5. Servizi sociali e socio-assistenziali
6.4. Pronto soccorso
Nel 2019 gli accessi ai centri di pronto soccorso dell’Emilia-Romagna sono stati 1.944.115 con un aumento rispetto all’anno precedente del +1,2%, (+22.155 accessi). L’aumento è principalmente determinato dalla popolazione straniera (+3,3%) con +9.064 ingressi, mentre la popolazione italiana è cresciuta dello +0,8% (+13.091 ingressi).
Osservando i dati degli ultimi quattro anni si nota che i valori degli stranieri e degli italiani sono stati, anno per anno, in aumento, soprattutto per gli stranieri.
Anche il tasso di accesso81 mostra nel 2019 una domanda più elevata per gli stranieri (412,9 su 1.000 residenti) rispetto ai 391,8 degli italiani (accessi su 1.000 residenti).
Se si osserva invece l’anno 2020 si nota che il valore è drasticamente in calo, sia per gli stranieri che per gli italiani: il calo del tasso è molto evidente sia per i primi (279,6) che per i secondi (269,7).
Motivazioni di questa riduzione è legata all’epidemia da coronavirus che ha colpito pesantemente l’Italia e la nostra regione già dai primi mesi del 2020 e che ha spinto le autorità sanitarie a suggerire il ricorso al pronto soccorso solo in casi di reale necessità 82. Tale restrizione ha causato un calo degli accessi di oltre il 30% e in diverse situazioni ha generato ritardi nel riconoscimento dei sintomi e nella definizione della diagnosi e della terapia.
Riferendoci nuovamente ai dati 2019, ed esaminando il livello di gravità dell’accesso in pronto soccorso, si nota che gli stranieri presentano una percentuale più elevata rispetto agli italiani di accessi non urgenti (18,3% vs 14,0%). Si evidenzia, anche quest’anno, un maggior ricorso da parte degli stranieri ai cosiddetti codici bianchi che stimano gli accessi impropri e ciò può dipendere dalla minore conoscenza e capacità di utilizzo della rete dei servizi sanitari da parte di questi ultimi.
Anche gli accessi differibili sono maggiori per gli stranieri (62,5% a fronte del 60,8% degli italiani).
Risulta invece, probabilmente a causa della più giovane età anagrafica, una minore l’incidenza degli accessi degli stranieri come paziente critico (0,6% vs 1,5% degli italiani) e acuto (11,3% vs 19,0%).
A conferma di quanto sopra descritto, sono stati studiati, a livello regionale, particolari indicatori che misurano gli accessi a rischio di inappropriatezza dei servizi di pronto soccorso, ossia di quelle attività che potrebbero essere svolte nei servizi di assistenza territoriale.
Questi indicatori si basano sul codice di triage attribuito all’accoglienza e riguardano gli accessi codifica-ti come codice bianco (non urgenza) e di quelli codificacodifica-ti come codice verde (urgenza differibile).83
Come si può notare il valore degli accessi a rischio di inappropriatezza è più alto per gli stranieri rispetto agli italiani: 32,5% per i primi e 24,4% per i secondi (dati 2019).
81 Numero di accessi in pronto soccorso di residenti stranieri o italiani al 31.12 ogni mille residenti sulla stessa popolazione straniera o italiana al 31.12.
82 Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna, “Monitoraggio dell’impatto indiretto dell’epidemia da Covid-19 sui percorsi assistenziali ospedalieri durante il primo trimestre 2020 nella regione Emilia-Romagna”, Bologna, agosto 2020.
83 In dettaglio gli indicatori analizzati sono: la percentuale di accessi con codice bianco con dimissione a domicilio oppure abbandono (prima della visita o prima del referto) e la percentuale di accessi con codice verde con unica prestazione di visita generale e invio diverso dal medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, specialista, medico di continuità assistenziale o operatore del 118.
Si osserva inoltre che il numero di accessi al pronto soccorso di non residenti sul totale è piuttosto limi-tato per gli italiani (7,7%), mentre è più del doppio per gli stranieri (17,8%). Si evidenzia che questi ultimi figu-rano in crescita rispetto al 16,3% dell’anno precedente, il che fa supporre la presenza di situazioni non ancora regolari dal punto di vista anagrafico di alcuni stranieri (in particolare per gli arrivi di flussi non programmati).
Altro elemento da considerare è l’incidenza percentuale degli stranieri sul totale accessi che nel 2019 si attesta al 14,5%, in crescita rispetto all’anno precedente (14,2%).
Osservando invece le donne straniere, si può notare che ricorrono al pronto soccorso in maggioranza rispetto agli uomini (50,7%), similmente alle donne italiane (50,2%).
