tra il 1980 e il 1990. Con il termine ecocardiografia si fa riferimento ad una indagine di diagnostica per immagini che sfrutta gli ultrasuoni per esaminare il cuore e registrare informazioni sotto forma di echi, ossia impulsi ultrasonori riflessi. La frequenza massima di udibilità dei suoni per l’orecchio umano è 20.000 cicli/sec (20 kHz), mentre, le frequenze sonore usate in ecocardiografia sono comprese tra 2 e 7 milioni di cicli/sec (2-7 MHz). (Porciello F.,2004)

2.1 Principi di fisica degli ultrasuoni

Le onde sonore sono state impiegate per secoli in campo medico come fonte di informazioni: con l’esame percussorio, infatti, le mani e l’udito funzionano come un ecografo rudimentale inviando dei suoni in profondità nei tessuti e analizzandone gli echi di ritorno. Con l’ecografia la “capacità di risoluzione” dell’esame percussorio è stata notevolmente incrementata mediante l’utilizzo di sistemi che permettono l’invio di suoni ad alta frequenza e l’impiego di apparati di ricezione ed elaborazione elettronici. L’ecografia perciò fonda le sue basi teoriche sulle proprietà delle onde acustiche, ossia onde elastiche in grado di attraversare un mezzo, comprimendo e rarefacendo le particelle che lo

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costituiscono. Le onde elastiche sono caratterizzate da una frequenza (v) e una lunghezza d’onda(λ) che sono inversamente proporzionali tra loro ed in relazione con la velocità di propagazione (C) del suono secondo la formula:

C = λ x v

Un periodo di rarefazione ed un di compressione del mezzo consecutivi costituiscono un ciclo ondulatorio ed innumerevoli cicli ondulatori costituiscono un raggio ultrasonoro. Il termine ultrasuoni viene utilizzato per indicare quelle onde sonore che hanno una frequenza superiore ai 20 kHz, non udibili quindi dall’essere umano. La velocità di propagazione delle onde attraverso un mezzo è direttamente proporzionale alla densità del mezzo stesso, anche se questa in ambito ecografico viene ritenuta pressoché costante, poiché nella maggior parte dei tessuti risulta compresa tra 1500 e 1600 m/sec. La densità del mezzo di propagazione delle onde sonore determina anche il grado di resistenza che queste incontrano nel loro moto; le forze di coesione esistenti tra le particelle che costituiscono i vari tessuti oppongono una sorta di attrito al passaggio degli ultrasuoni. Per questo motivo, gran parte degli ultrasuoni che incontrano tessuti come quello fibroso vengono riflessi e non trasmessi alle regioni sottostanti, mentre quelli che si propagano attraverso organi a contenuto liquido, come la vescica, non danno praticamente origine ad echi.

Nel passaggio da un mezzo a bassa densità ad uno ad alta impedenza acustica , gli ultrasuoni subiscono modificazioni, a seconda dell’angolo e della superficie di incidenza. Interfacce acustiche a superficie liscia provocano riflessione speculare o rifrazione degli ultrasuoni , a seconda che l’angolo di incidenza sia uguale o diverso a 90°. Raggi ultrasonori che incontrano un mezzo ad alta impedenza acustica con un angolo di 90° provocano la creazione di echi di ritorno alla sorgente stessa degli ultrasuoni, permettendo quindi di stabilire l’esatta profondità della

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prodotto della velocità di propagazione delle onde per la metà del tempo che intercorre tra il loro invio e la loro ricezione. Nel caso in cui l’angolo di incidenza sia diverso da 90°, il fascio ultrasonoro viene in parte riflesso in maniera non speculare ed in parte subisce una deviazione. Quest’ultima è provocata dalla diversa velocità di propagazione delle onde sonore attraverso i diversi mezzi ed è proporzionale alla differenza di impedenza acustica dei due mezzi secondo un fenomeno denominato rifrazione.

