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PROTESI NON CEMENTATE “MODELLO PRESS-FIT”

Le protesi non cementate nascono intorno agli anni ’70 come risposta alle problematiche legate all’utilizzo del cemento (vedi paragrafo 5.1) e hanno mostrato risultati eccellenti nelle valutazioni eseguite a lungo termine (Marcellin-Little et al, 1999 b).

La tipologia di protesi che verrà descritta in seguito è quella più comunemente usata attualmente e ispirata al modello di De Young (De Young, 1992).

Strumentario

Le componenti protesiche sono costituite da una lega di cromo e cobalto, porosa nella superficie prossimale. Il rivestimento poroso può essere costituito da “gocciolature” (titanio o una lega di cromo-cobalto), fibre metalliche (titanio) o uno spray al plasma (titanio) (Pilliar, 1987). La superficie porosa dello stelo è un fattore importante per la crescita del tessuto osseo attorno allo stelo (Sumner et al, 1992); non solo, la presenza del rivestimento poroso diminuisce i rischi di micromovimenti che si possono creare tra l’impianto e la corticale adiacente. Infatti in uno studio effettuato da Engh et al nel 1992 è stata valutata l’entità del micromovimento tra lo stelo femorale e la corticale adiacente mediante un particolare dispositivo elettrico ed è stato notato che il rischio che si verifichino micromovimenti aumenta con il diminuire della superficie porosa dello stelo femorale (Engh et al, 1992).

Sono disponibili quattro misure nelle configurazioni destra e sinistra.

La componente acetabolare è costituita da due parti preassemblate di cui la parte esterna è porosa, quella interna è costituita da polietilene. E’ disponibile in tre misure: 26, 28, 30 mm di diametro

La testa femorale è disponibile nella configurazione standard e con il collo esteso ed è quindi uno strumento per correggere la tensione articolare. Il diametro è fisso (15 mm), per permettere l’intercambiabilità fra tutte le misure delle coppe e tutte le misure degli steli.

Con questa metodica le componenti protesiche sono inserite a pressione e la successiva organizzazione del tessuto osseo permette una completa integrazione dell’impianto: il tessuto osseo, a livello della corticale prossimale, va incontro ad atrofia, mentre a livello dell’osso spongioso, sempre prossimalmente, va incontro ad un fenomeno di ipertrofia.

cosiddetto stress-shielding (Sumner et al, 1992). Il notevole assottigliamento della corticale sembra essere riconducibile anche ai traumi chirurgici, in particolare al momento della preparazione del canale femorale; l’ipertrofia a carico dell’osso spongioso sembra essere dovuta a fenomeni di rivascolarizzazione a livello del tratto alesato (VanEnkevort et al, 1999).

Preparazione del paziente

Il soggetto viene anestetizzato e vengono eseguite le proiezioni ventro-dorsale ad arti estesi e latero-laterale in modo da poter scegliere le misure delle componenti protesiche. Successivamente si esegue la tricotomia della zona.

Posizionamento del paziente

Il paziente viene posizionato in decubito laterale in modo che le tuberosità ischiatiche e le ali dell’ileo siano allineate e perpendicolari al tavolo chirurgico. Per il corretto posizionamento e successiva immobilizzazione del paziente viene utilizzato un apposito strumento (fig. 46).

Figura 46 Il paziente viene posizionato in decubito laterale, parallelo al piano sagittale mediano. La

posizione viene mantenuta grazie a tre barre posizionate a livello delle ali dell’ileo, delle tuberosità ischiatiche e ventralmente. La loro utilità è quella di fornire dei punti di repere durante l’intervento chirurgico (De Young et al, 1992, modificato).

TECNICA CHIRURGICA

Come per la protesi cementata anche in questo caso si usa un approccio craniolaterale. Viene effettuata la resezione del tendine del muscolo gluteo profondo vicino alla sua inserzione sul trocantere, mentre il ventre muscolare viene diviso longitudinalmente. La capsula articolare viene incisa seguendo la direzione dell’asse del collo femorale, l’incisione viene prolungata lungo il muscolo vasto intermedio e vasto laterale per esporre il collo femorale e la metafisi femorale.

L’osteotomia viene effettuata con l’aiuto di un’apposita guida e prevede l’effettuazione di due linee di osteotomia formanti un angolo di 120° (fig. 47).

