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Proposte di soluzione per un Paese in estinzione: reddito mi- mi-nimo di maternità e potenziamento dei servizi di cura

La proposta che in altre sedi ho già formulato (Filì, 2017) è quella di isti-tuire nel nostro Paese un «reddito minimo di maternità» per tutte le lavora-trici, a prescindere dalla tipologia contrattuale di impiego, subordinata, auto-noma, parasubordinata, in modo da sostenere le neo-madri nel momento di maggior vulnerabilità, cioè in occasione della nascita di un figlio e non solo per il periodo contenuto della gravidanza e del c.d. puerperio, ma fino al compimento del dodicesimo o tredicesimo anno da parte del minore.

Il dato da cui partire è che, diversamente dal tanto mitizzato nord Europa o nord America, le donne italiane vogliono continuare a prendersi cura in 39 Cfr. CNEL (2014), Rapporto sul mercato del lavoro 2013-2014, CNEL (2013), Rapporto sul Welfare 2012-2013, e CNEL (2010), Rapporto. Il lavoro delle donne in Italia. Osserva-zioni e proposte, leggili in www.cnel.it; Banca d’Italia (2015), Relazione annuale sul 2014, e Banca d’Italia (2012), Relazione annuale sul 2011; pareri della Commissione europea COM(2014) 423 e del Consiglio europeo EUCO79/14.

prima persona dei loro figli e delle loro figlie. Proprio partendo dalle diver-sità culturali e dal rispetto di queste, bisogna investire in soluzioni accettate e gradite dalle donne.

Una soluzione mi pare possa essere proprio la possibilità di consentire alle madri lavoratrici, che non vogliono delegare il lavoro di cura e alleva-mento della prole, di poterlo fare, senza però essere costrette ad uscire com-pletamente dal mercato del lavoro. Anche queste donne vanno sostenute, per tanti motivi e in particolare perché sono moltissime.

Un reddito minimo di maternità potrebbe, quindi, consentire alle donne di poter decidere “se” e “quanto” ridurre l’attività lavorativa ma dovrebbe essere legato al principio di condizionalità e cioè all’assunzione dell’obbligo, pena la perdita del beneficio medesimo, di svolgere attività formative e di accettare offerte di lavoro flessibili, occasionali o agili che consentono la conciliazione con le esigenze di vita familiare. In tal caso il lavoro precario diventerebbe addirittura positivo in quanto “conformato” sulle esigenze delle lavoratrici madri e scelto.

Il reddito minimo di maternità potrebbe essere parametrato sull’assegno sociale ed accompagnato dall’accredito di contributi figurativi aggiuntivi collegati al numero dei figli per tutto il periodo, come per i lavoratori che svolgono lavori usuranti (essendo usurante anche l’allevamento della prole). Il reddito minimo di maternità dovrebbe viaggiare parallelamente rispetto alle misure di contrasto alla povertà e di riordino delle prestazioni e del si-stema di interventi e di servizi sociali contenute nella legge delega n. 33/2017 perché la ratio di fondo è diversa. Il reddito minimo di maternità dovrebbe prescindere dall’ISEE della richiedente ma essere collegato alla riduzione dell’attività lavorativa da parte della medesima connessa alle esigenze di cura e di allevamento dei figli nonché all’impegno di attivarsi in misure di formazione e ricollocazione flessibile o occasionale che consentono la con-ciliazione.

Tale misura dovrebbe comunque viaggiare in parallelo con un efficace e duraturo potenziamento dei servizi per la prima infanzia40 e in generale dei servizi di dopo scuola e ricreativi per i minori, almeno fino ai tredici anni.

Così facendo, si eliminerebbero davvero quegli ostacoli che rendono così difficile per le donne la realizzazione e l’esercizio delle loro libertà.

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LE DONNE E IL LAVORO PRECARIO