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PROTESI NON CEMENTATA “MODELLO ZURIGO”

Negli anni novanta, presso l’università di Zurigo, Tepic e Montavon hanno sviluppato un nuovo tipo di protesi denominata “modello Zurigo”, non cementata, ma con caratteristiche biomeccaniche e di fissazione diverse da quelle press-fit. Le caratteristiche innovative che riguardano questa tecnica sono volte a superare i problemi riscontrati con gli altri due modelli di protesi. In particolare, un accurato studio delle forze che agiscono sulla metafisi prossimale del femore sembra aver risolto il problema della mancata osteointegrazione e della mobilizzazione asettica che si aveva con le altre tipologie di protesi: le forze di carico si trasmettono dalla testa e dal collo femorale sul piccolo trocantere e sulla corticale mediale prossimale del femore (fig. 56), mentre quelle di sollevamento si trasmettono, con la trazione dei muscoli glutei, sul grande trocantere e sulla corticale laterale del femore. Questo comporta, tra la corticale mediale e quella laterale, la formazione di micromovimenti che possono essere responsabili delle due complicazioni sopra enunciate, poiché le protesi tradizionali basano la loro fissazione su entrambi le pareti ossee. La protesi “modello Zurigo” si ancora principalmente sulla corticale mediale per quanto riguarda le forze di carico, mentre resta in contatto con quella laterale solo per le forze di torsione e quelle di inclinazione.

Figura 54 (A lato) rappresentazione della protesi “modello

Inoltre le viti, grazie alla loro fine filettatura e alla forma della testa, si ancorano perfettamente allo stelo e all’osso conferendo un’eccellente stabilità tra le parti; questo permette un’uniforme distribuzione dei carichi ed elimina il rischio di riassorbimento osseo attorno alle viti. Questa stabilità associata alla superficie porosa dello stelo favorisce l’osteointegrazione (Vezzoni et al, 2006).

I vantaggi di questa nuova tecnica rispetto alle protesi cementate sono legati essenzialmente alla riduzione dei problemi connessi con il cemento, rappresentati da:

rischio di mobilizzazione elevate possibilità di infezione difficoltà nell’eventuale rimozione possibili danni neurologici

necrosi ossea da ipertermia nella fase di polimerizzazione Invece, rispetto ai modelli press-fit, questa nuova metodica si propone di:

evitare i rischi connessi alla mobilizzazione precoce dello stelo per affossamento o per torsione

diminuire l’incidenza delle infezioni con l’impiego di un materiale altamente biocompatibile come il titanio.

diminuire l’incidenza delle lussazioni mediante una geometria che consenta la massima ampiezza dei movimenti articolari e la possibilità di apportare correzioni intraoperatorie.

Figura 55 Illustrazione delle linee di carico ponderale trasmesse alla corticale mediale del femore (Vezzoni et al, 2006).

permettere un nuovo intervento chirurgico, se reso necessario in caso di complicazioni, che consenta la sostituzione delle componenti protesiche (Vezzoni et al 2006).

I soggetti operati sono in grado di riacquistare un’andatura normale in 4-8 settimane. La tecnica può essere applicata a soggetti a partire da 8-10 mesi d’età, affetti da coxartrosi, che non rispondono più al trattamento conservativo.

STRUMENTARIO

La protesi “modello Zurigo” è costituita da tre componenti: lo stelo femorale, l’unità testa-collo e la coppa acetabolare.

L’unità testa-collo e lo stelo femorale sono costituiti da una lega di titanio, alluminio e vanadio (TiAl6V4), mentre la coppa è in titanio puro, cosa che permette di ottenere la massima tollerabilità biologica unitamente ad un’ottima resistenza meccanica.

Lo stelo, con le viti monocorticali e bicorticali, e l’unità testa-collo costituiscono la componente femorale

Lo stelo è disponibile in quattro dimensioni: Extra-small, Small, Medium, Large e ha una superficie resa porosa mediante una procedura di rivestimento con uno spray al plasma per facilitare l’ostointegrazione.

Le viti bloccate monocorticali PC-fix (Point Contact fixation) hanno un diametro di 4 mm e una lunghezza di 15 mm, ad eccezione di quelle per lo stelo Extra-small che misurano 13,5 mm.

Le viti bicorticali PC-fix vengono inserite nel primo e talvolta nel secondo foro corticale, ed hanno un diametro di 4 mm e una lunghezza di 25, 30, 35, 40 mm.