Figura 47 La guida per effettuare l’osteotomia della testa femorale viene posizionata sul femore come in

figura. La guida per effettuare il taglio, già angolata, viene posizionata sul piccolo trocantere, si incide l’osso e successivamente si può procedere a togliere la guida e ad effettuare l’osteotomia (De Young et al, 1992, modificato).

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Preparazione dell’acetabolo e inserimento della coppa

E’ importante alesare la reale cavità acetabolare e non il falso acetabolo formatosi a causa della displasia e localizzato più dorsalmente; per far ciò è necessario prendere come punto di repere il legamento acetabolare trasverso. Per limitare la migrazione dorsale dell’alesatore si inizia con uno di dimensioni minori e con un angolo di 15° ventralmente rispetto alla perpendicolare piuttosto che prendere come riferimento per alesare il centro dell’acetabolo come suggerito da Olmstead (Olmstead, 1995); inoltre l’alesatore viene inclinato di 15-20° in retroversione (De Young, 1992) (fig. 48).

Figura 48 L’alesatore viene angolato di 15-20° in retroversione (A) e 15-20° ventralmente rispetto al

piano trasversale (B) (De Young et al, 1992, modificato).

Per verificare la profondità dell’acetabolo alesato la guida per la fissazione della coppa acetabolare viene inserita fino al fondo dell’acetabolo per verificare la copertura craniale, caudale e dorsale. Qualora la guida si dimostrasse essere troppo lassa, l’acetabolo deve essere alesato fino alla misura più grande per ottenere un buon “press- fit”. Quando il posizionamento è soddisfacente la guida viene ruotata fino a che il foro per l’inserimento della punta del trapano sia posizionato cranialmente sopra la tuberosità per il muscolo retto femorale; prima di procedere alla perforazione si deve valutare opportunamente la giusta inclinazione sempre mediante l’utilizzo della guida (fig. 49).

Figura 49 La guida per la fissazione della coppa acetabolare viene fissata posizionando la barra di

retroversione (a) parallela alla barra a’ (guida di allineamento acetabolare), mentre la barra di allineamento verticale (b) viene posizionata perpendicolarmente al piano sagittale mediano (De Young et al, 1992, modificato).

Successivamente si inserisce la coppa che viene definitivamente posizionata mediante l’impattatore (fig. 50). Una volta posizionata la coppa si deve proteggere la sua parte interna durante le manovre di elevazione del femore.

Figura 50 La coppa viene fissata mediante colpi di martello, mentre l’impattatore viene mantenuto

parallelo alla componente verticale della guida di allineamento acetabolare (De Young et al, 1992,

modificato).

Preparazione del canale femorale e inserimento dello stelo

L’arto viene ruotato esternamente di 90° e la sua elevazione può essere resa più semplice incidendo la porzione ventrale della capsula articolare vicino alla sua inserzione sul femore.

Figura 51 Si inizia ad effettuare l’apertura del canale midollare mediante una piccola sgorbia e creando

una scanalatura semicircolare sul grande trocantere. Successivamente mediante l’utilizzo di una serie di sgorbie e dello scalpello si effettua un’apertura ellittica nella metafisi femorale per permettere il passaggio dello stelo più piccolo (De Young et al, 1992, modificato).

La forma dell’apertura così creata approssima quella destinata ad accogliere lo stelo più piccolo. Si effettua un solco semicircolare sul grande trocantere, parallelo all’osteotomia longitudinale. Quando la sgorbia arriva alla parte distale dell’osteotomia longitudinale, si prosegue con una sgorbia più grande adiacente, partendo dalla corticale mediale appena cranialmente al piccolo trocantere, e procedendo distalmente, parallelamente alla corticale mediale della metafisi prossimale.

I due semicerchi creati dalle sgorbie sono connessi mediante lo scalpello. Terminata la preparazione del canale si procede alla rimozione dell’osso spongioso e all’inserimento a pressione dello stelo. Prima si introduce lo stelo più piccolo come in figura 52. Poi lo stelo deve essere rimosso seguendo il solito piano con il quale è stato inserito; per fare ciò viene usato un martello scanalato. E’ assolutamente controindicato rimuoverlo a mano o con movimenti oscillanti in quanto si rischia di danneggiare il canale compromettendo così il “press-fit”. Poi viene inserito uno stelo di dimensioni maggiori fino a quello delle dimensioni adatte, sempre utilizzando un impattatore. Se lo stelo entra con troppa facilità all’interno del canale si può avere un cedimento non appena l’impianto viene caricato, perciò è necessario ripreparare il canale per l’inserimento di

Figura 52 La barra dello stelo viene tenuta

parallela all’asse del femore e perpendicolare alla corticale craniale del femore. Lo stelo viene inserito mediante colpi di martello (De Young et al, 1992, modificato).