Per quanto riguarda l’analisi dell’età emerge che il 76,2% degli stranieri che va al pronto soccorso ha meno di 45 anni, mentre per gli italiani, nella stessa fascia d’età, la percentuale è del 41,3%. Da notare però, rispetto all’anno precedente, che sono aumentate le persone straniere che utilizzano il pronto soccorso indipendentemente dalla fascia d’età, mentre per la popolazione autoctona l’aumento riguarda le fasce di età superiori ai 45 anni e risulta in calo la fascia d’età dai 15 ai 44 anni.
L’analisi per paesi di cittadinanza evidenzia ai primi posti: Marocco (15,6% fra gli stranieri), Romania (14,8%), Albania (12,8%), Tunisia (4,9%), Pakistan (4,5%) e Moldavia (4,0%).
Si devono inoltre segnalare 3.120 accessi di cittadini stranieri temporaneamente presenti (Stp) che rap-presentano l’1,1% del totale degli accessi di stranieri. Il valore è in crescita rispetto agli anni precedenti (nel 2018 era lo 0,92%).
Esaminando poi le cause che portano i cittadini a recarsi al pronto soccorso troviamo, in analogia agli anni precedenti, al primo posto la voce “trauma”. I traumi sono per il 20,3% riferiti a cittadini stranieri e per il 25,4% agli italiani. Nel caso di cittadini stranieri prevale il trauma per “incidente in altri luoghi chiusi” (34,5%
di stranieri a fronte del 40,0% degli italiani). Al secondo posto si trova trauma per “incidente sul lavoro”
(21,6% vs 13,3%), al terzo posto l’incidente domestico” (15,1% vs 20,8%) Si posiziona al quarto posto “inci-dente in strada” (14,9% vs 12,4%). Le altre voci, molto più contenute, sono, in ordine decrescente: aggressio-ne, incidente sportivo, incidente scolastico, morsi e punture di animale e autolesionismo.
La maggior parte della popolazione si reca al pronto soccorso per decisione propria (77,0% degli accessi di stranieri e 71,5% degli italiani) o per ricorso al 118 (13,8% degli accessi di stranieri e 17,4% degli italiani).
Nella maggior parte dei casi (62,1%) la dimissione dal pronto soccorso degli stranieri è a domicilio, lo stesso vale per gli italiani, ma con una percentuale più ridotta (59,1%).
Il pronto soccorso è una importante porta di accesso all’ospedale: infatti il 15,0% degli italiani e l’8,8%
degli stranieri vengono ricoverati in ospedale. Da notare il valore più elevato degli italiani in quanto si tratta di una popolazione con maggior presenza di anziani, più fragili dal punto di vista sanitario e con più lento recupero dello stato di salute.
6.5. Parti
La popolazione delle donne straniere in età fertile (età 15-49 anni) residenti in Emilia-Romagna è nel corso degli anni diminuita, da 179.956 donne all’1.1.2013 a 168.373 all’1.1.2020 (-6,4%). Il maggior decre-mento (attorno al 20%), rispetto al 2013, si registra nelle fasce di età più giovani (20-24 anni e 25-29 anni), mentre il numero di donne nella fascia di età 30-49 anni è in lieve aumento (+0.7%).
Analizzando i dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP), la quota di parti delle donne con cit-tadinanza straniera è rimasta invece sostanzialmente stabile: nel 2013 il 31,0% delle 37.323 partorienti aveva una cittadinanza straniera, nel 2019 sono il 33,5% del totale dei 31.123 parti. Considerando la cittadinanza dei genitori, oltre un nato su quattro (26,2%) ha entrambi i genitori stranieri, 7,4% solo la madre e 3,9% solo il padre.
I paesi esteri di provenienza delle madri (in base alla cittadinanza) sono 120 nel 2019, ma rimangono costanti negli anni i gruppi di donne straniere più frequenti, i primi cinque dei quali sono quelli di Marocco (17,4%), Romania (13,5%), Albania (12,2%), Pakistan (6,0%) e Moldova (4,7%). Il 90% delle madri con citta-dinanza straniera risiede in Emilia-Romagna; il 7,4% risulta essere residente all’estero e rappresenta, verosi-milmente, la quota di straniere di recente immigrazione.
Le donne con cittadinanza straniera presentano caratteristiche sociodemografiche e rischi di esiti avversi perinatali differenti a seconda dell’area geografica di provenienza84.
Nel 2019 le madri straniere hanno mediamente una età al parto inferiore rispetto alle italiane (30 anni versus 33 anni); le donne provenienti dai Paesi europei extra Unione Europea sono in media le più giovani (28,9 anni).