L’unità testa-collo è presente in cinque misure: Extra-short, Short, Medium, Long, Extra-long, con un incremento progressivo in lunghezza di 3 mm; tutte le misure sono disponibili con entrambe i diametri della testa (16 mm, 19 mm), eccetto per la misura extra-short disponibile solo con la testa più piccola (16 mm).

Figura 56 vite monocorticale

La testa della protesi è levigata, trattata con un rivestimento al titanio e poi nuovamente levigata in modo da fornire una superficie molto dura e liscia che non danneggi il polietilene.

L’angolo di inclinazione del collo femorale è quello fisiologico di 145° (vedi paragrafo 1.1) (fig. 58).

Figura 58 La componente acetabolare è

costituita da due unità preassemblate: una coppa esterna in titanio e un inserto di polietilene. La superficie del polietilene sopravanza l’equatore per accogliere maggiormente la testa protesica e conferire maggiore resistenza alla lussazione. L’equatore della coppa è provvisto di tre serie di rilievi che aumentano l’attrito e favoriscono la presa sull’osso.

La componente acetabolare è costituita da due unità preassemblate: una coppa esterna in titanio e un inserto di UHMWPE (ultra high molecular weight polietilene: polietilene a peso molecolare ultraelevato) (fig. 59). Tra queste due componenti esiste un’intercapedine di 1 mm, che si riduce quando agiscono le forze di carico, determinando un effetto pompa sui vasi capillari circostanti; questo favorisce l’osteointegrazione, fenomeno ulteriormente stimolato dalla struttura della coppa che si presenta finemente traforata a tutto spessore. Esistono cinque misure di coppa acetabolare in funzione del diametro esterno: 21, 23, 26, 29, 32 mm.

Al centro della coppa è ricavato un foro per alloggiare una vite da spongiosa del diametro di 4mm e di lunghezza compresa tra i 12 e i 22 mm, con incrementi di 2 mm. La funzione di tale vite è quella di fornire un eventuale ancoraggio ausiliario della coppa qualora la sua tenuta a pressione non fosse sufficiente. Sono disponibili dei tappi in polietilene da inserire nel foro della coppa per separare l’eventuale vite da fissazione ausiliaria.

Le coppe da 21, 23, 26 mm si articolano con le teste femorali da 16 mm e quelle da 29 e

Figura 57 unità testa-collo,

notare l’angolo di inclinazione di circa 145°.

Preparazione del paziente

Il paziente viene posto in anestesia generale, e viene eseguito un esame radiografico che prevede l’esecuzione di tre proiezioni: una latero-laterale ed una ventro-dorsale, ad arti estesi e ad arti flessi; con queste proiezioni, sovrapponendo un apposito lucido, è possibile effettuare una prima scelta delle componenti protesiche, che tuttavia deve essere verificata in sede intraoperatoria. Successivamente il paziente viene preparato per

l’intervento secondo tecnica standard. Di fondamentale importanza è la posizione del paziente sul tavolo chirurgico che viene mantenuta grazie ad un apposito supporto posizionato al di sotto del paziente (fig. 60).

Il paziente è posto in decubito laterale in modo che la retta passante per le due tuberosità ischiatiche sia perpendicolare al tavolo. Una volta trovata la posizione giusta, questa viene mantenuta fissando il supporto, alla tibia per i cani di taglia maggiore e al metatarso per quelli di taglia minore.

Tecnica chirurgica

Si esegue un accesso cranio-laterale all’anca effettuando un’incisione cutanea che si estende dal punto medio tra la colonna vertebrale e il grande trocantere fino a metà della diafisi femorale.

Si incide quindi la fascia lata, scollando e retraendo poi i muscoli tensori della fascia lata ed il bicipite femorale. Si procede mediante tenotomia a “L” del tendine del muscolo gluteo profondo, sufficientemente estesa in senso mediale, tale da esaltare l’esposizione della testa e del collo femorale. Si effettua così una capsulotomia a “T” rovesciata, che deve essere estesa fino ad includere l’inserzione craniale del muscolo vasto-laterale. In corrispondenza del margine acetabolare, la capsula viene elevata di 2- 3 mm. Si produce quindi la lussazione della testa femorale, previa recisione del legamento rotondo. Una volta lussato, il femore è tenuto in posizione sollevata

Figura 59 Rappresentazione del posizionamento

inserendovi al di sotto un retrattore di Hohmann modificato (fig. 61) (Montavon et al, 2000).

Preparazione del femore prossimale

Per iniziare l’ostectomia della testa femorale viene effettuato un solco con un’ossivora in direzione assiale vicino al grande trocantere, più lateralmente possibile in modo da rimuovere il ponte osseo teso tra il grande trocantere e la testa femorale (fig. 62). Il solco, che espone la fossa trocanterica, si estende approssimativamente fino al margine distale della testa femorale.