Riflessione, rifrazione, dispersione e assorbimento termico, determinati dall’attraversamento del mezzo da parte del fascio di onde sonore, ne determinano l’attenuazione, ovvero la perdita di energia da parte del fascio stesso. Questa perdita di energia è direttamente proporzionale alla frequenza con cui gli ultrasuoni percorrono il mezzo per la maggiore interazione tra onde sonore e componenti ultrastrutturali della materia. Per questo motivo, sonde ecografiche ad elevata frequenza hanno una profondità di indagine minore rispetto a quelle che operano a frequenze più basse. Se ne ricava che sonde ad alta frequenza vengono solitamente utilizzate per lo studio di strutture vicine e per cani di piccola taglia o per gatti, mentre le sonde a bassa frequenza serviranno per lo studio delle strutture più lontane o per cani di grossa taglia, poiché andranno incontro a una minore attenuazione durante il percorso (Bussadori e Pradelli, 2012).

Le sonde ecografiche rappresentano al tempo stesso sia la fonte che l’unità ricevente degli ultrasuoni. Gli ultrasuoni vengono emessi a partire da cristalli piezoelettrici posti nel trasduttore, che percorsi da corrente elettrica vengono deformati producendo appunto onde sonore. Le onde, una volta riflesse, urtano nuovamente i cristalli imprimendo loro una vibrazione che viene riconvertita in corrente elettrica, la cui differenza di potenziale è correlative con il numero di echi di ritorno. Gli ultrasuoni utilizzati in ecografia clinica vengono detti pulsati, perchè emessi in impulsi di due o tre cicli ondulatori. Il

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trasduttore dopo l’invio rimane quindi in attesa degli echi di ritorno. Affinché la distanza ottenuta tra sonda e strutture riflettenti sia fedele alla realtà è necessario che gli echi generati da un impulso vengano ricevuti prima che ne vengano inviati degli altri 8.

2.2 Ecografia Monodimensionale, Bidimensionale e Doppler

L ’esame ecocardiografico riveste una notevole importanza

nell’inquadramento di un paziente cardiologico. Esso è infatti necessario soprattutto per andare a valutare eventuali variazioni di dimensioni camerali, stenosi o insufficienze valvolari, piuttosto che difetti settali o anomalie congenite come la pervietà del dotto arterioso. Ci permette inoltre una valutazione funzionale ed emodinamica non invasive come la stima delle pressioni camerali. L’esame ecocardiografico viene solitamente effettuato in decubito laterale, in cui vengono effettuate le opportune proiezioni ecocardiografiche. Per ottenere delle immagini sufficientemente nitide e che siano prive di echi di disturbo è necessario utilizzare quelle che vengono definite “finestre acustiche”. Infatti, dato che sia le ossa che i gas impediscono il passaggio degli ultrasuoni, è opportuno andare a posizionare la sonda sulla parete toracica, in modo tale che il fascio di ultrasuoni giunga al cuore senza incontrare coste, sternebre o porzioni di polmone.

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A tale scopo sono state individuate tre finestre acustiche fondamentali: - Parasternale destra

- Parasternale sinistra craniale

- Parasternale sinistra caudale (apicale) - Retrosternale

La localizzazione parasternale destra prevede che il trasduttore venga posizionato tra il III ed il VI spazio intercostale, tra sterno e giunzione costo-condrale. Per la localizzazione parasternale sinistra caudale la sonda deve essere invece posizionata al livello del V, VI o VII spazio intercostale, vicino al punto dove è possibile apprezzare l’itto cardiaco. Infine, per la localizzazione parasternale sinistra craniale la sonda va posizionata tra il III e il IV spazio intercostale, tra sterno e giunzione costo-condrale.

Ciascuna scansione viene definita, oltre che in base alla localizzazione della sonda al livello toracico, anche in base all’orientamento della sonda stessa rispetto alla struttura che intendiamo visualizzare. Il trasduttore può infatti essere posto in senso parallelo o perpendicolare

rispetto all’asse longitudinale cardiaco, andando a definire

rispettivamente una scansione in asse lungo o in asse corto del cuore.

In corso di un esame ecocardiografico sono diverse le metodiche che possono essere utilizzate per andare a valutare le alterazioni morfo-funzionali.

