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Promuovere le pari opportunità e non solo: la riconciliazione

Annamaria Donin

2. Promuovere le pari opportunità e non solo: la riconciliazione

La conciliazione vita-lavoro è stata per lungo tempo orientata alla liberazione del tempo delle donne per consentirne l’accesso e la permanenza nel mercato del lavoro. L’obiettivo occupazio- nale è anche oggi attuale alla luce della strategia “Europa 2020”9 che impegna l’Unione europea

e gli Stati membri a far sì che entro il 2020 il 75% dei cittadini nella fascia d’età tra i 20 e i 64 anni abbia un lavoro. Se si considera che il tasso d’occupazione femminile si attesta al 58,8%10,

è chiaro che l’aumento della presenza delle donne nel mercato del lavoro costituisca un tassello fondamentale del progetto tracciato dalla Commissione europea per il decennio 2010-2020.

L’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne anche nell’accesso al lavoro è stata per lungo tempo intesa in senso conforme al modello del single male breadwinner che pone al

6 E al tempo stesso, elemento che genera le principali istanze conciliative, v. Ballestrero 2009, 163. 7 Calafà 2004, 251 s.

8 Ballestrero 2009, 163 che continua “In altri termini, parliamo del contemperamento tra l’interesse del datore di lavoro all’utilizzazione massimamente proficua del lavoro, e dunque anche della singola pre- stazione di lavoro che retribuisce, e l’interesse del lavoratore a soddisfare le esigenze della sua vita privata e familiare”. Prospetta una più ampia nozione, Novella 2009, 135 ss.

9 Consultabile all’indirizzo http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm. 10 Fonte Eurostat, dati riferiti al 2013. Quello maschile è al 69,4%.

centro del sistema il lavoro dell’uomo, equipara nei diritti il lavoro delle donne e, secondo il modello protettivo tracciato dagli artt. 36 e 37 della Costituzione, richiede che quest’ultimo consenta l’adempimento delle funzioni familiari11. Di conseguenza, gli interventi legislativi

hanno perseguito una conciliazione modellata sul prototipo della donna lavoratrice e orien- tata al sostegno della presenza femminile nella società e nel lavoro12.

Progressivamente – ma non completamente – la conciliazione ha perso la propria con- notazione “femminile” ed è stata rivolta alla promozione di un coinvolgimento più bilan- ciato di entrambi i sessi nella sfera lavorativa e in quella privata. Nuovi equilibri tra tempo del lavoro remunerato e tempo di vita o di cura sono divenuti necessari alla luce dei cam- biamenti sociali, demografici e culturali che hanno modificato la composizione del mercato del lavoro e le dinamiche familiari. I legislatori a livello europeo e nazionale si sono mostrati consapevoli di queste evoluzioni ed hanno abbandonato la conciliazione “al femminile”13,

orientandola piuttosto alla promozione di una migliore condivisione dei ruoli. A par- tire dalla Carta dei diritti sociali dei lavoratori del 1989, per proseguire con la direttiva 96/34/CE sui congedi parentali e con la Risoluzione del Consiglio del 2000 è stata espressa l’intenzione di promuovere la “partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all’at- tività professionale e alla vita familiare”. Anche tra i principi contenuti nella Carta dei dirit- ti fondamentali dell’Unione Europea (art. 33), in stretto collegamento con l’affermazione della protezione della famiglia, è previsto che “al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha il diritto di essere tutelata contro il licenziamento per un mo- tivo legato alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio”.

In maniera speculare, all’inizio degli anni 2000 il legislatore italiano ha riformato la ma- teria dei congedi parentali14 e ha introdotto azioni positive di conciliazione per lavoratori

e lavoratrici15 abbandonando un approccio gender oriented e aprendo alla predisposizione

di diritti di conciliazione per tutti i lavoratori. Non più (solo) conciliazione, dunque, ma ri-conciliazione, con uno spettro di incidenza più ampio dell’aumento della presenza fem- minile nel mercato del lavoro e rivolto alla costruzione di nuovi equilibri, da perseguire con l’attribuzione di “pari responsabilità dei genitori lavoratori mediante la parificazione degli strumenti di tutela”16.

11 Tinti 2009, 180 s.

12 Ad esempio, nella formulazione della L. 1204/1971 anteriore alle modifiche apportate dalla L. 53/2000, dopo il periodo di astensione obbligatoria era concesso un periodo ulteriore di assenza dal lavoro di 6 mesi nel primo anno di vita del figlio solamente alle madri.

13 Malzani 2015, 2 ss. In Italia, secondo il Gender Equality Index il livello di parità e di pari opportunità tra uomini e donne è particolarmente squilibrato in relazione ai fattori Time, Knowledge e Work, v. http:// eige.europa.eu/gender-statistics/gender-equality-index.

14 Art. 3, L. 53/2000 che modifica L. 1204/1971, normativa poi rifluita negli artt. 32 ss., D.lgs. 151/2001. 15 Il concetto della conciliazione era implicitamente presente nella L. 125/1991, art. 1, co. 2, lett. e) (poi trasfusa nell’art. 42, D.lgs. 196/2006, TUPO) come azione positiva: per favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro delle condizioni e del tempo di lavoro, l’equilibrio tra responsabilità fami- liari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi. Poi l’art. 9, L. 53/2000 ha fatto riferimento ad “azioni volte a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro”.

16 Calafà 2007, 31. V. Decisione 12 luglio 2007 del Consiglio e Patto europeo per la Parità di Genere, adottato dal Consiglio nel 2006.

In questa più estesa accezione la “conciliazione condivisa” consente di esercitare in ma- niera combinata diritti fondamentali, quali il diritto al tempo per la cura e la vita persona- le, e contestualmente il diritto a pari opportunità e alla parità di trattamento17. L’esercizio

combinato ed equamente condiviso tra uomini e donne delle diverse prerogative coinvolte diviene infatti funzionale all’uguaglianza sostanziale18. Se si considera ad esempio l’ambito

della tutela della genitorialità, la funzione della conciliazione consiste essenzialmente nella promozione di pari responsabilità tra i genitori, requisito indispensabile per creare un’e- quilibrata partecipazione di entrambi i sessi alla vita privata e pubblica. E invece molte misure di facilitazione della vita e dei lavoratori con compiti di cura che consentono una migliore gestione dei tempi di vita e di lavoro di fatto incidono esclusivamente sulla par- tecipazione delle donne alla vita professionale. Il potenziamento dei servizi di assistenza dovrebbe essere affiancato alla promozione della equilibrata distribuzione dei ruoli per non divenire mero elemento di facilitazione della permanenza delle donne nel mercato del la- voro anche in presenza di carichi di cura19. Lo spirito della riconciliazione è meglio espres-

so dall’incentivo all’utilizzo del congedo parentale che attribuisce ai genitori un mese di astensione in più qualora la durata del congedo usufruito dai padri superi i 3 mesi20 perché

in tal modo viene premiata una distribuzione non meramente simbolica dei carichi con- nessi alla genitorialità.

La pluralità funzionale, e forse anche valoriale, delle misure di conciliazione è ben trac- ciata nella road map degli interventi della Commissione europea21 in tema di work-life ba-

lance. La strategia tracciata dalla Commissione infatti da un lato persegue lo scopo di au-

mentare l’occupazione femminile ma, dall’altro, colloca al centro degli interventi le working

families e chiarisce come l’introduzione di misure di conciliazione sia funzionale alla miglior

distribuzione delle responsabilità familiari e professionali e contemporaneamente all’au- mento del benessere lavorativo e della produttività dei lavoratori.