Figura 61 Rimozione del ponte osseo tra il

grande trocantere e la testa femorale con un’ossivora.

Il collo femorale viene quindi reciso parallelamente all’estremità distale della testa. Il piano di osteotomia segue un’inclinazione di 5-10° in modo che la corticale caudale sia più alta rispetto a quella craniale, in modo tale da proteggere l’inserzione caudale della

Figura 60 Posizionamento del

retrattore di Hohmann sotto la testa femorale che risulta così ben evidenziata.

L’accesso per la preparazione della cavità endostale femorale deve essere allargato caudo-lateralmente vicino all’origine del rotatore esterno dell’anca per assicurare l’accesso assiale al canale midollare (Montavon et al, 2001).

Prima viene inserito l’alesatore da 6 mm iniziando dalla parte più caudo-laterale dell’ostectomia, poi si prosegue con la raspa da 8,2 mm, effettuando ampi movimenti oscillanti (fig. 63, 64). Durante questa fase deve essere prestata particolare attenzione a non danneggiare la corticale mediale e a non creare fissurazioni. E’ necessario rimuovere l’osso spongioso a ridosso della corticale mediale e craniale, in modo da permettere un buon contatto tra la corticale e lo stelo protesico e in modo da fornire un certo grado di anteversione. Tale angolo deve essere di 20-25° qualora sia necessario impiantare uno stelo medio o grande.

Figure 63 e 64 Preparazione del canale femorale mediante alesatore e raspa.

Figura L’ostectomia della testa

femorale viene effettuata con la sega oscillante, notare in figura la leggera inclinazione del piano di ostectomia.

Preparazione dell’acetabolo

Per evidenziare l’acetabolo, il chirurgo retrae dorsalmente i muscoli glutei e caudalmente il femore, poi prepara l’acetabolo rimuovendo osteofiti e tessuti molli, come il legamento rotondo e la capsula ipertrofica dal bordo acetabolare craniale che interferirebbero con il successivo posizionamento della coppa. In questa fase si consiglia l’utilizzo di un divaricatore di Gelpi per la retrazione della capsula e un piccolo Hohmann ancorato caudo-ventralmente dietro l’acetabolo per la retrazione caudo-ventrale del femore.

Si effettua un foro di sondaggio in direzione mediale e craniale rispetto alla fossa acetabolare; l’utilità di questo foro è quella di valutare durante l’alesatura la profondità della nuova cavità acetabolare.

Si evidenzia il legamento trasverso acetabolare, che rappresenta il punto di repere per il posizionamento ventrale della coppa. Poi si procede all’alesatura dell’acetabolo con un alesatore di dimensioni inferiori rispetto a quelle valutate in sede preoperatoria per la coppa. Si eseguono movimenti in direzione mediale, poi craniale e caudale, in modo da eliminare completamente la cartilagine e l’osso sclerotico formatosi in seguito all’artrosi. Inoltre è importante alesare bene in direzione dorso-mediale in modo tale da garantire una buona copertura dorsale della coppa; allo stesso tempo è necessario prestare attenzione a preservare i margini acetabolari craniali e caudali per garantire un buon “press-fit”.

La fresatura finale viene eseguita con la fresa del diametro adatto alla coppa, prestando particolare attenzione ad alesare in direzione mediale e dorsale, in modo da fornire il giusto orientamento alla coppa, e a non alesare cranialmente e caudalmente in modo da non danneggiare il “press-fit”. La fresa ha una dimensione leggermente inferiore (0,7 mm) rispetto alla coppa corrispondente in modo che quest’ultima possa essere inserita a pressione e l’incastro nell’osso sia ottimale.

Si fresa fino ad ottenere osso spongioso sanguinante (fig. 65); in caso di tessuto osseo particolarmente sclerotico si esegue una osteostissi con punta da 2,5 mm e fino a una profondità di 3 mm per migliorare la vascolarizzazione della zona e favorire la formazione di nuovo tessuto osseo (Montavon et al, 2001).

Figura 65 L’alesatura dell’acetabolo deve

proseguire fino ad ottenere osso spongioso sanguinante.