Tra queste abbiamo:

- Ecocardiografia bidimensionale: fornisce un’immagine realistica del cuore in movimento, permettendo il riconoscimento delle immagini realizzate sotto forma di sezioni. L’ottimizzazione dell’immagine andrà ricercata di volta in volta, riferendosi a ciò che si

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vede sullo schermo, con piccole inclinazioni e rotazioni del trasduttore. Il riconoscimento delle strutture cardiache esaminate può essere ricavato dalle caratteristiche anatomiche, dai rapporti di contiguità o continuità con altre strutture anatomiche, dalle caratteristiche di mobilità e di posizione all’interno della cavità toracica 7-8.

- Ecocardiografia monodimensionale: permette di ottenere precise misurazioni delle strutture cardiache e di valutarne il movimento anche in relazione al tempo. Poco utilizzata in seguito all’avvento dell’ecografia bidimensionale, tuttavia risulta ancora molto utile nella scansione del ventricolo sinistro per andare a misurarne i diametri cavitari e gli spessori parietali nella proiezione parasternale destra asse lungo 4 o 5 camere. Mantenendo una di queste visualizzazioni ed inserendo la suddetta modalità, la rappresentazione sul monitor verrà divisa in due settori; in uno rimarrà la scansione bidimensionale sulla quale sarà possibile andare a posizionare l’asse di scansione M-mode, mentre nel riquadro sottostante viene visualizzato un grafico tempo/movimento corrispondente alla proiezione prescelta. Per valutare in maniera corretta i diametri e gli spessori delle strutture in esame è importante che il fascio di scansione le attraversi in maniera perpendicolare. Inoltre, per valutare accuratamente l’entità dei movimenti di escursione dei lembi valvolari è necessario intercettarli nel loro punto più distale. Una volta effettuata una scansione per un tempo sufficiente a memorizzare almeno tre cicli cardiaci, l’immagine viene “congelata” e vengono eseguite le opportune misurazioni. Nella proiezione transventricolare il fascio viene indirizzato in modo da attraversare perpendicolarmente il setto interventricolare ed incontrare la parete libera del ventricolo sinistro subito dorsalmente al muscolo papillare, a livello delle corde tendinee della valvola mitrale. In questo modo si possono misurare sia in sistole che in

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spessore del setto interventricolare (SIVs/d); diametro della camera ventricolare sinistra(DVSs/d) e spessore della parete libera del ventricolo sinistro (PPVSs/d). Confrontando i valori ottenuti con quelli di riferimento nelle diverse specie animali sarà possibile quindi andare ad evidenziare variazioni di spessori parietali o dei diametri camerali. In corso di miocardiopatia dilatativa, per esempio, si riscontrerà un aumento dei diametri ventricolari (DVSs/d e, talvolta, anche di DVDs/d); ciò potrà associarsi a misure normali o ridotte del setto interventricolare e della parete libera del ventricolo sinistro (SIVs/d e PPVSs/d). Al contrario, in corso di ipertrofia concentrica, questi ultimi andranno incontro ad un aumento di spessore, in associazione a riduzione dei diametri camerali ventricolari (DVSs/d e DVDs/d)7-8.

- Ecocardiografia Doppler: il segnale Doppler utilizzato nella diagnostica dell’apparato cardiovascolare sfrutta la capacità della porzione corpuscolata del sangue (in particolare degli eritrociti) di diffondere il fascio sonografico generato dalla sonda ecocardiografica nelle varie direzioni. La sua applicazione sui flussi ematici permette di verificare su immagini in tempo reale le caratteristiche quantitative e qualitative dei flussi stessi. Esistono tre modalità di Doppler: continuo, pulsato e color Doppler.

1) Il Doppler ad onda continua emette l’impulso ultrasonico senza che ci siano pause tra un’emissione e l’altra, grazie all’utilizzo simultaneo di due cristalli che funzionano in modo continuo, l’uno come emittente e l’altro come ricevente. Il vantaggio di questa metodica è rappresentato dalla potenzialità di misurare velocità elevate senza alcuna limitazione. Un suo limite è invece quello di registrare sullo stesso tracciato i segnali provenienti da flussi con velocità e direzione differenti, posti a diverse profondità rispetto alla sonda. Per questo motivo, non consente di individuare la localizzazione anatomica precisa del flusso in esame.