Le donne con cittadinanza straniera sono in maggioranza coniugate (77,1% rispetto a 50,7% delle italiane). Questa condizione è più frequente tra le donne provenienti dall’Africa settentrionale (95%) e dall’A-sia (86,7%), mentre è meno comune tra le donne provenienti da paesi ad alto reddito (58,9% tra le donne provenienti da paesi dell’Ue e 47,5% tra le donne di America e Oceania).
Oltre una madre straniera su due (56,8%) è casalinga e solo il 30% riferisce di avere una occupazione lavorativa, rispetto al 80% delle italiane. La condizione di occupata è meno frequente tra le donne dell’Africa settentrionale (13,8%) e tra quelle provenienti dall’Africa Sub-sahariana e dall’Asia (poco più del 20% in entrambi i gruppi). La quota di parti in cui entrambi i genitori risultano senza un’occupazione è 5,1% in caso di madre straniera e 1,1% in caso di madre italiana.
Oltre una donna su due dell’Africa Sub-sahariana (59,3%) e settentrionale (54,8%) ha un titolo di studio basso, non superiore al diploma di scuola media inferiore; questa condizione risulta essere elevata anche tra le donne asiatiche (46,6%) rispetto alla media calcolata fra le donne straniere (43,7%) e in misura ancora maggiore fra le donne italiane (15,3%).
Quasi nove madri straniere su dieci (89,1%) si rivolgono al servizio pubblico (consultorio e ambulatorio ospedaliero) per ricevere l’assistenza in gravidanza rispetto al 44,2% delle italiane; la frequenza supera il 90%
tra le donne di origine africana e asiatica.
Rispetto alle italiane, le donne straniere hanno una maggiore probabilità di utilizzare in modo inappro-priato i servizi assistenziali, ossia di avere un numero totale di visite inferiore a 4 e una prima visita dopo le 11 settimane di gestazione, ostacolando l’offerta di screening prenatali e la precoce identificazione di condizioni devianti dalla fisiologia. In particolare, tra le donne provenienti dall’Africa Sub-sahariana e settentrionale e dall’Asia si registra la frequenza più alta di prima visita tardiva (28,7%, 22,7% e 21%, rispettivamente) rispetto alle donne con cittadinanza italiana (5,4%). L’accesso tardivo ai servizi comporta una maggiore probabilità di
84 Perrone E, Caranci N, Nappo V (2017). Disuguaglianze e percorso nascita. In: Lupi C, Perrone E, Basevi V et al. La nascita in Emilia-Romagna. 14° Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP) – Anno 2016. Bologna: Regione Emilia-Romagna
registrare un basso numero di visite e in questi gruppi di donne straniere la frequenza di donne con meno di 4 visite in gravidanza (tra 6% e 8%) è superiore a quella registrata tra le italiane (1,7%).
Negli ultimi dieci anni in Emilia-Romagna la frequenza di taglio cesareo si è gradualmente ridotta, soprattutto tra le donne italiane, con conseguente marcata riduzione della differenza del tasso di taglio cesa-reo tra italiane e straniere: nel 2019 la quota di donne straniere che hanno partorito con taglio cesacesa-reo è sovrapponibile a quella registrata tra le italiane (attorno al 24%). Tuttavia, fra le donne straniere si registra un ricorso a taglio cesareo superiore alla media tra le donne dell’Africa Sub-sahariana (28,9%) e dell’Asia (27,9%).
Le donne provenienti da queste due aree geografiche presentano anche una maggiore frequenza di esiti avversi neonatali. In particolare, la frequenza di parto pretermine (<37 settimane di età gestazionale) è pari a 7,8% tra le donne dell’Africa Sub-sahariana e a 8,6% tra le asiatiche versus il 6% registrato tra le italiane.
La frequenza di avere un bambino di peso basso (<2500 g) – tra le italiane pari a 6,5% - è 7,5% tra le donne dell’Africa Sub-sahariana e 10,5% dell’Asia. Infine, i nati da madri provenienti dall’Africa Sub-sahariana (5,7%) e dall’Asia (3,2%) hanno una maggiore frequenza di essere rianimati in sala parto rispetto ai nati da madri italiane (2,4%).
Nel 2019 il tasso di natimortalità tra i nati da madre italiana è pari a 3,0‰ e tra i nati da madre straniera 4‰; il ridotto numero di eventi non consente analisi più approfondite. I risultati della sorveglianza della mor-talità perinatale in Emilia-Romagna relativi ai dati del periodo 2014-2018, indicano che le madri provenienti dall’Africa settentrionale (Rischio relativo - RR 1.50; intervallo di confidenza - IC95% 1.14 - 1.98), ma ancor di più quelle dell’Asia (RR 1.79, IC95% 1.26 - 2.54) e dell’Africa Sub-sahariana (RR 2.90, IC95% 2.18 - 3.85) hanno un maggiore rischio di avere un nato morto rispetto alle donne italiane85.