Inserimento e fissazione della coppa

Inizialmente si posiziona la coppa con le mani per valutarne la posizione e il “press-fit”. Quindi la coppa è inserita sull’impattatore, strumento provvisto di barre di orientamento la cui funzione è quella di aiutare nel corretto posizionamento della coppa. La barra più alta o più bassa (rispettivamente per quanto riguarda l’anca destra o sinistra) deve essere parallela all’asse lungo del bacino. Una barra intermedia deve giacere in posizione orizzontale per garantire un’apertura acetabolare ventrale di circa 45°. Sul posizionatore si applicano dei colpi di martello per forzare a pressione la coppa all’interno dell’acetabolo fresato (fig. 66) (Montavon et al 2000).

Per ottenere un solido “press-fit” è necessario che l’equatore della coppa sia coperto cranialmente e caudalmente da tessuto osseo. Questa posizione potrebbe comportare una retroversione della coppa; in questo caso lo stelo dovrebbe essere inserito con un

Figura 66 Nel caso dell’anca

destra la barra più alta deve essere parallela all’asse lungo del bacino.

eguale grado di anteversione. La coppa deve essere posizionata in modo leggermente più aperto qualora ci sia un discreto angolo di retroversione o nel caso in cui il ROM dell’articolazione coxo-femorale sia ampio, in modo da diminuire i rischi di una lussazione caudo-ventrale (Montavon et al 2001).

Sarà poi premura del chirurgo valutare la stabilità della coppa impiantata mediante “press-fit” e, se questa viene giudicata insufficiente, si potrà optare per l’inserimento di una vite da spongiosa, per la fissazione ausiliaria.

Nel caso in cui si decida di inserirla, si esegue un foro mediante punta da 2,5 mm in direzione cranio-dorsale, attraverso l’apposita apertura situata nel centro della coppa stessa. Si procede infine inserendovi una vite da spongiosa dalla lunghezza predefinita (4 mm) e il tappo di polietilene.

Successivamente devono essere rimossi tutti gli osteofiti eventualmente presenti sul quadrante cranio-dorsale, per evitare il contatto con il collo femorale, fenomeno che potrebbe essere causa di lussazione. Con il femore a 90° si valuta la distanza tra il posizionatore inserito nella coppa e il grande trocantere del femore, interponendo un guidapunte da 2,5 mm tra le due strutture; se sono troppo vicine si asporta del tessuto osseo con un’ossivora dal bordo del trocantere.

Fissazione della componente femorale

Si posiziona un retrattore di Hohmann modificato al di sotto del femore prossimale e si tiene l’arto in extrarotazione per facilitare l’inserimento dello stelo, assicurato ad una maschera guida. Il grado di anteversione fornito allo stelo deve corrispondere al grado di retroversione fornito alla coppa acetabolare. Lo stelo viene fissato alla corticale mediale mediante l’inserimento delle sue viti utilizzando la maschera guida (fig. 67). Per prima si inserisce la vite da 4 mm nel terzo foro: per fare ciò si effettua un foro di accesso con la punta da 4,5 mm sulla corticale laterale e si esegue un lavaggio a pressione mediante una siringa. Si procede quindi inserendo una cannula da 3 mm per effettuare il secondo foro nella corticale mediale con la punta da 3 mm, con ulteriore lavaggio (fig. 68, 69). Le rimanenti viti sono inserite seguendo il medesimo metodo, procedendo in direzione prossimo-distale.

Figura 67 Esecuzione dei fori mediante l’uso

della maschera guida: prima viene effettuato un foro con punta da 4,5 mm nella corticale laterale e poi un foro con punta da 3 mm nella corticale mediale (Vezzoni et al, 2006, modificato).

Nel primo foro prossimale, ed eventualmente nel secondo, possono essere inserite viti bicorticali, le quali inizialmente prevengono la rotazione dell’impianto e successivamente sono utili nella prevenzione dell’allentamento asettico, soprattutto nei cani di razza grande e gigante con un ampio canale midollare e/o con corticali sottili (Montavon et al, 2001). La funzione di queste viti è infatti quella di trasmettere alla base del trocantere le forze di torsione e di inclinazione impedendo che possano provocare eccessive sollecitazioni cranio-caudali prima che si sia verificata l’osteointegrazione dello stelo.

Le viti bloccate monocorticali si ancorano saldamente all’osso e allo stelo grazie alla filettatura e alla forma della testa, garantendo così stabilità tra impianto e osso.

Figure 68 e 69 Posizionamento della maschera guida e effettuazione dei fori per l’inserimento delle viti

Inserimento dell’unità testa-collo e riduzione della protesi

Inizialmente si inserisce l’unità testa-collo di lunghezza minore, appoggiandola sul perno conico dello stelo femorale e fissandola con delicati colpi di martello.