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2) Il Doppler pulsato è caratterizzato dall’emissione discontinua di ultrasuoni, per la presenza di un solo cristallo emittente e ricevente che funziona a fasi alterne. Esso fornisce informazioni su direzione, velocità e caratteristiche del flusso ematico. In questa metodologia esiste una frequenza massima che può essere misurata senza ambiguità e che prende il nome di Limite di Nyquist. Quando le velocità rilevate eccedono questo limite si verifica un fenomeno detto Aliasing, ossia la lettura in negativo delle velocità in avvicinamento, come se il flusso sanguigno avesse direzione opposta a quella reale. Tuttavia questo fenomeno può essere ridotto andando a spostare la linea di base in alto o in basso, a seconda della direzione del flusso. In questo modo la velocità più alta di flusso registrabile si raddoppia.

3) Il Color doppler é un sistema che prevede la sovrapposizione all’immagine (bidimensionale o in M-mode) in scala di grigi di un’area in cui viene eseguita un’analisi dei flussi con codifica di colore. Viene attribuito il colore rosso ai flussi in avvicinamento, mentre il blu per i flussi che si allontanano. Questa metodologia viene utilizzata principalmente per mettere in evidenza la presenza di flussi anormali in relazione alla sede in cui vengono riscontrati, al momento di insorgenza rispetto al ciclo cardiaco e all’eventuale turbolenza che manifestano. A questo scopo, sono stati elaborati sistemi di codifica che aggiungono il colore giallo o verde all’immagine bidimensionale in presenza di un flusso turbolento. Quindi, una miscela di questi colori sta ad indicare la presenza di un flusso turbolento. Utilizzato spesso nella proiezione parasternale destra o sinistra caudale, rispettivamente nella scansione quattro camere asse lungo e apicale per individuare l’eventuale presenza di

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Scansione parasternale destra (asse lungo)

Per convenzione è la prima scansione che viene effettuata durante l’esame ecocardiografico e permette di evidenziare il ventricolo e l’atrio di destra e sinistra, di esplorare l’apparato valvolare tricuspidale e mitralico e di valutare il setto interventricolare e interatriale, oltre che la parete libera del ventricolo sinistro. Questa scansione permette di raccogliere informazioni riguardo le dimensioni e la motilità delle camere cardiache e di mettere in evidenza alterazioni morfo-funzionali delle stesse. Da questa posizione, con minimi spostamenti del trasduttore è possibile ottenere altre scansioni utili a studiare le diverse strutture cardiache, come per esempio la visualizzazione 5 camere, che comprende, oltre che le quattro camere cardiache in asse lungo, anche la presenza contemporanea del tratto di efflusso del ventricolo sinistro e dei lembi valvolari aortici, del bulbo aortico e della radice aortica. Infine, inclinando la sonda cranialmente è possibile ottenere una scansione che permette una migliore visualizzazione del tratto di efflusso destro.

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Fig.6 Scansione parasternale destra asse lungo (4 camere)

(June A. Boon, Veterinary Echocardiography, Willey Blackwell, 2nd edition, 2012)

Scansione parasternale destra (asse corto)

Questa scansione si ottiene ruotando il trasduttore di 90° in senso antiorario rispetto alla visualizzazione in asse lungo e permette di andare a riconoscere sulle zone medie e inferiori dello schermo l’immagine tipica del ventricolo sinistro in asse corto all’altezza dei muscoli papillari, che appare a sezione circolare, mentre nella parte superiore dello schermo è possibile individuare la camera ventricolare destra, con aspetto a falce(Fig.7). Cambiando poi l’orientamento della sonda lungo l’asse cardiaco è possibile andare ad ottenere altre sezioni in asse corto, che permettono di visualizzare le camere cardiache

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del cuore. In quest’ultima scansione sarà possibile riconoscere: l’aorta in posizione centrale; l’atrio sinistro nella porzione sinistra e ventrale dello schermo; il tratto di efflusso del ventricolo destro e la valvola polmonare nella parte destra. Questa scansione risulta utile nello studio del flusso dell’arteria polmonare, per individuare eventuali insufficienze o stenosi valvolari. Mantenendo questa posizione e inserendo la modalità doppler, infatti, sarà possibile andare a studiare la tipologia di flusso e a valutarne l’entità. In ecografia bidimensionale invece sarà possibile visualizzare ispessimenti valvolari o mancate separazioni dei lembi. Aumentando ancora di più l’inclinazione rispetto a questa visualizzazione, infine, sarà possibile ottimizzare l’immagine per la visualizzazione della valvola polmonare, per l’arteria polmonare principale e per le sue diramazioni destra e sinistra 7-8.