Inserimento della testa protesica

Prima di inserire la testa vengono fatte delle prove di riduzione con una testa di prova in polietilene, poi viene scelta e inserita la testa o standard o con il collo esteso. A questo punto si valuta il ROM.

Figura 53 Mediante colpi di martello si procede

all’incastro tra il collo femorale e la testa femorale (De Young et al, 1992, modificato).

Per ultimo si sutura la capsula articolare e si esegue la ricostruzione dei piani scontinuati.

Gestione del paziente nel post-operatorio

Il paziente, durante il risveglio, deve essere posizionato in un luogo non scivoloso ed è in grado da subito di camminare. Il proprietario deve essere avvisato che per quattro

settimane il soggetto deve svolgere un’attività fisica molto limitata: sono ammesse solo le passeggiate al guinzaglio.

COMPLICAZIONI

In uno studio effettuato nel 1992 da De Young su 100 articolazioni operate, ben 98 hanno avuto successo. Ci sono state sei complicazioni: tre lussazioni, due fissurazioni della corticale femorale e una dislocazione della coppa. Le fissurazioni non hanno avuto necessità di alcun trattamento, mentre per la dislocazione della coppa e per una lussazione è stato necessario intervenire chirurgicamente e si sono ottenuti risultati positivi, mentre per le rimanenti due lussazioni è stato necessario rimuovere l’impianto (De Young, 1992).

Nel 1999 uno studio condotto da Marcellin-Little et al ha mostrato la possibilità che si sviluppi un osteosarcoma a partire da piccole aree di infarti ossei conseguenti alla chirurgia (Marcellin-Little et al, 1999 a).

Un’altra complicazione che può incorrere in sede intraoperatoria soprattutto nelle THR non cementate è la frattura della diafisi femorale (Schutzer et al, 1995).

Allentamento asettico

Il meccanismo eziopatogenetico che porta all’allentamento asettico nel caso delle protesi non cementate è il medesimo rispetto a quello delle protesi cementate. Si forma anche in questo caso una membrana di interfaccia, ma anziché essere tra il tessuto osseo e il cemento è tra il tessuto osseo e la protesi e radiograficamente appare come una linea radiotrasparente. Uno studio in doppio cieco effettuato su 250 pazienti umani ha dimostrato che non ci sono differenze nell’incidenza di questa complicazione tra i due tipi di protesi (Rorabeck et al, 1994).

Fissurazioni della corticale femorale

Le fissurazioni della corticale femorale possono essere dovute all’inesperienza del chirurgo, soprattutto durante la fase di inserimento dello stelo, o durante l’estrazione dello stesso, a causa di movimenti oscillanti, oppure ancora può accadere che un insufficiente sollevamento del femore o la tendenza del femore a scivolare giù dall’elevatore femorale costringa il chirurgo a far leva sullo stelo (DeYoung, 1992).

Dislocazioni della coppa

Questa complicazione è dovuta ad una non corretta preparazione dell’acetabolo: può accadere infatti che la coppa durante il posizionamento con l’impattatore si sposti più dorsalmente o prenda appoggio su osteofiti. In questi casi è necessario intervenire chirurgicamente per riposizionare la coppa nella reale cavità acetabolare.

Lussazioni

Le lussazioni possono essere dovute ad un malposizionamento delle componenti acetabolari e femorali, oppure ad una calcificazione dei tessuti circostanti che, agendo come un fulcro, favorisce la lussazione (De Young, 1992). In ogni caso è necessaria la revisione chirurgica. Nelle protesi modello “press-fit” è importante la preparazione dell’acetabolo e del canale femorale, non potendo avvalersi del cemento per la correzione degli errori.

Osteosarcoma

L’osteosarcoma può conseguire a infarti ossei (Ansari, 1991; Dubelzig et al, 1981), o alla presenza di sostanze cancerogene come il polietilene e il cromo-cobalto, oppure a una stimolazione cronica dovuta all’instabilità dell’impianto (Roe et al, 1996). Le cause degli infarti ossei sembrano legate essenzialmente a danni all’arteria nutritizia, sia durante la preparazione del canale femorale, sia durante l’inserimento dello stelo. Questo, nella sua posizione definitiva, si trova adiacente al foramen nutritizio, andando ad interferire con il processo nutritivo dell’osso (Marcellin-Little et al, 1999 a).

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