Utilizzando l’uncino di riposizionamento che si aggancia sul collo protesico si esegue una trazione latero-distale fino a portare la testa protesica oltre il margine dorsale della coppa protesica e quindi, con una pressione mediale, si riduce la coppa protesica nella coppa acetabolare (fig. 70).

Figure 70 Le immagini mostrano l’inserimento dell’unità testa-collo e la riduzione della protesi

nell’acetabolo.

Test di valutazione intraoperatoria

L’utilità dei test di valutazione intraoperatoria è quella di fornire informazioni riguardo il corretto orientamento delle componenti protesiche e riguardo la lunghezza dell’unità testa- collo.

I movimenti di circonduzione e di abduzione indicano se la lunghezza dell’unità testa-collo è adeguata, infatti durante il movimento di abduzione il grande trocantere e la coppa non

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Per valutare il rischio di una lussazione cranio-dorsale si tiene il femore in extrarotazione e si sottopone l’articolazione coxo-femorale a diversi gradi di estensione. Generalmente la causa della lussazione è data dalla presenza di ostacoli tra il grande trocantere e la pelvi. Se l’ostacolo compare tra gli 0° in estensione e i 90° in rotazione esterna deve essere posizionata un’unità testa-collo più lunga.

Il rischio di una lussazione caudo-ventrale viene valutato tenendo l’arto in flessione e il femore intraruotati. In questo caso la stabilità viene conferita dalla rimozione degli osteofiti, dalla sostituzione di un’unità testa-collo con una di dimensioni maggiori e dall’aumento della copertura caudo-ventrale ottenuta con il riposizionamento della coppa (aumentando o diminuendo il grado di retroversione) (Montavon et al, 2000, 2001).

Controllo radiografico post-operatorio

Nel controllo radiografico post-operatorio vengono effettuate tre proiezioni:

Ventro-dorsale ad arti flessi. Fornisce una prima verifica visiva del corretto posizionamento della coppa: qualora in questa proiezione l’ovale della proiezione della coppa fosse più stretto e nella proiezione laterale più largo, ci sarebbero le indicazioni di un’eccessiva apertura della coppa con maggiore rischio di lussazione dorsale della testa in seguito ad adduzione e rotazione esterna. In condizioni opposte sarebbe invece stata favorita la lussazione dorsale della testa protesica in seguito all’abduzione dell’arto (Vezzoni et al, 2006).

Latero-laterale standard. Con questa proiezione è possibile valutare:

• l’angolo di retroversione rispetto all’asse longitudinale della pelvi. Questo angolo dovrebbe essere circa 15° e si ottiene tracciando una linea che congiunge il centro dell’ala dell’ileo e il centro della tuberosità ischiatica (asse longitudinale della pelvi) e tracciando una linea lungo l’asse maggiore dell’ovale della proiezione della coppa, dall’incontro tra le due linee si ottiene l’angolo di retroversione (fig. 71) (Vezzoni et al, 2006).

• l’angolo di apertura dorsale. Quest’ultimo si valuta misurando il rapporto che c’è tra i due diametri della coppa, che dovrebbe essere circa 0,7 e che corrisponde a circa 45° di inclinazione dorsale (range ottimale: 30-50°) (fig. 71).

Figura 71 Rappresentazione del calcolo dell’angolo di retroversione e dell’angolo di apertura dorsale

(Vezzoni et al, 2006).

Antero-posteriore del femore prossimale con pelvi inclinata, femore parallelo al tavolo e extraruotato. Questa particolare proiezione risulta essere perpendicolare allo stelo protesico e alle viti e permette un’ottima visualizzazione del posizionamento delle viti e del contenimento della coppa all’interno del margine craniale e caudale.

COMPLICAZIONI

Uno studio effettuato da Vezzoni tra gennaio 2002 e dicembre 2004 ha mostrato che su 140 THR applicate le complicazioni sono state in totale 15 (10,7%), di cui 14 (93,3%) si sono risolte positivamente e 1 (6,6% delle complicazioni e 0,7% del totale dei casi) ha richiesto la rimozione degli impianti (Vezzoni et al, 2006).

Le complicazioni più frequenti sono: lussazioni della protesi, frattura del femore, mobilizzazione della coppa acetabolare e infezioni.

Lussazione della protesi

I fattori che giocano un ruolo importante nello sviluppo di questa complicazione sono: orientamento non ottimale della coppa, contatto del collo con osteofiti, copertura inadeguata dell’acetabolo, debolezza muscolare e traumi. Inoltre spesso la lussazione della protesi avviene quando ancora la capsula articolare non ha terminato il processo di riparazione e quindi non c’è quella stabilizzazione che impedirebbe il verificarsi di questa complicazione.

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