Fig.7 Scansione parasternale destra asse corto(June A. Boon,

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Scansione parasternale sinistra caudale(apicale)

Questa proiezione risulta abbastanza semplice da effettuare in quanto come punto di partenza è possibile posizionare la sonda nel punto corrispondente all’itto cardiaco. La sonda andrà poi inclinata finchè il fascio di ultrasuoni non sarà più o meno parallelo rispetto all’asse principale cardiaco, portando alla visualizzazione contemporanea delle quattro camere cardiache in asse lungo. L’orientamento corretto dell’immagine è quello che prevede l’apice cardiaco nella porzione alta dello schermo e il cuore destro e sinistro rispettivamente nelle porzioni sinistra e destra, con gli atri in basso e i ventricoli in alto. In questo modo le valvole atrioventricolari vanno ad aprire, durante la fase di diastole, dal basso verso l’alto. Questa proiezione risulta ottimale per andare a valutare la funzionalità degli apparati valvolari e permette di verificare la compliance ventricolare, attraverso la valutazione dei volumi e delle dimensioni nelle diverse fasi del ciclo cardiaco.

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Scansione parasternale sinistra craniale (asse lungo)

Nella visione in asse lungo, con il piano di scansione orientato parallelamente all’asse lungo cardiaco, è possibile avere una visualizzazione del tratto di efflusso ventricolare sinistro, della valvola aortica e dell’aorta ascendente. Inoltre, con modeste variazioni di inclinazione della sonda in senso ventrale è possibile evidenziare l’atrio destro e la valvola tricuspide, mentre con un movimento opposto al precedente vengono visualizzate la valvola e l’arteria polmonare.

Scansione parasternale sinistra craniale (asse corto)

Ruotando la sonda dalla scansione precedente è possibile ottenere una visualizzazione in asse corto del bulbo aortico, circondato dal cuore destro. In questo caso l’aorta in sezione circolare appare al centro dello schermo, mentre nella porzione sinistra si riconoscono l’atrio destro e la valvola tricuspide. Nella zona più alta dello schermo è inoltre possibile intravedere la valvola polmonare. Rendendo questa proiezione particolarmente angolata è possibile ottenere una buona scansione per la diagnosi e visualizzazione del Dotto arterioso pervio, valutandone le dimensioni e il flusso trans-duttale 7-8.

Scansione retrosternale

Posizionando la sonda in regione retroxifoidea è possibile visualizzare il cuore sfruttando la finestra transepatica. Questa scansione viene utilizzata nel cane per valutare il flusso aortico. Allineando il fascio ultrasonoro perfettamente parallelo al tratto di efflusso ventricolare sinistro si ottiene una misura reale della velocità di picco aortica.

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Capitolo 3

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3.1 Cardiopatie congenite del cane

Nella terminologia corrente si definiscono cardiopatie congenite le patologie cardiache che sono presenti fin dalla nascita. Nel cane le più frequenti sono la stenosi subaortica, la stenosi polmonare e la persistenza del dotto arterioso di Botallo. Le patologie cardiache congenite non dovrebbero essere considerate come anomalie stabili, ma al contrario come difetti anatomici “in divenire” che originano precocemente nella vita embrionale e che si rendono responsabili di alterazioni emodinamiche in evoluzione nella vita extrauterina. L’anatomia e la fisiologia cardiocircolatoria nel paziente cardiopatico cambiano nel tempo: alcuni di questi cambiamenti possono essere precocemente letali ( decesso perinatale in caso di cardiopatie congenite incompatibili con la sopravvivenza, quali l’atresia polmonare o tricuspidale a setti integri o la trasposizione delle grandi arterie); altre modificazioni possono richiedere tempo, da pochi mesi ad anni dalla nascita, per rendersi clinicamente manifeste e questo avviene secondo la gravità della patologia; altre ancora si risolvono spontaneamente ( per esempio la chiusura spontanea del difetto interventricolare membranoso). L’impiego di strumenti diagnostici è indispensabile sia nella prima fase prettamente identificativa dell’anomalia cardiaca congenita e delle alterazioni morfofunzionali a essa associate sia nella programmazione dei controlli periodici, nella formulazione del piano terapeutico (medico, interventistico o chirurgico), come anche nella formulazione della prognosi.

I primi studi di carattere genetico sulle cardiopatie congenite del cane risalgono al 1976. Secondo la letteratura attuale la prevalenza delle

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patologie cardiache congenite è pari allo 0,5-1% delle malattie cardiovascolari. La comprovata ereditarietà è riportata solamente in alcune razze canine: per esempio, la displasia della valvola tricuspide nel Labrador, il dotto arterioso persistente nel Barbone, la stenosi subaortica nel Terranova e la stenosi polmonare nel Beagle (poligenico-polifattoriale). Secondo le casistiche di alcuni autori (C.Bussadori , D.Pradelli, 2009) tra le cardiopatie congenite, quella più frequentemente diagnosticata è la stenosi polmonare (32,1%), seguita da stenosi subaortica (21,3%), dotto arterioso pervio (20,9%), difetto interventricolare (7,5%), stenosi aortica valvolare (5,7%) e displasia della valvola tricuspide (3,1%).

3.2 Embriologia e Genetica

Durante lo sviluppo embrionale, la valvola polmonare prende origine da tre rigonfiamenti che si formano all’interno del Tronco arterioso, attraverso un processo di escavazione in direzione prossimale. Si presume che uno erroneo sviluppo in senso distale del bulbo del cuore, da cui dipartono questi rigonfiamenti, possa portare allo sviluppo di stenosi della valvola polmonare. La stenosi subvalvolare, invece, viene a crearsi probabilmente in seguito ad una anomala ripartizione del bulbo del cuore durante la formazione del setto interventricolare, mentre la stenosi sopravalvolare potrebbe essere dovuta principalmente ad un’anomalia di sviluppo della porzione distale del tronco arterioso. Tuttavia ad oggi si sa poco dell’esatto meccanismo embriogenico responsabile delle diverse tipologie di stenosi nel cane e nel gatto.

La stenosi polmonare, come detto precedentemente, è una delle cardiopatie congenite più comuni nel cane e, tra le varie razze, ne

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risultano affetti in particolar modo il Boxer, il Bulldog Francese e Inglese, il Pinscher, il Chihuaua, il Pitbull Terrier, l’American Stafforshire Terrier e lo Schnauzer. La forma più frequente di stenosi polmonare è la stenosi di tipo A (70,6%) seguita dal tipo B (25,2%) e dal tipo misto (3,9 %) (Bussadori et al., 2009)

L’incidenza di questa patologia sembra essere la stessa in entrambi i sessi, anche se in alcuni studi (Tidholm 1997; Bussadori et al., 2001) sembra esserci una predilezione nei maschi per quanto riguarda il Bulldog Inglese e il Bull Mastiff. Una forma di displasia valvolare a carattere ereditario sembra essere presente nel Beagle, Boykin spaniel e nel Keeshond.

Le lesioni valvolari consistono in diversi gradi di ispessimento , fusione dei lembi valvolari e/o iperplasia dell’annulus valvolare. Sebbene alcuni cani abbiano una valvola sottile a forma di cupola con un orifizio centrale, molti altri sono affetti da lesioni più complicate, simili a quelle che è possibile riscontrare nei bambini in medicina umana. I lembi valvolari risultano frequentemente ispessiti, malformati e/o fusi. In alcuni casi l’annulus della valvola polmonare è ipoplasico, con conseguente ulteriore restrizione dell’area valvolare effettiva.

Le alterazioni istologiche includono l’ispessimento della spongia valvolare e la presenza di strisce di cellule fusiformi in una fitta rete di collagene. Si ritiene che queste alterazioni rappresentino un’iperproduzione dei normali elementi valvolari o la mancata conversione delle strutture primitive valvolari embrionali a forma di cuscinetto.

3.3 Classificazione della stenosi polmonare

La stenosi della valvola polmonare è un ostacolo al passaggio del flusso sanguigno dal ventricolo destro all’arteria polmonare.

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